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Dell’educare. 64
“L’insegnante che cerca di intimorire …“
Aldo Ettore Quagliozzi
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Sembra di leggere, o rileggere, la prosa delle solite raccomandazioni –dettate dall’assillo dei tempi- che lasciano il tempo che trovano. Raccomandazioni sempre inascoltate. Pensare ai fatti del giorno, terribili, riportati in cronaca “nera“, e rileggere le cose semplici tratte da “Ai piedi del maestro [ 1910 ]“ di J. Krishnamurti [1895-1986], conferma ancora una volta che pur cambiando tempi e luoghi sempiterne rimangono le problematiche proprie del buon educare. E poiché l’educare è un problema di relazioni tra esseri umani, l’amorevolezza di cui parla l’Autore non fa’ mai difetto. O così dovrebbe essere. Ricordo come fui apostrofato con sufficienza, se non con alterigia, da una collega di classe allorquando, nel corso di un intervallo, osservando i ragazzi concedersi quel tempo di libertà che la ricreazione permette per esprimersi ciascuno nella sua individualità, osservandone dicevo i comportamenti e le peculiarità di ciascuno ed indicandoli alla collega stessa, essa per tutta risposta ebbe a dirmi che i tempi “dell’intenerimento“ le erano di già passati. Ricordo bene che si era all’inizio della nostra “carriera“. Ecco la scorza ruvida sotto la quale si finisce per ripararsi per poter continuare a svolgere, nei lustri e nei decenni a venire, stancamente e senza slancio alcuno, il “mestiere“ dell’insegnante. E basta.
“( … ) L’insegnante che cerca di intimorire i suoi allievi per far loro compiere quanto egli desidera, non s’accorge che essi gli obbediscono solo durante la sua presenza, e che, non appena lontano dal suo sguardo, essi non presteranno più alcuna attenzione ai suoi ordini, o si prenderanno persino il piacere d’infrangerli, appunto a causa dell’antipatia che provano per lui.
Ma se egli, invece riesce ad indurli a fare la sua volontà perché lo amano e desiderano fargli piacere; allora essi rispetteranno le sue prescrizioni anche durante la sua assenza, e così il suo compito sarà grandemente facilitato.
Invece di sviluppare il timore e l’antipatia nel carattere dei ragazzi, l’insegnante saggio raggiungerà il suo scopo risvegliando in essi l’amore e la devozione, e, rafforzando così tutto ciò che c’è di buono nell’animo loro, li aiuterà sulla via dell’evoluzione.
Sbagliata è pure l’idea di espellere, di sbarazzarsi cioè, di un ragazzo turbolento invece di cercare di migliorarlo. Anche quando, nell’interesse dei suoi compagni, un ragazzo ne dovesse venir separato, non si dovrebbe mai perdere di vista il bene del ragazzo stesso. Infatti la disciplina scolastica dovrebbe, in tutto e per tutto, essere basata sul bene dei ragazzi e non sull’idea di risparmiare disturbo all’insegnante.
L’insegnante amorevole non si preoccupa del disturbo. ( … )”
5 febbraio 2008
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