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Dell’educare.22
Dopo tre anni, ero pronto…
Aldo Ettore Quagliozzi
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Una pagina straordinaria dello scrittore Tarah Ben Jelloun dal suo volumetto, come tale solo fisicamente inteso ma pregno di infinita saggezza ed insegnamenti e la cui lettura è vivamente consigliata agli educatori, “La scuola o la scarpa".
In essa si fa esplicito riferimento alla condizione di milioni di bambini e ragazzi sfruttati dalle multinazionali che affidano alle loro famiglie umili attività miseramente retribuite, attività che rappresentano spesso l’unica fonte di sostentamento in quella parte del pianeta Terra posto ai margini ed al di fuori del circuito economico del cosiddetto mondo occidentale
E dove rifulge sempre lo spirito che deve essere proprio di un educatore, in qualsiasi latitudine sia chiamato ad operare, con gentilezza d’animo e di quotidiani comportamenti, e poi autorevole, in quanto gli si riconosce il suo ruolo fondamentale nella formazione delle coscienze delle generazioni future.
E poi la fede profonda che ciascun operatore deve riversare nella sua quotidiana attività, intesa essa come insostituibile strumento democratico di cambiamento sociale, di progresso ed emancipazione dalla ignoranza e dalla miseria.
“(…) Dopo tre anni, ero pronto per fare l’insegnante. Mi sono comprato un vestito europeo e delle scarpe che facevano male e, soprattutto, ho potuto cambiare i miei occhiali.
Ora sono il nuovo maestro. In realtà, devo essere il primo insegnante nominato dal ministero per questo posto. Ho una lettera di incarico, ma non so ancora quale sarà il mio stipendio. Forse sarò pagato in sacchi di grano saraceno.
Come in ogni posto del mondo, il primo giorno di scuola è un giorno di festa. Qui, non è una festa come le altre. I ragazzi fanno baccano, urlano, si tirano i gessi. Si divertono.
Per loro la scuola è una ricreazione, una curiosità. Accorrono per vedere se il maestro è in gamba. Cosa vuol dire qui? Essere gentile e al tempo stesso severo. E io non sono né troppo gentile né troppo severo.
E’ possibile essere in gamba nel villaggio del nulla, dove non è stato sepolto un solo santo, dove non si è fermato nemmeno un profeta?
Devo abituarmi all’idea che, per questi bambini, la scuola è come il circo che passa una volta all’anno.
Che cos’è la scuola per un bambino che non ha da mangiare quando ha fame? Come spiegargli che è necessario passare per la scuola per non patire più la fame, un giorno? (…)"
giugno 2004
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