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De curriculis
Socratis Gentilisque somnium
Gabriele Boselli
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L'altra sera sono andato a letto triste triste, un po' per la dieta e un po' per la lettura delle minuziose tassonomie secondo cui gli insegnanti della scuola di base dovrebbero impostare il loro insegnamento nei prossimi anni.
Non mi sono addormentato subito: pensavo a quelle pagine ministeriali predicanti un pensiero che Heidegger definirebbe "amministrativo-contabile": un pensiero che seleziona, incasella, archivia e tratta le idee come puri oggetti in sé, indipendenti dal loro essere-ad-altro e dal contesto, semplificati e perfettamente e neutralmente amministrabili da qualunque applicato. Un tipo di pensiero che privilegia le valute sui valori, la tecnologia sulla scienza, l'Impero sulle nazioni, lo spazio virtuale sulla Terra. È pensiero non plurale, dunque unico, privo di valenza critica onnidirezionale, di articolazioni dialettiche non strumentali. Apprezza e alimenta non le conoscenze ma le competenze, conoscenze seriali e servili, pensieri utili in quanto rigorosamente depersonalizzati, definalizzati e proni a conseguire gli obiettivi di una cultura economicistica dell' uniforme e dell'artificiale. Così mi è parso, ma forse era solo effetto della dieta.
Verso il mattino (forse anche prima) il sonno mi ha colto e mi sono apparsi in sogno Socrate e Gentile. Condannati entrambi a morte dalle coeve oligarchie, manifestavano in volto mestizia e speranza.
Capii la mestizia dalle parole di Giovanni Gentile: "Oltre alla conoscenza -ma cos'è la scuola senza il sapere-in-atto- manca il Maestro: c'è solo un tecnico dell'insegnamento; manca il maestro come essere autonomamente pensante, operatore unitario, Luce, matrice di pensieri di luce policroma".
Rispose Socrate: Non solo, manca la Parola: la scuola dovrebbe essere spazio di parola e non di chiacchiera; l'aula (che a me comunque piaceva poco, preferivo la strada) è una finestra che dà su un luogo di pensiero creativo, irruente, liberante, costruente.
Giovanni: Difetta l' Invito: il curriculum potrebbe invece essere invito che inizia con un' offerta che corrisponde a un desiderio, a una sete di pensiero.
Socrate: Son per fortuna presenti con forza e vanno sostenuti fenomeni di resistenza tra gli insegnanti e gli ispettori. Un curriculum deve educare a resistere alla violenza e alla supremazia della ragione tardomoderna (economicistica e tecnocratica) non fuggendone ma insegnandone le procedure.
Giovanni: È necessaria l'esperienza del "TU". Un curriculum offre un contesto di riconoscimento storicamente e personalmente fondato del "tu" e dell'altro: l'incontro non avviene solo nell'asetticità di un algoritmo didattico o di una tassonomia "nuovi cicli" ma nella Biblioteca e nel corpo dell'esperienza.
Socrate: È importante la fondazione. Le questioni filosofiche e fisiche, le domande radicali non possono essere eluse; non sono chiacchiere, ma "portali", direste voi oggi, sull'essenza dell'essere-al-mondo.
Gentile: un curriculum è un piano d'indagine. Un curriculum non é essenzialmente percorso di spiegazione e dimostrazione di verità disciplinari precostituite all'atto del loro esser formulate: é discorso indagante, consapevole della prossimità a una radice degli eventi che è ignota.
Socrate: Fare scuola è atto maieutico, inter-rogazione (chiedersi-tra). Un curriculum -ha ragione Heidegger- deve presentare un sapere interrogante e non enunciante, lineare ma anche non lineare, epistemologico e non epistemico, narrativo e non solo descrittivo, aperto ai paradossi leggibili nella struttura globale degli eventi.
Giovanni: Un curriculum non é tutto il sapere ma fa cenno al tutto; ogni frammento contiene un rinvio all'intero indice dei pensieri pensabili entro alle contraddittorietà dei saperi e dell'esistenza.
Socrate: È anche passione. Un percorso di conoscenza (e non di sola competenza) fa coesistere scienza e passione illimitate: il cuore annuncia i pensieri che furono e verranno.
Giovanni: un curriculum deve avvenire nel rispetto della complessità del mondo fisico e della cultura. Un curriculum fa cenno a un Oriente ove tutto é compreso entro un gesto d'accenno ma rinuncia a conciliare tutto, rispettando la complessità delle dizioni e delle contraddizioni del mondo.
Socrate: un curriculum ha bisogno del sole. Un curriculum non può educare a un'immagine "fredda" del mondo: l'immagine educa a soffrire e gioire con gli eventi rappresentati, a prendervi parte.
Giovanni: È integrazione e trasgressione. Un curriculum favorisce la familiarizzazione con ogni forma di pensiero; avvezza a pensare integrandosi come trasgredendo.
Socrate: È Bellezza. Un curriculum muove e commuove, indica in bellezza (dirà ai vostri tempi Von Balthasar: il tutto nel frammento) le radici e le mete del pensare, fa conseguire autenticamente (con tutta l'anima) un'immagine personale del mondo.
Giovanni: È tutela dell'Eredità. Si onora un pensiero millennario come quello di cui siamo custodi continuando a pensare, portando oltre il discorso.
Socrate: È apertura. Un curriculum non é il binario di un treno: i suoi sentieri sono multipli e variabili; alcuni sono aperti a significative interruzioni, all' abbandono. È Ulteriorità. Un curriculum invita a cercare oltre, rispettare l'irriducibile. È Incompiutezza. Un curriculum deve avere un carattere organico e armonico ma non può esaurirsi nel collezionamento di obiettivi raggiunti; è sempre esplicitamente inconcluso.
Il sogno ebbe termine con un breve discorso pronunciato da Giovanni Gentile, mentre il volto gli si ricomponeva in un'aura di speranza:
"L'altro giorno (ma qui in paradiso è sempre giorno) leggevo un quaderno di appunti di mio figlio Giovanni iunior, che io incoraggiai allo studio scientifico (pensare che mi dicono contrario alla scienza) e che mi ha preceduto di qualche anno in questo mondo. Era uno studioso di fisica e forse avrebbe dato al mondo l'equivalente in quel campo della mia filosofia. Studiava la teoria dei quanta e vi ho trovato alcuni concetti validi anche in filosofia dell'educazione: radice degli eventi, tensori, spazi e tempi a n-dimensioni, operatori unitari. La teoria dei quanta è un po' la versione scientifica di quello stesso moto dello spirito che nella prima metà del secolo andato portò anche alla teoria dell'atto puro; é il versante fisico della cultura a venire.
Con queste premesse, caro Socrate e caro Gabriele che mi segui in sogno, curriculum (o Holzwege costellato di Wegmarken, come direbbe il nostro amico Heidegger) non é esposizione di un pre-pensato ma discorso che é animato da tensori interni ed esterni e si attua come percorso indagante, consapevole della prossimità a molteplici radici degli eventi, allocabili nella pluralità degli spazi e dei tempi, che ci sono ignote. Un curriculum non è una tassonomia (archiviazione anticipata dell'esperienza intellettuale); é una "spinta", un atto puro, un vettore che attraverso porte talora semichiuse e proponendo sistemi simbolici e costellazioni cognitive unitarie riprende il carattere organico e armonico ma sempre in fieri e incompiuto del pensiero."
Mi risvegliai felice.
febbraio 2001
in riforma/controriforma:       |
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