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Storia
Transdisciplinare
Aspetti metodologico/didattici del curricolo di storia (e non solo)

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti
Tipologia: Programmazione, Progetto, Curriculum

Abstract:

Aspetti metodologico/didattici del curricolo di storia
(e non solo)
 

di Carla Vigolini e Mariangela Bocca
http://www.manitese.it/cres/stru199/stru199.htm

1. L’importanza delle mappe concettuali esperte: un’esemplificazione

Uno dei passaggi fondamentali della didattica della storia (e dell’area geostoricosociale) è la traduzione dei temi di studio in mappe concettuali esperte.

Prendiamo l’articolo "Il secolo dello sviluppo economico"pubblicato sul precedente dossier, relativo alle problematiche sviluppo. In quell’articolo vi sono due concetti economici importanti: deindustrializzazione e delocalizzazione. Abbiamo provato a tradurli in mappe concettuali spendibili didatticamente.

Vale la pena, a questo punto, aprire qualche riflessione sulle mappe concettuali. L’identificazione di reti concettuali da parte degli insegnanti è un passaggio fondamentale per render agibile la didattica; infatti è vero che ognuno sta nella complessità, ma è altrettanto vero che, per agire, deve selezionare alcuni aspetti. La differenza fra la vita quotidiana ed il lavoro scolastico sta nella mediazione degli insegnanti, alla cui professionalità viene chiesto di predisporre curricoli significativi affinchè gli alunni possano consapevolmente partecipare alla vita sociale e culturale con un bagaglio di concetti e di procedure soddisfacente. La competenza che la scuola deve sviluppare è quella di un alunno che usi consapevolmente concetti e procedure per scopi riconosciuti e che sappia controllare l’efficacia dei processi/percorsi che ha messo in atto per raggiungere i suoi scopi; d’altro canto però la scuola non può rinunciare a indicare con chiarezza quali reti di sapere siano indispensabili per con-vivere con il resto della società e quali operatività di base le discipline mettano a disposizione dei cittadini per interpretare i fenomeni sociali.Se l’indicazione viene poi formulata in ambito colegiale, raggiunge un grado di convenzionalità negoziata che dovrebbe essere garanzia sufficiente contro i rischi di arbitrio.

Occorrre accertarsi che i temi e le mappe siano generatori di senso per le diverse età, i diversi bisogni, curiosità ecc.. degli alunni. Sappiamo che gli scienziati pongono ai propri oggetti di ricerca domande che ritengono significative e che le domande variano nel tempo; non appare allora peregrino che gli insegnanti scelgano collegialmente dei nuclei cui gli studenti possano fare DOMANDE per ottenere risposte significative per sé in quel momento. L’aula deve diventare il luogo di una reale eserienza di apprendimento, dove insegnanti e alunni cooperano nella ricerca delle risposte attraverso la strumentazione di area disciplinare, negoziano le immagini che ognuno ha dentro di sé, la propria visione del mondo. Gli alunni dovranno tornare alla realtà con nuove chiavi di lettura, con "circuiti" logici e cognitivi destinati ad attivarsi, in seguito, al passaggio di ogni nuovo flusso di conoscenze, come fattori di potenziamento La scelta va pensata facendo riferimento al profilo di competenza dell’alunno e non ai puri e semplici contenuti: le mappe non devono essere un fine, ma un mezzo abbastanza potente che si mette a disposizione dell’alunno per conoscere/capire meglio.

2. Un possibile modello di percorso didattico

Il problema non è se l’alunno sa, ma come l’alunno usa concetti e procedure per raggiungere scopi. Ad esempio, si può ipotizzare un percorso didattico di questo genere: dopo che gli insegnanti hanno definito la mappa concettuale e predisposto una serie di strumenti disciplinari coerenti, passano ad orgnaizzare il lavoro del gruppo di alunni. Per fare questo si propone una scansione in quattro fasi, già ampiamente sperimentata per l’area geo-storica-sociale dell’IRSAE della Lombardia.

La prima fase è dedicata alla motivazione. Gli insegnanti scelgono un imput che abbia le caratteristiche di essere coinvolgente e abbastanza breve. La scelta dell’imput è molto importante perché è da questo stimolo che vengono innescate e orientate le fasi successive. E’ lo strumento che deve far affiorare dal gruppo di alunni la disponibilità a discutere, a confrontarsi, a co-operare su una problematica comune. Immagini, stati d’animo, preconcezioni vengono subito raccolti a caldo in un brainstorming che non è fatto solo da singole parole , ma anche di brevi testi (magari su foglietti attacca\stacca) che li rispecchino.E evidente che l’insegnante non deve " pilotare" verso una meta pre-definita; la sua competenza professionale sta invece nella capacità di far emergere ciò che la classe ha già, pensa, si aspetta ecc..nel porre domande per far progredire la negoziazione, non solo la sua con gli alunni, ma anche quella degli alunni fra loro. Inoltre in questa fase l’insegnante ha l’opportunità di " ascoltare" e di cogliere gli elementi che caratterizzano quel gruppo di alunni: le osservazioni gli serviranno soprattutto per mettere meglio a punto la selezione di mappe e di strumenti di lavoro che aveva già predisposto.. In un secondo momento il braingstorming va riordinato seguendo la struttura selezionata per la mappa"esperta". La mappa viene introdotta dunque non come obiettivo di memorizzaione, ma come struimento di lavoro; comincia cioè ad essere messa alla prova come funzionale alla comprensione di un problema. Quiesto chiarisce meglio l’importanza del far riferiemnto ala struttura degli indicatori di civiltà, che diventano col tempo criterio di riferimento automatico per gli alunni, con evidenti possibilità di complessificazione progressiva di reti precedentemente utilizzate. 

Terminato questo primo riordino, si trovano insieme le parole chiave, che vengono collegate in un testo sintetico, che consente di controllare se le elaborazioni del gruppo sono state rispettate. A questo punto ad ogni aluno viene chiesto di esprimere curiosità, interessi DOMANDE che gli sono nati e di metterle in comune con il gruppo. E’ da qui che parte la fase dell’acquisizione. Individuate le domande bisogna decidere chi devono essere i destinatari reali del prodotto che verrà preparato dal gruppo per concretizzare gli esiti del loro percorso e lo scopo comunicativo che il prodotto dovrà raggiungere. 

Nella fase di acquisizione la mediazione dell’insegnante consiste nel chiarire con gli alunni una serie di compiti esperti. I compiti esperti sono modelli di lavoro tratti dai dispositivi che ogni disciplina dell’area ha messo a disposizione per la crescita e per la critica. Agli aluni viene data la possibilità di vivere un’esperienza di operatività specifica d’area , condizionata dalla problematica e dai mediatori che hanno a disposizione. Incidentalmente si può notare che un’esperienza di questo genere non può, alla fine, essere solo narrata, ma ricostruita nei suoi passaggi di efficacia e di difficoltà incontrata.

L’ultima fase, quella della socializzazione degli esiti del percorso attraverso il prodotto, può essere preceduta da un momento di validazione del prodotto stesso: questo consente di autocorregersi prima del momento finale. La valutazione è infine affidata al gruppo che giudica se il prodotto proposto è soddisfacente rispetto alle attese e, nel caso, fornisce suggerimenti e richieste di revisione, di chiariemento, di approfondimento ecc. Anche la valutazione è dunque negoziata attaverso il confronto sull’esaustività delle conoscenze dichiarative e sul peso delle competenze criteriali (co-gestione dell’errore)

L’intero percorso richiede molto tempo, specialmente nelle prime fasi, che sono strategiche. Questo significa che non tutto il lavoro di un anno scolastico può essere impostato secondo questo modello. L’autonomia delle scuole, didattica ed organizzativa, apre degli spazi modulari particolarmente interessanti; ma anche senza l’autonomia basta una compresenza, un parallelismo nell’orario, un laboratorio ecc per poter lavorare nei tempi necessari. 

3. Partire dalle mappe concettuali ingenue

Il percorso ipotizzato esemplifica una possibile forma di mediazione didattica atta a favorire il graduale passaggio degli alunni dall’uso di mappe cognitive e strategie ingenue all’uso di mappe concettuali e procedure esperte, nell’interpretazione di fatti geostoricosociali.

Se si accetta l’affermazione secondo cui la rete dei saperi e delle conoscenze è continuamente alimentata da modelli, frames e script, schemi, ecc. in interazione tra loro, bisogna assumere nella didattica anche questo processo di interazione e di continua revisione, e non limitarsi ad una descrizione di variabili fisse. Questa prospettiva di matrice costruttivista - se assunta - impedisce agli insegnanti di confondere la rete dei saperi con un insieme di nozioni più o meno interrelate tra loro, che alla fine gli alunni devono comunque sapere e memorizzare, a prescindere o al di sopra dei loro saperi pregressi. Questa prospettiva - se assunta - impone agli insegnanti di far emergere gli schemi/modelli posseduti dagli allievi ("ingenui") per innestarvi concetti o schemi/modelli più efficaci nella spiegazione/interpretazione dei fatti e dei processi storico/sociali (modelli, schemi, mappe concettuali "esperte").

E’ chiaro che, proseguendo verso livelli scolari più elevati, il lavorìo sui modelli/schemi/mappe - quelle ingenue come quelle esperte - dovrà complessificarsi dal punto di vista del grado di concretezza/astrattezza, del numero e della potenza analitica dei concetti messi in gioco.

4. Diversificare l’uso dei mediatori didattici

Se il problema didattico è favorire il passaggio dai saperi quotidiani degli alunni alla costruzione scientifica del sapere, tale processo è mediato da un sistema di operazioni, segni e linguaggi che sostituiscono la realtà e contemporaneamente consentono di ricostruirla.

Le scelte dei mediatori da parte degli insegnanti deve seguire alcuni criteri: la coerenza e l’esaustività rispetto alle mappe identificate, e la diversificazione sia rispetto agli stili cognitivi degli alunni sia rispetto alla pluralità degli apporti della ricerca disciplinare. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, va ricordato che problematiche diverse hanno bisogno di approcci e strumenti di analisi diversi: gli alunni devono poterli sperimentare per capirne le valenze diverse (metacognizione). Tanto più questo vale per la storia del ‘900, raccontata, come si sa, da un numero di linguaggi e strumenti di comunicazione molto superiore che in passato. 

Due mediatori assumono particolare importanza: i mass-media e l’informatica da un lato e i libri di testo dall’altro.

Sul ruolo dei mass-media, come prevalenti veicoli di informazione e di formazione dell’opinione pubblica, come divulgatori delle immagini sociali delle discipline, come agenzie formative concorrenti della scuola si è già detto tutto; e infatti è diffusissimo nella didattica l’uso di film, documentari, periodici, materiale divulgativo e pubblicitario, ecc.

Sembra ancora poco praticato, invece, l’uso di BBS, e-mail e Internet per interagire con interlocutorireali su problematiche e scopi comuni: eppure la massiccia informatizzazione della scuola apre anche questi orizzonti (ben diversi da una semplice videoscrittura).

Anche sull’uso dei libri di testo si è detto tutto e in effetti molti di quelli che ci sono oggi sul mercato offrono una notevole varietà di materiali. E per fortuna si va progressivamente riducendo la pratica del semplice "leggi, sottolinea, ripeti" a vantaggio di un uso dei testi che punta sullo sviluppo delle abilità di lettura, comprensione, analisi, smontaggio e rimontaggio; quel che sviluppa negli studenti anche abilità e operazioni di tipo storiografico (classificare, inferire, comparare, gerarchizzare ...). In proposito si vedano le tassonomie di brusa, Mattozzi, Calvani.

5. La definizione di compiti esperti

Nel percorso qui ipotizzato l’insegnante, dopo aver raccolto la domanda e aver risistemato rete concettuale e mediatori, concorda con la classe i tempi di lavoro, che cosa comunicheranno, a quali destinatari e attraverso quale prodotto concreto.

E’ opportuno che, specialmente con gli alunni più piccoli e comunque in ogni esperienza "nuovissima", sia l’insegnante ad impostare i compiti esperti che porteranno la classe alla realizzazione del prodotto finale; con "compiti esperti2 si intendono modelli di lavoro desunti dalla ricerca disciplinare e relative operazioni.

Questa mediazione dell’insegnante va pensata in prospettiva curricolare, tenendo conto di due piani: 

a. il piano dell’alunno. E’ vero che la prospettiva costruttivista invita a considerare "esperto" di strategie sociali qualsiasi bambino, in virtù della sua esperienza quotidiana nel sociale; però c’è un’ovvia differenza fra che ancora non va a scuola e chi ci va, ed un’altra differenza che dipende dagli anni di lavoro scolastico pregressi. L’insegnante delle prime classi deve fare i conti principalmente con i talenti spontanei degli alunni, cioè con la dimensione personale portatrice di senso e di significato di fenomeni pertinenti all’area; l’insegnante delle classi successive deve fare i conti anche con gli apprendimenti e con le immagini delle discipline pregressi. Ad entrambi gli insegnanti compete di lavorare sull’area potenziale di sviluppo per promuovere la costruzione e l’interiorizzazione di significati organizzati in rete.

b. il piano del curricolo. Il curricolo verticale dovrebbe prefigurare soglie esperte di sviluppo, probabilmente non seriali: questo è un terreno ancora da esplorare.

Nei prossimi anni si dovranno chiarire le modalità di lavoro, legate ad esempio all’interpretazione di trasformazioni in un sistema. alla ricostruzione di un processo, alla verifica di ipotesi, al riconoscimento e all’uso di modelli e di pardigmi, alla verifica di funzionalità di regole, al ricorso a dispositivi di critica.

Si dovrà pensare una progressione curricolare per il passaggio dalle categorie ingenue alle categorie esperte (per Storia, ad esempio: fatto storico, spazio e tempo storici, causalità).

Un altro punto di riflessione riguarderà la selezione dei mediatori didattici (strumenti singoli o integrati con altri; congruità delle metodologie didattiche, ecc.).

Si dovranno curricolare i livelli di competenze comunicative (sia comprensione che produzione9 e lo spazio di completa autonomia degli alunni.

Tutto questo è lavoro che ci aspetta nei prossimi anni, insieme ad un ripensamento sulla gestione dell’errore in fase di valutazione.

Intanto si può già contare sulle ricche eserienze didattiche costruite fin qui, sia nella propspettiva del curricolo per obiettivi sia in qualla del curricolo per concetti.

Si può far riferimento alla tassonomia proposta da Calvani, proprio in prospettiva costruttivista. (v. bibliografia).

6. L’importanza della comunicazione circolare e il nuovo ruolo dell’insegnante

Nel modello di percorso didattico proposto cambia il ruolo dell’insegnante: da progettista di U.D. (nella prospettiva del curricolo per obiettivi) a mediatore d’apprendimento (nella prospettiva costruttivista del curricolo per concetti e procedure).

Non è il caso di approfondire qui questo discorso; basterà sottolineare l’importanza del saper facilitare l’interazione comunicativa fra soggetti e gruppi. Interazione comunicativa finalizzata alla negoziazione di significati e alla costruzione di sapere. Nel percorso qui ipotizzato i momenti cruciali sono costituiti dal brainstorming su input e dal riordino guidato: qui l’insegnante non deve pilotare, ma riprendere, rilanciare, chiedere di riflettere. Fra le tante pubblicazioni in merito, in bibliografia è stato inserito "Discutendo si impara" perchè porta esperienze legate all’area geostoricosociale.

Un altro aspetto da sottolineare è che, se si afferma che gli alunni devono interagire in base a scopi, non si può dare per scontato che sappiano farlo: anche questa è una competenza da costruire in prospettiva curricolare, sia negli aspetti di comprensione che in quelli di produzione (che probabilmente non vanno di pari passo, trattandosi di comunicazione "specialistica"). Va ricordato che quanto più l’interazione con destinatari altri dall’insegnante è evidente e vissuta in situazione reale, tanto più le competenze comunicative vengono acquisite "spontaneamente" perchè necessarie in quel momento, come ben sanno gli insegnanti che hanno esperienza di scambi di alunni con l’estero. Un ultimo suggerimento è legato alla fase di socializzazione: se si abituano i gruppi destinatari a inviare richieste al gruppo che illustra il proprio prodotto e a fare domande di chiarimenti e approfondimento nel momento di ascolto, si costringe automaticamente il gruppo espositore a prefigurarsi le possibili domande degli ascoltatori e a premunirsi in tal senso. Ma anche queste sono competenze comunicative da costruire in prospettiva curricolare. 
 
 

DEINDUSTRIALIZZAZIONE

(nella maggior parte dei Paesi avanzati il settore industriale non produce più la quota maggiore del P.I.L. e non occupa il numero più elevato di popolazione attiva; la progressiva perdita di peso relativo del settore industriale a favore del settore terziario viene chiamata deindustrializzazione)

incide su


 
 
 
Mercato del lavoro
Caratteristiche dei settori
Localizzazione
1. occupazione/disoccupazione 

La crescente razionalizzazione e ristrutturazione ha determinato negli ultimi anni un aumento del numero dei disoccupati, generalmente adulti, con una bassa qualifica professionale e scarsa istruzione. 

1. settore terziario 

Aumentano i servizi indispensabili per le multinazionali, che hanno i loro centri decisionali localizzati nelle principali metropoli, e fondamentali per la crescita del settore industriale o per il mantenimento della sua competitività 

1. le città globali

La rivoluzione informatica ha prodotto una profonda trasformazione della logica localizzativa delle attività produttive. I centri direzionali delle principali società industriali , di servizi , finanziarie e commerciali si trovano nelle città globali, le principali città del mondo avanzato: Londra, Parigi, New York, Los Angeles, Tokyo, Mosca e, in prospettiva, Berlino.

2.nuove figure professionali

Le aziende, per restare competitive, mettono in atto forme organizzative del lavoro sempre più flessibili e adattabili ai cambiamenti. Questa ricerca di flessibilità porta anche alla nascita di nuove professionalità e all’affermazione di modelli organizzativi decentrati: telelavoro, contratti interinali, diffusione del part-time e delle collaborazioni specializzate

2. settore ricerca 

Nascono sul territorio servizi di progettazione e di ricerca applicata, di programmazione informatica e di telecomunicazioni, oltre che di attività di tipo finanziario, gestionale, di formazione, di marketing e pubblicità. 

2. poli tecnologici 

La deindustrializzazione porta alla nascita dei poli tecnologici (chiamati anche parchi scientifici, tecnocity), luoghi in cui l’interazione tra ricerca scientifica, attività industriali e terziarie avanzate, crea le condizioni per la crescita produttiva e lo sviluppo tecnologico delle imprese. Le tecnopoli si localizzano in aree regionali in cui prevalgono le funzioni quaternarie. Con poche eccezioni le tecnopoli sono presenti solo nei Paesi economicamente avanzati. 

  3. industrie ad elevato tasso di innovazione Solo le industrie che hanno un elevato tasso di innovazione sono competitive e restano sul mercato. Le più significative si trovano nel settore elettronico-nel comparto informatico; nel settore aero spaziale; nel settore chimico e delle biotecnologie  

 
 
 
 
 
 
 
 
 

DELOCALIZZAZIONE

Negli ultimi vent’anni le grandi società multinazionali hanno progressivamente investito meno denaro nel settore delle attività agricole, delle miniere, ed anche della produzione petrolifera, mentre ingenti capitali vengono destinati alle attività industriali ed ai servizi, considerati più redditizi. In questo modo le multinazionali trasferiscono fattori produttivi ( soprattutto capitali) nei Paesi stranieri dove viene svolta gran parte della produzione 



 

fattori che facilitano
quali aziende
verso dove
in quali aree geografiche
  1. circolazione capitali 
Negli ultimi quindici anni sia nei PI che nei PVS sono cadute molte barriere erette dagli Stati nazionali per regolamentare gli investimenti e i flussi commerciali internazionali.
  1. filiali multinazionali 
Aumenta continuamente sia il numero delle filiali estere delle multinazionali che la loro autonomia decisionale rispetto alla società madre. 
  1. forza lavoro / basso costo


    presenza di forza lavoro a basso costo poco tutelata sindacalmente e allo stesso tempo idonea ad essere impiegata in moderni settori produttivi

Mentre l’economia globale è saldamente in mano ai paesi della " triade " (Stati Uniti, Europa Occidentale Giappone), la delocalizzazione viene attuata quasi esclusivamente nelle "semiperiferie". 

Queste sono costituite da paesi collocati in posizione intermedia che, pur non avendo la potenza e le capacità tecnologiche dell’area centrale, ne condividono in parte i vantaggi

  • sistemi telecomunicazioni 


    La rapidità ed i bassi costi dei moderni sistemi di telecomunicazione consentono la trasmissione delle informazioni in tempo reale e il controllo a distanza della produzione 

  • 2. produzione internazionale integrata

    E’ un sistema attraverso cui un determinato prodotto viene realizzato fabbricandone i componenti in diversi paesi e quindi assemblandoli). Grazie alla produzione internazionale integrata, ultimamente vengono impiantate nei PVS anche produzioni tecnologicamente avanzate, ad elevata intensità di capitale, che forniscono prodotti ad alto valore aggiunto

     

    1. presenza materie prime


      Facile accesso a mercati e materie prime locali

    semiperiferie area PACIFICO

    AMERICA LATINA

    PAESI dell’EST

    Attualmente vengono considerate semiperiferie "le economie in transizione" dei Paesi dell’Est europeo, alcuni paesi dell’America Latina ( Argentina, Cile, Brasile) e l’area del Pacifico. Qui si distinguono le "quattro tigri asiatiche" Corea del Sud, Singapore, Taiwan, Hong Kong (formalmente economicamente indipendente fino al 2047) e, a partire dagli anni Ottanta, la Cina con il suo immenso potenziale di risorse umane ed economiche

  • deindustrializzazione di P. I. 


    Le economie dei paesi industrializzati ampliano sempre di più il settore terziario e riducono sul loro territorio la presenza delle industrie

  •   3. esenzioni fiscali e altre agevolazioni

    Le facilitazioni maggiori si verificano nelle "zone di produzione per l’esportazione" , aree piuttosto ridotte e geograficamente isolate all’interno di un Paese che attraggono industrie orientate all’esportazione offrendo loro condizioni di investimento particolarmente favorevoli.

     
       
  • possibilità joint venture


    facilitazioni a costruire joint-venture, cioè accordi di produzione tra due o più imprese appartenenti a Stati diversi

  •  
        5. possibilità giuridica di rilevare quote azionarie o l’intera proprietà di aziende pubbliche privatizzate.  
       
    1. stabilità politica
    presenza di regimi forti che attuano politiche amichevoli nei confronti delle multinazionali
     

     
     
     
     
     
     
     

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 

    • AA.VV. Orizzonti economici. Europa e Italia, De Agostini 
    • AA. VV. Orizzonti economici. Realtà e tendenze, De Agostini 
    • ......Geografia economica. Regioni, settori e trasformazioni nell’economia mondiale, ...... 
    • A. Brusa Guida al manuale di storia, Ed. Riuniti 
    • A. Calvani L’insegnamento della storia nella scuola elementare, La Nuova Italia 
    • M. Dinucci Il sistema globale, Zanichelli 
    • IRRSAE Lombardia - a cura di I. Gobbi Proposte per la continuità nell’ambito di storia, geografia, studi sociali, Aeffe 
    • IRRSAE Lombardia Per un curricolo ... 
    • C. Pontecorvo , A. Ajello, C. Zucchermaglio Discutendo si impara, La Nuova Italia Scientifica 
    • PRO.CO.P.I.A. Un modello di autoregolamentazione dell’Istituto Scolastico,IRRSAE Lombardia 
    • V. Vagaggini, G. De Matteis I metodi analitici della geografia, La Nuova Italia ed., 1976


    http://www1.popolis.it/divulgator/global/globalizz-MT.htm



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