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Il piccolo Kolobok
racconto per bambini liberamente ispirato ad una fiaba ucraina
Mario Amato
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Qual era il giorno di festa? La domenica? Il sabato forse? Natale o Pasqua? Sì, certamente in questi giorni gli adulti non lavorano, i bambini ed i ragazzi non vanno a scuola, per le strade c’è una bella atmosfera, le vetrine dei negozi s’accendono di mille luci all’imbrunire, le fidanzate trascorrono ore dinanzi agli specchi per farsi più belle, le mamme cucinano i loro pietanze appetitose, i padri giocano finalmente con i figli.
Ma a casa di nonna Anna il vero giorno di festa era quello in cui ella impastava il pane per tutta la famiglia e con amore lo infilava nel vecchio forno a legna costruito chissà quanti anni prima da qualche avo. Il profumo del pane si spandeva per tutta la casa e penetrava in tutti gli angoli. Nonna Anna si alzava di buon’ora, quando ancora il sole non era sorto e pazientemente preparava il forno riempiendolo di legna secca e ben stagionata; poi cominciava ad impastare il pane con la sapienza che generazioni di donne della sua famiglia le avevano donato. Questa sapienza si concentrava nelle sue mani, che profumavano sempre di pane, anche quando a sera sedeva accanto al fuoco, carezzava i suoi due piccoli nipoti e raccontava fiabe. Raccontava anche la fiaba di kolobok.
Nonna Anna non permetteva a nessuno della famiglia di intromettersi nella sua arte di panettiera, tuttavia non poteva liberarsi dei suoi piccoli nipoti, i quali già dalla sera prima si sentivano anch’essi panettieri ed aspettavano di sentire la nonna alzarsi dal letto. Allora Kolka e Ghenj, i due nipotini, saltavano dai loro giacigli, si vestivano in fretta e correvano felici e pronti a lavorare da Nonna Anna, che li accoglieva sempre con un sorriso. Trascorreva così la mattina: Nonna Anna impastava le grandi pagnotte e le infornava, seguita dai due bambini festanti. E mentre lavorava raccontava storie.
Accade una volta che era rimasta poca farina e Nonna Anna impastò un pane piccolo, ma veramente piccolo e disse ai nipoti “Questo è kolobok!” “kolobok! kolobok!” cominciarono a gridare Kolka e Ghenj e scolpirono sul piccolo pane occhi, naso, orecchie e una bella bocca sorridente. Nonna Anna infornò kolobok, che uscì per ultimo dal forno, odoroso e ben cotto. Nonna Anna lo depositò sul davanzale della cucina, ma venne un colpo di vento che portò kolobok lontano da casa sua, nella foresta fitta di boschi e popolosa di animali affamati. Kolobok arrivò davanti ad un coniglio, che lo guardò da tutte le parti, lo annusò e aprì la bocca per mangiarlo; kolobok fece uno sforzo e parlò “Coniglio” disse “ per favore, non mangiarmi. Io sono stato fatto da due bambini. Sono loro che mi devono mangiare.” “Io ho fame” replicò il coniglio. “Facciamo così” propose Kolobok “Ti canto una bella canzone e tu rinunci a mangiarmi”. Il coniglio accettò la proposta e lasciò il piccolo pane al suo destino. Venne un altro colpo di vento e fece volare Kolobok vicino alla furba volpe “Guarda! Ho fame ed è arrivato un bel panino!” e aprì la bocca. Kolobok allora disse “Non vuoi sentire una bella canzone? Se non mi mangi, la canto.” “Certo” rispose la volpe “ Ma poiché non sento bene, vieni più vicino alle mie orecchie”. Kolobok si avvicinò e la volpe lo inghiottì tutto intero. Nello stomaco della volpe kolobok cominciò a rotolarsi ed a cantare a squarciagola. La volpe non riusciva a camminare e le orecchie le facevano male per le grida di Kolobok; allora decise di restituire Kolobok. Lo sputò fuori dalla bocca, lo prese delicatamente tra i denti e lo portò a casa di Nonna Anna, depositandolo sul davanzale della cucina.
I bambini gridarono ancora “kolobok! kolobok!”.
Da allora Nonna Anna ogni volta che impasta il pane, non dimentica mai di fare un kolobok…
febbraio 2006
in narrativa:       |
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