Sono sempre sulla stessa panchina ma non sono gli stessi: i senza dimora in Italia sono sempre più donne, persone con una famiglia, working poors. Paolo Pezzana, presidente di Fiopsd, federazione di enti per i senza dimora: "Manca una strategia nazionale contro la povertà"
Il popolo della strada sta cambiando: cresce di numero, si trasforma nella tipologia e ha bisogno di risposte sempre nuove. Ma in Italia in pochi sembrano accorgersene.
Il freddo è alle porte e "Terre di mezzo" dedica il primo numero d'autunno a chi in strada ci vive. Paolo Pezzana è il presidente della Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (Fio.psd), coordinamento che riunisce 60 associazioni di 11 regioni diverse. Gli abbiamo chiesto di spiegare ai nostri lettori qual è la realtà italiana del popolo della strada, oggi.
"Può sembrare strano ma quanti siano davvero i senza dimora italiani non lo sa nessuno -spiega Pezzana-. L'ultimo numero ufficiale risale al 2000, quando uno studio della Fondazione Zancan ne ha censiti 17 mila, ma la cifra a noi operatori sembra aleatoria. L'urgenza di studi quantitativi e qualitativi è pressante. E non per fare dell'accademia ma per essere più efficaci nell'aiuto. Gli interventi devono essere erogati al maggior numero possibile di persone. Ma se manca la conoscenza precisa del problema, come si può pensare di spendere bene i soldi? E poi c'è un discorso di civiltà: perché in un Paese ci sia vero sviluppo, è necessario garantire a tutti una vita dignitosa, soprattutto a chi è maggiormente escluso. Incominciando a capire chi sia".
La situazione in Italia è peggiore rispetto agli altri Paesi europei?
Per dirlo occorrerebbe disporre di un profilo condiviso del senza dimora in Europa. Che invece manca. Ogni Paese utilizza parametri diversi e questo aumenta la confusione: ad esempio, in Irlanda si considerano senza fissa dimora anche i giovani di età superiore ai 25 anni che stanno ancora in casa coi genitori... se adottassimo questo criterio in Italia avremmo più di 5 milioni di senza dimora... oggi, in Italia, l'unico comune denominatore che definisce la persona senza dimora è il fatto che si rivolga ad un centro di ascolto per homeless. I numeri dati dai centri sono gli unici che abbiamo a disposizione.
Qual è l'identikit dei senza dimora in Italia?
L'esperienza diretta d'aiuto delle nostre associazioni ci dice che stiamo vivendo una profonda e drammatica evoluzione: fino a 10 anni fa il senza dimora, nella grande maggioranza dei casi, era maschio, adulto e con problemi di alcol. Adesso troviamo in strada un sempre maggior numero di "invisibili", ovvero di persone che risultano vulnerabili pur senza presentare le caratteristiche tradizionali del senza dimora; per far precipitare la loro situazione è sufficiente anche solo un piccolo evento tragico. I nostri centri di ascolto ci dicono che in strada sono in costante aumento tre categorie prima molto rare: le donne; le persone con una famiglia; e i cosiddetti "working poors", ovvero persone che lavorano regolarmente, venendo però retribuite così poco da non riuscire a pagarsi un affitto.
Immigrazione e senza dimora: esiste un'emergenza?
La maggior parte dei nostri servizi si occupano di senza dimora italiani; però se andiamo a vedere le persone che usufruiscono delle mense, delle docce pubbliche, dei dormitori, ci rendiamo conto che si tratta spesso di stranieri. Si tratta però di persone in difficoltà economica, non di "veri" senza dimora; un emarginato grave è una persona incapace di immaginare un proprio progetto di vita; gli immigrati no, hanno degli obiettivi precisi e, nonostante la povertà, dopo un certo tempo riescono a stabilizzare la propria presenza in Italia. La novità preoccupante è che cominciamo a vedere anche immigrati che diventano senza dimora: si tratta di persone che considerano fallito il proprio progetto migratorio, perché non sono riuscite a ottenere i documenti o a portare in Italia la famiglia, non riescono a reagire e finiscono in strada. Prevediamo che in un decennio questa categoria aumenterà in modo preoccupante. Il guaio poi è che la legge non consente di andare oltre l'assistenza immediata con gli extracomunitari senza permesso di soggiorno. Non è possibile alcun progetto finanziato nei loro riguardi.
Volontariato e Stato: funziona la collaborazione?
L'Italia è una realtà a due velocità anche per quel che riguarda l'assistenza ai senza dimora. Nelle grandi città del Nord e del Centro, da 20 anni le associazioni che aiutano i senza dimora hanno lavorato in un'ottica di sussidiarietà: stimolando le politiche dell'ente pubblico e collaborando nel realizzarle.
In molte piccole città gli enti pubblici fanno poco, sia in termini di risorse finanziarie, sia per quanto riguarda gli interventi burocratici (come la concessione della residenza e dei documenti). Di certo aggrava il problema la mancanza di una strategia nazionale contro la povertà, questo aiuterebbe i singoli comuni che non riescono altrimenti a dare risposte effettive.