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Religiosità e coerenza civile
Aldo Ettore Quagliozzi
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A proposito delle puntuali ed immancabili polemiche suscitate dalla decisione di un giudice sulla esposizione del crocefisso in un’aula scolastica.
E ci risiamo, con una puntualità ed una veemenza degna di migliore occasione e fortuna. Avviene ogni qualvolta si tenta di dare una parvenza di "dignità laica" alle pubbliche istituzioni di questo Paese. E’ un insorgere chiassoso, disordinato ed anche violento nelle espressioni di alcune non tanto candide anime il cui zelo viene solleticato e sollecitato solo in queste vicende nelle quali, in un tempo oramai lontano, sarebbe stata cosa giusta fare mulinare una durlindana, oggi invece si fanno volare predicozzi vuoti ed inutili.
E prontamente è un richiamare lo spirito cristiano di questo Paese, offeso e messo in discussione in questa occasione solamente da una decisione di un giudice, forse quanto mai rispettoso dello spirito laico ed aconfessionale della nostra legge fondamentale.
Ma è pur vero che la cristianità di un Paese non la si difende in simili circostanze, ma la si costruisce nel quotidiano con comportamenti coerenti con la propria vocazione religiosa. Ed allora, che pensare di questo popolo italiano e cristiano che nei suoi comportamenti sociali tradisce lo spirito di fondo cui intenderebbe uniformare il suo quotidiano operare? Cosa ha di cristiano l’ammirazione, non tanto sotterranea, da parte di questo popolo per i furbi, i maneggioni, i malversatori che hanno impoverito ed indebitato sino all’inverosimile le pubbliche casse? Ed ancor più, cosa ha di cristiano la facile indulgenza alla trasgressione degli impegni coniugali assunti con il "sacro" vincolo del matrimonio? Ed il diffuso disimpegno pedagogico nelle famiglie nei confronti dei fanciulli e degli adolescenti, che i fatti crudeli di cronaca certificano con sempre maggiore frequenza? E che ha di cristiano in un popolo la diffusissima propensione a disattendere anche le norme più semplici del vivere civile, con l’imbarbarimento della vita negli agglomerati umani e con lo scempio del territorio a fini esclusivamente speculativi e di facile arricchimento? Ed è cristiano un popolo che stravaccato comodamente partecipa al delirio mediatico dilagante, senza averne ribrezzo laddove la donna ne è fatto oggetto di bassa utilizzazione a fini di bottega e la cui mercificazione non disturba più di tanto al punto che le brutture, che più brutte non si può, riescono ad essere anche le trasmissioni di maggiore richiamo per questo popolo di buontemponi e videodipendenti? E se solo si abbandona la triste elencazione dei comportamenti non proprio cristiani di questo popolo, un tempo popolo di santi e di navigatori, e ci si rifà alle consuete rilevazioni statistiche sulla sua sensibilità alla dottrina,che riguarda in fondo la sfera etica e personale dei tanti, allora ne emerge il ritratto di un popolo che cristiano non lo è anche sotto questo aspetto, il ritratto di un popolo che si è abbondantemente “ laicizzato “ nei suoi comportamenti disattendendo tutte quelle pratiche che la dottrina sollecita ed impone.
Ed allora, queste anime querule che in queste ore si azzuffano con violenti fendenti , quale popolo vogliono rappresentare? Sanno forse di rappresentare solo l’imago virtuale di un popolo sedicente cristiano? O non rappresenta anche questa una buona occasione per una rappresentazione tragicomica di questo Paese, che così impegnandosi in una singolare tenzone distoglierà il suo sguardo dai mille e mille problemi che ne affaticano il vivere quotidiano?
I soliti furboni coglieranno anche questa occasione per sistemare al meglio le proprie artiglierie, in vista degli scontri su ben altri terreni ed argomenti, che se è vero avere essi a cuore lo spirito cristiano dei loro rappresentati farebbero bene a riflettere ed a ragionare su di una diversa visione dello spirito religioso di un Paese, così come ce lo presenta lo scrittore Kahil Gibran in questa "spiga d’oro" da me raccolta da un suo scritto.
E un vecchio sacerdote disse: parlaci della religione. Ed egli rispose:
( … ) Religione non è forse ogni atto e ogni riflessione, e ciò che non è né atto, né riflessione, ma una continua meraviglia e sorpresa che scaturisce nell’anima, persino quando le mani spaccano la pietra o tendono il telaio?
Chi può mai separare la sua fede dalle azioni, o il suo credo dalle sue occupazioni?
Chi può mai distribuire le ore davanti a sé e dire : “Questa per Dio e questa per me; questa per la mia anima, e quest’altra per il mio corpo?”
Tutte le vostre ore sono ali che palpitano attraverso lo spazio da tutt’uno a tutt’uno.
( … ) E’ la vostra vita quotidiana il vostro tempio e la vostra religione.
Ogni qualvolta vi entrate portate con voi il vostro tutto. Portate l’aratro e la fucina e il mazzuolo e il liuto, le cose che avete fatto per necessità, o per diletto.
Poiché nei vostri sogni a occhi aperti non potrete andare al di là dei vostri conseguimenti, o al di sotto dei vostri fallimenti.
E con voi portate tutti gli uomini. Poiché nell’adorazione non potrete volare più in alto delle loro speranze, né avvilirvi oltre la loro disperazione.
E se volete conoscere Dio non siate dunque solutori di enigmi. Piuttosto guardatevi intorno e lo vedrete giocare coi vostri bambini.
E guardate nello spazio; lo vedrete camminare dentro la nuvola, protendere le braccia nel lampo e scendere con la pioggia.
Lo vedrete sorridere nei fiori, poi alzarsi per agitare le mani fra gli alberi.
1 novembre 2003
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