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Scrittura, infelicità e catarsi
Mario Amato
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Per comprendere il senso tragico della vita si può leggere “Nascita della tragedia” di Friederich Niztsche(1).
Alcuni popoli sono indubbiamente dotati di senso tragico più di altri, come si può evincere dalla letteratura. Nella letteratura moderna troviamo questo senso in Russia in Dostoevskij, come dimostrano i romanzi “Delitto e castigo”(2) e “I fratelli Karamazov”(3). Raskolnikov è senz’altro un personaggio tragico, perché dominato dalla volontà di morte, come lo sono Ivan e Dimitri Karamazov; il primo ha coscienza della tragicità della vita di tutti gli uomini, i quali preferirebbero il Grande Inquisitore a Cristo, perché quest’ultimo porterebbe la libertà, mentre il secondo è signoreggiato dal dionisiaco e non troverà mai la consolazione metafisica che dona l’arte.
Della tragedia fa parte, come ci ha insegnato la letteratura greca, il conflitto tra padre e figlio, topos che informa la letteratura dalla Grecia antica fino alla moderna Europa: l’archetipo è “Edipo re” di Sofocle, ma si pensi anche a “I Masnadieri” di Friedrich Schiller(4), a “Lettera al padre” di Franz Kafka, al già citato “I fratelli Karamazov”, a “La Marcia di Radetzkj” di Joseph Roth. È vero che nell’Edipo Re una schiava dice ad Edipo che il suo grande peccato non è quello di aver ucciso il padre né quello di essersi giaciuto con la madre, ma piuttosto quello di non aver compreso che le parole scritte dinanzi alla grotta dell’oracolo di Delfi, γνοτι σέ αυτον (conosci te stesso), e l’indovinello della Sfinge si riferivano sì a tutti gli uomini ma anche a lui in particolare, tuttavia il conflitto con il padre non può essere ignorato.
“I masnadieri” di Schiller sono un inno alla sete di libertà e non è soltanto il fratello malvagio Franz a ribellarsi con il monologo iniziale, nel quale egli si chiede perché mai un figlio sia obbligato ad amare il padre, ma anche Karl, che afferma che l’amore per la libertà è ben più forte di quello per il padre e che le aquile non tagliano le ali ai loro nidiacei, anzi isegnano loro a volare; l’arringa del difensore di Dimitri Karamazov è una critica alle ragioni dell’autorità paterna; nella “Lettera al padre” Franz Kafka amplia il discorso alla religione, criticando l’ebraismo del padre, che è soltanto esteriore. E il padre di Kafka si vergognò del proprio figlio che aveva scritto “La metamorfosi”, uno dei più grandi capolavori della letteratura del Novecento! “La marcia di Radetzkj” di Joseph Roth narra la dissoluzione dell’Impero asburgico attraverso le vicende del giovane Karl von Trotta, costretto a vivere una vita scelta dal padre, esempio quest’ultimo di quella società austro-ungarica che, sebbene vivesse nel mondo della sicurezza, aveva poco o nessuna considerazione per la giovinezza, come afferma Stefan Zweig ne “Il mondo di ieri”.
Ben più raro è trovare nella letteratura l’opposizione tra figlia e madre. Esempi di quest’ostilità sono rintracciabili in alcuni libri di Irène Némirovsky. Nei suoi romanzi appare spesso la figura di una donna frivola, banale, interessata solo a se stessa. Il destino di Irène fu tragico, perché morì ad Auschwitz, ma anche perché, come ella stessa ha scritto, non si liberò mai di un’infanzia infelice. Eppure, leggendo la meravigliosa scrittura della Némirovsky, è difficile credere che non avesse trovato consolazione nell’arte della narrazione. Se la letteratura non fu consolazione per lei (ma noi speriamo di sì), lo è ora per noi lettori, che leggiamo incantati i suoi libri. Nei libri di Irène Némirovsky(5) appare anche la fine della Russia zarista ma vista dalla parte degli sconfitti, dalla parte di quella nobiltà spazzata via dalla rivoluzione bolscevica, dalla parte di quell’aristocrazia che non volle comprendere quel principio affermato non molti anni prima dalla Costituzione degli Stati Uniti d’America e dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino secondo cui “Tutti gli uomini nascono uguali”.
Fu quest’ottusità, che si trasformò solo in rimpianto e in odio nell’animo dei nobili sopravvisuti e fuggiti all’estero, che permise la vittoria dei bolscevichi e la rinuncia definitiva ad una democarzia liberale in Russia.
NOTE
1) Nietzsche Friedrich, La nascita della tragedia, Adelphi.
2) Op. cit.
3) Dostoevskij ,Fedor Michajlovic, I fratelli Karamazov, Rusconi.
4) Op. cit.
5) I libri di Irène Némirovsky sono pubblicati dalla Adelphi.
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