Quale immagine i media ci restituiscono dello ''straniero''?
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Quale immagine i media ci restituiscono dello straniero?


L'autorappresentazione locale dell'immigrato è utile al fine di una corretta copertura mediatica


di Federica Buccelli



"Comunicando", festival della comunicazione interculturale, che si è tenuto il 25 febbraio al teatro Antoniano, è stato un’occasione di dibattito fra esperti del settore della comunicazione interculturale ed il pubblico, sul tema del trattamento mediatico del fenomeno immigrazione. Spesso i media parlano dell’immigrazione per episodicità, non hanno continuità e considerano gli immigrati come oggetti e non come soggetti attivi; la possibilità di autorappresentarsi, invece, all’interno dei mezzi di comunicazione di massa, al livello locale, sarebbe la giusta via per avere una visione più completa dei loro mondi, perché l’immigrazione non può essere considerata come cosa unica.







L’immigrazione è un processo graduale, non episodico, o confinabile all’interno dei soli flussi immigratori estivi, che puntualmente tornano alla ribalta nelle tv; in Italia ci sono all’incirca 2.800.000 immigrati ma la realtà che i media poi restituiscono, a noi cittadini, dello straniero non è poi così articolata come la complessità del fenomeno richiederebbe. Anna Meli, responsabile settore Multiculturalità nei media del Cospe di Firenze, ci spiega che la loro attività nasce dall’esigenza di abbattere luoghi comuni e stereotipi sociali prodotti dagli organi di informazione. I media sono fondamentali per conoscere l’immigrazione, ed è per questo che l’azione di monitoraggio è utile per capire come cambiare la copertura mediatica. I soli fatti di cronaca sono sufficienti a dare visibilità ma inadatti a far conoscere.


Dall’analisi di una mappatura di iniziative, operata dal Cospe, emerge una realtà vivace a livello locale: le realtà televisive sono limitate ma in aumento, sono le radio soprattutto le promotrici di trasmissione di programmi sull’immigrazione. A Roma, per esempio, Radio Città Aperta è stata la prima a concedere spazi a comunità di immigrati. Migra, invece, è un’agenzia on line nata nell’ambito di un progetto europeo Equal, dedicato a "L' immmagine dell’immigrato in Italia, nei media, nella società civile, nel mondo del lavoro": un progetto che ha visto riuniti 22 partner in tutta Italia, coordinati da tre capofila, l’Oim, la Caritas diocesana di Roma e l'Archivio dell'immigrazione. Questa agenzia vuole proporre un’informazione dalla parte degli immigrati, ma non solo in senso ideologico, perché gli immigrati in questo caso sono operatoratori dell’informazione e non oggetti. Il palestinese Taysir Hasan e la cilena Paula Baudet Vivanco sono giovani giornalisti immigrati della redazione dell'agenzia, i quali durante la serata hanno messo in evidenza, in relazione al loro lavoro, le motivazioni, le difficoltà e le prospettive che un immigrato deve fronteggiare quando decide di fare il comunicatore professionista. L’iscrizione degli immigrati all’Albo dei Giornalisti, ad esempio, resta un problema ancora irrisolto: ci sono elenchi speciali vicini all’Ordine ma non è chiaro, per ogni ordine regionale, come accedervi. Paula, cittadina cilena con accento romano, lavora nel mondo della comunicazione da quattro anni ma non può ancora legalmente considerarsi giornalista. Inoltre il giornalista straniero che lavora nelle testate nazionali spesso è costretto ad autocensurarsi, secondo il parere del giovane giornalista di Migra. Tutte le iniziative locali, quindi, andrebbero fortemente sostenute perché possono far intravedere la strada per una corretta informazione, strategica per creare un rapporto fra entità culturali diverse che cercano di incontrarsi. Il concetto di straniero non è strettamente connesso all’immigrato, siamo tutti oggetti a rischio di emarginazione oggi: tutti noi possiamo diventare stranieri per un giorno per una qualsiasi ragione secondo l’opinione di Massimo Girelli, giornalista con una lunga e comprovata esperienza nel campo della comunicazione interculturale. Il binomio straniero-immigrato, quindi, non sarebbe un giusto punto di partenza per una corretta convivenza.


http://www.bandieragialla.it/articolo/1696.html



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