giovedì 4 marzo 2004 Come è nata l'idea del suo ultimo volume per Art'èRagazzi dal titolo Figure della memoria? Dal lavoro sul tema della memoria, appunto, a cui sto lavorando per un volume per adulti, di prossima pubblicazione per Art’è. Il legame tra questo tema e l’Arte è duplice: prima di tutto il Museo è per eccellenza il tempio della memoria non solo artistica, e nello stesso tempo, l’arte è per su natura anticipatrice della sensibilità futura, della storia, vedi le grandi intuizioni della prospettiva rinascimentale o della pittura cubista.
Il volume sembra avere una forte chiave temporale, di rielaborazione del proprio vissuto, di ripescaggio dai bauli del passato... Insomma l'Arte sempre più come viaggio dentro noi stessi, al di là delle superficiali percezioni visive? Si, sia la memoria che l’Arte sono dei materiali ricchissimi per ognuno di noi, dei quali bisogna imparare a riappropriarsi, non solo per finalità ed esperienze estetiche ma come una costante e “sana” pratica autobiografica.
Quali sono state le principali tappe di questo suo percorso e le imprescindibili fonti di ispirazioni? Il mio approccio e percorso è di stampo prevalentemente estetico più che filologico. Quest’ultimo , infatti, è un metodo che poco di presta all’iniziazione all’arte, alla sua didattica; io sono per un rapporto estetico-sentimentale, di ritorno alle emozioni, attraverso l’arte, di ricerca dello stupore originario, che ci permetta realmente di incontrare l’opera e che abbia , inoltre, una successiva ricaduta nel quotidiano, nella nonArte.
Come percepisce la sua professione di pedagogista? In questo proliferare di iniziative e proposte didattico-ludiche intorno all'arte, viene spontaneo rivendicare il ruolo della didattica e pedagogia dell'arte come quello di una presa di posizione, o meglio di una scelta metodologica e scientifica a tutti gli effetti. Insomma, la sensazione è che mancano i maestri e soprattutto sembra ancora necessario ribadire nonsolomunari ancora nel 2003 Si, ma soprattutto c’è ancora bisogno di ribadire la differenza tra Munari e il Munarismo. Il grande limite di questa scuola è che si concentra sul linguaggio e le caratteristiche formali dell’arte. Tutt’altra è la metodologia, da me seguita di natura fenomenologica-ermeneutica dove al centro dell’esperienza sta il rapporto che ognuno istaura con l’oggetto, una relazione quindi inter-soggettiva ma non puramente soggettiva. Solo partendo dalla conoscenza di sé, e questo vale sopratutti per i docenti e gli operatori di domani, si può operare con gli altri. Tra i miei autori di riferimento, primo tra tutti John Dewey e il suo Art as Experience pietra miliare della cultura laboratoriale, e la tradizione francese del Beaubourg e di tutta la fenomenologia francese da Sartre, all’attivismo, all’anti-idealismo. In Italia invece, troviamo ancora oggi decine di cosiddetti esperti di didattica dell’arte che non sanno o non hanno mai usato le mani!
La riforma universitaria come sta cambiando il rapporto Università e mondo dell'Arte? Ancora le Facoltà umanistiche devono digerire realmente la recente la riforma, e soprattutto non possiedono i cosiddetti spazi laboratoriali, imprescindibili nelle Facoltà scientifiche. A volte neanche nei Master sono previste attività produttive e soggettive. La speranza è quella di una, veloce, contaminazione tra le Accademie di Belle Arti, recentemente diventate Corsi d Laurea e le Facoltà umanistiche cosiddette storiche.
Quali sono gli ingredienti principali da miscelare per chi si occupa di pedagogia e didattica dell'arte? E quale il suo consiglio agli studenti e agli operatori che si affacciano o hanno già intrapreso questo viaggio? La ricetta è semplice, per chi è reduce da un percorso universitario consiglierei di frequentare corsi di pittura, scultura etc presso un’Accademia di Belle Arti, per svegliare veramente la mani, sperimentare e farsi un bagaglio di rappresentazioni operative dello svolgersi e della crearsi dell’Arte… Perché l’Arte è Fare! Chi invece proviene da queste esperienze,necessita di approfondire gli studi di estetica e del percorso di riappropriazione dell’arte in chiave personale.
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intervista a cura di annalisa trasatti |