Dalla parte degli ultimi - GIULIANO BATTISTON INTERVISTA VANDANA SHIVA
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GIULIANO BATTISTON INTERVISTA VANDANA SHIVA
Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 gennaio 2009


Dalla parte degli ultimi


L'ambientalista Vandana Shiva espone le sue tesi.
Dalla connessione tra sostenibilita' ecologica e giustizia sociale, al nesso tra riduzionismo scientifico e rimozione di tutti i limiti etici allo sfruttamento della natura, fino al concetto di 'malsviluppo'


 




I poveri, sostiene Vandana Shiva, non sono coloro che sono "rimasti
indietro" perche' incapaci di giocare le regole del capitalismo, ma quelli
che sono stati esclusi da ogni gioco e a cui e' stato impedito l'accesso
alle proprie risorse da un sistema economico che erode il controllo pubblico
sul patrimonio biologico e culturale. Stare "dalla parte degli ultimi" (come
recita il titolo di un suo recente libro pubblicato dalle Edizioni Slow
Food) non significa dunque dare di piu' a chi ha meno, ma restituire cio'
che e' stato sottratto con la forza di leggi ingiuste, difendere i beni
comuni dall'assalto avanzato dalla globalizzazione neoliberista, impedire la
brevettabilita' delle forme di vita e di conoscenza e costruire una nuova
democrazia ecologica. Una democrazia che difenda la biodiversita' e
riconosca il reciproco condizionamento tra sostenibilita' ecologica e
giustizia sociale.



Abbiamo chiesto a Vandana Shiva, che da decenni continua a rivendicare il
diritto di ogni essere umano a opporsi e resistere - in senso gandhiano -
alle leggi che lo esautorano dei suoi diritti, di rispondere ad alcune
domande sulla sua pratica di scienziata e attivista.


- Giuliano Battiston: Una delle questioni che lei tende a sottolineare con
piu' insistenza e' l'intima connessione tra sostenibilita' ecologica e
giustizia sociale. Come spiegherebbe questa connessione a quanti continuano
a ritenere che si tratta di ambiti del tutto separati e tra loro
impermeabili?

- Vandana Shiva: Per la maggior parte dei poveri la connessione e' evidente,
perche' le risorse naturali ed ecologiche costituiscono la fonte principale
del loro sostentamento, e quando qualcuno se ne appropria indebitamente
questo porta da un lato all'insostenibilita' ecologica e dall'altro
all'ingiustizia sociale ed economica. Mi lasci fare due esempi: se la Coca
Cola estrae giornalmente con i suoi impianti milioni di litri d'acqua di cui
beneficia di solito una certa comunita', cosi' facendo distrugge il sistema
idrico di quella comunita' e allo stesso tempo causa una nuova forma di
ingiustizia sociale ed economica. Oppure prendiamo la questione della terra:
in Bengala, di recente il gruppo Tata ha cercato di appropriarsi della terra
dei contadini, ma la sottomissione agli obiettivi dell'industria
automobilistica di una terra che offre sostentamento a migliaia di persone
non solo toglie fertilita' a quella terra e crea una produttivita'
insostenibile dal punto di vista ecologico, ma determina anche una grave
ingiustizia sociale. Ed e' proprio contro questa ingiustizia che hanno
combattuto, organizzandosi, i contadini del Bengala, impedendo alla Tata di
costruire sulle loro terre. Sono soltanto due tra i numerosi esempi che
dimostrano, tra l'altro, come sostenibilita' ecologica e giustizia sociale
siano connesse alla pace, perche' e' proprio dall'ingiustizia sociale e
dalla crescita della disuguaglianza che trae origine il fondamentalismo.


- Giuliano Battiston: Secondo l'analisi che svolge nel Bene comune della
terra, "la globalizzazione economica si configura come una nuova forma di
'enclosure of the commons', la recinzione delle terre comuni britanniche",
ed e' volta a privatizzare ogni aspetto della nostra vita, dall'acqua che
beviamo alla biodiversita', dal sistema educativo al patrimonio culturale.
Ci puo' spiegare in che modo la globalizzazione e' legata alla recinzione
dei beni comuni dell'Inghilterra del XVI secolo e quali sono le sue attuali
manifestazioni?

- Vandana Shiva: In Inghilterra, con le recinzioni dei beni comuni ci si e'
appropriati delle terre dei contadini trasformandole in terreni per la
produzione di materie prime destinate all'arricchimento della borghesia
emergente e al funzionamento dell'industria tessile. Negli ultimi decenni,
attraverso le leggi sulla proprieta' intellettuale promosse dal Wto e grazie
alle condizioni finanziarie imposte dalla Banca Mondiale con i piani di
aggiustamento strutturale e i processi di privatizzazione sono stati inclusi
nelle recinzioni proprietarie dei beni di nuovo tipo. Quelli ai quali ho
rivolto in particolare la mia attenzione sono le risorse viventi: i sistemi
viventi grazie ai quali il pianeta si mantiene vivo e che sono
indispensabili per soddisfare i nostri bisogni fondamentali sono stati
dichiarati proprieta' intellettuale, come fossero una creazione delle
corporation: oggi e' la vita stessa come bene a venire privatizzata;
inoltre, dal momento che i sistemi viventi si accompagnano a particolari
tipi di sapere e conoscenza, e che dunque specifici sistemi di conoscenza
sono associati a specifiche forme di vita, si cominciano a recintare anche
il sapere e i beni intellettuali. E' ormai evidente che siamo di fronte a un
assalto sferrato verso l'atmosfera cosi' come verso l'aria che respiriamo:
le grandi industrie prima recintano l'aria inquinandola e trattandola come
un oggetto gia' morto e di loro proprieta', e poi, una volta che
l'inquinamento raggiunge un livello da caos climatico, pensano di farne
materia di scambio commerciale. La possibilita' di comprare e vendere quote
di emissioni inquinanti dimostra che tutti gli attori coinvolti nelle
discussioni relative ai protocolli sui cambiamenti climatici credono davvero
che sull'atmosfera si possano esercitare diritti di proprieta'. Quella
compiuta da un manipolo di industrie inquinanti e' solo l'ultima, clamorosa
forma di recinzione dei beni comuni.

- Giuliano Battiston: Lei e' sempre stata molto critica nei confronti del
riduzionismo della scienza meccanicistica figlia della rivoluzione
scientifica. Ci spiega perche' ritiene che il riduzionismo non sia
"semplicemente un incidente epistemologico, ma la risposta ai bisogni di uno
specifico tipo di organizzazione economica e politica", e perche' crede che
la scienza moderna costituisca "una giustificazione etica e gnoseologica
allo sfruttamento delle risorse" comuni?

- Vandana Shiva: Sono molti i modi attraverso i quali l'emergere della
scienza meccanicistica - e della filosofia riduzionista che ne e' alla
base - finisce per integrarsi alla crescita dell'organizzazione economica
che definiamo capitalismo, promuovendone le regole di funzionamento e
favorendone gli interessi. Innanzitutto, l'orientamento riduzionista
consente che vengano rimossi tutti i limiti etici allo sfruttamento della
natura. Nel periodo in cui questa ideologia andava formandosi, gli
scienziati sostenevano che le culture fondate su una visione olistica della
natura e del rapporto tra la natura e l'uomo ne ostacolavano lo
sfruttamento; per questo e' stato necessario un assalto all'idea degli
esseri umani come parte della natura e a quella della natura come organismo
vivente: la natura e' stata uccisa e la terra mater convertita in terra
nullius, una terra vuota, priva di capacita' produttiva e creativa, un mero
amalgama di materie prime. Inoltre, il riduzionismo e la filosofia
meccanicistica permettono di esternalizzare i danni dello sfruttamento: il
riduzionismo prima fa in modo che la vita possa essere sfruttata e
distrutta, e poi, tagliando e sezionando la realta', fa si' che si possano
chiudere gli occhi sulle conseguenze delle nostre azioni. Questo meccanismo
viene adottato anche in altri campi: i sistemi viventi sono sistemi
complessi, altamente differenziati, che si auto-organizzano, ma l'ingegneria
genetica considera le piante come un mero insieme di atomi chiamati geni,
che possono essere sezionati, tagliati e spostati, come pezzi di un "Lego",
senza conseguenze. Ora, se i contadini indiani muoiono a causa dei prodotti
dell'ingegneria genetica, il riduzionismo permettera' di negare che le cause
siano da attribuirsi alla tecnologia in se', attribuendole ad altri fattori.
Il riduzionismo, poi, opera come una vera e propria ideologia perche' si
presenta come l'unica scienza degna di questo nome, assoggettando a se'
tutti gli altri sistemi di conoscenza (che sono altrettanto, se non piu'
complessi), oppure negando che si tratti di vera scienza.

- Giuliano Battiston: La degradazione della natura, il passaggio forzato da
terra mater a terra nullius e' stato condotto anche attraverso quel processo
che in Sopravvivere allo sviluppo lei ha illustrato introducendo il termine
di "malsviluppo", con il quale indica "un modo di conoscenza mascolino", "un
modello di sviluppo patriarcale". Ci spiega in che modo "il 'malsviluppo'
confina le donne alla passivita'"?

- Vandana Shiva: Ho adottato il termine "malsviluppo" per indicare uno
sviluppo deforme, un malfunzionamento del sistema, e per tracciarne il
legame con un approccio patriarcale, che combina la dominazione sulle donne
a quella del capitale sulla natura e sugli individui. Il "malsviluppo"
confina le donne nella passivita' innanzitutto trattando la loro conoscenza
come se non esistesse. Negli ultimi trentacinque anni ho lavorato con
tantissime donne e mi sono sempre piu' convinta che siano loro "i veri
esperti", le uniche in grado di conoscere il funzionamento di un sistema e i
modi per proteggerlo, e che il mondo sia in gran parte "prodotto" dalle
donne. Cio' nonostante, il sistema di pensiero riduzionista e
l'organizzazione economica capitalista hanno escluso o sottostimato i
contributi delle donne inducendoci a credere che il lavoro, fondamentale, di
"mantenere la vita" non sia un vero e proprio lavoro, perche' "non
produttivo". Secondo quel sistema di pensiero infatti una donna che mantiene
la propria famiglia non produce nulla, e una comunita' che soddisfa tutti i
propri bisogni alimentari ma non vende o compra alimenti non produce cibo e
non contribuisce alla "crescita" e allo "sviluppo". L'adozione di questo
criterio di misura ha portato al "malsviluppo" e con esso alla distruzione
della natura, allo sfruttamento del "capitale naturale", e, insieme alla
negazione dei bisogni fondamentali, la crescita della poverta'.

- Giuliano Battiston: Secondo la sua analisi, dovremmo abbandonare l'attuale
economia suicida e promuovere un atteggiamento culturale che esprima "un
radicamento profondo alla terra e alle specificita' del luogo in cui si
origina, ma anche un sentimento di solidarieta' per tutto il genere umano,
una coscienza universale". Qualcuno potrebbe osservare che, nella pratica,
si tratta di obiettivi opposti, perche' l'ancoraggio alla specificita'
contraddice il richiamo alla solidarieta' universale. Come risponderebbe a
questa obiezione?

- Vandana Shiva: Risponderei che e' molto semplice, direi inevitabile,
conciliare le due dimensioni: abitiamo tutti su un unico pianeta, e questo
significa che la "terra" e' la stessa, ma allo stesso tempo ognuno proviene
da un luogo particolare, da un "terreno" specifico. E' un'eredita' della
filosofia riduzionista l'idea che si diano opposizioni del tipo "questo
oppure quello". Per quanto mi riguarda, la mia formazione nella teoria dei
quanti, che esclude l'idea che ci siano elementi incompatibili e
reciprocamente alternativi in favore di una concezione basato sulla
congiunzione "e", mi porta a credere di poter disporre di un'identita'
profondamente locale, radicata nella valle dell'Himalaya dove sono nata e
cresciuta, e insieme completamente planetaria, e che queste due forme di
identita' si tengano insieme senza contraddizioni. Anche i recenti attentati
terroristici di Mumbai sono frutto dell'erosione delle forme di identita'
multiple a cui mi riferisco. Coloro che sono vulnerabili e "disponibili" a
essere arruolati, pagati o sfruttati dagli estremisti di turno per compiere
azioni di terrorismo sono quelli che sono stati allontanati a forza dalla
loro terra, che sono stati resi superflui ed "eccedenti" rispetto alle
proprie societa'; oppure quelli che vengono mobilitati e reclutati
attraverso la costruzione fittizia di identita' che si escludono a vicenda
sulla base dell'opposizione "o questo o quello". In realta', non si da' mai
solo "o questo o quello", ma sempre un "questo e quello": riusciremo a
svincolarci dall'eredita' delle identita' incompatibili solo coltivando la
nostra responsabilita' verso il luogo particolare da cui proveniamo e
insieme la consapevolezza che siamo parte di un'umanita' comune, che
condivide lo stesso pianeta.



 Tra i suoi titoli l'ultimo e' L'India spezzata
Nata a Dehra Dun, alle pendici dell'Himalaya, nel 1952, formatasi con la
teoria dei quanti, nel 1982 Vandana Shiva ha fondato la Research Foundation
for Science, Technology and Natural Resource Policy e nel '91 ha dato vita
al movimento Navdanya (Nove semi), che protegge la biodiversita'. Premiata
nel '93 con il Right Livelihood Award, Shiva e' autrice di molti libri. Tra
quelli tradotti: Monoculture della mente (Bollati Boringhieri 1995), Vacche
sacre e mucche pazze (DeriveApprodi 2001), Il mondo sotto brevetto
(Feltrinelli 2002), Terra madre (Utet 2002), Le guerre dell'acqua
(Feltrinelli 2003). Gli ultimi libri usciti sono Dalla parte degli ultimi
(Slow Food) e India spezzata (Il Saggiatore), in cui ricorda che il miracolo
economico della "shining India" riguarda il 5% del paese ed "e' costruito
sull'esclusione e lo sfruttamento del 95% dell'India".


 


Fonte:  "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 152 del 9 gennaio 2009


Vedi anche: Vandana Shiva - Wikipedia



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