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Storia
Educazione linguistica Italiano
Marco è un ragazzo coraggioso ma quando ruba una cassa di bombe ai tedeschi, i partigiani «grandi» lo rimproverano: non farlo più.

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore
Tipologia: Materiale di studio

Abstract:

Da Tricesimo all'Orinoco
Marco è un ragazzo coraggioso ma quando ruba una cassa di bombe ai tedeschi, i partigiani «grandi» lo rimproverano: non farlo più. Con Claudio racconta la guerra, in Friuli e in Venezuela
ROBERTO PIGNONI

Marco parla piano, nel suo friulano leggero e frusciante. Ogni tanto ci mostra una foto ingiallita. Sergio si protende in avanti, attento, concentrato. Il suo sguardo fende lo spazio con sciabolate improvvise, poi gli occhi si abbassano a scandagliare le fessure che solcano il piano del tavolo. Di fronte a lui, Claudio stringe tra le mani una busta da cui spunta un libro sdrucito.

Fuori dell'osteria la piazza, avvolta nelle brume dell'inverno, ritaglia un ampio, umido rettangolo. E' il marcjât, il cuore di Tricesimo. E' qui che si teneva, una volta, il mercato del bestiame. Non ci sono boutiques, solo osterie e i resti della bottega del maniscalco. In questo slargo, dove la pianura pare prendere fiato prima di incunearsi sotto la piega delle Prealpi, correva il confine tra la zona tenuta dai nazisti e un altro universo, che essi non riuscivano a controllare: Bandengebiet - dominio delle bande, come ammoniva un cartello all'entrata del paese.

Sotto un cielo plumbeo e greve, il quadrilatero del marcjât è inciso da trincee e camminamenti. Al centro, cataste di armi e munizioni, guardate a vista dai soldati tedeschi. Alcuni ragazzi, di ritorno da scuola, si affacciano sulla piazza. Indossano mantelle verdi di panno, di produzione militare, e portano delle cartelle di legno. Come ogni giorno a quest'ora, tagliano per il marcjât sotto l'occhio delle sentinelle.

Una cassetta miracolosa

Folgorato da un'intuizione improvvisa, Marco affida la cartella a un compagno. Al suo posto, sotto la mantella, infila una cassetta: stessa forma e grandezza, solo il peso è diverso.

All'imbrunire Nella, la staffetta partigiana che abita dall'altra parte del cortile, farà un giro per la vigna dietro casa. Alla base di un muretto di sassi, in una buca coperta da una pietra, Marco suole depositare il bottino delle sue scorribande: qualche pugnale, una pistola ... e adesso quella cassetta, conquistata sul marcjât.

Il marito di Nella, Vento, comanda una piccola unità garibaldina che opera nei dintorni. Il territorio di Tricesimo è attraversato dalla strada ferrata; lunghi treni carichi d'armi scendono dall'Austria, alternandosi alle tradotte dei deportati che arrancano in direzione opposta.

I partigiani si danno da fare per interrompere la linea, ogni tanto riescono a bloccare un convoglio, a liberare delle persone. Ma sono male armati, pochi moschetti contro le mitragliatrici pesanti montate sui vagoni.

Una cassetta di bombe a mano è una risorsa insperata. Vento sarà felice, pensa Marco, giustamente orgoglioso. E invece un uragano gli si abbatte addosso. «Ce setu, mat? No sta fâlu mai pui!» Le bombe sono preziose e andranno a buon fine, ma non valgono la vita di un ragazzino fucilato sulla piazza del mercato. Il piccolo gappista rientra nei ranghi, con la coda fra le gambe.

Una delle foto sparse sul tavolo ritrae Nella e Marco insieme, i capelli scompigliati dalla brezza marina. E' trascorso qualche anno ma gli spiriti liberi non hanno ancora trovato cittadinanza, nel Friuli del dopoguerra. E Marco approda a Caracas, dove lo accoglie la caraula partigiana. Nella e Vento gli fanno festa, si offrono di ospitarlo. Rimarrà da loro alcuni mesi perché la fame è tanta, fra gli italiani di Caracas.

L'occasione si presenta con la crisi di Suez.

La crisi di Suez

Il canale è bloccato e le petroliere sono costrette ad approvvigionarsi altrove; in Venezuela, le sonde dei pozzi prendono a funzionare a pieno ritmo - e si rompono di continuo. Un tornitore esperto vale ore in quel frangente e Marco, che è un genio in fatto di meccanica, viene risucchiato nell'interno, sulle rive dell'Orinoco, dove sono installate le stazioni di pompaggio delle grandi compagnie nordamericane. Riesce a mettersi in proprio, ad aprire un'officina, il tailler industriale «El Tigre».

Gli affari vanno a gonfie vele e il volto di Marco, nelle foto di quel periodo, è disteso e sorridente. Si fa ritrarre con i ragazzi indigeni che lavorano con lui, una banda di simpatici lestofanti. Vede in loro tante copie di se stesso e ciò lo induce a commettere il primo, serio errore: raddoppiargli la paga.

La voce si sparge in un baleno. «El catire es bueno», il biondo è buono, «los italianos son muy mejores que los yanquis». E' a quel punto che un giovane nero entra a lavorare nel tailler.

Victor è bello, dolce e taciturno; Marco gli si affeziona immediatamente. Non sa che è lì per vegliare su di lui. Gli salverà la vita quando arriva, inevitabile, definitivo, il secondo errore di Marco. «Avete il petrolio sotto il culo, sprizza fuori da tutte le parti, eppure morite di fame. Io sono qui per fare i soldi, non lo nego. Ma appena posso me ne torno a casa e allora dovrete sbrigarvela da soli». Comincia a istruirli, insegna ai ragazzi a leggere il calibro, a conoscere le macchine. La sera, l'officina si fa scuola.

La notte in cui la polizia irrompe nel tailler, Victor balza oltre il recinto e vola a dare l'allarme. Il socio di Marco, un francese, corrompe un carceriere e lo tira fuori appena in tempo, prima che la sua avventura finisca in un sacco, sul fondale dell'Orinoco. I compagni di Victor, partigiani della F.A.L.N., nascondono il catire in un ranchito, lo curano, lo fanno arrivare a Caracas e lo aiutano a sgusciar fuori dal paese.

Marco fa una pausa, sorseggia un calice di vino. Claudio estrae il libro dalla busta e lo apre alla pagina in cui alcune scarne righe riferiscono la fucilazione di suo padre.

Accadde sulla strada che costeggia il Cornappo, a pochi chilometri da qui. Una Balilla corre veloce portando tre partigiani e un medico, prelevato per curare un ferito. I nazisti, avvertiti da una spia, li inseguono su macchine molto più potenti. Un breve tentativo di difesa, alcune rabbiose raffiche di mitra; infine, i tre colpi di grazia.

Quando la gente si fa avanti per recuperare i corpi dei partigiani, qualcuno si accorge che uno di loro respira ancora.

Il modo in cui il padre di Claudio venne nascosto e curato è un capolavoro di intelligenza e organizzazione clandestina. Le ferite erano talmente gravi che il ricovero si protrasse per mesi, in un primo tempo all'ospedale di Udine, poi in quello di Bologna. Riuscì a sopravvivere, ma il suo destino era segnato. Il resto della sua esistenza fu una battaglia estenuante, silenziosa, contro piaghe, infezioni, e la cancrena incombente. Del padre, Claudio conserva quasi solo ricordi d'ospedale. Non poteva visitarlo in reparto e si incontravano in cortile, con una rete nel mezzo. Quando si imbatte nell'immagine degli internati dietro i reticolati dei lager, Claudio rivede la rete che lo separa da quell'uomo con le carni straziate, che il piombo fascista non è riuscito a piegare. Un condannato a morte che ha avuto il coraggio di continuare a lottare, sposarsi, mettere al mondo dei figli e insegnare loro ad amare la vita, in un'infinita espressione di resistenza.

Il cielo sopra il Collio

L'osteria è piena di fumo e il vociare della gente ci investe in folate dense e compatte. Sergio non ha aperto bocca, ma nella trasparenza dei suoi occhi si riflette la luce del cielo sopra il Collio. Tra un combattimento e l'altro ragazzi e intellettuali, zingari e filosofi, disertori tedeschi e ufficiali sovietici si riuniscono per leggere insieme Epicuro, Democrito, Labriola. Su quelle radure, gli uomini sono uguali. Il comandante e l'ultima recluta condividono il poco cibo disponibile. Ogni tanto, di labbro in labbro, passa una bottiglia di vino.

Dall'alto del Monte Corada, la vista abbraccia un'Europa coesa e familiare. Il confine da cui oggi si celebra il funerale aveva già perso allora, sessant'anni fa, ogni ragione di essere; in quella stagione atroce e bellissima, Posidonio e Catilina portavano al collo un fazzoletto rosso e nasceva l'etica di un mondo nuovo.

Il mio sguardo si sgancia dal rostro acuto di Sergio. Claudio tace, ha riposto il suo libro. Manca Victor. Senza di lui, Marco non sarebbe qui.

Quattro uomini. Quattro comunisti. Mi accorgo che quel termine antico e difficile, democrazia, lo so pronunciare solo insieme a loro.

* Da una conversazione con Marco Ciani, Claudio Bassi e il partigiano Cid.



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