|
Diritto alla salute: quali garanzie per la Pubblica Amministrazione?
Arrivano le prime proteste degli insegnanti dopo il provvedimento Brunetta.
Agostino Del Buono
|
Avete mai visto in un ufficio della Pubblica Amministrazione impiegati andare in giro con «pantofole copri gesso»?
Oppure, funzionari armati con dei «reggi braccia» o addirittura con le «stampelle»? Per non parlare di coloro i quali, affetti da patologie ben più gravi, saranno costretti ad andare a lavorare, rinunciando all’esercizio di un diritto sociale riconosciuto come fondamentale dalla Carta Costituzionale (art. 32 della Costituzione).
Nella Pubblica Amministrazione tutto questo è possibile. Prepariamoci d’ora in poi a vedere il personale statale, dall’impiegato al funzionario, a recarsi al lavoro pur essendo ammalato o non perfettamente guarito. Non perché sono “finti malati”, ma solo perché si vedranno decurtare dallo stipendio le “indennità o emolumenti aventi carattere fisso e continuativo nonché i trattamenti economici accessori”.
Oltre alla malattia e ai danni psico-fisici che questa può provocare, agli stipendi poco gratificanti se consideriamo quelli europei, ai dipendenti della Pubblica Amministrazione verranno decurtate anche queste indennità. Ma veniamo ai fatti. Un mese addietro, con la circolare n. 7 del 2008, con 1480 «battute» il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione cerca di porre freno alle “assenze per malattia e per i permessi retribuiti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”. Inizia così l’attacco a tutti i dipendenti su diversi livelli: dirigenti, impiegati, docenti, insegnanti, personale Ata, collaboratori scolastici ecc… della Pubblica Amministrazione con «controlli fiscali» a tappeto anche per un solo giorno di assenza dal posto di lavoro. «Nulla quaestio» sul rigido controllo fiscale che ci deve essere anche per un solo giorno di malattia, così come sancito dallo Statuto dei lavoratori (Legge n. 300/70), ma dopo il secondo periodo di malattia (che può essere anche di uno o più giorni), l’assenza del lavoratore, può essere giustificata soltanto mediante presentazione di un “certificato medico di una struttura sanitaria pubblica”.
E come dire che i medici di famiglia non sanno quantificare i giorni di assenza con la patologia che ha il loro paziente. Che fine faranno centinaia di medici che lavorano presso le “strutture private”? Anche loro non sono all’altezza di quantificare equamente i giorni di malattia dell’ammalato? O si mette in discussione la loro deontologia professionale? Va da se che le assenze saranno certamente di meno, anzi ridotte all’osso in questo caso. Non occorrono statistiche quindicinali, mensili o annuali né formulate dal Ministero della Pubblica Amministrazione, né da note società di elaborazione dati. Una Legge del genere costringe l’ammalato a fare la degenza sul proprio posto di lavoro con la complicità, in questo caso, del capo ufficio. Gli impiegati e i funzionari della Pubblica Amministrazione si assenteranno dal posto di lavoro solo ed esclusivamente in caso di “degenza obbligatoria in strutture sanitarie pubbliche”.
Questa sarà la nostra Italia d’ora in avanti. Secondo voi, anche se non masticate nulla di medicina, gli ammalati, temporaneamente invalidi saranno in grado di assolvere le loro funzioni? E a quale prezzo? Per fare il docente o funzionario qualsivoglia occorre una perfetta forma fisica e mentale. Il docente che ha forti dolori al collo, al piede o al braccio riuscirà a trasmettere le informazione ai propri studenti? Un po’ di dubbi io l’avrei. Approvando un provvedimento del genere, in un certo senso il Ministro obbliga un po’ tutti i dipendenti statali a recarsi sul posto di lavoro. Ma certamente, coloro che sono affetti da patologie significative saranno “presenti fisicamente” ed “assenti” nel loro reale compito, non garantendo efficienza ed efficacia nell’attività amministrativa.
Tutto questo per non perdere le “indennità o emolumenti aventi carattere fisso e continuativo nonché i trattamenti economici accessori”. «Queste sono le Leggi che aspettavamo – dichiara un docente che ha ben 32 anni di servizio e poche assenze per malattia – con tanti problemi che il sistema formativo si trova ad affrontare, la priorità è stata data ad un provvedimento che ha avvilito ancor più il personale scolastico, già poco gratificato rispetto agli altri colleghi europei. Si pensi, piuttosto a provvedimenti più incisivi di controllo dei risultati dell’azione formativa, dei traguardi della Scuola italiana che non riesce a formare studenti competitivi e garantire standard di qualità».
Abbiamo ancora tanto da imparare.
luglio 2008
|