Eurispes: Italia impoverita e ostaggio della politica
Luigina D'Emilio
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Eurispes: Italia impoverita e ostaggio della politica


Luigina D'Emilio




«L'Italia è ostaggio della politica che non è in sintonia con le attese e le vocazioni del paese. Una politica che non riesce a darsi un progetto e a venire incontro alle aspettative degli italiani, rischiando prima o poi di essere spazzata indietro».

È il giudizio severo del presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, che in occasione della presentazione del Rapporto Italia 2008, paragona la politica e l’Italia ad una coppia di separati in casa. Una metafora che mette in evidenza il solco sempre più profondo tra due partner che pur avendo esaurito il rapporto decidono di continuare a convivere sotto lo stesso tetto.

Insomma, spiega l’Eurispes, la coppia Governo-Paese ha prodotto un’interessante novità: quella di un Governo senza Paese e di un Paese senza Governo. Potrebbe sembrare un gioco di parole e invece è solo la fotografia di un’Italia sempre più sfiduciata che vede aumentare di giorno in giorno la lontananza tra cittadini e classe politica.

A peggiorare le cose spiegano i ricercatori, un’ altra certezza, il nostro sistema economico e produttivo che da solo, né oggi, né in futuro sarà in grado di far ripartire il Paese. Secondo Fara, infatti, è necessario l’intervento della mano pubblica per ripartire.


La terza settimana
Rimettere in moto l’Italia, si legge nel documento, è fondamentale per superare tutti i solchi che ormai contraddistinguono in maniera negativa il nostro Paese. E allora come non prestare attenzione ai 5 milioni di famiglie a rischio povertà. Non si parla più di quarta settimana del mese, spiega l’Eurispes ma già alla terza gli italiani no ce la fanno più e sono costretti a fare i conti con una difficile situazione economica e la precarietà socio-esistenziale caratterizzata, secondo le stime prodotte negli ultimi anni dall’Eurispes da una crescita complessiva dell’inflazione del 23,7% (nel periodo 2001-2005) e con la perdita di potere d’acquisto della retribuzione pari al 20,4% per gli impiegati e al 14,1% per gli operai. Non è un caso quindi se, rispetto alle rilevazioni fatte lo scorso anno dall’istituto di ricerca, gli italiani sono sempre più pessimisti: il 69,5% nel 2008 contro il 51,9% nel 2007, con un incremento di ben 17 punti percentuali, esprime, infatti, pareri negativi rispetto al quadro economico nazionale.

Una situazione in caduta libera, quella delle famiglie italiane che registrano segnali di peggioramento economico del proprio nucleo familiare (32,2%), solo poco più di un terzo riesce ad arrivare alla fine del mese. Il dato assume toni ancora più allarmanti se paragonato a quello del 2006 e del 2007 quando la percentuale era pari rispettivamente al 56,4% e 51,6%. Per il 47,7% il quadro economico è destinato a peggiorare: si tratta del sentimento di pessimismo più alto mai registrato dai sondaggi dell'Eurispes negli ultimi 6 anni.



Il sommerso
Eppure per tante famiglie tirare la cinghia non basta e allora scatta il secondo lavoro, rigorosamente in nero. Gli italiani, scrive l'Eurispes, sono stakanovisti per sopravvivere:« il sommerso nel nostro Paese va ad integrare i redditi nelle famiglie». Come? Secondo le stime dell'Istituto l'economia sommersa ha generato nel 2007 almeno 549 miliardi di euro, una cifra equivalente alla somma del Pil di Finlandia (177mld), Portogallo (162mld), Romania (117mld) e Ungheria (102mld) messi insieme. L'Eurispes stima 6 milioni di doppio lavoristi tra i dipendenti che producono annualmente circa 91 miliardi di euro di sommerso. È evidente quindi come il reddito delle famiglie viene integrato ogni mese con 1330 euro in nero necessari per far quadrare i conti.



Economia criminale
Ma anche un altro sistema produttivo produce un giro d’affari pari 175 miliardi di euro, è quello dell’economia criminale che, si legge nel documento, assieme al sommerso rappresenta in Italia un stato nello stato: basta semplicemente sommare il valore prodotto dall’economia sommersa e quello relativo all’economia criminale per arrivare a segnalare un’economia parallela nel nostro Paese che genera un Pil in nero pari a 724.676.250.000, quasi la metà di quello prodotto ufficialmente.E allora c’è un fenomeno che prende sempre più piede quello del credito al consumo: un italiano su quattro si indebita per mantenere lo stesso livello di consumi: il 78,8% vi ha fatto ricorso una o due volte nell’arco degli ultimi dodici mesi. L'ammontare del credito al consumo nel primo semestre 2007 è aumentato del 17,6 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente ed è pari 1495 euro pro capite. Gli italiani si indebitano soprattutto per acquistare elettrodomestici (22,2 per cento) e automobili (19,6 per cento) ma anche per cure mediche (5,1 per cento), vestiario e calzature (4,1 per cento), viaggi e vacanze (2,3 per cento) e materiali o libri per la scuola (0,9 per cento).


I precari bamboccioni


I dati presentati nel rapporto non fanno che confermare l'impressione diffusa di una società statica e scarsamente meritocratica, dove chi gode di posizioni di privilegio cerca in ogni modo di difendere quella percezione sociale che spesso viene percepita come un diritto d'acquisto. Ma sono ancora tanti, tra flessibilità e precarietà i lavoratori parasubordinati con almeno un contratto l'anno. Il numero è pari a un milione e mezzo: per oltre il 70% in condizioni di collaborazione esclusiva con una singola impresa e per il 65% svolgono lavori atipici con un reddito medio imponibile di 8.334 euro l'anno e la loro età non supera i 37 anni. Per i collaboratori a progetto il reddito scende nella maggior parte dei casi sotto i 5.000 euro annui. Questo produce invetiabilmente spiega il rapporto una classe di bamboccioni che in Italia sono più di 7 milioni, in particolare maschi: i giovani tra i 18 e i 34 anni che nel 2006 vivevano ancora insieme ad un genitore raggiungevano i 7 milioni e 368 mila. Questo è vero soprattutto per i 25-29enni: il 59,1 per cento dei giovani inclusi in questa fascia d'età vive ancora in famiglia e sono, soprattutto, uomini. Ma i dati sull'occupazione spiegano l'attaccamento dei ragazzi italiani alle famiglie: solo il 40 per cento dei 20-25enni ha un lavoro, contro il 60 per cento del resto d'Europa.


Working poor, lavoratori poveri


Sono quelli che secondo l'Eurispes pur avendo una occupazione professionale, hanno un tenore di vita molto vicino a quello di un disoccupato, una nuova categoria che viene identificata in un contesto in cui oltre 20 milioni di lavoratori sono sottopagati. Nel 2004 e nel 2005 le retribuzioni nette dei lavoratori italiani sono state superiori solo a quelle greche ed appena inferiori a quelle dei colleghi spagnoli, mentre dal 2006 l'Italia è superiore solo al Portogallo. Una situazione che fa riflettere in un Paese come il nostro dove i salari sono inferiori del 10% rispetto alla Germania, del 20% rispetto al Regno Unito e del 25% rispetto alla Francia. Prendendo in considerazione il periodo 2000-2005, mentre si è registrata una crescita media del salario a livello europeo del 18 per cento, nel nostro Paese i lavoratori dell'industria e dei servizi (con esclusione della Pubblica Amministrazione) hanno visto la propria busta paga crescere solo del 13,7%.


Il problema giustizia: un percorso ad ostacoli


Ci si scontra con la durata, spesso interminabile dei processi, scrive l'Eurispes che frustra le pretese di legalità dei cittadini, senza considerare le carceri sempre più piene definite dai ricercatori una vera discarica sociale. Le cifre, infatti, sono sbalorditive: al 31 dicembre 1990 i detenuti erano 25.000, al 31 luglio 2006 avevano raggiunto il numero di 63.000. Gli italiani percepiscono il carcere come delle porte girevoli per il flusso in entrata ed uscita che mette in discussione la certezza della pena e, infatti, il timore più diffuso quello di subire un furto nella propria abitazione (38,3%). E allora per 4,8 milioni di italiani, pari all'8,4% della popolazione, è necessario difendersi tenendo un'arma da fuoco in casa.


http://www.unita.it/view.asp?idContent=72388



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