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Storia
Transdisciplinare
Giovanni Agnelli - Speciale di Repubblica.it.

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia: Materiale di studio

Abstract: Il principe incostante
di EUGENIO SCALFARI

SE n'è andato un uomo che ha molto vissuto, questo è certo. Testimone privilegiato d'un secolo breve, che per lui cominciò tra le due guerre e passò attraverso tutti gli eventi che da allora ad oggi si sono succeduti non solo in Italia ma nel mondo. Conobbe tutti i personaggi di rilievo che hanno mosso le ruote della storia e della cronaca di ottant'anni, i politici, i governanti, gli uomini d'affari, gli attori e le comparse del "jet set", le dame, i cavalier, l'armi e gli amori dell'epoca sua. Ereditò una grande fortuna e ne fece un impero. Dettò col suo carisma i comportamenti e le mode. Alla fine era diventato un'istituzione e questa fu la cosa che più di tutte gli piacque: esser considerato come una testa coronata in un mondo di repubbliche ormai affollato di "parvenu".

Fu una vita piena? Questa è una domanda alla quale è molto difficile rispondere anche per chi l'ha conosciuto bene, perché Gianni Agnelli è rimasto nel fondo un enigma anche per i suoi più intimi e probabilmente anche per se stesso.

La sua vita è stata piena perché lui ha voluto riempirla e l'ha voluto ogni giorno ed ogni attimo perché altrimenti sarebbe rimasta vuota, colma soltanto d'una noia esistenziale. Non credo che abbia mai voluto scoprire le cause di quella noia, non credo che abbia mai voluto indagare dentro di sé, viaggiare alla scoperta di quel sé con il quale ciascuno di noi deve convivere dalla nascita alla morte. E forse proprio questo rifiuto è stato la causa di quella noia che lo perseguitava e dalla quale bisognava fuggire per sopravvivere in attesa d'un domani senza sorprese.

Il suo destino non prevedeva sorprese, perciò doveva procurarsele da solo. Sorprese piccole e grandi, alle quali la sua sete di vivere lo teneva aggrappato per poco poiché presto se ne stancava e ripartiva in cerca di altre.

Visse frettolosamente la sua vita di principe incostante, ma per una contraddizione molto frequente in quel genere di temperamenti, sentì il bisogno anzi la necessità di punti fissi, di atti ripetitivi, di porti e banchine dove gettare l'ancora e attraccare per poi ripartirne senza indugio sapendo che comunque li avrebbe ritrovati. Torino, l'azienda, la famiglia sono stati questi attracchi che l'hanno puntellato nella sua costanza frettolosa e fuggitiva. Forse non aveva calcolato che anche i punti fissi si muovono e si trasformano: Torino cambiò, anche l'azienda cambiò, cambiarono gli operai, i dirigenti, i collaboratori. Non i loro volti e i loro nomi soltanto, ma la loro natura, la sostanza dei ruoli, la fedeltà ad uno stile che era quello ereditato dal nonno fondatore ma che non poteva reggere ai colpi del tempo e alle trasformazioni della società.

Il destino si vendicò di lui spietatamente e ripetutamente. Colpì dapprima il padre quando più ne avrebbe avuto bisogno; per opposte ragioni né la madre né il nonno seppero colmare quel vuoto. Colpì lui più volte nel suo stesso fisico. Lo ferì ben più a fondo con l'instabilità mentale del figlio, poi con la morte improvvisa del figlio di Umberto che gli era carissimo e che aveva designato a succedergli; infine col suicidio di Edoardo, che chiuse un ciclo di perdite e di abbandoni. Una storia cupa che a giusta ragione potrebbe definirsi shakespeariana se non fosse che non si è svolta per il potere e per le cupidigie che ne derivano, ma per casuale destino e quasi per una legge di severa compensazione: tanta era stata la fortuna di nascere con quel nome e altrettanta fu la sfortuna che su quel nome si è abbattuta.

Di fronte a quei colpi disseminati in tutto il corso della sua lunga vita Gianni Agnelli ha reagito d'istinto, nel solo modo che la sua natura gli consentiva: sdrammatizzando, negando dentro di sé e attorno a sé l'elemento tragico di quelle vicende, coprendole e rimuovendole rapidamente con la legge cerimoniale della vita che deve comunque continuare nonostante i prezzi che le debbono esser pagati. Cinismo? Aridità di sentimenti? Ecco un'altra domanda cui è difficile rispondere.

Cinici non si nasce, lo si diventa. E lo si può diventare per varie ragioni: per opportunismo, per avidità, per torti patiti, per traumi subiti, per snobismo. La causa non modifica e non riscatta il dato, ma lo spiega e lo colora. Opportunismo, avidità, torti subiti sono causali escluse per quanto ha riguardato Agnelli; traumi subiti e snobismo potrebbero invece spiegarlo. Resta il fatto che una dose di cinismo gli è stata compagna insieme alla noia e alla costanza incostante.

Non fu politicamente indifferente. Come tutti i grandi capitalisti intelligenti vide lucidamente le miserie del capitalismo nostrano verso il quale più volte manifestò disprezzo e distacco. Ugo La Malfa fu il suo punto di riferimento politico finché visse; a Ciampi è stato molto legato, vorrei dire da istituzione a istituzione; Berlusconi lo ha spesso divertito ma, fosse stato per lui, non gli avrebbe affidato neppure il Municipio di Villar Perosa che del resto gli era carissimo.

Ha avuto una sua piccola corte, nettamente distinta dallo staff dei suoi collaboratori aziendali. E con la corte appariva ed era diverso nelle movenze e nei giudizi da come appariva con i suoi dell'azienda.

Amò molto John Kennedy, quando fu ucciso a Dallas passò un momento molto doloroso del quale sono stato occasionale testimone. Un altro grande amico è stato fino all'ultimo Henry Kissinger. I due americani non si somigliavano affatto tra loro ma Gianni era molto contraddittorio e questo è stato uno degli elementi del suo fascino.

Se n'è andato in perfetta coincidenza con la crisi più grave che la Fiat abbia mai attraversato nella sua storia centenaria, quasi che abbia voluto chiudere gli occhi nell'eterno riposo per non assistere più oltre al dramma che sta sconvolgendo l'impero di famiglia. Non so se le coincidenze siano frutto del caso o del destino. So soltanto che così è avvenuto.

Non posso chiudere questo breve ricordo d'un uomo che ha molto amato la vita e ne ha molto patito la noia, senza inviare un saluto affettuoso e dolente alla gentile Marella, forse la sola che ha conosciuto l'enigma di quell'anima inquieta.

(25 gennaio 2003)



http://www.repubblica.it/speciale/agnelli/index.html



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