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Scienze naturali
Pluridisciplinare
Il Popolo Migratore - presentazione del documentario di Perrin che, in linea con la precendete produzione, non si limita a registrare degli avvenimenti biologici, ma punta a riprodurre dei macrofenomeni o addirittura dei mondi, utilizzando le riprese naturalistiche dirette e la 'rappresentazioni' degli stessi, con un impianto e una tecnica più cinematografica che documentaristica.

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti
Tipologia: Utilità e strumenti

Abstract:

 -  bytes

REGIA
Jacques Cluzaud e Michel Debats
GENERE
Documentario
DISTRIBUZIONE
Lucky Red
DURATA 89'

Il popolo migratore di Marco Blasetti

Uno straordinario documentario sui segreti e sui percorsi delle migrazioni degli uccelli
 
Un documentario epico

 

 

Il produttore
"Inchiodati al suolo, a guardare gli uccelli passare nel cielo, abbiamo cominciato le riprese del film. Dovevamo andare più lontano e più in alto, più vicino agli uccelli, in prossimità delle stelle. Come potevamo fare? L'uomo sogna di essere un uccello dalla notte dei tempi. Come immaginare di essere i primissimi a poter trasformare questo sogno universale in realtà? Conserverò per sempre il ricordo della prima volta che ci siamo riusciti… Il cameraman seguiva le evoluzioni delle oche selvatiche, con una mano l'assistente allontanava quelle che si avvicinavano troppo alla cinepresa: la pellicola scorreva… Radiosi, con le lacrime agli occhi, mi guardarono, senza dire nulla, senza fare alcun gesto. Poco importava la padronanza ed il risultato tecnico, avevano conquistato la fiducia degli uccelli in volo. E se, per un anno, non aspettassimo più le stagioni, e se intraprendessimo il più favoloso dei viaggi, e se, abbandonando per la prima volta le nostre città e le nostre campagne, facessimo il giro del pianeta? E se ci rendessimo conto che le nostre frontiere non esistono, che la terra non è che un solo ed unico spazio, e se imparassimo ad essere liberi come un uccello?"
Jacques Perrin

Le rotte della migrazione
I percorsi seguiti dagli uccelli migratori esistono da migliaia e migliaia di anni. E' perché la vita diventa momentaneamente impossibile là dove si riproducono che gli uccelli partono per cercare altrove migliori condizioni di vita. La maggior parte delle migrazioni si svolge secondo un asse nord-sud. Quando si avvicina l'autunno gli uccelli che vivono in climi temperati o nordici migrano per avvicinarsi a delle latitudini più clementi, verso i tropici e l'Equatore. Ci sono quattro grandi assi: gli uccelli dell'America del Nord (oche delle nevi, oche selvatiche canadesi, gru del Canada…) si muovono verso il sud degli Stati Uniti, l'America Centrale o l'America del Sud; Gli uccelli d'Europa e dell'Asia (gru, cicogne bianche, rondini, chiurli…) vanno verso l'Africa, attraversano il Mediterraneo o l'aggirano passando per la Spagna o il Vicino Oriente; Gli uccelli dell'Asia (oche indiane, gru siberiane…) che vanno verso l'India, aggirano il massiccio himalayano da est o da ovest, oppure affrontano direttamente i valichi e i picchi del Tetto del Mondo; Infine, vi sono uccelli asiatici come la beccaccia che vanno verso il sud-est asiatico fino in Australia e in Oceania. Ogni migratore seguirà uno di questi 4 grandi percorsi adattandolo in funzione delle sue possibilità, delle sua capacità, della sua storia e secondo il suo punto di partenza e di arrivo. Per esempio, le cicogne europee che svernano in Africa non possono attraversare il Mediterraneo, contrariamente alle rondini, perché per volare usano le ascensioni termiche inesistenti sopra i mari. Sono quindi obbligate a passare per la Spagna o la Turchia. Ogni specie possiede così la propria rotta migratoria che segue più o meno fedelmente una delle quattro principali vie transcontinentali e che riflette la sua particolare storia naturale. Le quattro grandi vie di migrazione possiedono dunque una molteplicità di incroci, di deviazioni, di ramificazioni che si allontanano o si avvicinano, tante quante sono le popolazioni di uccelli migratori.
Stéphane Durand

Un documentario epico
Sei anni dopo Microcosmos e due dopo Himalaya Jacques Perrin realizza un nuovo documentario 'epico' Il Popolo Migratore che dopo aver letteralmente conquistato la Francia, uscirà in Italia a metà novembre. Perrin da anni è impegnato a dare al documentario pari, se non maggiore, dignità rispetto agli altri generi di film. I suoi documentari 'epici' per definizione, non si limitano a registrare degli avvenimenti biologici, ma tentano di riprodurre con ampio respiro dei macrofenomeni o addirittura dei mondi, utilizzando sia le riprese naturalistiche dirette e sia delle 'rappresentazioni' degli stessi, con un impianto e una tecnica più cinematografica che documentaristica, che comprende una sceneggiatura, degli storyboard, uno schema di 'rappresentazione' e di 'recitazione' che deve rispettare le esigenze tipicamente cinematografiche e spettacolari oltre a quelle descrittive. Tutto ciò si traduce in uno sforzo produttivo molto superiore a buona parte delle produzioni cinematografiche correnti. Il prossimo progetto di Perrin dovrebbe essere Il popolo dell'acqua, con il canto incomparabile delle balene…


La squadra

Una squadra tecnica e artistica di 450 uomini e 1.000 uccelli
Mentre il lavoro progettuale e artistico è stato sempre seguito da Perrin, due registi si sono divisi il durissimo lavoro di ripresa, che è durato circa tre anni, dal luglio del '98 all'estate del 2001: Jacques Cluzaud e Michel Debats (quest'ultimo era assistente alla regia di Eric Valli per Himalaya). Oltre ai due registi, il cast tecnico era composto da 4 cineoperatori, un fotografo di scena, il cui lavoro risulterà alla fine semplicemente straordinario, ed una abilissima montatrice ... in totale 450 persone hanno collaborato a questo progetto. Tra questi un piccolo esercito di consulenti scientifici: vari ornitologi, uno zoologo, animalisti etc., oltre a quelli che si sono presi cura fisicamente degli uccelli, e inoltre 40 piloti di deltaplano a motore, lo storyboarder… Quattro anni di lavoro, migliaia di uccelli (per 27 specie), quasi 175 siti selezionati tra una cinquantina di paesi in tutti i continenti, ai due estremi del pianeta (dall'isola canadese Bylot in Artico alle terre australi dell'Antartico francese). Per le riprese delle migrazioni sono stati inventati dei congegni silenziosi, montati su dei deltaplani a motore speciali, rapidi e leggeri come gli uccelli. In alcune situazioni è stato necessario spostare a dorso d'asino o di cammello o di jeep alcune migliaia di uccelli, per trovare l'effetto cinematografico ricercato.

L'imprinting del cast
Ma la cosa più divertente è stata il casting di questo film senza attori. Gli interpreti sono stati scelti prima della loro nascita. Qualche criterio: tragitti migratori, colori del piumaggio, morfologia… Diverse centinaia di uova sono emigrate verso la Francia.. Lì è stata controllata e osservata la crescita di ciascun uovo, in funzione delle temperature necessarie alla loro schiusa. E finalmente sono state ingaggiate una quarantina di persone, disposte a fare da papà e mamma agli uccellini che stavano per nascere e soprattutto a seguirli nel volo che avrebbero intrapreso di lì a breve. Questi 'accompagnatori' hanno cominciato a parlare alle uova e a diffondere come musica d'ambiente i rumori dei motori dei deltaplani a motore. Ed erano lì quando i pulcini sono nati, per 'imprimere' la loro presenza 'familiare' nella mente e nel cuore dei piccoli. Ogni uccellino ha avuto un nome oltre ad un papà o una mamma. Quando hanno iniziato a volare erano abituati alla presenza e alla voce dei loro 'genitori umani'. Questi ultimi non li hanno più lasciati durante tutte le riprese. Ognuno con i suoi piccoli. È stata la loro voce a rassicurarli e a dirigerli nei loro viaggi, anche se qualche volta le grida dei loro simili 'selvaggi', che non riconoscevano i genitori 'umani' hanno creato qualche problema. In ogni paese sono state installate delle basi mobili collegate a dei deltaplani a motore attrezzati per le riprese dei cameramen. Alle riprese degli uccelli 'pilotati' sono state aggiunte le riprese 'live' di migliaia di altri uccelli che si sono uniti agli stormi semplicemente per esigenze migratorie.


Il fenomeno della migrazione
In fuga dai ghiacci
Per un lunghissimo periodo, nel corso della Preistoria, la Terra fu interessata da una serie di glaciazioni successive. Tra 75.000 e 10.000 anni fa si è avuto l'ultimo di questi lunghi intervalli di freddo intenso, i ghiacci a ricoprire quasi per intero i continenti, la vita divenuta pressochè impossibile. All'epoca il primo nostro diretto antenato, l'homo sapiens, era già presente in Europa, Asia e Africa. La sua grande capacità di adattamento gli consentiva di sopravvivere ai tremendi mutamenti climatici. L'essere in grado di adottare strategie per difendersi anche dalle più ostili condizioni ambientali e di sfruttare quelle favorevoli, riuscendo a modificare l'ambiente secondo le proprie esigenze, poneva le basi per la sua affermazione sulle altre specie viventi. D'altra parte ogni essere cercava di difendersi come meglio poteva dagli eventi della natura. Il ciclico raffreddamento del clima aveva provocato la migrazione di specie asiatiche (Elephas, Equus, Bos, ecc…) e la scomparsa di altre. Gli uccelli, che nel frattempo avevano completato il proprio cammino evolutivo, acquisendo forme identiche alle attuali, si rifugiarono nelle regioni più meridionali dell'Europa e dell'Asia, in attesa di tempi migliori. Tra una glaciazione e l'altra la temperatura tornava a salire, i ghiacci si ritiravano ed il clima tornava vivibile, con temperature anche più alte di quanto non sia ai giorni nostri. Al ritirarsi dei ghiacci, gli uccelli che si trovavano in prossimità dei margini degli stessi, andavano ad occupare i territori lasciati liberi dall'enorme massa bianca. Qui però la vita era possibile solo d'estate, essi pertanto erano obbligati a fare la spola, col mutare delle stagioni, fra le aree più calde del sud e le nuove zone apertesi a nord. Intorno a 5.000 anni fa poi il ritiro dei ghiacci fu definitivo ed il clima si stabilizzò, dando il via ai viaggi a volte interminabili di molte specie di uccelli, su è giù lungo l'asse nord-sud del nostro pianeta.

Ad oggi è questa la risposta scientificamente più accreditata riguardo l'origine delle migrazioni degli uccelli, senza dubbio uno dei fenomeni naturali più affascinanti che ci è dato osservare. Un'altra ipotesi che gode di qualche favore teorizza che gli uccelli, di base animali di origine tropicale, siano stati costretti da pesanti problemi di sovrappopolazione a cercare miglior fortuna spostandosi nelle zone temperate. Salvo poi tornare sui propri passi in determinati periodi dell'anno ed in occasione di particolari contingenze. Non riesce difficile però immaginare come quella trasmigrazione aerea di massa potesse aver attirato la curiosità umana sin dall'antichità, dando vita ad elaborazioni non prive di fantasia: c'era chi si diceva convinto che gli uccelli trascorressero la stagione fredda in fondo al mare, per poi riemergere con la primavera; altri li supponevano protagonisti di straordinarie metamorfosi da una specie all'altra, con tanto di mutamenti anatomici, oltre che di livrea, contestualmente al cambio delle stagioni. Tutto ciò semplicemente a conferma dell'interesse da sempre suscitato nell'uomo dal popolo migratore. Qualunque ne sia l'origine, questo straordinario evento naturale mobilita ogni anno miliardi di volatili, grandi e piccoli, spinti dall'alternarsi delle stagioni ad attraversare in un senso e nell'altro i cieli in interminabili viaggi, indispensabili per garantire il compimento del loro ciclo vitale. A spostarsi sono soprattutto gli individui che vivono negli emisferi settentrionali, mentre più stanziali risultano essere le specie che abitano nei pressi dell'Equatore.
Facile spiegarsi il perché.


Le cause
Le cause
L'inverno, anche nelle nostre regioni in cui il clima è comunque piuttosto mite, alla fine arriva. E si fa sentire. Il freddo può non costituire un problema, se per riscaldarsi è sufficiente gonfiare le penne, nascondendo becco e zampe tra le piume, magari accoccolati l'uno accanto all'altro su di un ramo o all'interno di una cavità. I più fortunati poi, come le pernici bianche, possono vantare calde piume anti-neve fino al tarso e, certo, protetti fino alle zampette è tutta un'altra cosa. Il vero problema è però il cibo. Ne serve in maggior quantità proprio per combattere le temperature più rigide. Ma le ore di insolazione diminuiscono in fretta e l'attività si riduce inesorabilmente, anche se le fonti di nutrimento si rarefanno gradualmente quanto più ci si inoltra nella stagione fredda. All'inizio scompaiono gli insetti, ma ci si può nutrire sempre di vermi, larve e pesci, oppure, per chi predilige una dieta differente, non mancano semi, noci e bacche. Meglio che agli altri le cose vanno alle cince, per esempio, perché sanno ben riciclarsi, tramutandosi da insettivore estive a mangiatrici di semi nella brutta stagione. Per molte specie, però, quando la temperatura è così bassa da far gelare non solo i corsi d'acqua ma addirittura il terreno, o la coltre nevosa è spessa e impenetrabile, la situazione si fa critica. Continuano a cavarsela passeri e fringuelli, i picchi trovano comunque qualche larva sotto la corteccia, le previdenti ghiandaie attingono alle scorte accumulate in precedenza. Unico privilegiato, il succiacapre di Nuttal, insettivoro americano, risolve in modo drastico la questione: se ne va in letargo, e tanti saluti a freddo e fame. Ma le rondini, a corto di insetti volanti, o gli aironi e le anatre, con l'acqua gelata, hanno di fronte un'unica alternativa alla morte: abbandonare i luoghi di riproduzione per raggiungere aree più calde e soprattutto ricche di cibo. Esistono anche i cosiddetti migratori parziali. Possono essere considerati tali le ballerine, i tordi o i merli, perché solo alcuni individui di queste specie scelgono di abbandonare d'inverno le zone riproduttive, specialmente femmine e giovani, mentre gli adulti dominanti e i maschi, più abili nel procurarsi il cibo, rimangono. Migrazioni non regolari di intere popolazioni, per periodi ridotti o anche per un solo intero inverno, si possono verificare in occasione di eccezionali ondate di maltempo o di drammatica riduzione del cibo disponibile nei territori abituali. Storni, pavoncelle e anatre sono sovente costretti a questi spostamenti. La scomparsa del nutrimento abituale può portare alcune specie ad allargare il proprio areale di svernamento, entrando così in concorrenza con i fruitori abituali delle risorse delle zone in questione. Queste irruzioni, come vengono chiamate, si concludono in primavera o, nel primo caso, col ristabilirsi delle condizioni ottimali nei luoghi di partenza. Anche la muta può provocare degli spostamenti: è il caso delle anatre, costrette a riunirsi in grandi gruppi e in zone sicure dalla perdita delle remiganti, che impedisce loro completamente il volo. Per questo motivo in luglio le volpoche dall'Inghilterra e dall'Europa nord-occidentale si riuniscono in un'isola al largo della Germania, Heligoland, e qui completano la muta. Riprendono dunque il loro viaggio verso i territori di riproduzione con un piumaggio nuovo di zecca.

Le rotte
La cicogna bianca, come la maggior parte dei migratori che nidificano nel nord e nel centro Europa, sceglie l'Africa meridionale per trascorrervi l'inverno. Costretta però ad evitare l'attraversamento del Mediterraneo dall'assenza delle correnti ascensionali indispensabili a sostenere il suo volo, può giocarsi una doppia alternativa: superare l'ostacolo e raggiungere il continente nero passando di isola in isola, oppure aggirarlo, deviando verso ovest per lo stretto di Gibilterra o per il Bosforo a est. Quasi tutti i viaggiatori dell'aria però si dirigono in linea retta verso la meta, solo alcuni procedono lungo una rotta ben precisa che tiene conto dei possibili impedimenti, naturali o di origine umana. Infatti ai predatori, alle difficoltà meteorologiche, alla necessità di individuare luoghi per la sosta e il rifornimento, alla fatica stessa di un'impresa di immane portata per degli esseri di dimensioni ridotte, si aggiunge la minaccia rappresentata dall'uomo. Deforestazione, agricoltura intensiva, urbanizzazione sempre più intensa, inquinamento, caccia e tanto altro ancora concorrono a rendere più ardua l'impresa. Ma la Natura ha dotato le sue creature di una forza insospettabile e di molteplici risorse.Tutti gli uccelli migratori conoscono la direzione da prendere, l'istinto li guida infallibilmente anno dopo anno verso il territorio di riproduzione o i quartieri di svernamento. Alcuni, come le rondini quando in primavera tornano dal Sud Africa dopo 8.000 km di volo, sono così bravi da rioccupare addirittura lo stesso nido di fango. Altri imparano direzioni e strategie di volo viaggiando con i genitori. E' il caso delle gru. L'asse principale delle migrazioni si sviluppa genericamente in direzione nord-sud, tenendo presente che da un emisfero all'altro le stagioni si invertono. In linea di massima, gli uccelli del Nord America si spostano verso il sud degli USA e l'America centrale e meridionale; dall'Europa e dall'Asia arrivano in Africa, come già visto; dall'Asia raggiungono o l'India o il sud-est asiatico e persino l'Oceania.

Se l'istinto è il motore principale di questo esodo ciclico, di questo eterno andirivieni, non è assolutamente l'unico. Sappiamo per certo che anche la posizione del sole e delle stelle è fondamentale, al punto che un cielo coperto dalle nuvole può avere conseguenze drammatiche sull'esito finale del viaggio. Molte specie inoltre sono in grado di memorizzare la posizione di fiumi, montagne e coste, costruendosi una carta topografica mentale dei luoghi che percorrono. E, ancora, come vere e proprie bussole, sono sensibili al campo magnetico terrestre, così da individuare la giusta direzione. Ma questi viaggiatori infaticabili riconoscono anche il momento più adatto per cominciare il loro lungo volo. Pare che il fattore principale nel determinare la partenza sia la durata delle ore di luce. Gli uccelli sanno bene in quale periodo dell'anno si trovano e quindi avvertono quando è l'ora di muoversi: si devono abbandonare i luoghi della riproduzione, con i nuovi nati, prima che il cibo cominci a scarseggiare. Non si può rischiare di prendere il volo se non si è accumulato abbastanza grasso per affrontare lo sforzo del trasferimento. Il reperimento di cibo può diventare difficile, tra le nuvole e sopra terre inospitali. Gli uccelli marini, veleggiando lungo la costa, riescono comunque a fare provviste in mare, le rondini incrociano sul loro cammino appetitosi nugoli di insetti, ma chi, come il culbianco, è atteso da una trasvolata dell'oceano senza scalo, deve mangiare il più possibile prima del viaggio, ingrassando in vista dello sforzo. In un'impresa pericolosa come la migrazione, la sicurezza è garantita dal numero: schierati in formazione, rigorosamente ordinata come per le oche, o in stormi brulicanti di individui, si affrontano meglio gli ostacoli e si superano i momenti difficili. Pochi osano sfidare le grandi distanze in solitario. Generalmente l'altezza tenuta dai migranti si aggira sui 1.000 metri, solo poche specie arrivano più su, alcuni fin sopra i 6.000 metri. La quota elevata rappresenta un' assicurazione sulla vita, ma la fatica aumenta in proporzione, tanto da essere esagerata per molti.


Sulle tracce dei migratori
Il mondo scientifico ha fatto ricorso nel tempo a tecniche via via più sofisticate nell'intento di raccogliere informazioni attendibili sulle grandi migrazioni degli uccelli. A lungo si è provveduto a marcare singoli individui, resi in tal modo riconoscibili con precisione, così da consentire, tramite la cattura e quindi il rilascio, la raccolta di dati preziosi circa i loro movimenti ed in generale sulla loro vita. L'uccello inanellato, seppure ritrovato morto, permette di ricostruire nelle sue varie tappe la trasmigrazione di un certo gruppo, con la definizione quindi delle rotte percorse e delle aree prescelte per le soste. Con tali indicazioni sarà più semplice anche la pianificazione di sistemi integrati di aree protette per la salvaguardia di molte specie. Oggi il progresso tecnologico permette agli zoologi di studiare gli spostamenti di una specie animale con una precisione sempre maggiore e addirittura "in diretta", grazie al radiotracking. Si tratta di equipaggiare gli esemplari prescelti di un minuscolo ma potente radiotrasmettitore, capace di emettere un segnale seguendo il quale si resta costantemente sulle tracce volute. Per gli uccelli in particolare, vengono utilizzati apparecchi sempre più piccoli e leggeri, incollati sul dorso dell'animale oppure installati mediante apposite imbragature, cui si aggiunge un'antenna che corre fino alla coda.

Non resta poi che seguire il segnale. I risultati sono stati fino ad ora eccezionali. Un biancone, rapace che si nutre di rettili, parente stretto di sparvieri, aquile e poiane e che troviamo anche in Italia, è stato seguito dalla Francia sud-occidentale per venti giorni lungo l'intera sua migrazione. Percorso totale, fino in Niger: 4685 km. Tappa più lunga percorsa: 467 km, quelli necessari per l'attraversamento del Sahara. Ore di volo consecutive: più di 10.Un maschio adulto di aquila anatraia invece, partito verso sud dal parco nazionale polacco di Bierbza, è andato a svernare nello Zambia, dopo 9.270 km di viaggio. E l'anno successivo, nello stesso periodo, è stato rintracciato esattamente nella stessa area. Notevole anche la "prestazione" di una ubara proveniente da Abu Dhabi, capace di superare 6.600 km in 54 giorni per passare l'estate in Cina, regione del Xinjiang. Per il ritorno a casa di km ne ha fatti solo 5.700, in 58 giorni, coprendo anche 700 km in 24 ore. A proposito di prestazioni da Guinness dei Primati, la sterna artica detiene il record per il viaggio migratorio più lungo, dal momento che nidifica sulle coste dell'Artico e sverna nell'Antartico. Nella migliore delle ipotesi, una passeggiata da 12.000 chilometri, che in qualche caso possono arrivare a 36.000! La fenomenale sterna può così permettersi di vivere due estati all'anno e, poiché si trasferisce da una terra del "sole a mezzanotte" all'altra, sempre sotto la luce del giorno.

INTERNET, SCIENZA E SCUOLA
Per gli appassionati, o solamente i curiosi, che desiderano seguire questi incredibili viaggiatori transcontinentali e transoceanici, Internet offre ormai un buon numero di siti in grado di garantire un posto in prima fila, quasi all'interno dello stormo. Spostamenti e vicissitudini dei migranti vissute in tempo reale, a contatto di… ala con i protagonisti. Sono ancora nordamericani in maggioranza, ma iniziano ad affacciarsi anche siti europei che studiano le specie migranti del nostro continente e ne mostrano la posizione continuamente aggiornata. Vale la pena evidenziare le potenzialità educative di questa nuova realtà, ben esemplificate da un programma didattico avviato negli Stati Uniti e riservato alle scuole inferiori. Gli alunni "adottano" un esemplare di albatro che nidifica alle Hawaii e, semplicemente iscrivendosi a una mailing-list, vengono informati continuamente sulla posizione del loro pupillo. Da qui passano ad individuare, con l'aiuto degli insegnanti, il punto su una carta e a calcolare le distanze percorse, oltre ad approfondire la biologia di questo animale, esercitando abilità che attraversano varie discipline, dalla geografia alla matematica alle scienze naturali. Il coinvolgimento diretto dei ragazzi ne sollecita l'interesse e facilita l'apprendimento delle conoscenze. Proprio ad un albatro del progetto in questione appartiene un record incredibile, stabilito nell'estate del 1999: 40.000 km per il volo senza scalo più lungo di cui siamo a conoscenza!



http://www.primissima.it/primissima/scuola/index.html?schedaid=61&temaname=2



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