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Intercultura
Le origini del Cous Cous - di Grazia Annibale


Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media inferiore, Alunni scuola media superiore, Formazione permanente
Tipologia: Materiale di studio

Abstract: Mille e mille e mille granelli. Come la sabbia del deserto. Le radici del cous sono li', tra le dune del Nord Africa, del Maghreb, dove da sempre vivono i Berberi, o meglio, come preferiscono essere chiamati, Amazighen – uomini liberi.

Costituivano la popolazione indigena dell'Africa settentrionale. Alle spalle una storia millenaria. Poi vennero gli arabi e fecero proprie anche le tradizioni. Tra queste anche il cous cous. Origine credibile: il piatto, assunto addirittura ad emblema della cucina araba, si fonda in gran parte sulla paziente manipolazione del grano tritato, che è un ingrediente principale di tutte le popolazioni che si sono insediate nelle zone costiere del Mediterraneo e in quelle interne subito vicine.

Ma furono poi gli arabi a diffondere questa pietanza che oggi si consuma anche in Paesi lontani dalla cultura islamica, retaggio di una dominazione avvenuta secoli orsono. E' il caso dell'Italia, con la Sicilia dove il tradizionale piatto è stato contaminato dall'impatto con il gusto locale.

Nel trapanese il tradizionale ingrediente della carne – i Berberi, come tutti i popoli nomadi erano pastori – è stato, infatti, sostituito con il pesce. Ma secondo Pellegrino Artusi, il gastronomo banchiere che nel 1800 canonizzò per primo i piatti della cucina italiana, l'ambito di diffusione del cous cous nel nostro Paese non coinciderebbe con l'area geografica della dominazione araba.

Secondo l'autore della "Scienza in Cucina e l'Arte di Mangiare Bene" furono in realtà le comunità israelitiche, nelle loro peregrinazioni per il mondo, a diffondere la pietanza. Una teoria datata, ma è certo che il cous cous, nella sua versione base, risulta comunque in linea con i principi della cucina ebraica.

Il cous cous oggi è un piatto che si può consumare in tutta la zona del Maghreb – Algeria, Marocco, Tunisia – ma anche in Egitto, in Israele, in Palestina, nello Yemen per arrivare sino al Senegal e alla Costa d'Avorio. Piatto della pace tra i popoli del Mediterraneo lo ha definito Edoardo Raspelli, uno dei guru della cucina in Italia.

L'Occidente si accorse del cous cous alla fine dell'Ottocento, quando famosi letterati proposero a un pubblico amante dell' "esotico" i loro resoconti di viaggio nei Paesi dell'Africa settentrionale. Fra questi ci fu anche Edmondo de Amicis, proprio l'autore di "Cuore". In un suo scritto ricorda il "cous cous" come piatto di principi e di popolo, ovvero come un piatto destinato sia alla cena della gente comune ma anche degna di figurare fra le oltre trenta portate di un sontuoso banchetto offerto da Gran Visir di Fez.

Così il cous cous finisce dai più con l'essere associato a un Oriente sognato, carico di fascino e di mistero. E tale resta sino ad anni recenti sino a quando sulla scia dell'antropologia culturale vengono riscoperte le cucine etniche e il cous cous cessa di essere una curiosità da viaggiatore.

Nei paesi del Maghreb il cous cous viene portato sulle tavole alla sera, una tradizione che trae le sue origini dal fatto che i popoli nomadi consumavamo il pasto la sera, quando si fermavano per la notte sotto la tenda. Ma in Marocco lo si consuma nel primo pomeriggio, a pranzo. La tradizione vuole che
si mangi tutti insieme intorno a un unico piatto utilizzando le mani. Ma attenzione! Una rigida etichetta regola il mangiare con le dita.

Prima di iniziare il pasto a base di cous cous viene sussurrato "Biss’mi Allah", una preghiera di benedizione per la mensa. Come raccomanda poi il Corano, va mangiato con tre dita della mano destra; perché con un dito mangia il diavolo, con due il profeta e con cinque l'ingordo. Per servirsi non si utilizzano posate ma pane non lievitato. Forte è la valenza sociale di questo piatto: si mangia solo insieme alla famiglia o a chi viene considerato parte della comunità.

In Italia ormai è semplice trovare la semola da "incocciare", ovvero da lavorare a mano. Rispetto a quella tunisina è più grossa per la maniera stessa in cui viene tagliata dalle macine dei mulini locali. E proprio attraverso questa semola passa la via dell'integrazione odierna. A Firenze l'associazione Nosotras formata da 35 donne che provengono dal Senegal, dall'Albania, dalla Repubblica Dominicana, dall'America latina hanno organizzato una cooperativa che si occupa di catering. A far la parte del leone è, naturalmente, il cous cous. E nelle mense scolastiche comunali di Milano è servito il cous cous con carne per festeggiare il capodanno islamico. Un modo per far sentire meno lontano dal loro paese i bambini di cultura islamica e non farli crescere senza radici.



http://www.cooker.net/cooker/cooker.nsf/puid/22270DC0A1C26929C1256BB5004D56AC



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