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Ritorno insperato
Mario Amato
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William era, come si dice, di sangue blu, come suggerisce anche il suo nome. Forse era discendente dell’antico Guglielmo, detto il Conquistatore. È anche vero che quel nobile antenato era chiamato Guglielmo il Bastardo, prima che divenisse re, ma questo il nostro piccolo Willy non poteva saperlo.
Anna e Mario lo avevano battezzato così perché lo avevano trovato dinanzi a Palazzo Reale durante un viaggio nella capitale. Non spaevano se William fosse stato scacciato o fosse in realtà un randagio di strada. Eh sì!, piccoli lettori, Willy era un bel gattino con un folto manto di peli neri e irti. Insomma, forse anche lui, come l’antico re d’Inghilterra, e prima signore di Normandia, aveva origine oscure, anzi nere, e corvino era il suo colore.
Non ci deve meravigliare se il protagonista di questa storia è un gatto, perché in letteratura ce ne sono già stati; chi non conosce il celeberimmo gatto con gli stivali(1) , quello che fece la fortuna del suo padrone(2) ; meno noto, ma non meno importante, è il gatto Murr, al quale diede vita, pensiero e parola il grande scrittore E. T. A. Hoffmann(3) . Si potrebbero inserire in questo elenco altri felini domestici come “il gatto nero” di Edgar Allan Poe o "la biografia del gatto Vassilij Ivanovich", ma graveremmo troppo il racconto.
Torniamo allora a quella sera in cui i gemiti di Willy attirarono Anna e Mario. Non chiedetemi chi siano Anna e Mario, perché il vero personaggio è solo William; vi basti sapere che Mario e Anna avevano già raccolto altri gatti ed anche cani abbandonati o dispersi ed anche uccellini felini. Per fortuna di questi animali, Anna e Mario abitavano in una casa con un ampio giardino, dove cani e gatti correvano avanti e indietro, senza liti; e c’era anche un bel terrazzo su cui gli uccelli, una volta guariti e liberati, tornavano dai loro giri nel cielo azzurro, sicuri di trovare un bel pasto.
Gli esseri a quattro zampe e i bei pennuti crescevano felici: i cani facevano il loro dovere di guardiani, i gatti tenevano lontani i ratti e gli uccelli allietavano le giornate di primavera con i loro gioiosi conguetii.
La storia di William fu diversa: sebbene, come detto, portasse il nome di un grande condottiero, era gracile e magro, perciò Anna decise di tenerlo in casa, temendo per la sua salute. William si adattò subito alla nuova residenza e alla nuova vita; capiva bene di essere stato salvato dalla difficile e pericolosa vita di strada; si può anche supporre che non fossero stati Anna e Mario a prenderlo, ma che lo stesso William avesse iniziato a gemere sempre più forte per attirare la loro attenzione, forse sentendo l’odore dei suoi simili nei vestiti dei due passanti, forse semplicemente guardandoli con occhi supplichevoli. Come si dormiva bene nella cesta ai piedi del letto di Anna, che aveva provvedito a munirla di soffice lana! William aveva già conosciuto il freddo della notte e la solitudine, mentre ora si raggomitolava tra le soffici e calde coperte e, ogni tanto, una mano amorosa gli carezzava la piccola testa. Com’era divertente durante il giorno giocare con Mario, nascondersi dietro dentro ad un armadio o in uno scaffale della libreria. William faceva del tutto per farsi amare: era piccolo, eppure aveva imparato presto ad espletare le sue necessità fisiologiche nella sabbia che Anna provvedeva a preparare e cambiare regolarmente.
Forse non mi crederete, miei piccoli lettori, ma William si comportava in modo così educato per timore di essere scacciato. La strada, il freddo, la paura di qualche predatore notturno era memoria recente. Se proprio non volete credere che un piccolo gatto avesse una simile accortezza, allora leggete i racconti citati in precedenza.
Torniamo alla nostra storia. Non sempre tutto va per il meglio.
Una notte Anna si destò di soprassalto: Willy era sul suo letto, anzi sul suo petto e gemeva e tremava in tutto corpo. Anna lo carezzò, provò a consolarlo con paroli dolci e amorevoli, ma William continuava a sussultare e sbattere gli occhi, finché anche Anna iniziò a piangere. Si alzò e bussò più alla porta di Mario: «William sta male», disse tra le lacrime. Anche Mario iniziò a preoccuparsi: si alzò in silenzio e si vestì. «Dove andiamo?» chiese Anna; «Lo portiamo da un veterinario» «È notte! Dove lo troviamo?» «Conosco una veterinaria, ma abita lontano». Anna pose William in un cesto e si avviarono. Non ve l’ho ancora detto, ma Anna e Mario abitavano in un paese di collina, circondato da alte montagne sempre coperte di neve durante l’inverno. Ed era inverno! Brr! La dottoressa viveva sulla cima di uno di questi monti, raggiungibile solo a piedi. Mario era fornito di torcia, mentre Anna camminava tenendo in mano la cesta con il piccolo William. Il cammino era lungo ed i piedi affondavano nella neve, ma Mario sembrava conoscere bene la strada; intanto s’udivano gli ululati dei lupi e qualche volta un gufo svolazzava vicino al cesto, dove Willy continuava a tremare e a piangere, sebbene Anna gli raccomandasse di tacere. La salita era ripida e i due viandanti notturni erano bagnati di sudore, nonostante il vento gelido che sferzava i loro visi.
Finalmente, all’alba, sulla vetta del monte apparì una bianca casa. Un cane abbaiò: era il guardiano, ma conosceva Mario e gli bastò sentire la sua voce per calmarsi. Non fu necessario suonare la campana che pendeva dinanzi all’uscio, perché la dottoressa era già in piedi e aveva sentito i due visitatori. La veterinaria pose William sul lettino nel suo studio e lo visitò accuratamente. Nel frattempo la madre della dottoressa aveva fatto accomodare Mario e Anna in salotto ed aveva offerto loro tè caldo e biscotti. Mario sorseggiava tranquillamente la calda bevanda, ma Anna era inquieta e guardava verso la porta dell’ambulatorio, finché bussò alla porta e chiese di assistere alla terapia. Che bravo William! Era steso sul lettino con un ago conficcato in una zampa anteriore, ma non si lamentava, bensì si limitava a guardare Anna con i suoi occhi che brillavano fra la nera peluria. Eh sì, Willy comprendeva che quel dolore era necessario alla sua salvezza! Dalla fleboclisi scendeva lentamente un liquido incolore che penetrava nelle ossa del piccolo paziente quadrupede. Anna carezzava Willy e i loro sguardi s’incrociavano come quelli di due innamorati.
Il tempo trascorreva ed era già ora di pranzare: Anna, la dottoressa, la madre e Mario mangiarono a turno, per non lasciare solo William. Infine, dopo pranzo, il piccolo gatto fu liberato, ma occoreva che riposasse, almeno fino a sera. Nella sua cesta, con Anna accanto, Willy si sentiva a casa e dormì tranquillamente. E a sera si svegliò, pronto a giocare ed a saltare. I due viandanti furono invitati a cena, ma dovettero rifiutare, perché i loro cari animali aspettavano il nutrimento serale. Salutarono con riconoscenza la veterinaria e sua madre e iniziarono il viaggio di ritorno. Il sole tramontava e allungava le loro ombre scure sulla neve bianca; William non giaceva più nella cesta, ma procedeva a grandi salti sulla bianca coltre. Ben presto si fece buio, perché a quelle latitudini il sole scavisce presto.
Non crediate, mie piccole e forse uniche lettrici, che la discesa sia più facile della salita, anzi in verità è il contrario, ed Anna e Mario se ne accorsero quasi immediatamente, perché il cielo si era coperto di nere nubi, mentre, strano a dirsi, dal terreno nevoso iniziava a salire una nebbia bianca e pulita ma densa e fitta. Accadde presto che Anna e Mario si accorgessero che invece di scendere, salivano ancora. Vedevano soltanto pochi passi dinanzi a loro; William adesso non gemeva, ma i suoi miagolii erano forti, quasi irosi. Ecco, finalmente apparve una luce dinanzi a loro. Mio Dio! Era la casa della veterinaria! Avevano girato in tondo, tornando sui loro passi. Era forte la tentazione di suonare ancora una volta la campanella e chiedere asilo, ma i loro animali aspettavano. William prese con i suoi piccoli denti un lembo della veste di Anna e la tirò, poi iniziò a camminare piano verso il basso. Mario propose di seguirlo. Chissà! Avete indovinato! William conosceva la strada: era l’istinto della sopravvivenza, che in noi esseri umani è ridotto, era forse la gratitudine per essere stato salvato due volte, ed anche questa virtù in molti di noi è stata dimenticata.
Camminarono tutta la notte, guidati da quel piccolo essere riconoscente, tra gli alberi che mormoravano scossi dal vento, tra le ombre che sembravano lupi affamati, finché, quasi senza avvedersene, si trovarono dinanzi alla porta di casa. Furono accolti dallo scodinzolare festoso dei cani e dai salti gioiosi dei gatti, soprattutto dai balzi festosi di Tina, una gattina con un occhio solo, che presto avrebbe avuto una grande storia d’amore con William.
Questa storia la narrerò un’altra volta, per ora accontentatevi …
NOTE
1) Straparola, Giovanni, Francesco , Piacevoli notti
2) Brüder Grimm, Kinder- und Hausmärchen
3) Hoffmann, Ernst, Amaedus, Theodor, Considerazioni filosofiche del Gatto Murr, Mursia, 1991
in narrativa:       |
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