|
competenze chiave asse dei linguaggi
competenze e standard europei
Maria Antonietta Alì
|
Una definizione generica di competenza viene fornita dal modello di competenze originato dagli studi di D. McClelland: «Per competenza intendiamo una caratteristica individuale casualmente collegata ad una performance efficace o superiore in una mansione o in una situazione, e che è misurata sulla base di un criterio prestabilito» (R.E. Boyatzis, 1982, in L.M.Spencer-S.M. Spencer, 1995).
In altri termini, la competenza è ciò che «permette di agire in modo positivo, efficace, riuscito e competitivo» (S. Michel, 1993); quello che resta da chiarire e da determinare con maggiore precisione è ciò che viene inteso per «caratteristiche individuali», cioè quali sono i fattori che consentono
alla persona di agire in modo competente, e quindi con successo, in una mansione o in un compito.
Come prima tipologia dei differenti modelli di competenza più diffusi ed utilizzati, faremo parzialmente riferimento a quella fornita da S. Michel (1993), basata sulle attitudini.
Secondo quest’approccio, la competenza risulterebbe assimilabile al concetto di capacità, definita come «la possibilità di riuscita nell’esecuzione di un compito o di una prestazione lavorativa» (H. Pieron, in C. Levy-Leboyer, J.C. Sperandio, 1993).
La competenza consiste, quindi, nella messa in atto dell'attitudine preesistente alla capacità, sarebbe una sorta di «propensione a…» che rappresenta una «capacità virtuale» o potenziale(W. Levati, 1993).
Si suppone dunque che senza attitudini non ci possa essere competenza e, in maniera ancora più estrema, se ci sono le attitudini, c’è riuscita (S. Michel, 1993).
Approccio basato sui saperi.
Questo approccio sostiene che ciò che conduce e spiega l’azione riuscita è il possesso di conoscenze. Le competenze si riducono, in questo caso, a dei «saperi messi inatto»; è il sapere ciò che permette di riuscire, quindi, «più io so, più sono competente» (S. Michel, 1993).
All’interno di tale concezione diventa possibile stabilire una gerarchia di competenze sulla base del livello di padronanza delle conoscenze sottostanti alla competenza stessa: il diploma ed i titoli di studio diventano, quindi, prove fondamentali che attestano e provano il possesso di competenze.
Approccio basato sui saper-fare.
All’interno di questo approccio, la competenza viene assimilata all’azione, in particolare all’azione riuscita; essa viene, infatti, definita come un «saper fare operazionale valido», mettendo così in rilievo la dimensione della messa in opera e collegando strettamente la competenza al fatto che il saper fare deve essere praticato, visibile e misurabile.
Approccio basato sulle competenze cognitive
Secondo tale approccio la competenza rappresenta la capacità di risolvere un problema in modo efficace in un determinato contesto. La competenza, quindi, non è ciò che si fa, bensì il modo attraverso cui si perviene a farlo in modo soddisfacente; tale approccio si rifà alle strategie di risoluzione dei problemi, che sono considerate i fattori esplicativi dell’azione riuscita.
La competenza, in altri termini, è la combinazione di diversi fattori tra i quali quelli che giocano il ruolo più importante di integrazione e di guida dell’azione, sono i processi intellettuali.
Tale approccio introduce, inoltre, un concetto molto importante: quello secondo il quale la competenza non esiste in sé, ma deve sempre essere situata in rapporto ad un problema particolare e all’interno di un contesto specifico di riferimento.
Questa breve esposizione di differenti significati attribuiti al concetto di competenza, fornisce un quadro di analisi all’interno del quale è possibile attuare delle considerazioni circa il progressivo evolversi del concetto stesso; è infatti possibile constatarlo all’interno del dibattito svoltosi in Italia negli anni Ottanta e Novanta ed avente per oggetto proprio il concetto di competenza professionale.
Che cosa è comunicare?
• Capire e produrre messaggi in modo appropriato linguisticamente ed efficace rispetto agli scopi nelle molte e varie situazioni che la vita adulta comporta, in ambito privato, sociale, lavorativo ed educativo, ricorrendo anche a lingue diverse e linguaggi non verbali (iconici, gestuali, matematici, grafici, ecc.).
• Agire linguisticamente in modo efficace ed appropriato in contesti pluriculturali e plurilingui.
• Capire ed eventualmente produrre comunicazione mediatica (mezzi di informazione) e comunicazione pubblica, come individuo, cittadino/a o lavoratore/lavoratrice.
• Capire, apprezzare ed eventualmente usare i linguaggi artistici ed espressivi.
• Capire, interpretare ed eventualmente produrre testi audio e audiovisivi, utilizzare risorse tecnologiche (PC, Internet, ecc.), consapevoli delle specifiche caratteristiche della comunicazione mediata dalla tecnologia.
Che cosa entra in gioco nel comunicare?
Il/la parlante può già possedere o deve acquisire:
• la conoscenza del mondo necessaria a sostenere la comunicazione negli ambiti di azione per raggiungere i fini che si è preposto/a, nonché la capacità di attivarla sia nella produzione, comprensione e interpretazione di «testi» sia nello sviluppo della propria competenza comunicativa;
• la consapevolezza culturale ed interculturale, cioè:
– la conoscenza, la consapevolezza e la comprensione del rapporto che esiste tra la propria lingua e cultura e le lingue e culture conviventi nell’ambiente immediato e allargato in cui egli/ella agisce comunicativamente, a partire da una consapevolezza profonda della propria cultura;
– la consapevolezza del portato culturale veicolato dalla lingua e dai linguaggi non verbali nella propria comunicazione e della necessità di negoziare i significati con parlanti di altra lingua;
– opportune strategie per entrare in contatto con persone di altre culture, superando modalità di relazione e comunicazione stereotipate e sviluppando la capacità di fungere da intermediario e di risolvere fraintendimenti interculturali e situazioni conflittuali;
– la consapevolezza che la competenza plurilingue e pluriculturale è mutevole e non equilibrata nelle sue componenti e che anche nella lingua madre e nella cultura di origine il/la parlante presenta inevitabili disequilibri nelle abilità comunicative e nella padronanza di varietà linguistiche e culturali;
– la consapevolezza che la competenza pluri-lingue non è la sommatoria delle competenze monolingui ma l’utilizzo integrato e strategico delle risorse linguistiche e comunicative che essa mette a disposizione;
• la consapevolezza metacognitiva, cioè:
– la consapevolezza dei propri atteggiamenti, delle motivazioni, delle convinzioni, degli stili cognitivi ed emotivi, dei fattori di personalità che incidono sull’uso e sull’apprendimento della lingua, sullo sviluppo delle capacità di comunicare e sulle modalità della comunicazione;
– la consapevolezza dell’apprendimento come processo che permette di integrare con nuove conoscenze quelle possedute, anche modificandole, e quindi la consapevolezza che l’apprendimento di lingue e linguaggi rappresenta una espansione della capacità comunicativa e non una minaccia all’identità del parlante comunicatore;
– la consapevolezza che la lingua è uno strumento della comunicazione e che la capacità di comunicare con efficacia in una complessa rete di relazioni personali, sociali e collettiva si sviluppa attraverso l’interazione e la pratica della comunicazione stessa;
• le strategie e le procedure per ampliare costantemente la propria competenza comunicativa, cioè:
– il riconoscimento e l’utilizzo di tutte le opportunità di apprendimento;
– l’apprendimento autonomo e autodiretto anche attraverso materiali forniti dall’ente formativo o autonomamente reperiti;
– la valutazione e la valorizzazione delle personali risorse e abilità percettive, analitiche ed euristiche;
– l’estensione della competenza linguistica e della contestualizzazione logica attraverso l’associazione di nuovi termini e la costruzione di campi semantici;
– la capacità di modellizzazione per rafforzare il controllo sul codice linguistico, acquisendo consapevolezza metalinguistica; il collegamento di nuovi elementi linguistici alle conoscenze già possedute.
Quali processi sottendono al comunicare?
L’adulto può avere già sviluppato o deve acquisire strategie necessarie a:
• produrre messaggi;
• attivare quadri di riferimento ed aspettative rispetto alla situazione, incluse le relazioni tra interlocutori, e all’estensione delle conoscenze condivise;
• generare le idee;
• attivare e verificare le proprie risorse, confrontare e adattare le risorse con lo scopo e il destinatario;
• pianificare le mosse e ordinare in mappe o grappoli associativi;
• formulare mentalmente il testo;
• tradurre il progetto in testo parlato o scritto;
• controllare la coerenza, la coesione, l’accuratezza e l’efficacia in relazione al destinatario e allo scopo;
• in scambi interattivi adeguare la comunicazione all’interlocutore e cooperare a livello interpersonale e ideativo alla realizzazione delle intenzioni comunicative;
• compensare con strategie diversificate le difficoltà di comunicazione o riparare il messaggio prodotto;
• comprendere e interpretare messaggi:
• attivare quadri di riferimento e sviluppare aspettative sulla base dello scopo, del contesto e del genere;
• selezionare le modalità di ascolto o le tecniche di lettura in relazione allo scopo;
• formulare ipotesi interpretative, verificarle ed eventualmente riformularle;
• produrre inferenze sul testo ed esplicitare gli impliciti a partire da indizi linguistici, testuali, contestuali, conoscenze possedute e visione del mondo;
• controllare la ricaduta dell’interpretazione sulla comprensione.
dicembre 2009
in didattica: |
|
dello stesso autore: |
|