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Un’antica tradizione di cultura da riscoprire contro modelli e stereotipi di stampo consumistico
Francesco De Napoli
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Nessuna delle società che si presentano attualmente al culmine del loro sviluppo economico, sociale e politico, aveva mai assegnato, in passato, tanta importanza agli aspetti relativi alla promozione e alla pubblicizzazione dell’organizzazione socio-educativa e formativa della collettività.
Per usare quello che sembrerebbe un gioco di parole –ma che gioco di parole non è, perché sintetizza al massimo la quaestio– possiamo fare riferimento all’apparato in-formativo quale sistema trainante dell’intera struttura formativa. Insomma, il carrozzone mediatico sembra oggi aver acquisito una vita propria, una totale autonomia rispetto alla substantia del proporre e/o produrre cultura.
L’immagine è tutto, al punto da scavalcare, da oscurare non soltanto il valore del prodotto in sé, sia in senso positivo che negativo, ma la stratificazione sociale degli stessi partiti politici e delle istituzioni. Per questo, ritengo errato addebitare colpe e responsabilità esclusivamente al sistema politico, che rischia a sua volta di rimanere stritolato dalla logica mediatica delle lobby economico-pubblicitarie.
Ciò vale sia su scala nazionale che in ambito locale, ove anzi, la situazione è resa particolarmente insostenibile e gravosa. La frequente mancanza di personalità di spicco, come pure il loro isolamento, la loro fatale esclusione rispetto al dilagare delle mode e dei circuiti clientelari, costringe e spinge il pubblico e i lettori a scimmiottare in maniera provinciale e gretta gli exempla e i cliché imposti dall’alto.
Soltanto il peso e la forza delle idee consentirebbero di sopperire alla carenza di risorse e di mezzi: anche qui, però, modelli e stereotipi di stampo consumistico fanno tabula rasa, cancellando e distruggendo inesorabilmente. Il risultato è il progressivo svilimento e appiattimento di valori, con una implacabile perdita di memorie, usi, costumi e tradizioni locali.
Cassino può vantare, per la verità, una lunga tradizione di iniziative a carattere informativo-editoriale. Dalla fine dell’Ottocento, sorsero nel Cassinate importanti testate giornalistiche, gravitanti intorno alla triade gloriosa di scrittori e intellettuali Gaetano Di Biasio, Raffaele Valente e Carlo Baccari. C’è un libro molto interessante, edito di recente da Caramanica, di Francesca De Sanctis, che ricostruisce la storia del giornalismo a Cassino dalla seconda metà dell’Ottocento alla prima guerra mondiale.
Ecco, io penso che occorra rispolverare quell’antica tradizione, fatta soprattutto di idealità e di amore per la propria terra, un attaccamento e un fervore che sembrano smarriti, se è vero come è vero che l’intera provincia di Frosinone, nelle statistiche ufficiali, occupa uno degli ultimi posti in Italia quanto ad attività culturali e a qualità della vita.
È importante che chi organizza, o svolge seriamente attività culturali, goda del sostegno e del supporto tangibile e concreto degli organi di informazione, altrimenti ci ritroveremo ad essere sempre i soliti abitués, ovvero sparuti gruppi di iniziati incapaci di incidere veramente sul tessuto sociale.
Il tema proposto per questo incontro-dibattito, che vuole essere un primo, timido approccio in vista di approfondimenti futuri, oltre ad essere estremamente ampio e spinoso, si presenta soprattutto di difficile comprensione per quanti non posseggano un bagaglio di esperienze lungamente condotte sul campo, ovvero per chi non abbia sperimentato sulla propria pelle –e a proprie spese– cosa significa lavorare in maniera disinteressata per la cultura.
Non sono sufficienti neppure pochi anni –chiamiamola così- di gavetta, perché le varianti e le sfaccettature sul tappeto sono talmente tante che non basterebbe una vita per conoscerle tutte.
Ciò significa che la cultura richiede, in primis, umiltà, spirito di sacrificio, solidarietà e passione.
Entrando nel merito del tema - “Editoria locale e iniziative culturali di base” -vorrei che i singoli relatori focalizzassero l’attenzione sul rapporto esistente, se esiste, a livello territoriale- fra i livelli di informazione da un lato e la rilevanza, la consistenza delle iniziative proposte dall’altro.
Epperò, quando si parla di cultura si entra inevitabilmente nel campo dell’opinabile, del soggettivo. Pertanto, più che disquisire della validità intrinseca delle iniziative, a noi preme cercare di capire se i canali di diffusione e di divulgazione attualmente utilizzati ed esistenti sul territorio siano quelli più giusti ed efficaci.
In definitiva, a noi interessa sapere se gli operatori culturali –siano essi responsabili di case editrici o promotori di manifestazioni- giudicano soddisfacente, e quindi si ritengono soddisfatti della risonanza ottenuta dal loro lavoro e dalle loro iniziative.
Viceversa, a giornalisti e direttori di testate chiederei se reputano di aver fatto, finora, tutto quanto è necessario e ragionevole ipotizzare per assicurare, con imparzialità e rigore, un minimo di visibilità e di consenso da parte del pubblico alle iniziative.
Ritengo che la nostra realtà abbia un urgente bisogno di dibattiti, di confronti di idee, anche accesi e serrati, come questo oggi proposto dall’Archeoclub Latium Novum. Le mostre asettiche e impersonali, le fredde conferenze di tipo accademico, i collaudati ma ripetitivi spettacoli di importazione -per altri versi utili e costruttivi- non aiutano granché ad afferrare e a sciogliere i tanti nodi irrisolti.
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