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SCHEDA RISORSA
Intercultura
Transdisciplinare
Educazione linguistica Italiano
ANSAMED: GIORNALISTE ARABE, DIALOGO NON GUERRA
Lingua:
Italiana
Destinatari:
Alunni scuola media inferiore, Alunni scuola media superiore
Tipologia:
Documentazione
Abstract: ANSAMED: GIORNALISTE ARABE, DIALOGO NON GUERRA
ENGLISH VERSION ROMA - Determinate, combattive, preparate, passionali e oltretutto affascinanti: sono le giornaliste arabe, sempre piu' numerose e decise a conquistare spazi per affermare un principio: l'informazione e il dialogo sono le uniche armi contro la guerra e i conflitti politici, culturali e religiosi. Principio sottolineato a piu' riprese nel corso del convegno 'Donne e giornalismo nei paesi arabi' organizzato da AnsaMed e dall'Aiwa (Arab Italian Women Association).
Giornaliste del mondo arabo e colleghe italiane si sono trovate d'accordo sull'importanza del ruolo delle donne del Mediterraneo in questa direzione, grazie anche a Internet e al satellite, due grandi strumenti di democrazia e di liberta'. Per il sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver, ''non esiste differenza linguistica o di costume che ci possa far perdere di vista l'obiettivo comune: mettere il patrimonio culturale che ci unisce al servizio di pace, democrazia e lotta al terrorismo. E uno dei maggior asset della societa' e' poter usufruire del talento, delle capacita' e della cultura femminile''.
In questo l'Italia e' in prima linea, come ha detto l'ambasciatore Riccardo Sessa, capo della Direzione vicino e medio Oriente del Ministero degli Esteri, che ha annunciato la prossima realizzazione di un centro culturale per le donne del sud dell'Iraq, utilizzando fondi della Farnesina. Sul fronte dell'informazione, il direttore dell'Ansa Pierluigi Magnaschi ha sottolineato il ruolo di AnsaMed, ''un'agenzia babelica attraverso cui si puo' costruire il futuro del Mediterraneo'', bilanciare il monopolio dell'informazione anglo-americana e diffondere finalmente anche notizie ''costruttive''.
Un appello perche' il dialogo non resti un concetto virtuale ma sia effettivamente realizzato e' venuto da Nadia Mehdid, algerina, caporedattore delle pagine internazionali di Asharq Al Awsat, quotidiano panarabo con sede a Londra, che ha citato il caso della liberazione delle due Simone: ''Sono contenta per loro, ma altri ostaggi non sono sopravvissuti. Certe cose non si ripeteranno se il dialogo sara' preso sul serio e non restera' solo sulla carta''. Iqbal Sulalman Al-Ahmad, direttrice dell'agenzia di stampa kuwaitiana, ha sottolineato il ruolo, ''seppur piccolo' del Kuwait nella loro liberazione: ''Vogliamo eliminare questi drammi, pero' occorre passare dal conflitto all'ascolto dell'opinione dell'altro''. Ma ha poi chiesto provocatoriamente: ''Dove era l'occidente quando lanciavamo appelli e nessuno ci ascoltava? La risposta e' arrivata solo dopo l'11 settembre''. Per Laila Al-Shaikhli, una delle anchorwoman piu' note della tv araba, al rilascio delle due Simone ha contribuito anche la collaborazione e la credibilita' delle tv arabe. ''Sono figlia della guerra libanese, so cos'e' la distruzione - ha detto Gisele Khoury, volto noto di Al Arabiya -. Gli Usa ci chiedono la democratizzazione, ma sono stati i primi a dare legittimita' a uno Stato religioso e razzista come Israele. Finche' c'e' il conflitto israeliano ci sara' il conflitto iracheno''. Ma, avverte, ''non bisogna fermarsi a questa considerazione, bisogna andare avanti''.
Si e' parlato anche del rapporto tra donne e potere. Non ha dubbi Emma Bonino: ''In Italia e nei Paesi Arabi le donne ne hanno troppo poco. Tuttavia, qualcosa comincia a cambiare, anche grazie al nostro piccolo contributo''. La leader radicale, unica a non aver usufruito della traduzione dall'arabo degli interventi (vive da anni al Cairo), ha confessato che nelle riunioni politiche nei paesi arabi le sembra ''di essere tornata in Italia nel 1970, c'e' lo stesso fermento politico e sociale''. ''Magari tornassimo alle assemblee degli anni '70 - le ha risposto Giovanna Melandri dei Ds - perche' l'Italia e' in atto uno scandaloso processo di regressione nella formazione della leadership femminile''. Melandri ha tra l'altro definito ''vergognoso' il ''linciaggio mediatico'' di cui sono state oggetto le due volontarie rapite.
Nel mondo arabo il potere resta pero' di fatto nelle mani degli uomini, con qualche eccezione, come in Tunisia e Libano, ha ricordato Gisele Khory. In Kuwait, ha ricordato Iqbal Sulalman Al Ahmad, le donne non hanno diritto di voto. Ma qualche segnale positivo c'e' e lei ne e' un esempio: ''La religione islamica non e' mai stata un ostacolo per la donna: io sono una donna islamica e dirigo un'agenzia di stampa''. Ma ancora c'e' molto cammino da fare: ''La donna araba e' arrivata al potere - ha detto la Khoury - ma molti uomini la chiamano 'ministro dell'Interno, nel senso che deve occuparsi solo delle faccende domestiche''. In ogni caso nel sud del Mediterraneo il giornalismo e' sempre piu' rosa: secondo la Federazione Internazionale dei Giornalisti, la quota delle professioniste negli ultimi 10 anni e' salito dal 27 al 40%. Anche se solo lo 0.6% riesce a raggiungere posti di comando. In questo scenario Internet e il satellite hanno contribuito in modo decisivo a creare uno spazio per la donna araba. Anche se, avverte Annalisa Spiezie del Tg5, il web e' anche ''un contenitore di spazzatura''. Per Maria Latella, inviato del Corriere della Sera, i nuovi media ''hanno dato importanza alle donne arabe e sono la chiave d'accesso per creare vere e proprie reti, attraverso le donne che sono nel giornalismo, e non solo''.
L'iniziativa del convegno - ha detto Boris Biancheri presidente dell'Ansa e della Fieg - nasce ''dalla constatazione che nell'area del Mediterraneo c'e' un difetto di comunicazione e di informazione, che sono il presupposto necessario per il dialogo politico e una fruttuosa convivenza. E questa - ha concluso - e' anche la premessa da cui e' nato il progetto di Ansamed, network di informazioni da e per il Mediterraneo''.
http://www.ansa.it/main/notizie/rubriche/approfondimenti/20041007133133144760.html
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