Valentine: "Tre esami alla laurea, vendo calzini per mantenermi"
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Valentine: "Tre esami alla laurea, vendo calzini per mantenermi"


di Manjola Golashi




Capita spesso nella vita di associare una persona ad un posto ben definito. La vediamo lì, nello stesso luogo, ogni volta che passiamo, nella routine della vita di tutti i giorni, e senza che ci rendiamo conto, è diventata parte inseparabile di quel posto. A volte è l’edicolante sotto casa, che sa quale giornale leggiamo e lo prepara ancora prima del nostro arrivo. Altre volte è il barista del bar preferito, quello che non deve nemmeno chiederci se a colazione preferiamo il caffé o il cappuccino, perché sa anche se lo prendiamo nero, o macchiato, con il latte freddo o caldo, con la schiuma o senza.

Davanti al supermercato
Valentine è proprio una di queste persone, ma non vende riviste e non prepara cappuccini. Lo trovi sempre davanti all’ingresso di un supermercato della zona Talenti, a Roma. Con la pioggia e il bel tempo, soffrendo il freddo d’inverno e nelle ore più calde del giorno in estate, Valentine è sempre lì. Lo stesso carrello pieno di strofinacci, calzini, biancheria intima da uomo e tappetini da vendere, il sorriso e gli occhi che gli si illuminano ogni volta che vede qualcuno che conosce. Il saluto e la battuta immancabile, la simpatia innata e la gioia di vivere nelle vene, Valentine è diventato parte integrante del parcheggio e dello spazio davanti al supermercato. Conosce tutti, lo salutano tutti, sanno come si chiama e si interessano alla sua vita, alla salute. Lo si vede scherzare con una signora anziana, mentre le fa i complimenti per come è ringiovanita e le dice che ora è lei la sua fidanzata preferita, mentre la signora ridendo respinge le “avance”, o scambiarsi battute di spirito con i cassieri quando perde o vince la Roma. A volte fa anche da “piccione viaggiatore”, da messaggero tra le persone. E capita così di sentire le persone rivolgersi a lui dicendo: “…senti Vale, hai visto arrivare mia madre per caso? Se dovesse uscire prima di me, le dici di aspettarmi, per favore?”.

Alla London University
Valentine Kwunne è nigeriano, del Biafra, e ha trent’anni. Da tre anni vive a Roma, vende “la sua roba” davanti al supermercato e studia ingegneria elettronica, a distanza, tramite internet, al London University. Figlio di un medico e di una insegnante, incredibile a dirsi, è andato a vivere da solo all’età di nove anni. “No, non ero tanto piccolo. – obietta – In Nigeria la gente cresce prima. A me non piace dipendere da nessuno. Allora sono andato a vivere in una casa in affitto con degli amici. Come vivevo? Andavo a scuola e facevo affari. Compravo le cose nei grandi magazzini, poi tornavo nel mio quartiere e le vendevo alla gente che abitava lì. Nel mio quartiere mi conoscevano tutti e la gente ha l’abitudine di comprare tutto quello che hai da vendere. E poi, spesso, mi chiamavano per aggiustare delle cose a casa. Io riparavo e loro mi pagavano. Non guadagnavo tanto, ma mi bastava per vivere.”

Quando si diploma, all’età di 19 anni, comincia il suo viaggio per il mondo. “Io non potevo stare in Nigeria – continua – mi piace molto viaggiare, sentirmi libero. E poi nel mio paese, anche se mi fossi laureato e fossi riuscito a trovare un lavoro, avrei guadagnato, diciamo, 80 Euro al mese!?! Bastano giusto per mangiare e pagare l’affitto. Non puoi “mettere da parte” nulla con così poco, tanto meno pensare a sposarti e creare una famiglia. E allora sono partito”.

In viaggio
La ricerca di un futuro migliore per Valentine inizia in Asia, nella Corea del Sud, dove per otto mesi lavora in una fabbrica di scarpe e in un’altra di materiale elettronico. Guadagnava mille dollari al mese, faticando per 14 ore al giorno e non gli piaceva stare perché, dice, “ la gente era troppo razzista. Loro sapevano che chi non aveva i documenti non poteva ribellarsi, non poteva pretendere lo stesso stipendio dei lavoratori coreani e allora ti sfruttavano e ti trattavano male”. Dopo la Corea del Sud, prova la sorte a Singapore, ma non riesce a trovare lavoro. Ritorna nel suo paese e dopo qualche mese riparte per la Malesia. Anche lì si imbatte nella grande disoccupazione e l’unica cosa che ricorda con piacere è la bontà d’animo delle persone: “Le persone in Malesia sono umane, come in Italia – continua a raccontare – Perché quando vedono gli stranieri, giustamente, pensano che se vanno là è perché non stanno bene nel loro paese. Se possono aiutarti, lo fanno. Se hanno un lavoro da darti, ti fanno lavorare.” Poi vede e vive la povertà e la miseria di Bombei, prima di andare a Bangkok, dove si imbatte di nuovo nella disoccupazione e, dove, l’unica prospettiva che gli si apre è il commercio di droga. Ma non ci sta Valentine a fare quella vita e riparte di nuovo, questa volta in direzione dell’Europa.

In giro per l’Europa
Prima tappa la Germania dove ha vissuto per tre mesi, ospite da amici. Essendo clandestino, però, non poteva lavorare e non poteva nemmeno uscire di casa, per paura che lo fermasse la polizia. Racconta, ridendo, che i suoi amici gli avevano suggerito un unico modo per vivere in regola in Germania: sposare una donna tedesca. “Ma a me non piace sposarmi così – racconta divertito – Non è che non mi piacevano le ragazze tedesche, sono belle. Ma dovevo sposarmi con una donna più grande di mia madre. E a me non piace fare queste cose, sfruttare le persone. Allora sono andato via”. Dalla Germania arriva ad Amsterdam, dove passa altri due mesi e poi va a Vienna. Riscontra anche là gli stessi problemi che aveva avuto in Germania. Senza permesso nessuno lo faceva lavorare. Gli amici che lo ospitavano vivevano con il commercio di droga, ma lui non voleva fare quella vita. “Avevo paura di finire in prigione, mentre la mia famiglia sapeva che stavo in Europa a lavorare onestamente. E ho deciso che non faceva per me quella vita. Io non sono fatto per certe cose”. Lasciata Vienna è la volta di Parigi. Ma la storia continua a ripetersi nello stesso modo, quasi fosse la trama di un film che ogni volta si ripete con la scenografia di una capitale diversa. Grande disoccupazione, un grande numero di stranieri, e impossibilità di trovare un lavoro onesto. In Francia si ferma per poco tempo prima di decidere di venire in Italia.

Italia, un altro mondo
“In Italia ho visto tutto un altro mondo” dice con il suo inseparabile sorriso. “Qui puoi vivere tranquillamente anche se non hai i documenti in regola. Nessuno ti ferma, nessuno ti dice niente. E poi mi piace la gente in Italia. Gli italiani sono simpatici, gentili, sempre disponibili e anche molto umani. E’ per questo che mi sono fermato in questo paese. In tre anni che vivo a Roma non mi è mai capitato un episodio di razzismo, o un’offesa per il colore della mia pelle o la mia provenienza. All’inizio ero ospite di un amico, sempre qui a Roma. Ho cominciato subito a girare per le strade della città con la borsa piena di calze, strofinacci, tovaglie e le vendevo alla gente che incontravo per strada. Poi un giorno sono capitato davanti a questo supermercato e ho visto che c’era un via vai continuo di persone. Allora ho pensato che era inutile andare in giro, bastava stare qui davanti, e avrei venduto lo stesso. Da allora sono quasi tre anni che tutti i giorni sto qui. Vendo le stesse cose, non do fastidio al supermercato, anzi, loro mi vogliono tutti bene. Mi fanno anche lasciare il carrello con la mia roba dentro al supermercato quando vado via la sera, così non devo riportarmi tutto a casa.”

La giornata di Valentine
Ora Valentine vive a Tor Vergata, periferia di Roma, in una casa che divide con un amico e in due pagano 700 Euro di affitto. Ma non si lamenta e precisa che ci sono suoi amici che pagano la stessa cifra per l’affitto di una sola stanza a Roma. Ringrazia Dio perché gli affari non gli vanno male. Ci sono giorni in cui riesce a guadagnare anche cinquanta, ottanta e a volte cento euro al giorno. Riesce a pagare l’affitto, le bollette di casa, ultimamente sempre più pesanti, e a risparmiare qualche soldo da mandare ai suoi familiari in Nigeria. Tutte le mattine arriva in motorino fino a Talenti e lavora dalle 9 del mattino fino alla chiusura del supermercato, alle 20.00. Poi ritorna a casa e si mette sui libri, a studiare. Sabato sera prende il treno e va a Sezze Romano, in una scuola serale, con una biblioteca, dove lui va a studiare. A casa sua, dice, c’è sempre un via vai di amici e lui preferisce andare a studiare lì, per concentrarsi meglio. I custodi sono diventati suoi amici e gli permettono di fermarsi fino a notte tarda. Il resto della notte lo passa pregando in una chiesa vicina. La mattina della domenica torna a studiare fino alle prime ore del pomeriggio. Una volta tornato a Roma, deve provvedere a quelli che sono i compiti casalinghi di un uomo single: cucinare, pulire la casa, lavare i vestiti. E il lunedì si ricomincia.

Tre esami al traguardo
Una vita di sacrifici, tanta buona volontà e sogni per il futuro. Perché Vale, come lo chiamano tutti, non vuole passare la vita a vendere calzini, Gli mancano solo tre esami al traguardo della laurea in ingegneria elettronica. E’ iscritto al London University di Londra, dove ha la possibilità di frequentare a distanza. Basta studiare da soli, prenotare gli esami tramite internet e poi andare a Londra per sostenerli. Ma gli ultimi esami che ha fatto risalgono a tre anni fa, a prima di arrivare a Roma. Senza il permesso di soggiorno non può uscire dall’Italia, rischia di non rientrare più. Nel 2002 un amico italiano gli ha fatto un contratto di lavoro come badante, ma il permesso non è ancora pronto. “Sono tre anni che aspetto – dice – e ho messo tutto in mano a un avvocato, per vedere come mai non mi danno il permesso. Ma non è solo un problema mio. Tanti extracomunitari si trovano in questa situazione. E allora non resta che aspettare. Spero solo che me lo diano al più presto, così posso laurearmi. E poi mi manca molto la mia famiglia. Sono quattro anni che non vedo i miei genitori”.

Una vita normale
Sogni? Sembra strano, ma dopo aver raccontato tutta la sua vita, inizialmente appare restio a parlare proprio dei suoi sogni. E’ quasi imbarazzato a rivelare i progetti futuri, ma bastano poche battute per farlo sciogliere in una grassa risata e raccontare come vede la sua vita fra pochi anni. La laurea, il matrimonio, il lavoro in Canada, i figli e una vita tranquilla. “Non è niente di straordinario – dice con un pizzico di timidezza negli occhi. – Ma è quello che voglio. L’avvocato mi ha detto che molto probabilmente il prossimo mese riuscirò ad avere questo benedetto permesso di soggiorno. Così, penso che per la fine di questo anno mi sarò laureato. A gennaio del 2006 tornerò nel mio paese e mi sposerò con la mia fidanzata che ora studia a Londra. Poi ho intenzione di andare a lavorare in Canada. Con una laurea inglese non sarà difficile trovare un lavoro là. Ho diversi amici che hanno fatto così. E poi voglio avere tre figli, lavorare, tornare a casa e stare con la mia famiglia. Nient’altro, solo una vita tranquilla”.

Mentre ci salutiamo, una coppia che esce dal supermercato si ferma a comprare una tovaglia. Tra una spiritosaggine e l’altra, il futuro ingegnere riesce a vendergli anche due paia di calze. Poi li accompagna fino alla macchina e li aiuta a scaricare la spesa. Comincia a piovere e corre a ripararsi nel suo angolo, sotto la tettoia, aspettando che un foglio di carta, il permesso di soggiorno, gli renda la libertà di realizzare i suoi sogni.


(29 marzo 2005 - ore 11.05)


http://www.ilpassaporto.kataweb.it/dettaglio.jsp?id=25960&s=0



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