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Dell’educare. 78
“… il bilancio sociologico che traevo …“
Aldo Ettore Quagliozzi
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Ricordo ancora l’effetto grande e la sorpresa amara che ebbi allorquando, di passaggio per una grande stazione ferroviaria italiana, su di uno scaffale di un punto vendita di libri e riviste in essa ubicato trovai il volume “L’ombra sinistra della scuola“ di Rino Cammilleri.
Rino Cammilleri è stato un insegnante della scuola pubblica italiana. Ricordo che divorai letteralmente il volume nel corso del viaggio in treno. Come dire: aver compagno al duolo, scema la pena. In verità è la tristezza grande che si riprova e si rinnova ogni qualvolta si legge di qualcuno che abbia ripetuto la tua stessa deprimente esperienza. Solo di recente ho avuto notizie di Rino Cammilleri. Parlandone a margine del convegno di presentazione di una mia pubblicazione – “I professori“ AndreaOppureEditore (2006) - con l’amica carissima Anna Di Gennaro, collaboratrice e ricercatrice nella equipe del dottor Vittorio Lodolo D’Oria sul fenomeno del burnout tra i docenti, ho saputo che l’Autore svolge meritorie attività in campo pubblicistico e multimediale, dopo essersi però prudentemente distanziato anni-luce dal mondo scolastico che tanto lo aveva coinvolto. E forse anche depresso.
“( … )… il bilancio sociologico che traevo da queste piccole indagini informali era sconfortante. I più avevano dei genitori che, lavorando entrambi, potevano dedicare scarso tempo all’educazione-formazione dei figli. Dunque, tutto il peso della stessa gravava sulle mie spalle. Ma chi ero io contro il resto del mondo? Sì, perché il resto del mondo suggeriva ai ragazzi l’esatto contrario di quel che cercavo di inculcare io. Suggeriva deresponsabilizzazione, rinuncia al senso critico, consumo a tutti i costi, sesso in tutte le perversioni possibili e violenza in tutte le varianti, sfiducia nell’autorità specialmente politica, incentivo alla furbizia come unica risorsa per sopravvivere e/o emergere. I ragazzi – forse impauriti, sicuramente disorientati – si chiudevano. In casa, davanti alla tivù, nella cuffia dello stereo, in discoteca. Tutto il resto era scuola, i migliori anni della vita passati col sedere appiattito a cercare di studiare cose che sarebbero servite a pochi perché gli altri avrebbero fatto altro ( … ). Era uno dei risultati non voluti della società pluralista? Può darsi. In fondo, di quelli preposti a educarti, ognuno ti propinava una ‘verità’ diversa. E tu diventavi non tanto ‘aperto’ quanto scettico: non aveva ragione nessuno, la verità non esisteva.
Comunque, meglio scettici che irretiti e irreggimentati da una verità ‘ ufficiale’. ( … )”
marzo 2010
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