Lettera aperta a Tariq Ramadan
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Lettera aperta a Tariq Ramadan


Torino, 6 Febbraio 2008


Caro Tariq Ramadan,


Lei lo scorso anno è stato ospite della Fiera del libro di Torino, dove ha tenuto un intervento che abbiamo seguito con interesse. Ha potuto dunque vedere con i suoi occhi come la Fiera sia un luogo d’incontro, in cui è possibile confrontare idee, posizioni, esperienze diverse. Le polemiche che spesso accompagnano il Suo lavoro non hanno certo alterato il clima civile in cui l’incontro si è svolto, immaginiamo con Sua soddisfazione.


Ogni anno la Fiera ospita un Paese che viene a Torino a presentare la propria cultura. Quest’anno tocca a Israele. L’Egitto, con cui abbiamo avviato cordiali relazioni, era inizialmente previsto per il 2008, ma poi di comune accordo la partecipazione è stata spostata al 2009 soltanto perché in quell’anno si terranno a Torino importanti mostre archeologiche, e dunque i vari eventi possono rafforzarsi l’un l’altro, in una sorta di anno dedicato all’Egitto.


Invitare Israele significa invitare i suoi scrittori, scienziati, musicisti, artisti, registi: non altro. Tutte personalità indipendenti, non asservite ad alcuna istituzione o governo, ma anzi spesso voci critiche, e aspramente critiche. Immaginiamo che Lei conosca e apprezzi quelle personalità, che onorano la cultura mondiale, non soltanto quella israeliana, e che con tanta apertura e passione civile si misurano con il tema della comprensione dell’altro come momento fondamentale della vita contemporanea. Possiamo confermare ancora una volta che la partecipazione di Israele avrà un carattere rigorosamente culturale, quindi non politico, non propagandistico e non celebrativo.


Il vero ospite d’onore è dunque la libera cultura d’Israele, perché sulla cultura, e non su altro, si misura l’onore di un Paese. La stessa ricorrenza del sessantesimo anniversario della fondazione dello Stato sarà l’occasione per ripercorrere criticamente una storia complessa e tormentata. Nei vent’anni di storia della Fiera, non è mai stato nostro intento celebrare qualcosa o qualcuno, ma cercare di capire, di saperne di più, attraverso la riflessione, l’analisi, l’apporto di voci diverse; e molte sono state le personalità arabe e palestinesi che abbiamo ospitato a Torino.


Sarà così anche quest’anno, e ci riesce incomprensibile la posizione di alcuni scrittori arabi, i quali hanno rifiutato l’invito a partecipare alla Fiera 2008 e invitato al boicottaggio della manifestazione. Ci riesce parimenti incomprensibile la posizione del poeta israeliano Aaron Shabtai, il quale non vuole partecipare al Salon du livre di Parigi perché convinto che la sua presenza suonerebbe come un avallo della politica del suo governo. Ci sfugge il nesso tra politica e cultura, quando è così rozzamente delineato. Le ragioni della letteratura e quelle della politica sono sempre state profondamente diverse e spesso radicalmente opposte. La politica pensa al "qui e ora", la letteratura parla agli uomini di tutti i tempi e di tutti i Paesi. Affratella e non divide.


Lei parla di "silenzio complice della scena internazionale" sui fatti del Medio Oriente, ma ci vogliamo tanto poco associare a quel silenzio da mettere a disposizione proprio uno spazio in cui le opinioni si possano confrontare liberamente. Vogliamo aprire, non chiudere, censurare, nascondere. Per noi è perfino umiliante essere costretti a ripetere dei concetti tanto ovvii.


Non abbiamo difficoltà ad ammettere che nostra conoscenza di questi sessant’anni così tormentati è parziale e lacunosa. Non pensa che la Fiera 2008 potrebbe proprio essere l’occasione per una conoscenza più approfondita? Che la partecipazione e il dialogo siano meglio del silenzio, del muro contro muro? E che compito specifico degli intellettuali sia proprio quello di costruire dei ponti, di tenere aperto il discorso? Come possono degli scrittori rifiutarsi di discutere con altri scrittori da cui sono divisi soltanto da questioni di passaporto?


Caro Tariq Ramadan, noi confidiamo che la voce della ragione possa prevalere anche in questi momenti così difficili, e ci auguriamo che il largo seguito di cui Lei gode possa servire a ristabilire un clima migliore e contribuire a fare della Fiera del libro di Torino quello che è sempre stata: uno spazio aperto dove uomini di buona volontà –autori, editori, librai, bibliotecari, insegnanti, studenti, lettori d’ogni Paese- tentano di costruire un mondo migliore con i buoni libri.


Ernesto Ferrero Rolando Picchioni


http://www.fieralibro.it/fileViewAction.do?xclass=Multimediafile&field=file&width=0&height=0&mime=application/pdf&id=101090



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