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La new-scuola: opinioni, emozioni, dubbi e speranze di una maestra all’inizio del Terzo Millennio
Nadia Citarella
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Sere fa mi ritrovai a riguardare le vecchie foto di quando frequentavo la scuola elementare: 35 alunne (non c'erano ancora le classi miste) con una maestra imponente, che sulla gradinata si metteva al centro e sul gradino più alto per la foto di fine d'anno, per l'occasione con grande referenza veniva invitato anche il direttore, noi in assoluto silenzio avevamo paura anche di respirare. Ricordi di copie, di "leggi 100 volte", di contadini che andavano al mercato per vendere quintali di patate, di capitali e nomi di fiumi da imparare a memoria, di poesie e dettati affioravano nella mia mente e mi portavano indietro nel tempo. In quel tempo dei bambini dove il futuro è lontano, è solo un puntino all'orizzonte. Allora non sapevo, né avrei mai immaginato che sarei diventata una maestra.
Sorte, buona o cattiva, mi ha voluto maestra elementare. Insegno da più di 20 anni e sono stata testimone partecipe di grandi cambiamenti avvenuti nella scuola.
Decreti Delegati, programmazioni educative e didattiche, unità didattiche, moduli, progetti di ampliamento dell'offerta formativa, progetto educativo di istituto sono ormai come vecchie ciabatte, comode ma consumate e fuori moda. Finito il tempo della programmazione lineare e per mappe concettuali, si punta ora al successo formativo dell'allievo.
L'autonomia, dall'inizio di quest'anno scolastico è diventata una realtà imprescindibile per le scuole di ogni ordine e grado.
Docenti e genitori date addio a romanticismi e malinconie! Non è più tempo di tabelline e quaderni di brutta e di bella. Questo è il passato che muore mentre nasce il futuro.
Cos'è questa autonomia? Cos' è cambiato? Cosa deve ancora cambiare?
La normativa (art.21 legge Bassanini n.59 del 15/03/1997) recita che da quest'anno ogni scuola gode di autonomia organizzativa, didattica, curricolare e che deve esplicitare la sua offerta formativa nel P.O.F.(piano dell'offerta formativa). Il direttore didattico diventa il dirigente scolastico e coordina tutte le azioni dell'istituzione. Ogni scuola assume la responsabilità della sua operatività mirando a fare una scuola di qualità. Si gioca molto sulla qualità: qualità degli itinerari didattici, degli stumenti, dei processi/progetti attivati, delle risorse strutturali, professionali, dei rapporti interni ed esterni.
L'autonomia organizzativa è relativa alla gestione di spazi, di tempi, di procedure e di utilizzazione del personale.
L'autonomia didattica si esplicita nella scelta libera e responsabile delle strategie, degli iter, della metodologia e degli strumenti.
Si respira un forte odore di progettualità diffusa, finalizzata alla soddisfazione dei bisogni dell'utenza, o meglio del cliente. Non si spaventi il lettore nuovo a questa diversa dimensione scolastica. È proprio l'autonomia che trasforma la scuola in un'impresa produttiva, il cui prodotto per quanto si dica e si faccia non è così facilmente misurabile, o per lo meno non è misurabile a breve termine.
I docenti, non più trasmettitori di conoscenze, sono invitati a lasciare la cattedra e la lavagna, devono "scendere tra i banchi" per ascoltare le esigenze di ogni allievo, per orientare le abilità di ciascuno e per incentivare le potenzialità di tutti; i docenti devono individuare la domanda del territorio e promuovere azioni educative condivise con la famiglia e la società; i docenti nel rispetto della normativa, utilizzando la flessibilità curricolare del 15%, individuano quali sono le attività extracurricolari più adeguate per lo sviluppo globale dell'alunno, per combattere la dispersione scolastica, per favorire il recupero e l'integrazione, per fare una scuola di gioia e non di noia.
Non è tutto qui. Il docente è tenuto a mantenersi aggiornato, a sviluppare le sue competenze e la sua professionalità. Deve redarre P.E., P.A.A.D, P.E.I., P.O.F., P.O.N., P.E.E.; deve pianificare, verificare, valutare, apportare correttivi, documentare, relazionare: tutto per stipendi da fame in ambienti malsani con gratificazione quasi nulla. Sono pochi i genitori che effettivamente si rendono conto di quanto lavoro ci sia dietro qualsiasi cosa che suo figlio fa a scuola.
I dirigenti scolastici da parte loro sono restii a dire ad un maestro:"Bravo, continua!"
Quale amarezza, in questi tempi moderni, per la povera mestrina che sognava la sua auletta dalle persiane verdi, la sua cattedra, i suoi bambini obbedienti e silenziosi, i genitori cortesi e accondiscendenti, il suo direttore che la encomiava per il lavoro svolto.
La scuola ha messo un vestito nuovo, soprattutto è cambiato il rapporto con l'esterno.
L'informazione e il coinvolgimento delle famiglie diventano prassi quotidiana e i maestri presentano il depliant del P.O.F., un opuscolo predisposto per illustrare alle famiglie dei nuovi iscritti cosa e come si fa scuola nella nuova scuola. Nella convinzione che la chiarezza del messaggio costituisce di per sé un fattore di qualità si stabilisce con questo documento un corretto rapporto tra l'istituzione che fornisce il servizio e i fruitori dello stesso. La scuola fa conoscere i suoi compiti, le finalità che persegue, gli obiettivi che intende raggiungere, i metodi, i contenuti, le modalità organizzative e chiarisce con fermezza cosa rimane a carico della famiglia e della collettività in termini educativi. Tutti: docenti, genitori ed allievi si impegnano a rispettare diritti e doveri.
Le novità non finiscono mai, mentre i ministri si succedono e le riforme si accavallano, i docenti corrono come folli a comprare materiali per aggiornarsi e tenersi al passo. Maestri e professori hanno il fiatone a furia di correre. Qualcuno scappa in pensione, appena possono lo seguono i suoi colleghi. Il docente che cerca di restare indifferente alle riforme assomiglia ad un fico secco o ad una patata lessa, non hanno sapore le attività che propone agli allievi e non hanno odore i suoi metodi antiquati, anzi, sentono di stantio.
L'ultima cosa che ci è piovuta addosso è la riforma del curricolo alias riforma dei cicli.
La legge 30/2000 butta all'aria, scuola elementare e scuola media, crea la scuola di base e la scuola secondaria.
La scuola di base dura sette anni: un bambino la comincia all'età di 6 anni e la conclude con un esame di stato all'età di 12 anni.
La scuola di base comprende 1 biennio, 1 triennio e un altro biennio (una partita di bis/tris/bis), nel primo biennio si parte con gli ambiti disciplinari che si trasformano in discipline nell'ultimo biennio. Nei primi anni vi è grande flessibilità negli orari e nell'organizzazione didattica, mano a mano il gioco si fa "serio", aumentano le prescrizioni ministeriali.
Alcune volte mi sento un alieno capitato per caso in una scuola di un altro pianeta; altre volte tutto ciò che sta accadendo nella scuola mi procura sentimenti contrastanti: da una parte ho piacere che ci si interessi tanto alla scuola, in fondo, schola magistra vitae est, da altra parte mi preoccupa il fatto che la riforma è stata costruita all'insegna della fretta, quasi che si avesse paura di non farcela prima delle elezioni (paura di Berlusconi, ma tanto il berlusca ha promesso che se sarà eletto la eliminerà senza considerare il suo valore).
De Mauro è stanco per il lavoro fatto, grande professore di linguistica, voleva creare una riforma più comprensibile possibilmente a tutti. Io non penso molto bene di questa riforma, in alcuni punti pare rattoppata alla meglio. Non erano queste le intenzioni del Ministro della P.I. Molto di ciò che egli proponeva (ho sentito con le mie orecchie le sue parole) non è stato fatto, oppure è stato modificato.
La scuola secondaria presenta un biennio dove è possibile per lo studente fare le famose passerelle, quando si accorge di aver sbagliato strada e un triennio alla fine del quale c'è un altro esame di stato.
Per il momento, cari lettori, posso consigliare di non spaventarsi, anche i moduli furono guardati di brutto e poi sono riusciti abbastanza bene. Tutto sta a capire che lo spirito dell'ultima riforma e dell'autonomia scolastica è quello giusto: il successo formativo dell'allievo.
Nell'ottica del radicale cambiamento in atto che vive la scuola italiana, la scuola è un cantiere aperto in cui sono coinvolti i dirigenti scolastici, i docenti, il personale ATA, le famiglie, la società. Dalla qualità degli ingredienti che si utilizzano, dal rigore delle metodologie che si seguono, dalla coerenza e dalla condivisione collaborativi deriva la solidità della nuova scuola che si va costruendo.
Allora non mi resta che dire -"In bocca al lupo"- a chi crede e a chi non crede nella riforma.
maggio 2001
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