UH, CHE BELLA STORIA! - Parte Seconda

c. s.

parte prima

SCENA VII

(Il bosco)
(Angelica, Orlando, Medoro - Angelica a cavallo entra come inseguita)
Angelica: Aiutoooo! Aiutooo! È sempre la stessa storia, Orlando mi insegue. Più lo rifiuto e più si accanisce. Ma non mi piace, che posso farci, mi fa paura. Finalmente l'ho seminato. (Guarda dietro di sé. Esce)
Orlando: Sono innamorato di lei, ma non mi vuole. Angelica, amore mio, dove sei, fatti vedere. (Entra a cavallo. Cerca intorno. )
(Musica e canzone "IO CERCO LA TITINA" -testo modificato-)
(Orlando esce)
Medoro: (Fuori campo) Aiuto, sono ferito qualcuno mi aiuti!! Chiunque tu sia, vieni ad aiutarmi
Angelica: (Fuori campo) La voce di Medoro. Sei tu? Aspetta, vengo ad aiutarti. Mi sembri proprio conciato male.
( Entra, emozionata, esce. Poi rientra sorreggendo Medoro ferito)
Medoro: Come sto male! (Sofferente)
Angelica: Come sei stato ferito?
Medoro: Sono stato colpito in battaglia, mentre recuperavo il corpo del mio re. Andiamo in quella capanna, si sta più comodi; credo che sia abbandonata.
Angelica: Medoro, incidiamo le iniziali dei nostri nomi su questo albero?
Medoro: Che bell'idea, mi piace.
Angelica: Così tutti sapranno di noi e di tutte le cose che abbiamo dovuto subire; figurati che io sono stata inseguita da Orlando. Ho avuto tanta paura. (Si avvicina all'amato)
Medoro: Quando ci sposeremo, per regalo di nozze ti porterò nella tua città, nel Catai.
Angelica: Come sono contenta, mi piace tutto di te.
Medoro: Credi di essere tanto coraggiosa, invece sei molto indifesa.
Angelica: Ma insieme possiamo conquistare il mondo.
(Musica e parole della canzone "SIAMO LA COPPIA PIÙ BELLA DEL MONDO")
(Escono)
Orlando: (Entra, si guarda intorno, vede l'albero, legge le iniziali. Grida disperato) Cosa c'è scritto su questo albero? Una A e una M. Cosa?, Cosa? A sta per Angelica e M per Medoro! Non posso crederci, sarà stato qualcuno che per burlarsi di me ha scritto queste iniziali
Pastore: Bel cavaliere,perché gridi così forte?
Orlando: Perché qualcuno si è voluto burlare di me.
Pastore: Per sollevarti l'animo ti racconterò un bella storia a lieto fine.
Orlando: Niente può sollevarmi, sono disperato e molto triste.
Pastore: La storia è una storia d'amore accaduta proprio qui da poco tempo.
Orlando: Storia d'amore? qui? (Grida)
Pastore: Sì, proprio qui. I due giovani adesso sono partiti. (Meravigliato)
Orlando: …si chiamavamo forse Angelica e Medoro?
Pastore: Sì, perché li conosci?
Orlando: Sì, purtroppo.….noooo! perché l'hai fatto!!! Non pensavo che lei fosse così crudele!
Pastore: Calmatevi!
Orlando: Non posso. Ora impazzisco, divento pazzo per amore!!!! (Impazzisce, urla, cade a terra)
Astolfo: (Entra a cavallo) Caro cugino, non ti preoccupare, conosco un rimedio che ti potrà salvare (scende)
Pastore: Davvero conosci un rimedio?
Astolfo: Sì, certo.
Pastore: Presto allora, fai qualcosa.
Astolfo: Bisogna andare sulla luna dove si trovano le coscienze degli uomini
Pastore: Sulla luna? Sulla luna ci sono le coscienze degli uomini?
Astolfo: Tu forse non lo sai, ma sulla luna c'è anche il senno di Orlando.
Pastore: Allora cosa aspetti; vai a recuperarlo.
(Astolfo esce)
Pastore: Non preoccuparti, cavaliere, che presto tornerai come nuovo. Tuo cugino sarà di ritorno quasi subito. Eccolo, infatti.
(Astolfo rientra con un calice)
Astolfo: Tieni, ecco il tuo senno, Orlando. Bevi e ritroverai te stesso.
(Orlando beve)
Orlando: Grazie, ora potrò andare in guerra, vincere o morire come un vero paladino!
(escono)
SCENA VIII

(I giullari introducono la storia di Marco Polo)
(Marco Polo, suo padre Niccolò e suo zio Maffeo. )
1° giullare: Oggi se vuoi conoscere il mondo e vuoi diventare ricco, devi partire per l'Oriente.
2° giullare: Dove la sete, i damaschi, le spezie te le tirano dietro.
3° giullare: Poi torni in Europa, vendi quel po' di roba e sei ricco.
4° giullare: Come Amalfi, Pisa, Genova e Venezia.
1° giullare: Quelle che chiamano le repubbliche marinare.
2° giullare: Hanno fatto un sacco di soldi con questo traffico.
4° giullare: Certi POLO, mercanti furbacchioni, veneziani, si sono arricchiti proprio in Cina alla corte del Gran Khan.
3° giullare: E il ragazzo, Marco, ha fatto tanti soldi che ora lo chiamano "il milionario".
1° giullare: Ma no, chiamano "Il Milione" il libro che ha scritto, nel quale racconta le meraviglie di quel paese.
(I giullari escono. Entrano il padre e lo zio di Marco Polo, sono indaffarati nei preparativi per la partenza. )
Marco: Padre, dove state andando voi e lo zio Maffeo?
Niccolò Polo padre: Andiamo a commerciare alla fiera di Whuan non molto lontano da qui.
Maffeo Polo zio: Sai, dove si comprano prodotti meravigliosi a costi stracciati e poi verranno da noi venduti a Venezia a prezzi maggiorati.
Marco: Ah, capisco.
Maffeo: Perché quel broncio, Marco?
Marco: Vorrei venire con voi, ma temo che il Gran Khan, con tutta la stima che nutre per noi, non vorrà farmi partire.
Maffeo: Forse non sarebbe male partire tutti insieme,vero Niccolò?
Niccolò: Il Gran Khan è malato e alla sua morte i cortigiani si vendicheranno su di noi.
Maffeo: Già, questo è vero. Con tutta la benevolenza che ci ha sempre dimostrato!!
Marco: A proposito del Gran Khan, mi è stato recapitato da poco un telegramma.
Niccolò: Cosa aspetti a leggerlo? Sbrigati!
Maffeo: Cosa dice?
Marco: Ahimè! Il Gran Khan è morto! Dobbiamo partire immediatamente.
Niccolò: Leggi bene, tutto il dispaccio.
(Musica - Canzone "L'ANNO CHE VERRÀ" - testo modificato)
Maffeo: Torneremo finalmente a Venezia!
Niccolò: Bene, allora partiamo subito. Non c'è tempo da perdere.
(Prendono i cavalli e partono. - Musica. - Arrivano a destinazione. )
Maffeo: Finalmente a casa!
Marco: Avete ragione zio: anch'io ne avevo fin sopra i capelli della Cina e dei cinesi.
Maffeo: Ho sentito dire che i nostri compaesani, avendo ascoltato i racconti di Marco, sono rimasti stupiti.
Niccolò: Si, è vero. Hanno anche deciso di darti un soprannome.
Marco: Davvero? Quale? (Meravigliato)
Maffeo: Te lo diciamo solo se prometti di non montarti la testa.
Marco: Promesso.
Maffeo: Ti chiamano "Il milione".
Marco: E perché?
Niccolò: Per le numerose avventure da te vissute.
Maffeo: Con questo soprannome sembrerà che tu sia un gran riccone!
Niccolò: Ti porterà certamente fortuna.
Maffeo: A chi ti chiederà prove concrete dei tuoi viaggi, cosa dirai?
Marco: Dirò che l'Oriente è un meraviglioso mercato dove abbiamo potuto comprare delle merci preziose.
(Musica e parole della canzone "ALLA FIERA DELL'EST" )
(Escono)


SCENA IX

(Interno del castello - La sera a cena - tavola apparecchiata
Monna Beatrice - Messer Currado - ospiti - Chichibìo - menestrello
Entrano gli ospiti e i padroni di casa
)
Monna Beatrice: Prego accomodatevi.
Mr Currado: Lei, messere, si segga pure lì.
Monna Beatrice: Mio signore, gli ospiti possono riconoscere il proprio posto dal contrassegno personale sul tavolo.
Mr Currado: Già, non ci avevo fatto caso.
(Si siedono tutti)
Monna Beat.: Venga servita la cena
(Chichibìo entra, porta il vassoio con la gru cucinata)
(Si sente bussare al portone. Viene introdotto un ospite.)
Messer Guido: Si può? Sono ancora in tempo .
Mr Currado: Oh, carissimo Messer Guido! Sei sempre il benvenuto. (Si alza e gli va incontro)
Messer Guido: Chiedo scusa a codesta allegra brigata per non aver annunciato il mio arrivo, ma…
Monna Beat. : Non dovete scusarvi, messere, voi siete sempre il benvenuto.
Messer Guido: Monna Beatrice, siete sempre gentile. Mi trovavo da queste parti. È scesa la sera e mi sono reso conto di essere troppo lontano da casa.
Mr. Currado: Anche parecchio lontano.
Mr. Guido: Caro Currado, ad essere sincero non mi sono fidato a proseguire con il buio, soprattutto di questi tempi.
Monna Fiamma: Avete ragione. Ho sentito dire che ci sono molti banditi che di notte assalgono i viandanti.
Mr. Guido: Allora anche voi siete d'accordo con me?
M.a Fiamma: Certamente, non bisogna mai avventurarsi di notte in questi territori.
Mr. Guido: Madonna, io non ho però il piacere di conoscervi.
M.a Fiamma: E i nostri ospiti non ci hanno ancora presentati. Io sono Monna Fiamma, sorella di Beatrice.
Mr. Guido: Per me è un onore. (Fa un inchino)
M.a Fiamma: Messer Guido, accomodatevi, qui c'è posto per tutti. Basta stringersi un po'.
(Musica e parole della canzone "AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA" - solo ritornello -)
M.a Fiamma : Come mai messer Guccio e Monna Laura non sono venuti?
M.a Beatrice: Lei è malata.
Mr. Currado: Scuse, tutte scuse. Lui sarà nervoso per la figura fatta alla battuta di caccia.
Mr. Guido: Come al solito non sarà riuscito a prendere neanche un pipistrello.
M.a Fiamma: Pover'uomo!
Mr. Currado: Ha scambiato un masso per una lepre.
Mr. Guido: Vedo che invece voi, Currado, avete cacciato bene.
Mr. Currado: Visto che bella gru?
M.a Beatrice: Marito, dividi la tua preda e assaggiamola.
Mr. Currado: Bene! Il pezzo più prelibato, cioè la coscia, è per la mia cara cognatina. (Le dà la coscia)
M.a Fiamma : Beatrice, quest'uomo se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Sei fortunata.
M.a Beatrice: Eh,eh, chi ce l'ha se lo tiene.
Mr. Currado: L'altra coscia è per il mio caro amico Guido. (Fa il gesto di prenderla)
Ma…dov'è finita la coscia? (Tutti cercano la coscia, anche sotto il tavolo) Qui c'è lo zampino di Chichibìo.
M.a Beatrice: CHICHIBIOOOOO! (Entra)
Mr. Currado: Chichibìo, a questa gru manca una coscia. L'hai mangiata tu, ghiottone?
Chichibìo: IIIOOO?, No, no!
Mr. Guido: Ne sei sicuro? Dici la verità?
Chichibìo: Sicurissimo.
M.a Fiamma: Dov'è finita l'altra coscia?
Chichibìo: La mi dica, lei sa che le gru hanno una sola coscia?
Mr. Currado: A chi vuoi darla a bere?
Mr. Guido: Non riuscirai a prendere in giro un cacciatore provetto.
Chichibìo: Non sto prendendo in giro nessuno.
M.a Fiamma:Attento, Chichibìo!
M.a Beatrice: Pensaci bene.
Chichibìo: Le gru che ho visto giù al fiume hanno una sola gamba.
Mr. Currado: Ma sentitelo cosa sta dicendo.
Mr. Guido: Chichibìo, ti rendi conto dell'assurdità che stai dicendo?
Chichibìo: Confermo tutto quello che ho detto. Le gru hanno una gamba sola.
Mr. Currado: Le gru solo quando dormono tirano su una gamba e rimangono ferme sull'altra.
M.a Beatrice: Normalmente ne hanno due.
Chichibìo: Ecco, cosa vi dicevo? Ho ragione.
M.a Fiamma: Come hai ragione?
Chichibìo: Certamente quando Messer Currado ha ucciso questa gru, stava dormendo. Quindi aveva una sola zampa e dunque una sola coscia. Se l'avesse svegliata, forse…
(Tutti ridono)
Mr. Currado: Beh, ti perdono, perché sei riuscito con furbizia a prendermi in giro. Puoi ritirarti. (Il cuoco esce) Mentre prosegue la cena, volete ascoltare una qualche storia?
Mr. Guido: Purché sia avventurosa.
M.a Fiamma: Io preferisco una storia d'amore.
M.a Beatrice: Menestrello. (Entra il menestrello) Raccontaci quella storia che hai preparato.
Menestrello: Quella che vi racconterò è la storia di un amore illecito che ha mandato in rovina le persone interessate.
M.a Fiamma: Volevo una storia d'amore, non una tragedia; che esagerazione! (Al pubblico)
Menestrello: C'era una volta un signore di nome Gianciotto, che aveva sposato per procura una certa Francesca.
Mr. Currado: Li ho sentiti nominare, i nomi non mi sono nuovi.
Menestrello : Gianciotto Malatesta e Francesca da Polenta sono due personaggi noti fra i nobili.
M.a Beatrice: Ma Francesca da Polenta è anche conosciuta come Francesca da Rimini?
Menestrello: Sì, è lei.
M.a Fiamma : Gianciotto è invece quel marito che non voleva credere al tradimento della sua donna?
Menestrello: È proprio così.
(Musica e parole della canzone "NON È FRANCESCA")
Menestrello: (Legge da una pergamena)
Una volta due giovani innamorati
all'inferno furon mandati.
Loro non sapevano di amarsi
ma volevano guardarsi.
Parlo di Paolo e Francesca.
Il marito scoprì la tresca.
Paolo,cognato bello, aitante
Francesca guardava sognante.
Un dì di Ginevra e Lancillotto
lessero del bacio galeotto.
Di Francesca l'insano desio
scoprì il suo sposo e Iddio.
Poi d'un tratto tutto finì,
poiché Gianciotto tornò lì
e furibondo prese il pugnale.
Trapassò ai due la spina dorsale.
SCENA X

(Paolo e Francesca - Lancillotto e Ginevra
Entrano Paolo e Francesca
)
Francesca: Siamo Paolo e Francesca, quei due poveri disgraziati che se ne vanno in giro per l'inferno ancora abbracciati
Paolo: La tempesta ci fa girare senza sosta.
Francesca: Io ero moglie di Gianciotto Malatesta da Rimini, un signore molto distinto, ma…racchio, brutto e pure zoppo. Poi mi sono innamorata di questo povero sventurato.
Paolo: Ma che sventurato e sventurato, io sono stato il più bel fico di Rimini. Non a caso mi chiamavano Paolo il bello.
Francesca: Certo che sei bello, io mica vado a prendermi quelli brutti. Sei degno di me.
Paolo: Lo vedi che lo ammetti pure tu. Nessuna mi resiste.
Francesca: Quando ho conosciuto Paolo ci siamo innamorati l'uno dell'altra e ci incontravamo di nascosto.
Paolo: Ci incontravamo? Mi venivi a cercare tu!
Francesca: Seeee…io…
Paolo: Non mi hai lasciato in pace un attimo da quando ci siamo guardati.
Francesca: Come? Io? Una ragazza per bene come me?
Paolo: Per bene, è vero. Ma con uno sguardo languido…
Francesca: Insomma posso finire il mio racconto?
Paolo: Va bene, prosegui.
Francesca: Un giorno stavamo leggendo per caso…PER CASO, la storia di Lancillotto e Ginevra e ci prese il desiderio di baciarci.
Paolo: Eh, quel giorno….(Sospira)
Francesca: In quel momento passò di lì mio marito che per gelosia ci uccise, ma tanto nella Caina andrà a finire.
Paolo: È stata colpa di quei due amanti e del loro bacio se adesso siamo qui.
(Entrano Lancillotto e Ginevra)
Francesca: Sì, è proprio così per colpa di quei due galeotti.
Ginevra: Galeotto fu l'intermediario che ci aiutò ad incontrarci, noi non siamo galeotti.
Francesca: Eccoli i due amanti disgraziati.
Lancillotto: Disgraziati a chi?, modera le parole. Io sono stato un cavaliere della tavola rotonda: Lancillotto, ex cavaliere di re Artù.
Ginevra: E tu ragazzina bisbetica, ricordati sempre che sono una regina, moglie di re Artù, perciò portami rispetto, chiaro?
Francesca: Bisbetica?
(Coro "A CHI ?")
Francesca: E poi regina non sei più, perché sei morta, e non darti tutte queste arie altrimenti… Beh, lasciamo perdere.
Paolo: Hai ragione, lasciamo perdere. Non mi va di litigare con questi due ignoranti.
Francesca: Nel libro non sembravano così…
Ginevra: Lancillotto, senti quello che ci stanno dicendo? Non reagisci?
Lancillotto: Ti ci metti pure tu? Con tutte le preoccupazioni che ho…e il dispiacere di non aver potuto conquistare il santo Graal.
Ginevra: Stai calmo, non ti agitare. Ci ha pensato tuo figlio al Santo Graal.
Lancillotto: Però a me sembra che questi due ci stiano prendendo in giro. Gioventù bruciata!!!
Francesca: Certo che a re Artù gliela avete combinata bella!
Ginevra: Pensa ai guai tuoi
Francesca: Non gliele ho certo messe io le corna ad Artù.
Ginevra: Ma a Gianciotto, sì.
Paolo: È vero, anche noi non siamo anime pure, tanto è vero che Dante ci ha mandati all'inferno, quindi è meglio che stai zitta.
Ginevra: Fingi di essere una santarella, però sotto sotto sei peggio di me.
Francesca: Noi eravamo piccoli incoscienti. Non sapevamo cosa stavamo facendo, ma voi eravate già emancipati e aristocratici.
Ginevra: Almeno lo sai che vuol dire emancipati?
Francesca: No! Però ci sta bene e io lo metto dove mi pare.
Lancillotto: Smettetela di litigare. Siete ridicole. Abbiamo tutti fatto del male. Per il nostro peccato tutti i cavalieri della tavola rotonda si sono uccisi tra loro, compreso il mio amato re Artù.
Paolo: Ben detto! Siamo tutti colpevoli.
Francesca: È vero. Però ,l'amore, a cui non sfugge un cuore gentile come il nostro, l'amore che ha riempito per un attimo la nostra vita e che ci ha portati alla morte, l'amore è ancora vivo in noi.
Ginevra: Allora, viva l'amore! L'amore ci ha inebriati, l'amore ci ha dannati e l'amico Dante ci ha immortalati.
(Musica della canzone"CI VORREBBE UN AMICO" con testo modificato.
Escono tutti
)
SCENA XI

(Commensali - Dante e Cecco Angiolieri
Entra Dante
)
Dante: Nel mezzo del cammin di nostra vita / Mi ritrovai per una selva oscura / ché la diritta via era smarrita
(Entra Cecco)
Cecco: Ahi quanto a dir qual era cosa dura / Questa selva selvaggia…
Dante: ...E aspra e forte / che nel pensier rinnova la paura!
E sì a Firenze alla fine del XIII secolo c'era proprio da rinnovare la paura.
Cecco: La situazione era drammatica, c'era una lotta interna tra Bianchi e Neri e tu, caro Alighieri Dante, ti schierasti con i Bianchi.
Dante: E tu come fai a saperlo?
Cecco: Lo so, lo so, e so che intervennero a rovinare la festa Bonifacio VIII e Carlo di Valois.
Dante: Ma tu chi sei?
Cecco: Cecco Angiolieri, in carne ed ossa.
Dante: Ah, già! Ma non sai, caro Cecco, che quelli si impadronirono del governo e mi condannarono all'esilio nel 1302.
Cecco: Con quale imputazione?
Dante: Mi condannarono per frode. Ma io non mi presentai e così quella condanna si trasformò in condanna a morte.
Cecco: A morte? Quale morte?
Dante: Fui condannato ad essere bruciato vivo se avessi rimesso piede a Firenze.
Cecco: E allora cosa hai fatto?
Dante: Mi sono fatto un bel giro per l'Italia di corte in corte.
(Parole e musica della canzone "LO STRANIERO")
Dante: E u cosa mi dici della tua vita?
Cecco: Nacqui a Siena intorno al 1260. Mi innamorai di una certa Becchina, molto ricca, figlia di un cuoiaio. Che gran donna!!
Dante: Un buon partito! Mica fesso l'amico (al pubblico). Però ti andò buca.
Cecco: Beh, proprio bene non andò. Però mi sono sposato con un'altra donna e ho fatto molti figlioli e…anche numerose poesie.
Dante: Già, già. Sei tu che hai provato a cambiare la tradizione poetica descrivendo la realtà e i sentimenti veri degli uomini.
Cecco: Sì, sono proprio io quello là. Volevo anche provare ad usare un linguaggio comprensibile a tutti, un italiano.
Dante: Ah, volevi farlo tu?
Cecco: Sì, proprio io, non so se lo sai che mi chiamavano il maestro della lingua italiana.
Dante: Lo so, lo so, però non è esatto, perché il vero maestro della lingua italiana, caro mio, sono proprio io.
Cecco: Se mi chiamano così, si vede che sono io il vero maestro.
Dante: Io ho scritto tante opere in prosa e in poesia. Ti ricordo quella che dice "Tanto gentile e tanto onesta pare…
Cecco: PARE!!!
Dante: …pare la donna mia quand'ella altrui saluta.
Cecco: Quando saluta altrui…e quando saluta te?
Dante: Perché la tua era meglio?
Cecco: Becchina, per la quale sono triste, poco gliene cale. Sia maledetto Amore che mi diede a lei. (Pensieroso e malinconico)
Dante: È proprio una popolana di nome e di fatto.
Cecco: Sei molto divertente. Tornando al discorso di prima, non c'è dubbio che chi scrive meglio sono io. (Allegro)
Dante: Ma va, va ,ancora non l'hai capito che il meglio sono io?
Cecco: Ma che dici, tu non hai capito ancora niente, quello che è vero è che tu hai la cucuzza vuota e per questo che non puoi capire.
Dante: Io la cucuzza vuota? Certo che sei sempre così rabbioso:
'S'i' fosse foco, arderei 'l mondo;
's'i' fosse vento, lo tempesterei;
's'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
's'i' fosse Dio, mandereil' en profondo.
Cecco: 's'i' fosse papa, allor sarei giocondo
's'i' fosse Cecco, come sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre;
e vecchie e zoppe lasserei altrui.
Dante: Non sei cambiato affatto; sei sempre il solito presuntuoso.
Cecco: D'altra parte quando si è sicuri della propria bravura…
Dante: Ed io allora cosa dovrei dire? Sono stato nominato il "padre della lingua italiana".
Cecco: Ancora insisti, quello sono io!
Dante: Basta , mi sono stancato, sei proprio uggioso. Ora me ne vado e ti lascio solo, altrimenti ti sbatto all'inferno. (Fa per andarsene)
Cecco: Vengo anch'io, comunque continuo a dire che il meglio sono io. (Lo segue)
Dante: Non ho voglia di continuare questa discussione sterile. Ai posteri l'ardua sentenza…
(Esce)
SCENA XII

(I giullari)
1° giullare: Il padre della lingua italiana è davvero lui, che ha avuto il coraggio di scrivere in italiano.
2° giullare: Per la verità un italiano un po' volgare. Chi l'ha letta dice che è "divina"
3° giullare: Però a dire il vero, la prima cosa scritta in italiano è un indovinello. Lo volete sentire?
4° giullare: Dai, mi piacciono gli indovinelli.
3° giullare: Se pareba boves, Alba pratalia araba, albo versorio teneba, negro semen seminaba.
1° giullare: Che significa?
2° giullare: Spingeva avanti i buoi, arava un bianco campo, teneva un bianco aratro, seminava un seme nero.
3° giullare: Indovina indovinello.
4° giullare: Facile. Le dita che scrivono sulla carta bianca con una penne che sparge inchiostro.
3° giullare: La risposta è esatta!
4° giullare: Che ho vinto?
1° giullare: Come hai fatto?
4° giullare: Intelligenza, mio caro.
2° giullare: Io conosco invece un fatto.
3° giullare: Racconta.
4° giullare: Siamo tutt'orecchi.
2° giullare: Un notaio di Capua per dire che un certo terreno apparteneva al monastero di Montecassino e non alla madre Badessa, parlava una specie di italiano straniero.
1° giullare: Italiano straniero?
3° giullare: Stiamo a sentire. (Si fanno da parte)
SCENA XIII

(Tribunale: Abate - Badessa - testimoni - giudice
Entrano l'abate e la badessa
)
Badessa: Come te lo devo dire che la terra mi appartiene?
Abate: Come sarebbe a dire che la terra è tua? È mia e basta.
Badessa: È mia, vecchio scimunito!
Abate: Va bene, ne discutiamo davanti al giudice e vedrai che avrò delle buone carte da giocare in mio favore!
(Entra il giudice)
Giudice: Silenzio! Qual è la questione per la quale siete qui?
Abate: La terra che si trova presso il Monastero di Montecassino è mia, signor giudice.
Badessa: Ti ho detto che è mia! (Litigano, gridano, spintonano.)
Abate: No, è mia, ci sono le carte.
Giudice: Silenzio! La parola alla badessa.
Badessa: Signor giudice, questa testa di iena e frate della malora, è convinto che quella terra gli appartenga, ma non è vero.
Abate: Sì, sono convinto di quello che dico ed ho anche i testimoni.
Giudice: Avanti i testimoni.
1° testimone: Io sono una persona seria e dico sempre la verità. Quella disgraziata monaca è una morta di fame ed anche una grande bugiarda.
Badessa: All'anima del serio, e poi disgraziata e morta di fame ci sarà tua sorella.
2° testimone: Come si permette! Il mio compare dice la pura e santa verità.
(Entra un messaggero con un dispaccio)
Giudice: Silenzio! Mi è giunto un importante documento, Ve lo leggo:
"Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene,
trenta anni le possette parte Sancti Benedicti."
In base a questo scritto la Corte emette la sentenza:
"La terra spetta al convento di Montecassino e al suo abate". L'udienza è chiusa.
(escono)
SCENA XIV

(Fondale agreste -
I giullari - le streghe - il monaco - il papa
)
1° giullare: Questa storia non toglie niente alla paternità di Dante.
2° giullare: Certamente. Anzi conferma quanto abbiamo detto prima. Egli ha saputo trovare le parole giuste che tutti potevano capire.
3° giullare: Dante è stato un intellettuale del suo tempo. Chissà dov'è finito: nel purgatorio o nel paradiso?
4° giullare: Per me può anche essere andato all'inferno! (Spazientito)
1° giullare: No, all'inferno vanno i peccatori che con i diavoli si trovano bene.
2° giullare: A proposito di diavoli, la sapete l'ultima?
3° giullare: No, diccela tu.
4° giullare: Parla, parla. (Incuriosito )
2° giullare: In questo periodo è incominciata la caccia…
4° giullare: …ai diavoli.
2° giullare: IDIOTA! Alle streghe che adorano i diavoli. Ne avete sentito parlate?
3° giullare: Io mai.
(Escono.
Entrano le streghe
)
1° strega: Ieri ho partecipato per la prima volta ad un sabba.
2° strega: A cosa? Un sabba? Che cos'è? Non mi ci ha mai portato.
1° strega: È una bella riunione tra colleghe, fatta per adorare il diavolo.
2° strega: Deve essere una cosa molto bella.
1° strega: Certo. Se tu per caso volessi partecipare, devi essere molto preparata e soprattutto non devi farti vedere da nessuno, altrimenti il demonio ti ucciderà.
2° strega: Sssssss. Stai zitta, sta arrivando un monaco. (Si guarda intorno, indica.)
1° strega: Certo che sto zitta, mica sono una pettegola che va in giro a raccontare le cose che sente.
(Entrano il monaco e il papa che si va a sedere su una sedia alta, tanto da poter guardare dall'alto la scena e dominarla)
Monaco: Io sono il vertice della scala sociale degli uomini di preghiera.
Papa: Attento a te, monaco impertinente!
Monaco: Sotto di noi ci sono i chierici e sotto ancora i laici. I monaci sono i più puri degli uomini.
Papa: Ricordati che il più puro degli uomini, il rappresentante di Dio in terra, sono soltanto io, il PAPA.
1° strega: Monaco, hai ragione, è vero tu sei l'uomo più puro del mondo. (Tono adulatorio)
2° strega: È vero tu conosci verità che altri non immaginano neppure. (idem)
Monaco: Donne, su di voi si fanno pettegolezzi. (Minaccioso)
1° strega: Le solite malelingue.
2° strega: La gente non sa cosa fare per questo parla male di noi.
Monaco: Sapete che è stato pubblicato un libro intitolato "Il mantello delle streghe"? (Allude sospettoso)
1° strega: E allora? Cosa intendi dire?
Monaco: Voglio dire che questo libro presenta tutti i poteri malefici delle streghe.
2° strega: E vieni a dirlo a noi? Cosa vuoi che ce ne importi?
Monaco: Voi non ne sapete niente?
1° strega: Chi? Noi? Nooo, niente. Proprio niente. Giuro. (Giurano)
2° strega: Ma chi sono le streghe? Tu lo sai?
1° strega: Per queste….brave persone che sono i monaci, le streghe sono tutte quelle donne che preparano pozioni medicamentose per i malati.
Monaco: NO!! Non è vero! Le streghe sono donne cattive che fanno malefici ed incantesimi.
1° strega: No! Non posso crederci.
2° strega: Chi l'avrebbe mai detto!
Monaco: In quel libro c'è anche scritto come si combattono.
1° strega: Tu menti, vecchio barbagianni. Le streghe non esistono e tu vuoi solo spaventare due povere donne come noi.
2° strega: Io uso le erbe officinali per curare alcune malattie, e non sempre ci riesco.
1° strega: Ed io invece uso il calore delle mani per curare altri malanni. Vuoi provare? Senti come sono calde le mie mani.
Monaco: Volete far credere che siete delle brave guaritrici?
1° strega: Tu ci stai accusando.
2° strega: Noi siamo guaritrici, perché hai qualcosa in contrario?
Monaco: Siete delle bugiarde! (Le accusa)
1° strega: Noi ?
2° strega: Tu sei un visionario!
Monaco: Nel libro c'è scritto che le streghe possono volare a cavallo di una scopa…
1° strega: Tu ci vedi con le scope?
Monaco: Si ungono con il grasso dei bambini…
2° strega: Senti, forse che il nostro profumo è quello del grasso dei bambini?
(Il monaco si avvicina ed annusa, poi fa una smorfia di disgusto.)
Monaco: Trasformano gli uomini in animali…
1° strega: Non ti abbiamo trasformato in nessun animale, eppure tu sei proprio un asino.
Monaco: Provocano tempeste.
2° strega: Guarda, in cielo non c'è una nuvola! (indica il cielo)
Monaco: Però ho sentito che voi avete partecipato ai sabba.
1° strega: Che c'entra!
2° strega: Per curiosità, pura curiosità.
Monaco: La PUREZZA dell'anima è preziosa e voi fate solo del male a questa gente che vi crede.
1° strega: Ci crede?
2° strega: A cosa crede?
Monaco: Ai vostri malefici. Vade retro, vade retro! Finirete sul rogo.
1° strega: È meglio che ce ne andiamo.
2° strega: Sì è meglio, questo monaco è pazzo. (Prende la scopa)
1° strega: Questa è mia! La tua sta a casa. (Le strappa di mano la scopa)
Papa: Tra i monaci che si ritengono puri, quel Pietro Valdo non ha le idee molto chiare.
Monaco: Non si sa cosa vuole, non c'è da fidarsi.
Papa: E poi tutte queste streghe che infestano il mondo. Bisogna trovare una soluzione radicale.
Monaco: Ben detto! (Ironico)
Papa: Li farò sterminare tutti…
Monaco: Bene, bravo! (Ironico )
Papa: Bandirò una crociata ed istituirò il TRIBUNALE DELL'INQUISIZIONE…
Monaco: Fa sul serio, accidenti! (Ironico)
Papa: …che non lascerà vivo un solo eretico!!!
Monaco: Io non sono eretico, sono solo il più bravo. (Presuntuoso )
Papa: Vedremo, sarai processato. Ora vado, ho molto lavoro! (Scende dalla sua postazione)
Monaco: Ma io non ho fatto niente. (Intimorito )
Papa: Attento a te, stai molto attento e ricordati che devi morire! (Severo)
(escono)
SCENA XV

(I giullari e il menestrello - Fondale agreste -
Foresta di Sherwood - Robin Hood - contadino
Argomento: La libertà individuale e la libertà sociale
)
1° giullare: Che ti avevo detto? La caccia alle streghe è incominciata.
2° giullare: Il papa è molto arrabbiato.
menestrello: Sì, il papa è arrabbiato ed ha ragione. Però anche il monaco dal canto suo ha ragione e le donne ne hanno dal loro punto di vista.
3° giullare: Perché litigano se hanno ragione tutti?
4° giullare: Hanno ragione in modo diverso, perché diverso è il punto di vista della realtà. Vediamo cosa succede ora.
(Entrano Robin Hood e il contadino)
Robin: Ce l'abbiamo fatta! Anche questa volta siamo riusciti a fare giustizia.
Contadino: Abbiamo fatto giustizia?
Robin: Sì, giustizia. Perché?
Contadino: Giustizia da sudditi repressi, compressi, oppressi, strizzati.
Robin: Hai reso bene l'idea. Se ci fosse Re Riccardo tutto questo non sarebbe necessario.
Contadino: Purtroppo Riccardo Cuor di leone è impegnato in ben altre faccende.
Robin: Questa crociata non promette niente di buono; il Saladino non molla Gerusalemme.
Contadino: Intanto re Giovanni fa il bello e cattivo tempo.
Robin: Noi però non lo lasceremo in pace. Perché è ingiusto che dobbiamo pagare tante tasse.
Contadino: Cosa faremo?
Robin: Intanto ho ucciso il cervo reale.
Contadino: Perché?
Robin: Per due buoni motivi: prima di tutto è un avvertimento e poi serve per sfamare i contadini sfruttati.
Contadino: Re Giovanni l'ha saputo?
Robin: Sì, certo. Gli ho portato la testa del cervo.
Contadino: Non ti hanno arrestato?
Robin: Non mi ha riconosciuto. Per lui ero un semplice cacciatore.
Contadino: Beh, anche come semplice cacciatore avrebbe dovuto arrestarti.
Robin: Sono io che gliel'ho portato ed ho denunciato l'accaduto. Poi ho fatto una descrizione dettagliata del colpevole.
Contadino: E chi hai descritto?
Robin: Me stesso, naturalmente! Ah, ah… (Ridono)
Contadino: Chissà come sarà arrabbiato.
Robin: Ha organizzato una spedizione punitiva nella foresta per catturare il pericoloso Robin Hood.
Contadino: E tu ti sei nascosto?
Robin: Sì e no! Ho preparato con i nostri amici delle trappole nelle quali far cadere la guardia reale.
Contadino: Il bosco è l'ideale per le im-boscate.
Robin: Che fai giochi di parole?
Contadino: Ogni tanto ci provo. Raccontami piuttosto com'è andata.
Robin: Una bella battaglia.
Contadino: Che peccato, io non c'ero.
Robin: La mia banda ha messo tante trappole nella foresta.
Contadino: Seee…!! Ma va!!!
Robin: Finalmente è arrivata la guardia del re e noi tutti addosso.
Contadino: Mi immagino che caos…
Robin: Siamo saltati da una erta altezza, dopo averli irretiti…
Contadino: Irr…irr….irrechè?
Robin: IRRETITI,cioè coperti con le reti.
Contadino: E siete saltati da dieci metri?
Robin: Esagerato, saranno stati tre o quattro metri.
Contadino: Vi siete fatti male?
Robin: No, noi siamo uomini duri.
Contadino: E dopo aver catturato la truppa, cosa avete fatto?
Robin: Li abbiamo spogliati…
Contadino: …che sporcaccioni…
Robin: Che hai capito?
Contadino: Quello che hai detto, che li avete spogliati, cioè gli avete levato i vestiti.
Robin: Ma no, li abbiamo spogliati delle armi e dei denari che abbiamo dato ai poveri disgraziati come te.
Contadino: È vero il mondo è diviso in ricchi e poveri: i ricchi comandano e i poveri sono comandati.
Robin: I ricchi sono o sembrano liberi, mentre i poveri è sicuro che liberi non sono.
Contadino: Abbiamo sempre dei padroni ai quali dobbiamo ubbidire.
Robin: I ricchi sono potenti, i potenti comandano e commettono tante ingiustizie sociali.
Contadino: Pensano solo alla propria libertà e benessere.
Robin: Ma per fare questo devono rubare la libertà a qualche altro loro simile.
Contadino: Però una cosa rende uguali tutti, ricchi e poveri.
Robin: Cosa?
Contadino: Il sonno. Io mi ritiro, Robin. Domani è una giornata pesante. Devo lavorare per il padrone. (Sbadiglia )
Robin: Anch'io mi ritiro, è ormai notte.
(Escono.
Musica della canzone"VECCHIO FRAC" -testo modificato
)
Menestrello: La gente si è sempre ribellata alle oppressioni e alle ingiustizie.
1° giullare: Stai parlando di libertà?
2° giullare: È ovvio, di quella libertà che è tutta personale, ma anche di quella sociale, non meno importante.
3° giullare: La libertà è una cosa seria. Nessuno ha il diritto di toglierla a nessuno.
Menestrello: Però c'è chi si prende il diritto di usare la propria a scapito di quella degli altri.
1° giullare: Quindi bisogna ricordare che la propria libertà finisce dove incomincia quella degli altri.
2° giullare: Non si possono sopraffare gli altri.
3° giullare: E poi libertà non vuol dire anche solidarietà.
4° giullare: Solidarietà fa rima con libertà, qualità, tranquillità, tolleranza uguaglianza, pazienza.
Menestrello: Non sono tutte rime però vogliono esprimere più o meno lo stesso concetto.
Il discorso libertà
È di grande serietà
Va diffusa nel mondo
Per quanto è tondo.
È chiara la differenza
Tra libertà e prepotenza
Cosa difficile da spiegare
Come si va a confermare.
C'è la libertà personale
Insieme a quella sociale
E non si può impedire.
Qualcuno avrà da ridire?
È una cosa importante
Per alcuni irrilevante
Una volta era limitata
Poi è stata conquistata.
Però non ne approfittiamo
Altrimenti la perdiamo
Speriamo di aver reso l'idea
A questa gentile platea.
Si spera non sia una delusione
Ma un momento di riflessione
Gli attori vi sono piaciuti?
Per recitar si sono spremuti
E hanno dimostrato
Il loro talento innato.



Il lavoro è un insieme di personaggi del medioevo, a cui sono state ridicolizzate le loro caratteristiche particolari. I testi utilizzati sono i classici, oltre a "Mistero buffo" di Dario Fo, solo per quanto riguarda la nascita del villano, a cui ci si è ispirati liberamente.

Il testo, pur risalendo a qualche anno fa, è, tuttavia, sempre attuale. L'ultima volta è stato messo in scena nel giugno 2000.

Coordinatrice Prof.ssa Giulia Tavani
e-mail:juliatvn@tiscalinet.it

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