Il razzismo istituzionale
di Fabio Marcelli | 21 febbraio 2012
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Il razzismo istituzionale




 


E’ stato un vigile urbano milanese di nome Alessandro Amigoni, a stroncare la giovane vita del cileno Marcelo Valentino Gomez Cortez. Lui e il suo amico sono scappati perché erano clandestini e non volevano essere identificati col rischio di essere espulsi. Amigoni ha applicato quanto politicanti della Lega e altri razzisti vanno predicando da tempo. Bisogna liberarsi dei “clandestini” in un modo o nell’altro. Ad ogni costo. Anche sparando alle spalle a una persona innocente in fuga. Del resto dopo tanto parlare di cannoniere che dovrebbero bombardare i barconi dei profughi e roba del genere, c’era il rischio concreto che qualcuno prendesse in parola i cattivi maestri. Così purtroppo è successo. Una nuova vittima del razzismo dopo i senegalesi di Firenze.

Inutile negare le pesanti responsabilità istituzionali in materia. Lo Stato italiano condanna a una vita impossibile i “clandestini”, estorce a coloro che si vogliono regolarizzare un vero e proprio pizzo che neanche il “sobrio” Monti ha voluto abolire, costringe a una condizione di negazione dei diritti civili e politici un’intera generazione di figli di immigrati nati in Italia, e viola le stesse disposizioni della sua Costituzione, come l’art. 10, comma 3, secondo il quale “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Il razzismo, del resto, è sempre istituzionale prima che spontaneo. I campi di sterminio nazisti non furono frutto di un’iniziativa della società civile. C’è in Italia una destra razzista che non si ferma a Forza Nuova e Casa Pound e che tira oggi fuori la testa approfittando anche della situazione di crisi economica.

Quanto in particolare all’art.10 e alla mancata attuazione del diritto d’asilo ho ricevuto e pubblico la seguente lettera dei 35 lavoratori precari del Centro di accoglienza richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, i quali rischiano di perdere il lavoro in seguito a un cambiamento di gestione del Centro:

“Il Cara di Castelnuovo di Porto è un centro governativo dipendente dalla Prefettura dove vengono inviati, al fine di espletare le procedure relative all’identificazione e alla richiesta di asilo, coloro che chiedono protezione internazionale allo Stato Italiano. Nasce nel giugno 2008 in seguito all’emergenza Lampedusa. Attualmente accoglie circa 550 persone provenienti da più di 40 paesi. In tre anni e mezzo di attività, gli operatori hanno fornito accoglienza, assistenza legale, supporto psicologico, sociale e medico a quasi 4800 persone.

Il gruppo di lavoro è formato da operatori legali, mediatori culturali, mediatori linguistici, psicologi, assistenti sociali, educatori e medici che hanno contribuito con competenza, senso di responsabilità e passione a ideare e attivare i servizi tutt’ora a disposizione degli ospiti con particolare attenzione a vittime di tortura, vittime di tratta, famiglie e minori.

Accogliere e assistere i richiedenti protezione internazionale è un compito molto complesso e necessita di un’approfondita conoscenza delle istituzioni, enti e associazioni del territorio con le quali si è costruita negli ultimi tre anni e mezzouna solida ed efficace rete strettamente legata ai  professionisti che operano nel Cara. Il territorio della Provincia di Roma inoltre rappresenta un unicum in Italia sia per l’afflusso di migranti sia per la peculiarità delle procedure adottate dalle istituzioni competenti. Agli operatori va inoltre il merito di aver aperto un dialogo con il Comune e la popolazione di Castelnuovo di Porto e con i comuni limitrofi, attraverso un’efficace opera di sensibilizzazione che ha portato la cittadinanza ad avvicinarsi con curiosità e fiducia alle persone che sono accolte nel Cara.

E’ irrazionale che i nuovi gestori non si avvalgano dei servizi già strutturati e di professionalità che si sono sviluppate con riguardo specifico a necessità e bisogni molto peculiari di cui gli ospiti del Cara sono portatori. E’ fondamentale per la tutela degli ospiti non perdere il patrimonio di capacità e di rete creato nel corso degli ultimi anni.

Si ritiene che la Prefettura abbia responsabilità umana, giuridica e politica nel garantire al meglio gli interessi dei richiedenti protezione internazionale ospiti del Cara e dei giovani operatori che hanno investito anni di studio e di esperienza acquisendo tali necessarie competenze. Si richiede dunque alla Prefettura un intervento immediato e incisivo al fine di assicurare il riassorbimento da parte del nuovo gestore dei professionisti già impegnati nel Cara. Tale garanzia si richiede ai fini di una continuità lavorativa degli stessi, indispensabile per una reale tutela di persone costrette a fuggire dai propri paesi di origine con le quali si è intrapreso un percorso di presa in carico che sarebbe dannoso e inopportuno interrompere”.

Condivido questo appello e penso che sia anche ora che il governo italiano si doti di una legge sul diritto d’asilo, consenta l’accesso alla cittadinanza degli immigrati di seconda generazione, elimini gli iniqui balzelli e le altre forme di discriminazione ai danni degli immigrati ed emani una sanatoria generalizzatache consenta ai clandestini di uscire dalla loro disumana condizione di “esseri umani illegali”.  Nessuna tregua ai razzisti. Che dice Monti al riguardo? Che dicono i ministri Cancellieri e Riccardi?

A coloro che sostengono che in fondo si tratti di “questione secondaria” voglio ricordare in conclusione il pensiero di Etienne Balibar: “ogni razzismo è ancorato … nella struttura delle istituzioni e nel rapporto consapevole o inconsapevole degli individui e delle masse con queste istituzioni. Ciò che allora diventa determinante è la contraddizione tra la forma egualitaria e i meccanismi inegualitari delle istituzioni, e prima di tutto, dello Stato, la contraddizione quindi tra la cittadinanza e l’assoggettamento” (prefazione a Le frontiere della democrazia, manifesto libri, 1993). Quindi non si tratta di “buonismo” (sempre meglio del “cattivismo” di qualche idiota), ma di democrazia. Per gli immigrati, per i clandestini e per tutti noi.

 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


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