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sui 7 punti per un'altra scuola
Gemma Gentile
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Riguardo ai punti, esposti da Antonio Limonciello, concordo con il primo punto e mi sembra particolarmente importante per il movimento contro la Moratti.
Gli altri punti sono più complessi. Anch'io credo in un forte mutamento del ruolo della scuola. Quanto all'esaurimento del suo ruolo storico, non so. È un concetto che non ho compreso e chiederei di chiarire.
Mi sembra che dalla società emerga la necessità di maggiore conoscenza, per poter essere all'altezza della complessità di un mondo che muta continuamente, moltiplicando in modo esponenziale le informazioni e le competenze necessarie. A fronte, emerge una risposta che impoverisce, al contrario, l'offerta di istruzione, per favorire gli interessi aziendalistici. Qualora prevalessero questi ultimi, anche in Europa la scuola pubblica sarebbe degradata ad un ruolo residuale, così come sta accadendo sotto i nostri occhi.
Quanto a Pasolini, credo che il suo rifiuto del ruolo della scuola avesse un significato di contestazione alla società a lui contemporanea e di lotta. Si trattava della critica alla scuola come strumento di omologazione rispetto alla cultura della classe dominante, che tendeva a distruggere la cultura proletaria.
La critica alla scuola dell'obbligo mi sembra che fosse una provocazione come quella contro la televisione. La sua era una posizione di critica negativa che, a quei tempi ha avuto una funzione di rottura.Si trattava del rifiuto dell'invasione consumistica e della difesa della cultura proletaria.
Ma, oltre a Pasolini, all'epoca c'era anche don Milani che, con la scuola di Barbiana, faceva una critica analoga, ma operava in positivo. Questi polemizzava con la professoressa, che simboleggiava la scuola sclerotizzata dell'epoca che rivolgeva la sua offerta solo ad un élite che riproduceva se stessa, ma si impegnava, al contempo, con tutto se stesso per costruire la scuola.
Don Milani, in un certo modo, lavorava dentro la scuola (anche se non quella ufficiale) e fuori. In una società classista, che negava il diritto allo studio, forniva ai suoi ragazzi le abilità comunicative e critiche.
Credo che la lezione di don Milani sia più utile.
L'ambiente in cui vivo mi porta a diretto contatto con la società degradata urbana del sud, dove i ragazzi da piccoli sono strappati al gioco, alla scuola, alla gioia di vivere le scoperte a cui hanno diritto per la loro età e vengono deviati e violentati dall'industria del crimine.
So che, come insegnanti, siamo inadeguati e dovremmo fare molto di più e porto perciò in me un continuo senso di colpa. Tanto più, perché sono insegnante di sostegno.
Ogni volta che un ragazzo viene strappato al mondo della scuola e risucchiato in quello dei grandi o solo dei più grandi (opero nella media) che gli insegnano a fare scippi, rapine, a vendere droga e ad usarla, sento l'inadeguatezza della scuola e mia.
Ma so pure che non tutto può essere risolto dalla scuola, che non può sostituirsi ad uno Stato che non favorisce il lavoro e non protegge gli strati sociali deboli, mentre tollera, se non protegge, la criminalità.
E allora benedico la scuola e quanto comunque fa, anche se va cambiata radicalmente.
Penso alla famosa frase di don Milani: "La scuola sarà sempre meglio della merda", intendendo con tale termine lo sterco delle stalle che i ragazzi erano costretti a pulire.
Credo che la scuola abbia ancora una funzione sociale, più importante che mai.
Tale funzione tende invece ad essere marginalizzata dal potere, che ha trovato la soluzione di voler distribuire all'individuo l'istruzione a pillole, lungo l'arco della vita, secondo i bisogni delle aziende presso cui lavora. Per ora, è ancora un tentativo.
Credo che sia una scelta obbligata quella di operare, invece, per mutare la scuola profondamente e per potenziarla, almeno fino a quando ci sarà consentito.
2 maggio 2005
in scuola "extra moenia":           |
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