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Storia
Transdisciplinare
"LE SCELTE DIDATTICHE DI CHI INSEGNA STORIA.
di Antonella GEDDA

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti
Tipologia: Programmazione, Progetto, Curriculum

Abstract: LE SCELTE DIDATTICHE DI CHI INSEGNA STORIA.
di Antonella GEDDA

27 ottobre 2004

La discussione sull'insegnamento della storia, avviata da Rolando Dondarini, continua con un intervento di Antonella Gedda, che sposta l'attenzione dai contenuti agli obiettivi didattici.
E questo era, ed è, il primo obiettivo delle Voci: favorire il confronto e la discussione collettiva, proprio quel confronto che i nostri cosiddetti riformatori temono, e quindi evitano con pervicacia.

L'autrice, del Cidi di Grosseto, insegna storia e filosofia nei licei classici; osservazioni e commenti, come sempre, a insegnare@iger.org


di cosa stiamo discutendo
C'è storia e storia, questo mi sembra chiaro. C'è la storia dei disciplinaristi, la storia delle indicazioni della Moratti, la storia dei professori liceali, la storia delle maestre, la storia di chi continua a parlare di curricolo e chi insiste sui programmi… e stando così le cose non è facile venirne a capo.
Siamo in molti a criticare le "Indicazioni Nazionali" sulla storia, suggerite dall'ultimo tentativo di riforma utilizzando criteri di lettura spesso opposti tra loro. Ritengo che sarebbe ora di mettere un po' di ordine per stabilire intorno a cosa dibattiamo, stabilendo dei criteri il più possibile oggettivi.
Stiamo parlando di una disciplina, la storia, "impartita" (bruttissimo termine) a bambini di età compresa tra i sei e gli undici anni, periodo in cui gli alunni si trovano ancora, se pur con livelli diversi, nella fase delle operazioni concrete; stiamo parlando di una scuola primaria che non è reduce, come il professor Rolando Dondarini ricorda, da programmi obsoleti, bensì dai programmi dell'85, sui quali siamo concordi nel dare un giudizio più che positivo.

un alunno da riempire di contenuti
Le "Indicazioni" sono inadeguate perché non tengono conto del ricchissimo dibattito culturale in atto nelle scuole di ogni ordine e grado da qualche decennio, né si preoccupano di considerare i Programmi (scuola elementare 1985, scuola media 1979) e le Indicazioni (scuola dell'Infanzia 1991) che vogliono sostituire.
Tuttavia non credo che il danno più grave provocato alla scuola primaria dalla legge delega 53 del 2003 sia quello di aver tolto la storia medioevale, moderna e contemporanea, quanto quello di imporre un curricolo contenutistico/disciplinare in un ordine di scuola in cui è prematuro parlare di discipline. Il fatto che ciò avvenga attraverso i contenuti della storia antica suggerisce l'ipotesi, ad esempio, che l'alunno sia un vaso da riempire; e che dovendo cominciare da una parte si debba iniziare da ciò che è più lontano. Se le Indicazioni presentassero contenuti di storia medievale, moderna, contemporanea con lo stesso impianto contenutistico/disciplinare sarebbero ugualmente dannose e non adeguate alla scuola primaria.
Seguendo lo stesso ragionamento possiamo serenamente sostenere che per fortuna la storia medievale non viene presentata in questo segmento di percorso scolastico. Cito direttamente dal documento presentato dall'Università di Bologna (tra gli altri, da Mattozzi, Brusa, Detti, De Bernardi): "le Indicazioni ministeriali qui in discussione riducono lo studio della storia antica a una faccenda riservata ai bambini". Il mio parere è che se gli insegnanti di scuola elementare dovessero presentare una storia così come viene proposta dalle "Indicazioni", sarebbe meglio spostare la storia al segmento di studi successivo.
Una delle tante critiche che possiamo rivolgere a queste indicazioni è la mancanza di complessità culturale (pedagogica, psicologica, epistemologico/disciplinare). Nel documento non si tengono in considerazione né le potenzialità di apprendimento, né, come ho già detto, la struttura psicologica propria dell'età (6/11 anni), né quello che è o dovrebbe essere un obiettivo da conseguire, vale a dire "il concetto di tempo storico" (Sintesi del gruppo di lavoro della Commissione De Mauro, 2001). Un discorso a parte andrebbe fatto per la storia locale che, nella prospettiva suggerita, finirà per trasformarsi in banale (e pericoloso) localismo, e dell'assenza di riferimenti alla "world history" (però sono considerate importanti le radici cristiane della civiltà europea…) e dello spazio storico appena accennato.

le proposte alternative già esistenti
Fino ad oggi l'unica proposta seria relativa al curricolo di storia risulta essere quella stilata dalla commissione Berlinguer-De Mauro. L'unica proposta seria perché, con buona pace dei disciplinaristi, dava una risposta scientificamente fondata e capace di rispondere alle domande "perché" , "come", "dove", "quando", relative al fare storia, in questa fascia scolastica. Il dibattito sulla ciclicità dei contenuti può essere superato solo se prescindiamo dai contenuti inseriti in un "tempo lineare" (e i tempi della storia?) e spostiamo l'ottica sul valore formativo della storia e sull'importanza dell'acquisizione di un metodo di ricerca utile alla costruzione della coscienza storica.
Al di là delle provocazioni, ritengo che certamente non si debba confinare lo studio della storia antica solo nella scuola primaria e che il Novecento non debba scadere nella banalità di uno studio affrettato. Inoltre credo che siano state misconosciute le professionalità che da anni operano nella scuola.
Che fare? Si potrebbe, se proprio non vogliamo riaprire la riflessione sulla vecchia proposta De Mauro, tornare a parlare di un curricolo ripetuto due volte (tre è veramente troppo), facendo tesoro dei programmi dell'85.

oltre i contenuti, le modalità didattiche
Sebbene ritenga che il dibattito sui contenuti e sull'interpretazione storiografica proposti nelle Indicazioni debba avere la priorità, non possiamo dimenticarci delle modalità didattiche e delle finalità formative del fare storia.
È auspicabile, quindi, un'attenta lettura della "seconda colonna" delle Indicazioni, quella che corrisponde in modo approssimativo agli Indicatori e dalla quale è facilmente deducibile l'azione didattica (le cosiddette "abilità disciplinari", ndr).
Cito testualmente: (in riferimento al secondo biennio, corrispondente alle attuali quarta e quinta elementare):

"Individuare elementi di contemporaneità, di sviluppo nel tempo e di durata nei quadri storici di civiltà studiati.
Utilizzare testi di mitologia e di epica e qualche semplice fonte documentaria a titolo paradigmatico.
Conoscere ed usare termini specifici del linguaggio disciplinare.
Collocare nello spazio gli eventi, individuando i possibili nessi tra eventi storici e caratteristiche geografiche di un territorio.
Leggere brevi testi peculiari della tradizione culturale della civiltà greca, romana e cristiana con attenzione al modo di rappresentare il rapporto io e gli altri, la funzione della preghiera, il rapporto con la natura.
Scoprire radici storiche antiche classiche e cristiane della realtà locale."

In questa seconda colonna individuo il vero nodo problematico: cosa c'è? Una lettura banalizzata dell'evento storico ridotto a rapporto causa-effetto, un'interpretazione storiografica eurocentrica, un'eccessiva attenzione alle radici cristiane della nostra cultura, il ritorno a una storia centrata sull'evento a discapito della complessità; non trovo parole come potere, economia, condizione sociale… e così via. Potrei dedurre che i greci sono confinati nella lettura di qualche passo dell'Iliade o dell'Odissea, altrimenti dovrei leggere Platone o Aristotele. Non trovo nessun accenno ad approfondire le condizioni di vita di quei popoli…
Il mio è un invito a dibattere su questi punti perché, se spostiamo la nostra attenzione alle indicazioni per la scuola media, cambiano i contenuti ma la famigerata seconda colonna (sono indicatori o vogliono suggerire pesantemente l'azione didattica?) ci lascia comunque dubbiosi. Non è solo un problema di contenuti, mi sembra piuttosto un problema di interpretazione storiografica e di scelta didattica.
Ecco un esempio relativo alla classe III media che bisognerebbe chiarire:
"Usare il passato per rendere comprensibile il presente e comprendere che domande poste dal presente al futuro trovano la loro radice nella conoscenza del passato."
Non potendo fare un confronto diretto con le Indicazioni relative al precedente tentativo di Riforma, prendo come ulteriore spunto di discussione gli obiettivi specifici di apprendimento dell'ambito storico- geografico- sociale relativi alle competenze degli alunni alla fine della scuola di base (vedi la Sintesi dei Gruppi di Lavoro - Riforma Berlinguer-De Mauro) Proviamo a rileggere quelle pagine e a confrontare i percorsi.


e alle superiori?
D'altra parte la scuola primaria è stata trattata con i guanti bianchi rispetto all'utenza dei futuri istituti professionali, che finiranno per licenziare giovani generazioni sempre più ignoranti di un sapere storico- culturale patrimonio di tutti. Ignoranti loro malgrado.

(11 ottobre 2004)

una postilla di non sospetta provenienza, a integrare la discussione in corso:

"le Indicazioni sono state scritte nel chiuso di una commissione, senza alcun dibattito che accompagnasse i lavori di elaborazione; sono state pubblicate su Internet, prima come documento tecnico e poi come allegati al decreto di riforma, e mai inviate alle scuole con la sollecitazione a leggerle e a esprimere giudizi e proposte di miglioramento; molte scuole le hanno trascurate, nella convinzione che la riforma non sarebbe partita quest'anno e che comunque non era obbligatoria la loro adozione; il ministero dell'Istruzione non ha promosso un programma di aggiornamento degli insegnanti sui nuovi obiettivi contenuti nelle Indicazioni"
A scrivere non è un agguerrito collaboratore delle Voci; ma l'asettico periodico della Confindustria - cfr. "Le Indicazioni Nazionali", a cura di Giovanni Scaminaci, in "Il Sole 24 ore Scuola", n. 14, 17-30 settembre 2004, p. 4.

Alcuni stralci delle "Indicazioni" sulla storia, con l'indirizzo web in cui consultare i documenti integrali, sono disponibili in questa sezione delle Voci.
Una breve storia "dall'interno" dei progetti Berlinguer-De Mauro può essere letta nell'intervista allo stesso De Mauro, "La cultura degli italiani", pp. 149-205 (una recensione del libro nelle segnalazioni).
Infine, un intervento interessante: Fabio Fiore, "I nuovi programmi di storia", in "Passato e presente", n. 62, maggio-agosto 2004, pp. 5-12."


http://www.iger.org/insegnare.htm



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