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Una pausa edificante
Mario Amato
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Mario Vargas Llosa denunciava preoccupato il sogno di Bill Gates, l’inventore di Microsoft: eliminare la carta stampata. È senza dubbio vero che con un E-book è possibile per tutti trasportare una vera e propria biblioteca, ma è anche vero che un computer non può donare la stessa intimità di un volume stampato[1].
Il piacere della lettura è intimamente connesso con la sua formazione, con le storie orali narrate dalle madri e dalle nonne, con i libri colorati per l’infanzia, con i doni di Natale. Gli adulti guardano spesso in modo errato il mondo incantato dei bambini credendo che sia costituito soltanto di giochi e finzioni, eppure quell’universo è reale. Come ha scritto il primogenito di Wilhelm Grimm, Hermann Grimm, nella prefazione per Kinder- und Hausmärchen (fiabe per la casa e per i bambini) del padre e dello zio, per i bambini tutto il mondo è vivo e ci fu un periodo, il tempo del mito, durante il quale ciò era valido per tutti gli uomini[2].
Per i bambini, i giocattoli non sono oggetti, ma sono amici e confidenti. Nell’infanzia scolastica i libri diventano gli amici più intimi, soprattutto quelli di fiabe poiché i bambini ritrovano in queste meravigliose storie di antichissima origine un mondo vivo e per loro reale. Fate, animali parlanti, gnomi e folletti, re e regine, principi e principesse, castelli incantati, foreste senza fine, nani e giganti sono veri! Gli stessi libri non sono fatti soltanto di carta stampate, ma sono i luoghi in cui le vicende si svolgono.
Immaginiamo che si avveri il sogno di Bill Gates: un computer potrebbe forse sostituire l’incanto di una voce narrante, del crepitio del fuoco, dell’alito del vento di primavera, della segretezza della propria cameretta? Non è forse una meraviglia aggirarsi in una libreria oppure ascoltare in una biblioteca il lieve fruscio delle pagine sfogliate? L’anonimo respiro del computer potrebbe regalarci queste sensazioni?
Il piacere intimo della lettura non riguarda soltanto i bambini, ma anche noi adulti. Il mondo incantato delle fiabe termina con l’adolescenza e svanisce quasi completamente con le preoccupazioni quotidiane dell’età adulta, ma è opportuno a volte riconquistare il bambino che è celato in ogni uomo.
Un modo per farlo è riaprire uno dei libri di quelle storie magiche che tanto amammo. In un bellissimo racconto di Adalbert Stifter intitolato “Cristallo di rocca”[3] possiamo riscoprire il fascino di un mondo antico e fatato, sebbene la storia sia una fiaba senza avvenimenti sovrannaturali.
È la narrazione di un due bambini, Konrad e Sanna, i quali alla vigilia di Natale si smarriscono lungo la strada che conduce dal paese dei nonni al villaggio dei genitori.
È un racconto che ha anche meravigliosi colori: il bianco della neve e l’azzurro dei ghiacci.
Sono evidenti elementi tratti dalle fiabe: innanzi tutto, i protagonisti sono due bambini che guardano sia con paura sia con meraviglia una natura primitiva; in secondo luogo lo smarrirsi in un mondo incantato, ed in questo caso anche silenzioso, è tipico delle fiabe così come l’aiuto che il fratello maggiore porge alla sorellina Sanna allorché trovano rifugio in una grotta ammantata di azzurrino ghiaccio.
Non vi è, come già notato, nessun avvenimento fantastico, eppure il termos pieno di una bevanda preparata per i due bambini dalla nonna, che li riscalda e li salva quando sono rintanati nel ghiacciaio, riconduce la memoria ai filtri magici delle fiabe che ridanno la vita e che soltanto le fate buone donano. Fiabesco è anche il camminare per ritrovarsi sempre nello stesso posto, con un punto di riferimento che appare e scompare continuamente.
Tutti gli abitanti dei due paesi si mobilitano alla ricerca di Sanna e Konrad e grazie a questo impegno essi ritrovano un’unità antichissima, forse quella delle tribù di primati che dovevano combattere contro una natura sconosciuta e potente e dovevano vincere la paura delle foreste, delle acque, delle montagne. La natura è tuttavia anche amica, poiché accoglie i due bambini in una profondità intima, allo stesso modo delle madri che cullano i loro piccoli assonnati.
Stifter è un maestro della descrizione, poiché ci mostra la strada, i monti, la neve con meticolosa precisione, ed è un artista del racconto poiché non consente alla sua vena pessimistica, presente nelle altre storie che recano il titolo di un minerale, di sopraffare la bellezza di una fine lieta e edificante. “Cristallo di rocca” è un libro da leggere ad occhi spalancati, come ascoltavamo affascinati le storie narrate dalla amorosa voce della mamma.
Note
[1] Llosa Vergas, Mario, Il romanzo, Vol I, Einaudi , 2001
[2] Grimm, Jakob e Wilhelm, Fiabe, Fabbri Editori, 2005
[3] Stifter, Adalbert, Cristallo di rocca, Adelphi, 1994
marzo 2005
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