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Dell’educare. 70
“Ben poco onore, sfortunatamente, vien accordato alla carica d’insegnante …"
Aldo Ettore Quagliozzi
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Rifletteva così nel suo lavoro “Ai piedi del maestro [1910]” J. Krishnamurti [1895-1986].
Da quel tempo ne è passata di acqua sotto i ponti, ma le problematiche negative all’interno della scuola restano vive ed immutabili nel tempo. Ed il trattamento economico degli insegnanti ed il loro ruolo nel sociale ha sempre mortificato una delle funzioni-cardine per il progredire di qualsivoglia civile società.
Ricordo bene per esperienza diretta le prime rivendicazioni contrattuali degli insegnanti – parlo dei primissimi anni settanta del secolo scorso – e come le stesse fossero guardate con un certo sospetto ed una certa sufficienza all’interno della mia organizzazione sindacale, per la quale ho militato per un tempo non certo breve. Vigeva in quell’organizzazione il mito operaista, l’operaio “faro“ luminosissimo della società che si avviava ad essere compiutamente industrializzata con quell’enorme rivolgimento e sconvolgimento sociale che fu contrassegnato dallo spopolamento delle campagne e delle città innanzitutto nel mezzogiorno d’Italia e con l’avanzare e l’affermarsi di quella rivoluzione che in quegli anni fu rappresentata dalla scolarizzazione di massa. Vi era di già l’esperienza della scuola media unificata e di lì a poco si sarebbero conquistati i famosissimi decreti delegati. Il tutto però costruito centellinando le risorse per la scuola e quindi anche per una maggiore gratificazione economica e sociale degli insegnanti. Il tutto a dispetto degli sprechi e degli abusi compiuti per decenni e decenni in altri comparti della vita associativa del bel paese, dei quali sprechi ed abusi si mena oggi reboante denuncia e grande scandalo proprio da quegli stessi personaggi che ne sono stati i creatori ed i fruitori principali. Ché in quel tempo e con il concorso miope della mia stessa organizzazione sindacale gli insegnanti furono inquadrati come in un rigido sistema impiegatizio, mortificandone le aspettative e le potenzialità che certamente erano ben presenti tra i tanti di allora. E le elemosine contrattuali concesse avevano sempre l’infida sottaciuta giustificazione di un ruolo e di una funzione alla quale non venivano richieste specifiche attitudini e qualità tanto in entrata quanto nel corso di una lunga “carriera“ negata. Le due facce della stessa medaglia: avere poco per dare poco.
Con l’immancabile scadere della scuola pubblica, scadere che è andato accentuandosi nel tempo, nell’irresponsabile disinteresse, improvvisazione ed approssimazione di tutti i gruppi politici che si sono avvicendati nella conduzione del dicastero.
E la crisi che oggi si registra nel sistema formativo del bel paese può ben farsi risalire a quelle stesse vicende che il nostro grande Autore stigmatizza nel Suo pregevolissimo scritto, scritto pensato in altri ambienti ed per altre epoche. Sta tutto nelle problematiche accennate il grande disastro della scuola pubblica del bel paese: oggi sembra proprio tantissimo il tempo perso. Scarsa quindi la possibilità di un pronto recupero, anche per un popolo affollato di santi e di navigatori.
“(…)… ben poco onore, sfortunatamente, vien accordato alla carica d’insegnante e che spesso un individuo sceglie questa carriera perché non può ottenerne altre, invece di sceglierla perché si sente veramente portato verso l’insegnamento, e sa di poterlo fare. Ne risulta ch’egli si preoccupa più della retribuzione che di qualunque altra cosa, e continuamente andrà cercando l’occasione di maggior guadagno. Ciò diventa il suo principale desiderio. Benché, indiscutibilmente, l’insegnante sia in parte da biasimare per ciò, è il sistema che più ne ha colpa, poiché l’insegnate ha bisogno di quel tanto che basti. E’ dovere della nazione di provvedere a che egli non sia posto in una condizione tale da essere costretto a sempre desiderare un aumento di stipendio, o a dover dare lezioni private per guadagnarsi il necessario alla vita. Soltanto quando ciò sarà stato fatto, l’insegnante si troverà soddisfatto e felice nel posto che occupa, e sentirà la dignità del suo ufficio quale insegnante, qualunque possa essere la sua posizione rispetto agli altri insegnanti – posizione che, attualmente, temo sia valutata principalmente secondo l’ammontare dello stipendio. Soltanto chi è realmente soddisfatto e felice, può avere la mente libera per insegnar bene. ( … )”
aprile 2009
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