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un certo modo di essere movimento e di sinistra
Antonio Limonciello
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Parto dal vizio di fondo di una delusione.
Ce l'ho con il Documento indirizzato a Romano Prodi dal foruminsegnanti.it: Contributo degli insegnanti alla "Fabbrica del Programma": I nostri SI' e i nostri NO
Se 2 anni di movimento hanno prodotto pochezze del genere spariamoci, lasciamo perdere, ci meritiamo di perdere, altro che vincere.
Quel documento sta ancora alle dichiarazioni di principio, ... poi le spediscono a papà e dicono "voglio il giocattolo".
Io capisco dal quel documento che:
- se si abolisce la Moratti, se non si danno fondi alle private, se si aumentano i fondi alle scuole pubbliche, se danno a noi insegnanti un salario di consistenza europea, ma uguale per tutti, mica con le gerarchie europee, la scuola italiana diventerà ....... come? fantastica ... cosa?
È questo un documento da firmare?
Ma io, pur condividendo quasi tutti i principi, mi vergogno di tanta pochezza e mai lo firmerò.
È come raccogliere firme su "voglio bene alla mamma"
Lo stesso documento si conclude: "Perciò chiediamo.ai partiti dell'Unione di esprimere una chiara, inequivocabile ed univoca posizione a favore dell'abrogazione della riforma Moratti e l'impegno a costruire un progetto per la scuola che sia graduale, democratico e condiviso"
E qui siamo all'altra favola che si ripete inesorabile e sulla quale ti si fa l'analisi del sangue.
Se nel 2006 cambia il governo e appena insediato, come ha fatto Berlusconi,vara una legge di un solo articolo che dice: è abolita la legge Moratti, mi chiedo:
- intanto che non si scrive ed approva una nuova riforma, noi della fascia primaria e secondaria di primo grado quale scuola facciamo?
- quanti anni ancora bisognerà aspettare per una riforma? (perché ci vuole una riforma o questa scuola che abbiamo va bene?)
- ci rendiamo conto che questo giochetto, che io vivo dal 1969 quando ero ancora studente, realizza la paralisi della scuola in Italia?
- o forse, e insisto, l'obiettivo è lasciare le cose come eternamente ferme, giacché la cosa peggiore che possa capitare è cambiare la routine dell'impiegato di settimo livello chiamato insegnante?
A me pare realizzabile: il blocco della riforma nella secondaria, un'azione profonda sul DM. 59 per la fascia primaria-media e dopo si comincia a ragionare con i tempi che la democrazia richiede, e si spera che non vadano oltre i prossimi 50 anni.
Infine: io sono disposto a fare battaglie dure per un profondo cambiamento della scuola, ma non mi azzarderò mai a chiedere ad altri quello di cui non sono capace io.
In merito alle questioni didattiche, nel suo ultimo intervento, Gemma scrive:
"Ho ribadito che l'insegnante non si debba tirare indietro circa le sue responsabilità educative, non certo perché penso che debba stare lì a pontificare, mentre gli alunni dovrebbero fideisticamente seguirlo. Il problema è che non ho mai creduto nel ruolo dei genitori-fratelli, né in quello delle persone mature-adolescenti, così come non credo negli insegnanti-amiconi."
Condivido, ma si può scavalcare questo nodo che ritengo superato dal Coperative learning nelle sue varie accezioni, da quella più moderata e produttivistica a quella più rivoluzionaria.
L'insegnante organizza i processi, li anima, li garantisce, ma delega agli studenti una cospicua parte di quelle che erano: la ricerca delle fonti, la lezione frontale, la valutazione e il feedback. Non c'è una rinuncia dei ruoli, è una mezza rivoluzione di tutti e 2 i ruoli attivi nel processo.
Pare poco?
È possibile?
Non solo è possibile, ma le valutazioni dicono che i risultati sono lusinghieri rispetto alle classi non in Coperative Learning.
Si dirà: ecco, adesso che il capitalismo ha bisogno del lavoro in rete, della capacità di cooperare da parte dei dipendenti, ci propinano il nuovo modello didattico.
È verissima questa critica, ma la cooperazione, la non gerarchizzazione, la società delle pari opportunità, per non parlare di uguaglianza, sono nostre e non ce le facciamo scippare da nessuno, piuttosto dovremmo non parlarne ma praticarle.
Infine Gemma mi chiede di chiarire rispetto all'esaurimento storico del ruolo della scuola.
Io non dico che la scuola è finita, dico che non scarto a priori l'idea che possa finire.
Dunque la ricerca deve approfondire anche in questa direzione. Ridurre la scuola, o addirittura eliminare la scuola, ha una storia di sinistra oltre che di destra.
Cito alcune affermazioni di "Descolarizzare la società" Illich, 1970, alcune di esse possono ancora ispirarci:
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Sono istituzioni manipolatrici scuola, forze armate, prigioni, manicomi, ospizi, orfanotrofi.
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Noi diamo il nome di educazione ad un bene di consumo, ad un prodotto la cui fabbricazione è assicurata da un'istituzione chiamata ufficialmente scuola
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L'insegnante riassume in se le funzioni di giudice, ideologo e medico, e pertanto una società liberale non può fondarsi sul sistema scolastico moderno: "dai rapporti insegnante-allievo sono infatti escluse tutte le salvaguardie della libertà individuale" .
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Occorre invece conferire cittadinanza piena ai ragazzi di dodici anni.
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La descolarizzazione dovrebbe essere la premessa di qualsiasi movimento per la liberazione dell'uomo.
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Il rapporto autentico fra maestro e allievo è gratuito ed è un privilegio per entrambi.
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Cosa bisogna fare?
La riforma dell'istruzione deve innanzitutto restituire l'iniziativa dell'apprendimento "al discente o al suo tutore più immediato" e togliere l'obbligo di frequenza.
Eliminando le restrizioni all'insegnamento, spariranno anche quelle all'apprendimento
Bisogna rilasciare ad ogni cittadino, fin dalla nascita, una carta di credito educativo.
Le leggi devono estendere a tutti la libertà accademica.
Bisogna creare liberi centri di preparazione aperti a tutti
3 maggio 2005
in scuola "extra moenia":           |
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