|
Incontro fra le stelle
Racconto per piccoli bambini
Mario Amato
|
C’erano una volta tre bambini piccoli, ma non tanto piccoli da non correre e giocare.
Vivevano lontano l’uno dall’altro, in regioni diverse per lingua e territorio: uno si chiamava Frenzifré –e già lo conosciamo! – abitava nella terra dove cresce l’uva e gli aranci pesanti di frutti, un altro di nome Kolka abitava nel paese ove fioriscono i girasoli ed i campi sono gialli di grano, l’ultimo si chiamava Ghenj ed abitava nelle misteriose e silenziose foreste dei monti Carpazi.
Ognuno dei bambini era a suo modo felice del posto che gli era capitato in sorte: Frenzifré, durante il periodo della vendemmia, correva dietro agli uomini ed alle donne che raccoglievano l’uva e tutti rispondevano ai suoi sorrisi ed alle sue parole, anche se spesso erano incomprensibili. Non solo! Egli si univa anche ai canti che riempivano le verdi colline e di tanto in tanto rubava un acino di dolce uva dai grappoli neri o da quelli dorati, ma non veniva certo rimproverato per questo.
Kolka era felice a suo modo: anch’egli correva e gridava fra i girasoli più alti di lui, che sempre si volgono alla luce. Veniva il tempo della mietitura ed a Kolka non era permesso di andare da solo dietro gli uomini e le donne armati di falce, però c’era sempre qualcuno con lui che lo teneva per mano e stava attento che non gli accadesse nulla di spiacevole.
Ghenj era felice a suo modo: fra quei monti non c’erano vigneti, né aranci dai fiori bianchi e dai frutti colorati, non c’erano girasoli e né grano da mietere, ma v’erano foreste folte ed immense e piccoli animali con i quali giocare; la neve giungeva molto presto e si potevano costruire insieme a mamma e papà grandi pupazzi bianchi. Di notte si udiva il sibilo del vento del nord e l’ululato del lupo ed era bello starsene rannicchiati vicino al camino ad ascoltare la voce della mamma che narrava fiabe.
Naturalmente anche la mamma di Frenzifré e di Kolka narravano fiabe e, come tutte le mamme del mondo, lo facevano con quell’arte che non è data a nessun narratore, perché nasce da cuori innamorati.
Confesso che ho ascoltato di nascosto quelle voci e da una di loro ho udito questa storia.
I tre bambini non si conoscevano, ma sapevano ognuno dell’esistenza dell’altro, perché i rispettivi genitori si conoscevano e si scrivevano, descrivendo i giochi ed i piccoli progressi – in realtà grandi- dei piccoli figli.
Avveniva anche che la mamma di Frenzifré inserisse nelle fiabe i nomi di Kolka e Ghenj e che la mamma di Kolka scegliesse come protagonisti dei racconti Frenzifré e Ghenj e che la mamma di Ghenj nominasse durante la narrazione Frenzifré e Kolka, sì che ai bambini venne un gran desiderio di conoscersi.
Era però molto difficile che ciò avvenisse, perché innanzi tutto quelli erano tempi in cui affrontare viaggi significava allontanarsi per lungo tempo da casa e poi perché sarebbe stato alquanto costoso.
Non dobbiamo tuttavia abbandonare la speranza che i nostri tre amici possano diventare amici fra loro.
Kolka, Frenzifré e Ghenj non possedevano molti giocattoli, ma ognuno aveva un bel cavallo a dondolo regalato da chissà chi in occasione di qualche festa. Non indaghiamo, perché non ha importanza.
Era inverno sia nella zona dei vigneti e degli aranceti, sia fra i girasoli, sia nelle alte montagne e le mamme, forse per uno strano incantesimo, narravano la stessa fiaba nominando i due bambini assenti e lontani. I piccoli, distanti l’uno dall’altro, ascoltavano con gli occhi pieni di meraviglia, ma nei loro piccoli grandi cuori s’insinuava prepotente il desiderio di conoscersi. Ognuno dei tre bambini iniziò a pronunziare il nome degli altri e poi a piangere, all’inaccettabile spiegazione dei genitori dell’impossibilità di un’imminente conoscenza reciproca. I pianti non avevano termine ed i rispettivi padri e madri mandarono i figli nelle loro camere.
La notte era silenziosa, le stelle fiammeggiavano nel cielo come gemme luminose, la luna splendeva in tutta la sua pienezza, la via lattea biancheggiava nell’infinito azzurrino.
Frenzifré, Kolka e Ghenj godevano il calore delle coperte e non piangevano più, ma non dormivano, perché pensavano ai loro due sconosciuti amici e li assaliva il desiderio ardente di giocare tutti insieme.
I piccoli cavalli a dondolo, negli angoli delle stanze, si commossero e si mossero ed i tre furono lesti a comprendere l’invito: saltarono in groppa ai destrieri di legno e cavalcarono fra gli astri ed i pianeti e in qualche punto del firmamento si conobbero e galopparono per tutta la notte sopra città e monti ed oceani. Conobbero i nomi delle stelle e di luoghi che forse noi possiamo solo immaginare.
Così avvenne per molte notti.
E se ora essi sono cresciuti ed il tempo dei giochi è trascorso, altri bambini trottano e galoppano fra i corpi celesti e, sebbene sia impossibile ad occhi aperti, basta chiuderli ed immaginare i piccoli cavalieri.
Giocarono ad inseguirsi fra i pianeti, percorsero la via lattea più e più volte, e conobbero altri mondi.
Un giorno i tre amici riveleranno anche a noi i mondi infiniti che hanno visitato…forse con la fantasia.
aprile 2005
in narrativa: |
|
dello stesso autore: |
|