Battesimo o circoncisione? L'educazione religiosa dei figli nei matrimoni interreligiosi.
Tesina di laurea in Mediazione Linguistica e Culrurale
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Indice


 


Introduzione. 1


 


CAPITOLO 1: I MATRIMONI TRA CATTOLICI E MUSULMANI 5


 


1.1       Il matrimonio secondo il diritto musulmano.. 6


1.1.a Validità del matrimonio.. 6


1.1.b Il rito e la festa di matrimonio.. 10


1.1.c Gli effetti del matrimonio.. 12


1.1.d Scioglimento del matrimonio: il ripudio.. 15


1.1.e La modernizzazione della šarī‘a. 15


1.2       Il matrimonio secondo il diritto canonico.. 18


1.2.a Validità del matrimonio.. 19


1.2.b Consenso matrimoniale. 22


1.2.c Forma della celebrazione. 23


1.2.d Il rito.. 23


1.2.e Effetti del matrimonio.. 25


1.2.f Separazione. 25


 


 


1.2.1 Il matrimonio per disparitas cultus. 26


CAPITOLO 2: INCONTRI E SCONTRI 32


2.1 Dinamiche di coppia.. 33


2.1.1 Esperienze di vita.. 37


2.2 Conflitti con l’esterno.. 44


2.2.1 Esperienze di vita.. 51


CAPITOLO 3: L’EDUCAZIONE RELIGIOSA DEI FIGLI 55


3.1 Aspetti sociologici e psicologici 56


3.2 Dalla teoria alla pratica.. 62


3.3 Il punto di vista dei figli 67


Conclusioni 71


Ringraziamenti 77


Allegato1 (modulistica per il matrimonio interreligioso) 78


Allegato2 (questionari per le coppie interreligiose) 81


Bibliografia.. 93


Sitografia 95


 



Introduzione


 


Il fenomeno dell’immigrazione da Paesi extracomunitari in Italia ha assunto negli ultimi quindici anni una rilevanza non più trascurabile: gli stranieri con regolare permesso di soggiorno sono passati da 649.000 nel 1992 a 1.503.000 unità nel 2003.[1] Interi nuclei familiari stranieri con lingua, cultura e spesso religione diverse, si sono insediati in Italia per vivere e lavorare.


Tale fenomeno ha trasformato la società italiana in una società multietnica, nella quale cioè diverse culture ed abitudini entrano in contatto. Affinché però dal semplice contatto si possa arrivare al confronto e alla pacifica convivenza è necessario lo sforzo reciproco (di chi arriva e di chi ospita) di conoscersi, comprendersi e rispettarsi.  


La manifestazione più esemplare di questo incontro di diversità si esprime sempre più spesso attraverso il matrimonio. Le unioni miste, ovvero i matrimoni fra italiani autoctoni e stranieri, sono infatti in aumento: il loro numero è salito da 6.108[2] unità nel 1989 a 198.347[3] nel 2001. I più numerosi sono i matrimoni tra donne italiane e stranieri musulmani (marocchini: 3.108, tunisini: 3.000, albanesi: 2.081, egiziani: 1.748).[4]


Il tema che mi propongo di trattare riguarda una parte di questi ultimi: i matrimoni religiosi tra cristiani cattolici e musulmani. Il termine utilizzato per indicare il matrimonio religioso tra due persone che appartengono a fedi diverse è “matrimonio interreligioso”, e prevede una particolare dispensa dall’impedimento di “disparità di culto” e per questo viene anche chiamato “matrimonio per disparitas cultus”.[5]


Nel primo capitolo cercherò di dare un quadro generale della situazione, analizzando gli aspetti giuridici e ideologici del matrimonio secondo il diritto musulmano e quello canonico, per poi concludere con l’analisi del rito interreligioso.


Nel  secondo capitolo mi soffermerò invece sulle problematiche che queste coppie si trovano ad affrontare sia al loro interno sia nel mondo esterno. Seguiranno poi le opinioni che la Chiesa e l’Islam ortodosso, alla luce di quanto evidenziato nella prima parte del capitolo, hanno effettivamente nei loro confronti.


Nel terzo capitolo, dopo un’introduzione sui problemi psicologici e sociologici che i figli di coppie miste possono incontrare, affronterò la controversa questione della loro educazione religiosa.


Per dare un riscontro pratico ai temi trattati nel secondo e terzo capitolo, verrà portata ad esempio l’esperienza di alcune coppie interreligiose. Inizialmente il mio lavoro era indirizzato alle coppie che partecipano agli incontri periodici organizzati dai responsabili del Consultorio per Famiglie Interetniche del Cadr (Centro Ambrosiano per la Documentazione Religiosa). Per cause tecniche e organizzative, non mi è stato però possibile proporre loro i questionari redatti appositamente in lingua araba e italiana.  La mia indagine non sarà quantitativa, come invece avrebbe potuto essere con la collaborazione del vasto numero di coppie del Consultorio di Milano, ma sarà piuttosto qualitativa e si baserà sull’esperienza di sei coppie residenti nelle province di Brescia, Bergamo, Salerno e Cuneo. A tre coppie, quelle di Salerno, Cuneo e Brescia, per motivi di distanza fisica per le prime due e di tempo per la terza, sono stati sottoposti i questionari scritti di cui sopra, che hanno l’obiettivo di  approfondire i seguenti aspetti: la vita religiosa dei coniugi, il loro rapporto di coppia, il rapporto con i figli e le loro opinioni sull’accoglienza ricevuta dal mondo esterno. Le tre coppie di Bergamo, invece, si sono rese disponibili per un’intervista vera e propria,  riguardante gli stessi temi del questionario scritto.


Due domande mi hanno stimolato e portato alla decisione di affrontare quest’argomento, domande alle quali vorrei cercare di dare risposta nella presente dissertazione:


Ø      E’ davvero possibile per un uomo ed una donna appartenenti a due mondi religiosi, culturali e linguistici diversi entrare in perfetta comunione, così come vuole il matrimonio, senza che almeno uno dei due debba rinunciare a parte integrante della sua identità?


Ø      Per quanto riguarda l’educazione religiosa dei figli, come si può risolvere il contenzioso in modo equo per i genitori e soprattutto psicologicamente indolore per i figli?


 



CAPITOLO 1:


I MATRIMONI TRA CATTOLICI E MUSULMANI


 


Il termine “matrimonio misto” viene comunemente utilizzato per indicare tutti quei matrimoni (civili e/o religiosi) i cui contraenti appartengono a nazionalità, culture, lingue e a volte religioni differenti. In realtà “matrimonio misto” è sinonimo di “matrimonio interconfessionale” e concerne una particolare forma di matrimonio religioso, quello previsto in caso di unione fra un cristiano cattolico e un cristiano battezzato che però non è cattolico (protestante, ortodosso, ecc.). Bisognerebbe quindi genericamente parlare di unioni miste e non di matrimoni misti.


         I matrimoni islamo-cattolici sono invece “matrimoni interreligiosi”, ovvero unioni tra cattolici e non battezzati (che possono appartenere ad una religione non cristiana oppure non appartenere ad alcuna religione).


         Per poter capire al meglio le dinamiche di questa particolare forma di unione è indispensabile analizzare il matrimonio secondo il diritto musulmano (fiqh) e secondo il diritto canonico.


 


 


 


1.1  Il matrimonio secondo il diritto musulmano


 


“E uno dei Suoi Segni è che Egli v’ha create da voi stessi delle spose, acciocché riposiate con loro, e ha posto fra di voi compassione ed amore” (XXX, 21).[6]


Da questo versetto è chiaro che per il Corano il matrimonio è:


Ø      un segno di Dio;


Ø      un contratto che legittima i rapporti sessuali fra i coniugi;


Ø      un rapporto fondato sull’amore e la compassione.


Il matrimonio musulmano è un contratto civile senza nessun valore sacramentale, ciò non vuol dire però che sia una realtà esclusivamente profana.


In questo paragrafo andremo ad analizzare le prescrizioni della šarī‘a (Corano e sunna), tenendo presente che negli odierni Stati musulmani il diritto di famiglia è stato più o meno recentemente modernizzato e quindi in parte modificato.


1.1.a Validità del matrimonio


 


Perché il matrimonio sia valido, occorre che sussistano le seguenti condizioni: l’assenza di impedimenti temporanei e permanenti, il consenso dei due futuri coniugi, la fissazione di una dote e l’osservanza delle modalità prescritte.


 


Impedimenti temporanei



  1. Parentela delle mogli.  È vietato ad un musulmano sposare due mogli che sono sorelle di sangue, sorellastre o di latte.
  2. Precedente matrimonio della moglie. Le mogli divorziate devono aspettare a risposarsi per un periodo di tre mesi conseguenti allo scioglimento del matrimonio, a meno che abbiano divorziato senza aver mai consumato. Le vedove devono invece attendere quattro mesi e dieci giorni prima di rimaritarsi. Per consuetudine anche le donne rimaste vedove senza aver consumato devono rispettare il periodo di lutto sebbene nella šarī‘a la questione non venga regolamentata esplicitamente.
  3. Triplice ripudio. E’ proibito il matrimonio con la donna ripudiata tre volte, a meno che dopo il terzo ripudio ella si sia sposata con un altro uomo e da lui sia poi stata ripudiata.
  4. Disparità di culto fra i coniugi. Un uomo musulmano non può sposare una donna politeista, anche se gli è concesso sposarne una ebrea o cristiana, che professi cioè una “religione del Libro”. Una donna musulmana, invece, può sposare solo un uomo musulmano[7].

Nel caso invece si tratti di due coniugi musulmani, se uno dei due si converte ad un’altra religione, peccando così di apostasia, vi è lo scioglimento immediato del matrimonio.


Impedimenti permanenti



  1. Parentela stretta fra i coniugi. Il Corano vieta ad un musulmano di sposare la madre, le nonne, le zie, le figlie, le sorelle, le nipoti e le pronipoti.
  2. Affinità. È inoltre vietato sposare le madri delle proprie mogli, le figliastre, le ex-mogli dei figli, dei padri e dei nonni.
  3. Parentela di latte. Proibite anche le nutrici, le sorelle di latte e, di conseguenza, le loro ascendenti e discendenti.

Altri impedimenti



  1. Fidanzamento. Un musulmano non può chiedere la mano di una ragazza già richiesta da un altro musulmano prima di lui, a meno che quest’ultimo rinunci a reclamare o autorizzi lo stesso fidanzamento.
  2. Cattiva condotta. Un uomo dedito all’adulterio e alla fornicazione può sposare solamente una donna anch’essa adultera e fornicatrice. Il connubio con loro è proibito ai credenti.

Consenso dei due futuri coniugi


 Nel diritto classico non esiste limite d’età: i futuri coniugi diventano maggiorenni per consumare il matrimonio con la loro pubertà (reale o presunta), mentre anche un neonato può essere titolare del rapporto matrimoniale. Di conseguenza nei matrimoni cosiddetti precoci, poiché i nubendi non hanno sufficiente maturità per poter decidere del proprio matrimonio, è il padre che si arroga il potere di costringere il figlio al matrimonio. Nel caso si tratti di figlio maschio il suo potere può essere esercitato fino alla pubertà, mentre se si tratta di una figlia femmina, sarà la sua verginità a giustificare l’esercizio del potere del padre (secondo la scuola malikita). Il fidanzamento comunque è considerato un affare fra le famiglie dei due futuri sposi. Inoltre alla donna è vietato contrarre matrimonio da sola, senza cioè farsi rappresentare da un walī[8] (di solito il padre o il fratello).


Fissazione della dote


“Date spontaneamente alle donne la dote; e se loro piace farvene partecipi godetevela pure in pace e tranquillità” (IV, 4).[9]


La dote è quindi un dono che il coniuge fa alla propria sposa, che ne diventa proprietaria a tutti gli effetti. Viene fissato il suo ammontare e se ne decide il pagamento (anticipato o a termine), anche se oggi vi è la tendenza a considerarla più come un cifra simbolica, stipulata per dichiarare il valore che la sposa rappresenta per lo sposo, ma che non viene effettivamente pagata.


         Nel caso di ripudio con consumazione o di scioglimento del matrimonio a causa della morte del marito con o senza aver consumato, la moglie ha diritto alla totalità della propria dote. Se invece il ripudio avviene senza aver consumato, allora le spetta solo la metà. Infine, in caso di adulterio provato della moglie o in caso di annullamento, ella perde tutta la dote.


Osservanza delle modalità prescritte


Il consenso orale viene fatto in un’unica seduta alla presenza di due testimoni musulmani praticanti, puberi, liberi, sani di mente e maschi.


1.1.b Il rito e la festa di matrimonio


 


Essendo un contratto civile, il matrimonio non è inserito in una particolare cerimonia; possiamo però distinguere gli elementi principali:


v     il contratto tra le due parti: lo sposo e il walī della sposa;


v     la consegna della dote (mahr) alla sposa;


v     la testimonianza di due musulmani maschi;


v     la presenza di una figura religiosa che sancisce il valore morale del matrimonio;


v     la festa di matrimonio, per renderlo pubblico alla comunità intera.


Bisogna precisare che i tempi e le modalità in cui avviene il matrimonio, in particolare la festa pubblica, variano non solo da una nazione all’altra, ma anche da una zona all’altra dello stesso Paese e dalla classe sociale delle famiglie. Quello di cui tratteremo di seguito è un esempio che si rifà soprattutto alla zona Siria, Libano, Egitto.


Il contratto di matrimonio (katb kitāb)


Prima della festa di matrimonio vera e propria (nikāh), abbiamo il contratto di matrimonio (katb kitāb). Quest’ultimo è detto anche festa di fidanzamento, poiché non consente ai due nubendi la convivenza e quindi la consumazione del matrimonio. Essi infatti potranno considerarsi marito e moglie a tutti gli effetti solo dopo il nikāh. Il katb kitāb viene generalmente fatto a casa della sposa, in presenza di funzionari giuridici e di una figura religiosa, lo šaikh. Questo momento prevede la partecipazione dello sposo e del walī della sposa, il quale firma il contratto dietro suo consenso. Possono inoltre presenziare alcuni parenti maschi che testimoniano l’avvenuto legame tra gli sposi. A conclusione del contratto, agli altri ospiti eventualmente ammessi verrà offerto un rinfresco e una serata danzante. Da questo momento lo sposo può vedere la sposa senza velo e i due possono incontrarsi, parlare e passeggiare in luoghi pubblici, mantenendo comunque un comportamento rispettoso l’uno dell’altra. Generalmente il katb kitāb ha luogo il giorno prima del nikāh, ma non è raro che avvenga lo stesso giorno oppure mesi prima.[10]


La festa pubblica (nikāh)


Quando il giorno della festa si avvicina, le famiglie degli sposi si dedicano ininterrottamente ai preparativi, con grande cura e attenzione ai particolari. Nel giorno del nikāh lo sposo va a prendere la sposa che lo aspetta a casa dei genitori insieme alle amiche ed ai parenti più stretti. Particolare è la vestizione della sposa: amiche e parenti strette la cospargono di oli profumati e creme ammorbidenti, prima di farle indossare l’abito, solitamente bianco. In queste zone non viene praticato il rito dell’henné.[11] La sposa poi indossa i gioielli regalati dallo sposo per l’occasione, senza però eccedere nello sfarzo. Quando la sposa è pronta lo sposo le si avvicina, la saluta, le porge dei fiori e tutti insieme, tra urla femminili (zalghouta)[12] e petali di rosa ci si reca presso il locale adibito ai festeggiamenti. Spesso poi la festa prosegue in due stanze separate, una per gli uomini e l’altra per le donne. Le donne possono quindi togliersi il velo e sfoggiare i loro abiti da sera e le acconciature. I pranzi sono sontuosi e molta cura viene recata anche al tovagliato e alle posate. Il primo giorno di festa si conclude con l’allontanamento degli sposi nella loro nuova abitazione, in cui avverrà la consumazione. Il giorno dopo, se tutto è andato come previsto[13] le donne vanno a casa degli sposi e danzano gioiose, andando poi a divulgare la lieta notizia. I festeggiamenti poi continuano per altri tre giorni, tra musiche, colori e cibarie di ogni tipo.


1.1.c Gli effetti del matrimonio


 


 La sottomissione della donna al marito


 


“Gli uomini sono preposti alle donne, perché Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri e perché essi donano dei loro beni per mantenerle” (IV, 34).


Nell’Arabia pre-islamica la donna era considerata un essere insignificante, tanto che alla nascita di una figlia femmina il padre si chiedeva se valesse la pena di crescerla per darla in matrimonio a qualcuno oppure se convenisse seppellirla viva. Il Corano ha quindi migliorato decisamente la condizione della donna, lasciandola però subordinata all’uomo e negandole pari opportunità e diritti. Il motivo di tale subordinazione sta nella volontà di Dio, che ha prescelto alcuni esseri sugli altri; mentre il mantenimento sembra piuttosto una conseguenza della subordinazione della donna. Ella infatti deve obbedire in tutto al marito e in cambio di tale obbedienza ottiene il mantenimento, che comprende il cibo, il vestiario, l’abitazione e le spese sanitarie. In caso di disobbedienza grave, ma non per ogni singolo capriccio del marito, quest’ultimo può sospendere il mantenimento della moglie, ricorrere alle correzioni corporali (al-ta’dib), ripudiarla o minacciarne il ripudio. Gli obblighi che la donna è tenuta a rispettare sono:


v     Acconsentire all’atto sessuale, fine stesso del matrimonio;


v     Abitare nella casa indicata dal marito;


v     Non uscire e non lavorare senza il permesso del marito;


v     Non ricevere visite senza autorizzazione;


v     Seguire il marito in caso di trasferimenti o viaggi.


La poliginia


Se temete di non esser giusti con gli orfani, sposate allora di tra le donne che vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non esser giusti con loro, una sola…” (IV, 3).


Anche la poliginia sembra essere un’azione correttiva del Corano alla società pre-islamica, nella quale l’uomo per motivi economici e politici arrivava a sposare ben più di quattro mogli. Il versetto IV, 3 sottolinea però che la condizione per poter sposare più di una moglie è quella di trattarle tutte allo stesso modo, senza fare alcuna differenza. Nel versetto 129 della stessa sūra viene ribadita l’impossibilità di questa condizione, quasi ad incitare alla monogamia: “Anche se lo desiderate, non sarete capaci di agire con equità con le vostre mogli…”.


La filiazione


Per quanto riguarda il rapporto genitori-figli, l’Islam stabilisce dei ruoli: il padre ha la potestà sui figli, ovvero il potere di decidere della loro educazione, istruzione, avviamento al lavoro, matrimonio, amministrazione dei beni, punizioni da infligger loro; la madre invece ha la loro custodia, cioè il potere/dovere di allevarli, sorvegliarli e curarli.


         Quando si parla di figli, si intendono quelli legittimi e biologici, poiché un bambino illegittimo non può esser riconosciuto per la severa condanna del Corano all’adulterio; l’Islam inoltre vieta l’adozione. 


         In caso di ripudio, la madre non musulmana può essere privata della custodia dei figli se esiste il timore che possa educarli ad una religione diversa dall’Islam. La tutela di un minore, infatti, può essere affidata soltanto ad un musulmano.       



1.1.d Scioglimento del matrimonio: il ripudio


 


Nel diritto musulmano classico basta una semplice dichiarazione dell’uomo, anche se non motivata, per poter ottenere il ripudio (al-talaq) della moglie. Il limite di non superare il numero di tre ripudi verso la propria moglie, imposto dal Corano,[14] fu una riforma per contrastare l’instabilità matrimoniale della società pre-islamica.


         La donna non può ripudiare l’uomo, ma può venirle concesso dal marito il diritto di auto-ripudiarsi, oppure può porre termine alla relazione coniugale con il consenso del marito, in cambio del quale la moglie offre un compenso.


1.1.e La modernizzazione della šarī‘a


 


All’inizio del XX secolo il diritto di famiglia era ancora regolato dalla šarī‘a, a differenza di altri settori che non avevano invece opposto resistenza alla modernizzazione. Tuttavia lo sviluppo economico e sociale iniziò a modificare la tradizionale organizzazione familiare e anche i giuristi sentirono l’esigenza di riformare il diritto di famiglia.


         Nel 1915 l’Imperatore ottomano emana un decreto in materia di diritto matrimoniale, seguito dalle leggi fondamentali del 1917. Le riforme tendono a migliorare le condizioni dei componenti più deboli della famiglia: la donna e i bambini. I legislatori dei Paesi musulmani, dopo lo smembramento dell’Impero Ottomano, hanno principalmente puntato a ridurre il potere dell’uomo sulla donna, in particolare quello del padre sulla figlia.


         Ecco le principali modifiche modernizzanti del diritto matrimoniale:



  1. Età matrimoniale: è stata fissata un’età sotto la quale è possibile sposarsi solo su autorizzazione del giudice, per ragioni di utilità o necessità accertate, dopo che il walī abbia dato il proprio consenso (es. in Libia l’età fissata è di 20 anni per entrambi, in Marocco 18  per il maschio e 15 per la femmina, in Tunisia 20 e 17); ma per evitare che i giudici, complici dei walī autorizzino unioni in tenerissima età, nei vari Paesi è stata fissata un’altra età (ovviamente inferiore a quella matrimoniale) al di sotto della quale è impossibile che il matrimonio sia registrato.
  2. Consenso al matrimonio. I legislatori hanno tutti eliminato il potere del padre di costringere la figlia al matrimonio, ad eccezione del Marocco che consente l’esercizio di tale potere nel caso di condotta sconveniente della figlia. Permane l’obbligo di rappresentanza della donna da parte di un walī, che tra l’altro non può essere scelto liberamente dalla donna. Inoltre se la donna è vergine basta il suo silenzio per acconsentire al matrimonio.
  3. Sottomissione della moglie al marito. I legislatori moderni cercano di contenere la potestà maritale consentendo di apporre clausole al contratto di matrimonio, purché queste siano conformi alla šarī‘a. In molti Paesi musulmani, infatti, la moglie può richiedere al marito di non trasferire il domicilio coniugale dalla città d’origine, di poter lavorare e partecipare alla vita pubblica, di non doverlo seguire nei suoi viaggi. Può richiedere inoltre la clausola di monogamia. In caso di violazione di tali promesse da parte del marito, la moglie può chiedere il divorzio.
  4. Poliginia. Abbiamo detto che la donna può richiedere la clausola di monogamia, ma anche in assenza di questa clausola, la prima moglie ha il diritto di chiedere il divorzio se il nuovo matrimonio del marito, da lei mai approvato, non consente una pacifica convivenza comune. Lo stesso diritto va alla nuova moglie nel caso in cui non fosse a conoscenza della precedente unione del marito.
  5. Ripudio. Alcuni legislatori hanno introdotto riforme che consentono al giudice di registrare il ripudio solo dopo un tentativo di riconciliazione dei coniugi. Tali riforme danno inoltre modo al giudice di avvisare la moglie dell’avvenuto ripudio (mentre per il diritto classico non ce n’era bisogno). Il giudice può accertare l’esistenza del danno alla moglie provocato dal ripudio e obbligare il marito a risarcirla. Alcuni Paesi, primo fra tutti la Siria, a tal proposito hanno introdotto il dono di consolazione, la mut‘ah[15] che ha la duplice funzione di risarcimento danni e di previdenza. Si è inoltre introdotto il termine divorzio, con il quale si intendono i vari tipi di scioglimento del matrimonio per iniziativa di una delle due parti attraverso il ricorso al giudice. Tra i motivi principali per cui la donna può richiedere divorzio (oltre a quelli già citati nel punto precedente) ci sono i comportamenti riprovevoli del marito, come la dedizione al vino, il tradimento e la pratica della violenza, oppure quei vizi che svuotano di significato il matrimonio: la castrazione, l’evirazione e l’impotenza. La domanda di divorzio è inoltrata solitamente dalla donna poiché l’uomo può avvalersi in modo più conveniente per lui del ripudio. Tuttavia, ogniqualvolta l’uomo abbia richiesto il divorzio gli è sempre stato concesso.

 


1.2  Il matrimonio secondo il diritto canonico


Nel 1983 Giovanni Paolo II firmò la costituzione del nuovo Codice di Diritto Canonico, che riporta le riforme del Concilio Vaticano II. Fu infatti Giovanni XXIII, e in seguito il Concilio stesso, a volere la riforma del vecchio codice del 1917,[16] il cui lavoro di revisione iniziò nel 1965. Il nuovo Codice dà una visione rinnovata del matrimonio, staccandosi da quella strettamente procreazionista e assumendo invece un orientamento personalistico.


Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento (Can. 1055), così si apre il capitolo sul matrimonio del Codice di diritto canonico.


Le proprietà essenziali del matrimonio canonico sono:


1.     l’unità: intesa come l’unione di un solo uomo ed una sola donna;


2.     l’indissolubilità: l’unica ragione per la quale avviene lo scioglimento del matrimonio valido è la morte di uno dei due coniugi.


3.     l’apertura alla vita: senza cioè preclusioni ideologiche o pratiche alla nascita dei figli.


1.2.a Validità del matrimonio


 


Il matrimonio per essere valido dev’essere rato e consumato, ove se ne presume la consumazione (fino a prova contraria) quando avviene la coabitazione dei coniugi. Altri fattori che influiscono sulla validità del matrimonio sono gli impedimenti dirimenti.


Impedimenti dirimenti


L’impedimento dirimente rende la persona inabile a contrarre matrimonio e può essere pubblico o occulto. Solo il Papa può dichiarare quando il diritto divino proibisca o dirima il matrimonio. Andiamo ora ad elencare questi impedimenti:


                   i.            E’ invalido il matrimonio celebrato da coniugi che non abbiano raggiunto l’età matrimoniale. Il Codice fissa quest’età a 16 anni per l’uomo e a 14 per la donna,[17] lasciando però spazio alle decisioni prese in merito dalle Conferenze Episcopali. La Cei (Conferenza Episcopale Italiana) ha stabilito nel 1983 l’età matrimoniale a 18 anni.[18]


                 ii.            L’impotenza copulativa antecedente e perpetua, assoluta o relativa, invalida il matrimonio. La sterilità invece non costituisce un impedimento, a meno che non venga nascosto al coniuge e questo sia causa di turbamento per la vita coniugale.


              iii.            Finché non sia stata constatata la nullità o lo scioglimento del precedente matrimonio, non se ne può contrarre uno nuovo.


                iv.            La disparità di culto (che viene rappresentata con l’essere o meno battezzato) costituisce impedimento dirimente.


                  v.            Chiunque fosse vincolato dal voto di castità emesso da un istituto religioso o abbia ricevuto il sacramento dell’ordine non può contrarre matrimonio.


                vi.            Chiunque al fine di sposare una determinata persona, abbia ucciso il proprio coniuge o il coniuge di quella persona è invalidato a contrarre matrimonio con essa. Invalidato lo è anche se ha cooperato a tale omicidio.


             vii.            E’ vietato sposare un consanguineo nella linea collaterale fino al quarto grado e tra ascendenti e discendenti sia legittimi sia naturali.[19]


           viii.            E’ vietato sposare gli affini in linea retta a qualunque grado.


               ix.            E’ vietato per un uomo sposare le consanguinee in linea retta di primo grado della donna che abbia convissuto notoriamente con lui.


                 x.            E’ infine proibito sposare una persona divenuta parente con l’adozione, in linea retta e fino al secondo grado in linea collaterale.


L’Ordinario del luogo può dispensare da tutti gli impedimenti eccetto quelli riservati alla Sede Apostolica:


v     Impedimento dei sacri ordini o del voto pubblico perpetuo di castità emesso da un istituto religioso;


v     Impedimento di crimine.


In pericolo di morte urgente l’Ordinario può dispensare anche dall’impedimento di crimine (al punto iv). Inoltre, se si scopre un impedimento quando è già tutto pronto per le nozze e non è possibile, senza che ci sia un grave danno, posticipare il matrimonio in attesa di ottenere dispensa, il sacerdote può dispensare subito i coniugi da tale impedimento, sempre che la sua autorità lo consenta. Mai si dà dispensa da impedimento di consanguineità in linea retta o secondo grado in linea collaterale.


1.2.b Consenso matrimoniale


 


L’atto del matrimonio è fondato sul consenso delle due parti, che devono essere giuridicamente abili. Il consenso è l’atto della volontà con cui l’uomo e la donna danno e accettano irrevocabilmente se stessi per costituire il matrimonio. Perché ci possa essere il consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l’uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante cooperazione sessuale. Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà.


Sono considerati incapaci a contrarre matrimonio:


v     Coloro che mancano di sufficiente uso di ragione;


v     Coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti ed i doveri essenziali del matrimonio;


v     Coloro che per causa di natura psichica non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.


Il consenso interno dell’animo si presume concorde alle parole ed ai segni utilizzati nella celebrazione del matrimonio; in ogni caso è invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall’esterno per liberarsi dal quale sia costretto a scegliere il matrimonio (anche non intenzionalmente). Infine per contrarre matrimonio è necessario che i contraenti siano presenti e quindi esprimano il loro consenso contemporaneamente, sia di persona sia tramite procuratore.[20]


1.2.c Forma della celebrazione


 


Validi sono i matrimoni che si contraggono alla presenza dell’Ordinario del luogo o del parroco o del sacerdote o del diacono delegato da uno di essi (o in mancanza di questi anche un laico designato dal Vescovo), nonché alla presenza di due testimoni. Alla sola presenza dei testimoni, è valido se c’è pericolo di morte o, al di fuori di questo pericolo, se si prevede prudentemente che tale stato di cose durerà per un mese. Per una grave e urgente causa l’Ordinario del luogo può permetterne la celebrazione in segreto.


1.2.d Il rito


 


La celebrazione del Matrimonio avviene abitualmente durante la Messa, anche se per validi motivi si può scegliere la liturgia della Parola. Il rito del matrimonio vero e proprio, preceduto dai riti di introduzione in cui vengono rinnovate le promesse battesimali e dalla liturgia della Parola, è costituito da vari momenti:


Ø      interrogazioni prima del consenso: servono ad appurare che i nubendi stiano celebrando il loro matrimonio in piena libertà;


Ø      manifestazione del consenso: gli sposi prendendosi la mano destra si promettono fedeltà eterna nella buona e nella cattiva sorte;


Ø       accoglienza del consenso: il sacerdote stendendo la mano sulle mani unite degli sposi accoglie il loro consenso;


Ø      benedizione e consegna degli anelli: le fedi ,dopo essere state benedette dal sacerdote, vengono consegnate agli sposi i quali provvedono a scambiarsele  in segno di amore e fedeltà;


Ø      incoronazione degli sposi: è una vera e propria incoronazione con corone dorate o argentate e sobriamente decorate, che avviene solo nei luoghi in cui è già esistente la consuetudine;


Ø      benedizione nuziale: può avvenire anche alla fine, è la benedizione che il sacerdote fa agli sposi inginocchiati;


Ø      preghiere dei fedeli e invocazione dei santi: da sottolineare che tra i santi invocati figurano anche quelli di cui portano il nome gli sposi, se esistenti.


Al termine del rito del matrimonio si procede con il rito eucaristico se il matrimonio è celebrato durante la Messa, altrimenti nel caso si abbia optato per il matrimonio nella celebrazione della Parola, con la recita del Padre Nostro e la consegna della Bibbia agli sposi, per poi passare in entrambi i casi ai riti di conclusione. Dopo la benedizione finale c’è la lettura degli articoli del Codice Civile che riguardano i diritti e i doveri dei coniugi, secondo la norma concordataria. Il sacerdote provvederà poi alla redazione in duplice copia dell’atto di matrimonio; una delle due copie verrà inviata all’ufficiale dello stato civile, che a sua volta provvederà alla trascrizione.


1.2.e Effetti del matrimonio


 


Il matrimonio è un vincolo perpetuo ed esclusivo. I coniugi hanno pari diritti e doveri nella vita coniugale. I genitori hanno il dovere di curare l’educazione fisica, sociale, culturale, morale e religiosa dei figli. Quando si parla di figli si intendono quelli legittimi e quelli legittimati, in tutto equiparati ai primi.


1.2.f Separazione


 


Il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte di uno dei due coniugi, mentre il matrimonio non consumato può essere sciolto dal Papa su richiesta di almeno una delle due parti. I coniugi hanno il dovere e il diritto di osservare la convivenza coniugale, eccetto che esista una causa legittima. Si raccomanda inoltre a ciascun coniuge di perdonare la parte adultera e di non interrompere la vita coniugale; tuttavia se il coniuge innocente non vuol condonare la colpa, ha diritto di sciogliere la convivenza (a meno che non fosse d’accordo, non gli abbia dato motivo o non abbia commesso a sua volta adulterio). Entro sei mesi il coniuge innocente deve comunicare la sua decisione alla competente autorità ecclesiale e questa deve valutare se è il caso di indurlo a perdonare la colpa e a ricongiungersi col coniuge. Se uno dei due coniugi compromette gravemente il bene sia spirituale sia corporale dell’altro o della prole, oppure rende troppo dura la vita comune, dà all’altro una causa legittima per separarsi. In tutti i casi, cessata la causa di separazione, si deve ricostituire l’unità familiare e anche se tale causa non fosse cessata, il coniuge innocente, con atto degno di lode, può ammettere nuovamente l’altro coniuge alla vita coniugale, rinunciando così alla separazione. Infine, effettuata la separazione, si deve comunque provvedere al debito sostentamento ed educazione dei figli.


 


1.2.1 Il matrimonio per disparitas cultus


Il matrimonio per disparitas cultus è quello che avviene tra una persona cattolica e una persona non battezzata, il cosiddetto matrimonio interreligioso. Questo può essere contratto da un cattolico e un agnostico, oppure da un cattolico e un appartenente ad un’altra religione, nel nostro caso all’islam. Per la celebrazione è necessaria la dispensa dell’Ordinario del luogo, senza la quale il matrimonio è invalido per disparità di culto (vedi paragrafo precedente). La dispensa può essere concessa solo quando sussistano giuste e ragionevoli cause e alle seguenti condizioni:


1)     La parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e prometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica.


2)     La parte non battezzata sia informata della dichiarazione e della promessa della parte cattolica, così che ne sia realmente consapevole.


3)     Entrambe le parti siano istruite sui fini istituzionali e le proprietà essenziali del matrimonio e cioè sappiano e vogliano che il loro matrimonio sia uno, indissolubile, aperto alla procreazione.


4)     Tale matrimonio sia di norma celebrato nella Chiesa cattolica secondo la forma canonica.


5)     Sia fatto salvo il principio che per la validità è richiesta una qualche forma pubblica.[21]


Natura dell’impedimento di disparità di culto


Secondo la dottrina cattolica, il matrimonio ha dignità sacramentale solo se avviene tra due battezzati; di conseguenza un matrimonio interreligioso non è propriamente sacramento, nonostante la parte cattolica possa considerarsi “in regolarità” , e possa quindi accostarsi ai sacramenti (cosa che non potrebbe fare un cattolico che abbia scelto solo la convivenza o il matrimonio civile). La Chiesa, attraverso l’impedimento di disparità di culto, intende salvaguardare la fede della parte cattolica; allo stesso tempo però riconosce il diritto di un uomo e una donna che non condividono la stessa fede di scegliersi liberamente come compagni di vita, attraverso le nozze, e di costruire una famiglia secondo il diritto naturale. Per questo l’Ordinario del luogo può concedere la dispensa.


Preparazione al matrimonio


I fidanzati che hanno intenzione di contrarre matrimonio interreligioso devono fare un colloquio col parroco o un sacerdote della diocesi incaricato dal Vescovo per questo ruolo, il quale, una volta verificata la “giusta e ragionevole causa” e le condizioni alle quali sono tenuti i futuri coniugi, provvede ad inoltrare richiesta di dispensa all’Ordinario del luogo. Solitamente il sacerdote si attiene alle indicazioni del Card. Ruini, presidente della Cei, che nel 2005 ha pubblicato “I matrimoni tra cattolici e musulmani in Italia”. Secondo tali indicazioni il sacerdote incaricato del colloquio con i fidanzati dovrebbe:


v     prima incontrare separatamente i nubendi (ma la parte musulmana non è obbligata a farlo), poi quando lo si valuta conveniente si estende il colloquio ad entrambi;


v     incontrare anche la famiglia della parte cristiana;


v     verificare che la parte musulmana, se extra-comunitaria, non abbia come fine l’ottenimento di vantaggi politici (es. cittadinanza).[22] Al fine di garantire maggior protezione possibile alla parte cattolica, sarebbe utile chieder loro come si sono conosciuti e innamorati, cos’hanno in comune, cosa si aspettano dal matrimonio, approfondendo gli aspetti religiosi e culturali della loro vita futura, il rapporto con le famiglie d’origine, il luogo di residenza futuro, l’educazione dei figli, le garanzie giuridiche (eredità, custodia dei figli).


Una volta accertata la consapevolezza dei fidanzati riguardo al matrimonio cristiano, si può procedere alle pratiche burocratiche per ottenere la dispensa; i nebendi (compresa la parte musulmana, ma senza obbligo) saranno così invitati a partecipare al corso parrocchiale per fidanzati. Nel caso in cui il sacerdote ritenga al contrario che la coppia non sia pronta a contrarre matrimonio interreligioso, può sollecitarla a riflettere ulteriormente e, in ultima istanza, consigliarle il matrimonio civile.


Forma della celebrazione


Per quanto riguarda la forma della celebrazione del matrimonio, ci si attiene allo stesso canone, il 1108, che regola i matrimoni tra battezzati. Il luogo della celebrazione può essere la Chiesa o altro luogo conveniente. Perché sia valido deve comunque essere osservata una forma pubblica di celebrazione. Inoltre può conseguire gli effetti civili secondo la norma concordataria, provvedendo quindi alle pubblicazioni alla casa comunale ed alla  successiva trascrizione.


Il rito


Il rito è quello speciale previsto dal Rituale Romano senza la Messa (quindi senza l’eucaristia). Esso infatti si distingue dal rito del matrimonio nella celebrazione della Parola per i seguenti elementi:


v     nei riti introduttivi non vengono rinnovate le promesse battesimali, dato che uno dei due contraenti non è battezzato;


v     dopo la recita del Padre Nostro non viene consegnata la Bibbia, essendo testo sacro solo per la parte cattolica.


 Non è possibile dar luogo ad altra celebrazione con rito islamico; al contrario non è vietata la festa di matrimonio islamica. In presenza però di ragioni che rendano inopportuna la celebrazione liturgica, è possibile chiedere la dispensa dalla forma canonica.[23]


Accompagnamento dopo il matrimonio


Le indicazioni del Card. Ruini sottolineano poi il dovere dei sacerdoti di seguire queste coppie anche dopo l’avvenuta celebrazione del matrimonio. Esse potrebbero infatti aver bisogno di supporto riguardo alle problematiche di tipo religioso che possono scaturire, ad esempio riguardo all’educazione dei figli.


         Nella mia piccola esperienza, ho notato che questo tipo di cammino post-matrimoniale non è realmente attivo, se non a livello personale coppia-sacerdote. Solo la Diocesi di Milano ha aperto un Consultorio per famiglie interetniche all’interno del Cadr, che tiene delle riunioni periodiche per tutte le coppie miste interessate. Queste possono, oltre che chiedere e ricevere consigli, confrontarsi con altre coppie che stanno affrontando simili difficoltà.


Scioglimento del matrimonio


Una particolare eccezione all’indissolubilità del matrimonio canonico riguarda proprio i matrimoni interreligiosi: il privilegio pietrino,[24] grazie al quale il Papa può sciogliere un matrimonio interreligioso in favore della fede, al fine cioè di  tutelare la parte battezzata cattolica. La Chiesa scioglie tale vincolo solo se, col nuovo matrimonio che la parte battezzata è autorizzata a contrarre, si realizza qualche importante bene spirituale e nel caso in cui risulti totalmente impossibile ristabilire la convivenza nel precedente matrimonio. Questo è possibile anche quando il nuovo matrimonio dovesse richiedere un ulteriore dispensa per disparitas cultus.


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 



CAPITOLO 2


INCONTRI E SCONTRI


 


Nel capitolo precedente abbiamo potuto notare alcune differenze significative tra la visione cattolica e quella musulmana del matrimonio, quali ad esempio la natura del matrimonio (naturale-contrattuale per l’Islam, sacramentale nel cristianesimo), il rapporto uomo-donna, il ruolo che i genitori hanno in relazione ai figli, lo scioglimento del matrimonio. Dobbiamo considerare inoltre che in una coppia islamo-cattolica vi sono differenze  religiose e culturali che comportano diversi modi di pensare, di agire e di risolvere i problemi, che vanno ben oltre la visione del matrimonio e penetrano in ogni aspetto della vita quotidiana. A tutto questo dobbiamo aggiungere le divergenze caratteriali, il sale di qualsiasi relazione di coppia, la dura prova di ogni convivenza. L’arrivo dei figli poi non fa che amplificare il tutto, poiché è necessario prendere decisioni delicate e definitive in merito: il nome, l’educazione religiosa, la lingua, etc.


         Non dobbiamo dimenticare però che i possibili scontri di una coppia interreligiosa possono avvenire anche all’esterno della coppia: con le famiglie d’origine dei due partners, con gli amici, con le comunità religiose d’appartenenza e con la società in generale che non sempre vede di buon occhio unioni di questo tipo.


         Stando a quanto detto finora, per queste coppie non sembra prospettarsi esattamente una vita di rose e fiori. Un luogo comune che mi è capitato più volte di sentire al riguardo è il seguente: “È già difficile per una coppia normale andare d’accordo e metter su famiglia, figuriamoci per una coppia mista”. Se ci soffermiamo solo sulle differenze l’impressione è proprio questa, ma qual è la realtà? Come riescono queste coppie a gestire le differenze? Esistono significativi punti d’incontro?


 


2.1 Dinamiche di coppia


Uno studio sulle dinamiche relazionali all’interno di famiglie miste è stato effettuato dall’Osservatorio Familiare del Comune di Reggio Emilia.[25] In questo lavoro, intitolato Coppie miste a Reggio Emilia,  vengono individuate quattro strategie di gestione delle differenze all’interno della coppia così denominate: allargamento del possibile, mediazione, affermazione culturale e assimilazione. Queste non si prefiggono di dare una classificazione rigida della realtà, partendo dal presupposto che ogni famiglia è un universo complesso a sé stante; vogliono piuttosto tracciare una linea teorica sulla quale si muove morbidamente la maggior parte delle coppie intervistate dall’Osservatorio.


Allargamento del possibile


La strategia relazionale chiamata allargamento del possibile consiste in un relativo distacco da quelle che sono le proprie abitudini e tradizioni, relativizzandole e mettendole in discussione. Anche se non vengono del tutto abbandonate, esse non sono considerate l’esigenza primaria: al primo posto viene messo il benessere della coppia. L’atteggiamento caratteristico di chi adotta questa strategia è l’apertura totale verso il confronto con il partner. Il duplice patrimonio culturale è considerato come un arricchimento, una potenzialità in più, dal quale ciascuno può attingere liberamente. Nell’allargamento del possibile infatti i due bagagli culturali hanno pari dignità e ciò dà origine a scelte innovative e sincretismi i cui confini sono così sfumati da non saperli ricondurre all’una o all’altra eredità culturale. Tutto ciò è possibile grazie ad un costante dialogo e scambio col partner. Tuttavia, la capacità di allontanarsi dalle proprie tradizioni per poter considerare il patrimonio altrui come una valida alternativa, comporta un rischio: la progressiva e strisciante assimilazione di uno dei due coniugi.


Mediazione


La strategia relazionale della mediazione assomiglia ad una continua ricerca di un compromesso, di un comune divisore. Anche in questo caso viene attribuita pari dignità ai vissuti di ciascun partner e il dialogo è alla base della buona riuscita di questa strategia. Tuttavia rispetto all’allargamento del possibile non vi è un progressivo allontanamento dalle proprie abitudini e tradizioni, ma anzi vi è una maggior consapevolezza che certi valori e opzioni culturali possono essere ritenute fondamentali per il partner. La strategia di mediazione può avvenire in due modi: in un caso le scelte dei due partners saranno “a metà strada” tra le due preferenze, nell’altro si accetterà l’istanza del partner nella consapevolezza che in un’altra occasione egli “ricambierà il favore”. La mediazione tenderà quindi a neutralizzare i conflitti, cercando di non far prevalere i riferimenti culturali gli uni sugli altri, mettendo ancora una volta al primo posto la relazione di coppia. Non sempre, comunque, questa strategia è facile da perseguire: la posticipazione o la ricerca del compromesso in alcuni ambiti decisionali sono difficili da perseguire senza che uno dei due si sbilanci in modo significativo.


Affermazione culturale


L’affermazione culturale, al contrario delle due strategie descritte in precedenza, prevede la volontà rigida di rispettare quei valori e quelle tradizioni che l’individuo considera parte integrante della propria identità culturale, anche a costo di imporre alcune scelte al coniuge o ai figli. Non si può dire quindi che alla base di questa strategia si trovi il confronto col coniuge e il rispetto del suo vissuto: per il coniuge che attiva tale strategia le proprie istanze religiose e culturali sono l’unica alternativa meritevole e possibile. Un tale atteggiamento può dar adito ad antagonismi tra i coniugi, a meno che il partner accetti passivamente la situazione. In quest’ultimo caso avremo meno conflittualità che in situazione di allargamento del possibile e di mediazione, ma a quale prezzo!


Assimilazione


La strategia di assimilazione si fonda sugli stessi presupposti dell’affermazione culturale ma è di segno opposto. Troviamo come nel caso precedente la tendenza a svalutare una delle due complessità culturali, a considerarla come fonte di disaccordo tra i partner o di malessere per i figli: in quanto tale va ridotta se non eliminata. Tuttavia chi adotta tale strategia crede che una tale selezione debba essere attuata sul proprio patrimonio culturale, considerato di ostacolo alla relazione coniugale o non adatto al contesto sociale in cui si vive. Per questo l’assimilazione è una misura presa in prevalenza dal partner straniero. Per quanto riguarda l’educazione dei figli, ad esempio, il genitore straniero rinuncia alla trasmissione dei propri valori religiosi e culturali per evitare che possano essere causa di discriminazione per loro. Diretta conseguenza di questo atteggiamento può essere la diminuzione dei conflitti all’interno della coppia, per gli stessi motivi che abbiamo spiegato circa l’affermazione culturale. Esiste però anche un’assimilazione silente, in cui cioè il soggetto non prende coscienza della situazione, ad esempio quando si tratta di un effetto collaterale della strategia di allargamento del possibile.  


         Come abbiamo detto all’inizio del paragrafo, queste strategie relazionali non vogliono rappresentare la realtà, a questo ci pensa l’esperienza della vita vera.   


2.1.1 Esperienze di vita


Per questo studio abbiamo la fortuna di disporre di alcuni stralci di vita: tre coppie islamo-cattoliche hanno accettato di essere intervistate, altre tre coppie, per motivi di distanza fisica e di tempo, hanno compilato via e-mail il questionario da me redatto. Tutte le sei coppie sono caratterizzate dal binomio uomo musulmano (di origine straniera)/donna cattolica (italiana). Verrà rispettato l’anonimato e per distinguere le coppie si useranno delle sigle: I sta per intervista, Q sta invece per questionario; 1/2/3 è l’ordine in cui ho eseguito le interviste e in cui ho ricevuto i questionari compilati; D sta per donna e U per uomo. Di conseguenza per indicare la donna della seconda coppia che ha compilato il questionario, scriverò Q2D (suo marito invece sarà Q2U). Per quanto riguarda i nomi dei figli N-AR sta per “nome arabo”, N-IT per “nome italiano”, N-AL per “nome altro” nel senso che non è né arabo né italiano, N-BI è un nome biblico conosciuto in Italia ma non propriamente italiano, infine “doppio nome” indica un nome italiano e uno arabo (nel nostro caso senegalese) a ciascun figlio.


Cominciamo ora col descrivere sommariamente le sei coppie. La loro età varia dai 27 ai 43 anni; due coppie non hanno ancora figli, I3 e Q2, ma in quest’ultima ne sta per arrivare uno a breve. Queste due coppie sono sposate da molto poco, ma credo che la loro esperienza possa esserci comunque utile, soprattutto perché ho notato in loro una forte componente progettuale. La coppia Q3 è divorziata, ma vorrei sottolineare che il fatto di aver riportato anche la loro esperienza non significa che voglia dimostrare in qualche modo la fallibilità di questi matrimoni (tra l’altro le ragioni che hanno portato al divorzio di questa coppia sono del tutto estranee alla diversità di cultura e religione).


Religiosità


Un aspetto che si è voluto far emergere dalle interviste e dai questionari è la religiosità dei due coniugi. Infatti sembra logico che, se uno dei due non è praticante, le questioni religiose della famiglia vengano lasciate gestire all’altro partner. La mia curiosità era proprio quella di vedere come due praticanti riuscissero a gestire questa significativa differenza. Nella tabella sottostante vengono riassunte le informazioni principali che riguardano la religiosità dei due coniugi e le conseguenti scelte religiose.


 


Come possiamo vedere dalla tabella, aiutati dalle tre gradazioni di grigio che contraddistinguono i casi affini, le sei coppie si distribuiscono equamente in tre gruppi:


1)     entrambi i coniugi sono religiosi praticanti (I1 e I3);


2)     uno dei due si definisce non proprio praticante (Q2 e Q3);


3)     uno dei due non è affatto praticante (I2 e Q1).


Vediamo che le coppie facenti parte del primo gruppo festeggiano le feste di entrambe le religioni, cercando di attribuire pari dignità alle due culture e religioni; i figli sono sia battezzati sia circoncisi, la loro educazione religiosa è cattolica ma in piena libertà, concedendo tempo anche agli insegnamenti del padre. Nel secondo gruppo invece abbiamo due atteggiamenti diversi: Q2D si definisce non proprio praticante, mentre suo marito lo è; essi hanno deciso di annullare le manifestazioni religiose di entrambi, auspicando per il figlio che sta per arrivare una forma di religiosità laica. Totalmente diversa la scelta della coppia Q3: lui musulmano non proprio praticante, lei invece cattolica a tutti gli effetti, hanno deciso di rispettare entrambe le tradizioni; le due figlie portano nomi arabi, ma sono state educate al cattolicesimo. Infine nel terzo gruppo abbiamo due casi analoghi ma inversi: nella prima coppia I2U dice di non aver mai pregato, nemmeno quando viveva in Marocco, di conseguenza non festeggia con la sua nuova famiglia le feste musulmane, anche se dice di aver raccontato alla moglie in che modo esse andrebbero festeggiate, e N-BI viene educato religiosamente dalla mamma; nella coppia Q1 invece è lei a non praticare la religione cristiana cattolica, anzi, dice di aver da poco abbracciato l’Islam: la conseguenza logica è che tra di loro si festeggino solo le feste musulmane (anche se condividono quelle cristiane con la famiglia di Q1D) e il piccolo N-AR venga educato all’Islam.


         Per quanto riguarda l’eventuale trasferimento nel paese d’origine dei mariti, tutte a parte Q1D hanno espresso il desiderio di rimanere in Italia, in questo concordano anche i loro mariti. I3D sarebbe però disposta ad alternare periodi in Senegal; interessante è stata la loro ipotesi di poterci andare definitivamente una volta in pensione. Le motivazioni date da tutte le cinque donne che hanno espresso il desiderio di rimanere nel Paese natale sono il lavoro, gli affetti e le abitudini in generale. Solo I1D e I2D hanno dichiarato che un eventuale trasferimento avrebbe messo in difficoltà la pratica della loro religione:


Le chiese in Marocco ci sono, ma l’atmosfera è decisamente diversa. Poi per una donna è più difficile accettare questi cambiamenti. (I1D)


 


Vita di coppia


Devo dire con grande sorpresa che le nostre sei coppie stanno affrontando le loro differenze culturali e religiose con grande serenità, almeno questa è stata la mia impressione. Credevo che le differenze innanzitutto esistessero, inoltre che fossero piuttosto profonde. Dalle interviste è invece emersa una grande intesa e affinità non solo caratteriale, ma anche culturale. Probabilmente, stando a quanto affermato da loro stessi, questo è dovuto al fatto che alcuni dei coniugi maschi si sono trasferiti in Italia quando ancora erano ragazzi. Alla domanda “credete ci siano differenze più o meno profonde tra la visione cattolica e musulmana del matrimonio?” le risposte negative sono state ben 7 su 12 (I1, Q1U, Q2 e Q3). Inoltre alcune risposte affermative mettevano ben in chiaro che le diversità erano solo teoriche, ma non erano realmente presenti nel loro matrimonio: Q1D si è soffermata sulla sacralità e indissolubilità del matrimonio cristiano, che differisce dalla natura contrattuale di quello musulmano in cui si può lecitamente divorziare; I2 affermano che in teoria le differenze riguardano il rapporto uomo-donna, che nell’Islam prevede la superiorità del primo sulla seconda, e la poligamia, la cui pratica in Marocco sta però diminuendo fino a scomparire. L’unica coppia che ha approfondito l’argomento anche riferendosi al proprio matrimonio è I3: I3D oltre alla diversità della festa del matrimonio, le spese che le famiglie devono sostenere per questa festa e in generale il suo carattere contrattuale, ha notato un diverso rapporto con la famiglia d’origine. Crede infatti che suo marito sia molto più legato alla sua famiglia in Senegal e che verso di essa nutra ancora degli obblighi morali, ad esempio quello di mandarle periodicamente dei soldi. Questo atteggiamento di I3U non trova una netta opposizione da parte della moglie, I3D preferirebbe però mettere al primo posto anche economicamente la loro nuova famiglia, soprattutto quando arriveranno dei figli.


         Nelle ultime domande del questionario/intervista si chiedeva di elencare e spiegare le difficoltà incontrate nella vita di coppia a causa delle differenze culturali e religiose. Anche in questo caso le risposte sono varie, ma nessuna ha segnalato ostacoli insormontabili. I1U, I2, I3U, Q1, Q2U, Q3U dichiarano di non aver incontrato difficoltà legate a queste cause. Significativa la risposta di Q1D:


In alcuni momenti, ci sono stati scontri più o meno violenti, di origine caratteriale, che hanno portato ad una certa chiusura al dialogo da parte di entrambi, ma che sono stati superati e andati sempre più scemando, grazie ai sentimenti provati l’uno verso l’altra. Vorrei precisare che tra me e lui non ci sono mai state battaglie per conquiste religiose e/o di ruolo da fare, ma solo battaglie per crescere e migliorarci reciprocamente come esseri umani nel rispetto delle proprie dignità. In fondo, entrambi ci battiamo per gli stessi ideali, seppure con mezzi diversi in quanto siamo (grazie a Dio) sessualmente diversi.


 


Insomma si tratta di diversità caratteriali, non certo culturali o religiose. I1D, invece, così commenta il suo matrimonio:


Non ho avuto grosse sorprese…solo all’inizio, ma niente di grave, ho avuto un po’ di difficoltà col Ramadan. Io mangiavo e lui no…insomma mi sentivo un po’ in imbarazzo, ma lui mi diceva “mangia!”…però poi mi sono abituata. Per il resto nessun problema, anche perché lui è uscito dal Marocco che aveva 18 anni…quindi ha preso la mentalità di qui…ma è sempre stato uno libero anche là.


 


I3D ribadisce la sua difficoltà con il legame del marito con la famiglia d’origine:


sarà forse difficile fargli capire che quando arriveranno i figli ci saranno ancora più spese…I figli devono venire prima della famiglia d’origine!


 


I3U ammette che in Senegal sia molto forte il senso di dover ringraziare la famiglia per i sacrifici fatti, ma egli riconduce questo suo atteggiamento alla povertà del suo Paese più che ad un fattore culturale. Riportiamo infine gli ultimi due commenti di Q2D e Q3D, che sottolineano il bisogno di dialogo e disponibilità a comprendersi:


Credo che il mio matrimonio sia buono e riuscito e risposerei di nuovo mio marito. Credo però che le differenze culturali e religiose, che pure io e mio marito cerchiamo di smorzare il più possibile, rendano certe cose più delicate, nel senso che non si possono dare per scontate tante cose come in un matrimonio monoreligioso e monoculturale. C’è quindi bisogno di più dialogo, pazienza e apertura.[…] Non vere e proprie difficoltà, ma piuttosto il bisogno maggiore di confrontarsi con abitudini, riti religiosi differenti ecc. Tutto ciò comporta ovviamente un maggiore sforzo e un maggiore impegno da parte di entrambi. Inoltre, a volte mi è dispiaciuto non poter condividere con mio marito certe “usanze religiose” e non poter capire più di tanto le sue.(Q2D)


 


Le difficoltà che ho incontrato sono: essere sempre disponibili ad accogliere e ospitare gente anche sconosciuta, sentirsi un po’ sola nelle attivita’ per i figli (non sempre sono comprensibili), lasciare buoni spazi di contatto con la famiglia di origine, non creare troppe differenze tra i contatti con le famiglie, ci sono dinamiche difficili da comprendere. (Q3D)


 


Concludiamo citando le “ricette” che queste coppie darebbero (e che in alcuni casi si sono trovati realmente a dare) a due fidanzati islamo-cattolici che vorrebbero sposarsi:


Io le direi di stare attenta…poi dipende da che persona trovi. I veri problemi nascono poi con i figli, ma per noi non ce ne sono stati perché ci siamo messi d’accordo prima, quindi…(I1D)


 


È già capitato di dover dare dei consigli… stai attenta perché la maggior parte vuole la cittadinanza o regolarizzare il permesso di soggiorno. (I2U) 


 


Avere coraggio e fede in Dio e vivere nella luce. (Q1D)


 


Essere il più possibili aperti all’altro e soprattutto rispettare la sua individualità, cosa non sempre facile credo per nessuno.(Q2D)


 


Essere tolleranti. (Q2U)


 


Trovare un buon equilibrio personale interiore, avere molti amici veri intorno, non fare figli in fretta. (Q3D)


 


 


2.2 Conflitti con l’esterno


Il fenomeno delle coppie miste non è affatto nuovo, ma non possiamo nemmeno ritenerlo del tutto metabolizzato. Certo è che nel corso degli anni la mixité, ovvero il fattore che determina la natura mista di un’unione, è cambiata: se fino agli anni ’60 la classe sociale costituiva l’elemento più influente per l’eterogeneità di una coppia, a partire dagli anni ’80, con le prime consistenti migrazioni internazionali, hanno preso piede altri fattori come la nazionalità, l’etnia, la religione. Nonostante il decisivo aumento delle unioni miste nel corso dell’ultimo ventennio, parte dell’opinione pubblica italiana rimane tuttora perplessa al riguardo.


Le coppie islamo-cattoliche prime fra tutte destano particolare stupore, se non addirittura diffidenza. Un ruolo decisivo credo l’abbiano avuto i recenti episodi terroristici di matrice islamica, che hanno portato alla  seguente falsa transazione logica: un musulmano è necessariamente un islamico, un islamico non può che essere un fondamentalista, un fondamentalista è quasi sicuramente un terrorista.[26] Sembra assurdo parlare di generalizzazioni così banali nel ventunesimo secolo, eppure in un qualsiasi dibattito che affronti l’argomento “Islam”, sia che avvenga fra “gente comune”, sia che avvenga fra politici in TV, l’impressione è che buona parte dei partecipanti alla discussione insinui proprio questo. Ciò è dovuto ad una disinformazione generale e senza dubbio al ruolo che giocano, spesso in maniera subdola, i mass media.


Le sfide che le coppie miste in generale, non solo quelle islamo-cattoliche, spesso si trovano ad affrontare si possono così riassumere:


v     nei confronti delle regole matrimoniali del gruppo di riferimento (esogamia contro endogamia);


v     nei confronti delle identità collettive dominanti (quella nazionale e/o religiosa difesa dallo stato di appartenenza e di accoglienza) attraverso la definizione plurale dell’identità, che contraddice modelli identitari unici, statici e monolitici;


v     nei confronti dei pregiudizi e degli stereotipi sociali;


v     nei confronti di leggi, costumi e tradizioni che riguardano ad esempio le relazioni interpersonali e quelle di genere.[27]


Nel paragrafo 2.2.1 approfondiremo l’esperienza delle nostre coppie in riferimento all’accoglienza ricevuta dalle famiglie d’origine, dagli amici e più in generale dalla società. Ora però vorrei soffermarmi sulle due comunità religiose, musulmana e cristiana cattolica. Abbiamo già avuto modo di appurare che il matrimonio islamo-cattolico è lecito per entrambe le religioni, ma ciò non vuol dire che esso venga incoraggiato. Qual è allora la posizione presa in merito dall’islam ortodosso e dalla Chiesa? Quali le loro motivazioni?


 


L’opinione dell’islam ortodosso     


Per valutare quale sia l’opinione dell’Islam ortodosso ho intervistato lo šaikh della moschea di via Corsica (Brescia), Abdul Haqq, trentenne yemenita che mi ha accolto con grande disponibilità e gentilezza. L’intervista è stata eseguita in lingua italiana, grazie alla presenza di un traduttore,[28] ed è durata circa tre quarti d’ora. La parte in arabo non verrà trascritta di seguito, ma sarà solo rappresentata dalle parentesi quadre.


Com’è visto dall’Islam il matrimonio tra un uomo musulmano ed una donna cattolica che viene celebrato in chiesa, con il rito interreligioso?


 


[…]Lo šaikh dice che è possibile farlo in chiesa perché le quattro cose essenziali sono quasi uguali per musulmani e cattolici: la prima è che deve essere presente il padre o la madre, la seconda due testimoni, la terza è accettarsi a vicenda, il consenso, e la quarta cosa la dote per la donna…quindi, senza fare il segno della croce si può. [...] Ha aggiunto una cosa, che se il maschio è un musulmano e la femmina è una cattolica ha il diritto il prete di fare il segno della croce sulla cattolica e dopo il matrimonio quando la donna deve andare in chiesa per le sue preghiere, l’uomo musulmano ha il dovere, è obbligato ad accompagnarla. […]L’islam garantisce la libertà di religione, per tutte le religioni, però protegge anche i musulmani che non devono fare cose che non dovrebbero per far contenti gli altri…e viceversa.


 


Nelle coppie miste che ho intervistato, alcuni hanno detto di esser stati accusati dagli amici musulmani perché hanno scelto a torto di sposarsi in chiesa. Stando a quanto detto prima però non c’è nulla di sbagliato a sposarsi in chiesa?


 


[…]Eh, sì eh, mi sa che hanno sbagliato loro! Per  tutelare la signora che è cattolica…perché un maschio non deve avere un protettore, la donna sì. Se la signora è musulmana no, ma se è cattolica ha il diritto…[…]Allora, diceva, meglio farlo in moschea il matrimonio, ma se per esigenze la sposa insiste e ci tiene, e ci tiene tantissimo a farlo in chiesa è possibile farlo, però con degli accordi prima del matrimonio con il prete di non fare il segno della croce sul musulmano, può farlo solo sulla cattolica. A questo patto qua si potrebbe fare.


 


Ma il rito misto si potrebbe fare anche in moschea con presente anche la parte cattolica, tipo il prete che officia per la parte cattolica?


 


[…]Allora in moschea, se deve fare il rito della croce sulla sposa può farlo, ma non potrà attaccarlo nella stanza dove i musulmani fanno la preghiera…sui muri della moschea no, ma se deve fare solo il segno della croce su lei allora può.


 


Secondo l’Islam l’uomo deve educare i propri figli alla propria religione, quindi nella nostra ipotetica coppia i figli dovrebbero essere educati all’Islam. E se non lo facessero, come ho potuto verificare intervistando alcune coppie miste, come verrebbero considerati dall’Islam?


 


[…]Allora l’Islam obbliga il padre di insegnare al figlio la religione islamica, ma non può vietarlo, proibirlo di seguire anche le altre culture, non può proibirlo. Ha aggiunto lo šaikh che insegnando la religione islamica, crescendo con l’Islam, andrà a incontrare in un punto in comune il cattolicesimo anche senza volerlo perché dell’Islam fai insegnare il principio: adorare, rispettare la madre, il padre, i principi umani che non sono molto distanti tra l’Islam e il cattolicesimo…non è molta differenza. Quindi bisognerebbe educarlo all’Islam ma non chiudere tutte le altre finestre del mondo, ma vedere che crescendo sceglierà la sua strada.


 


E questo “non chiudere le porte alle altre culture”, significa che si possono insegnare solo i principi dell’altra religione oppure significa che si possono fare anche il battesimo e gli altri sacramenti?


 


[…]Ha detto che praticamente è meglio lasciarlo così com’è, però se questo diventa un problema che potrebbe creare il divorzio tra le coppie, meglio farlo fare il battesimo per conservare la coppia, perché se la coppia dovrebbe dividersi per questo problema lui andrà perso ugualmente…e sicuramente. Allora non si potrebbe farlo, ma è meglio farlo fare questo battesimo e tenere la coppia unita, dargli…non obbligarli a studiare solo l’Islam, dargli i principi della vita dell’Islam che non vanno molto distanti da quelli cattolici. […] Lui  diceva che educare il figlio sull’Islam, non vuol dire obbligarlo a studiare solo l’islam, ma già educandolo all’Islam andrà in contro non soltanto al cattolicesimo ma anche alle altre religioni…perché nell’Islam abbiamo, come voi avete i dieci comandamenti, noi abbiamo: amare il prossimo, non rubare, non dire bugie, non tradire…tutte queste cose qua non penso che qualsiasi altra religione le neghi.


 


Però quando un musulmano decide di sposare una cattolica deve accettare, e parlo del rito cattolico, che la parte cattolica dichiari di fare tutto ciò che è in suo potere per educare i figli al cattolicesimo…questo non va contro i principi dell’Islam? E qui non parliamo di una coppia già sposata, che deve conservare la propria unità.


 


[…]Allora, in natura in maggioranza un musulmano sposa una musulmana e un cattolico sposa una cattolica, però se c’è coppia mista si fa solo sull’accordo: se c’è accordo non c’è nessun problema. […]Se c’è l’accordo tra le due coppie, non c’è problema…perché i principi sono quasi uguali, in partenza…poi quando è grande il bambino può scegliere. La chiesa e la moschea non può entrare nella famiglia a vedere cosa succede: sono loro che devono decidere. Il figlio guarderà il comportamento del papà e quello della mamma…crescendo può scegliere.


 


 


Per quanto riguarda la donna musulmana, sappiamo che nel Corano c’è un’indicazione esplicita sul divieto che ha di sposare un uomo che non sia musulmano. Vorrei mi spiegaste i motivi.


 


 


[…]Il contrario non si può, per dei motivi. I motivi è che in principio, da sempre è sempre il maschio che decide per la famiglia…adesso la famiglia moderna, le decisioni si prendono in due, quella più giusta, ma una volta non era così. Alché che l’Islam va incontro alle altre religioni, che sia cristianesimo o ebraismo…e accetta che Gesù è un grande profeta come Maometto, accetta che Mosè…ma loro non accettano il nostro Maometto un profeta…Alché che il maschio decide…[…] Mi sta spiegando che decide per la famiglia, ma non è questione di dittatura o dare ordini: ha detto che la macchina non si può guidarla in due…è una questione amministrativa, capito, decidere e, diciamo, è più portato magari il maschio. Alché se il maschio è cattolico e ha lui l’amministrazione, non va incontro alla donna musulmana, perché non accetta Maometto…Invece il contrario è diverso.


 


Quindi se una ragazza musulmana che si è innamorata di un cattolico viene in moschea a chiedere un consiglio, cosa le direste?


 


[…]Lui diceva che l’amore da noi non è assolutamente proibito, però l’amore deve portarti a un risultato. Tu non puoi innamorarti di una persona sposata con i figli e dici io lo voglio e lo voglio! Quindi per prevenire è meglio lasciar perdere, all’inizio puoi lasciare, ma quando sei dentro diventa un problema. Noi ci innamoriamo per un frutto, cioè alla fine devi avere un frutto…se sai benissimo che non puoi arrivare a quell’uomo là è inutile cominciare la storia che è destinata a finire.


 


Esistono qui in moschea percorsi specifici per coppie miste già sposate, che possano dare consigli e seguire da vicino queste famiglie?


 


Sì, sì, da sempre.


 


L’opinione della Chiesa


Di seguito verrà riportata l’intervista effettuata a Padre Stefano Dubini, responsabile dell’Ufficio Migranti della Diocesi di Bergamo. Per questioni di tempo si è preferito comunicare via e-mail; la conseguenza naturale è una certa contrazione espressiva, caratteristica dello scritto. Le risposte saranno quindi piuttosto brevi ma comunque esaustive.


Nelle indicazioni del Card. Ruini "I matrimoni tra cattolici e musulmani in Italia", viene dichiarata la tendenza a scoraggiare, o comunque a non incoraggiare tali matrimoni. Questo giudizio si è creato in base all'esperienza vissuta in questi anni, oppure si basa su presupposti teorici? Quali?


 


Certamente la “fragilità” di un matrimonio per disparità di culto, che poi è anche differenza culturale,  è testimoniata dalla esperienza. Il presupposto teorico è legato alla irriducibilità del problema dell’educazione dei figli, argomento al quale risponderò nelle prossime domande.


 


A questo riguardo, ho sentito parlare del dovere della Chiesa di "tutelare" la fede della parte cattolica. Non crede che un adulto sia in grado di gestire da solo la sua vita di fede?


 


Questa “tutela” va intesa prima di tutto come richiamo di verifica della fede, avvertimento delle conseguenze a cui si potrebbe andare incontro e invito alla ponderazione della scelta: in una parola è un invito a un cosciente discernimento, perché un passo così importante non sia compiuto in modo superficiale.


 


La parte cristiana che contrae un matrimonio di questo tipo è "in piena regolarità" per la Chiesa? So infatti che questo matrimonio non è un vero sacramento, poiché potrebbe esserlo solo tra due battezzati.


 


Sì, è riconosciuto dalla Chiesa, pur non essendo vero sacramento. La parte cattolica può accedere all’Eucaristia e ai Sacramenti.


 


Per l'Islam i figli devono seguire la religione del padre; per poter contrarre il matrimonio per disparitas cultus la parte cattolica deve dichiarare di fare tutto ciò che è in suo potere per crescere i figli nella Chiesa cattolica. Non crede sia una situazione irrisolvibile per due praticanti? Che consiglio darebbe a una coppia di questo tipo?


 


Se le condizioni sono così definite, in piena coscienza consiglio di non procedere al matrimonio. Due persone in queste condizioni possono rimanere amiche con un grandissimo rispetto reciproco, viceversa da coniugi sarebbero in conflitto continuo.




 


Come vengono considerate dalla Chiesa le coppie che nonostante le dichiarazioni fatte prima del matrimonio, decidono di non educarli a nessuna religione (magari trasmettendo solo i principi generali di entrambe) di modo che possano scegliere gli stessi figli una volta cresciuti?


 


Beh, sicuramente vengono meno alle promesse fatte nel matrimonio…la stessa situazione potrebbe presentarsi anche per due genitori cristiani non praticanti che scelgono di non educare i figli nella Chiesa cattolica, nonstante durante il rito abbiano espressamente detto “sì” alla richiesta del sacerdote in cui chiede ai nubendi di essere disposti ad accogliere i figli che Dio vorrà mandar loro e di educarli nella Chiesa cattolica.


 


E le coppie che li educano ad entrambe?


 


A mio parere è un’ipotesi irreale: si può e si deve educare al rispetto di tutte le fedi ma non si può praticarne più di una.


 


Crede che la Chiesa si occupi abbastanza di queste coppie? Soprattutto dopo il matrimonio, con l'arrivo dei figli, potrebbero sorgere delle questioni delicate. Esistono dei percorsi post-matrimoniali appositamente per loro?


 


Percorsi di questo genere sono suggeriti e auspicati. Di fatto non saprei quanto queste coppie possano essere accompagnate. In ogni caso dipende anche da loro. Chiedo scusa per la stringatezza delle risposte, ma il tema è evidentemente difficile. Poi ogni caso va valutato uno per uno.


 


2.2.1 Esperienze di vita


Vediamo ora le difficoltà che le nostre sei coppie hanno dovuto affrontare nel mondo esterno. Cominciamo con l’opinione che secondo loro gli italiani hanno sulle coppie miste. La risposta più comune è “perplessità ed incertezza” anche se è chiara la distinzione tra giovani e meno giovani: i primi infatti sono più aperti e quindi più predisposti ad accettare con tranquillità queste coppie; i meno giovani invece sono legati agli stereotipi del loro tempo e di conseguenza meno tolleranti. In generale però nessuno ha subito forme di discriminazione palese, a parte la coppia I1 che non sapeva fosse possibile il matrimonio interreligioso:


Il parroco, che era anziano, non voleva che ci sposassimo in chiesa, infatti non ce l’ha spiegato…L’abbiamo saputo solo con l’arrivo del nuovo parroco, dopo sette anni che eravamo sposati civilmente…dopo che i figli erano già nati. (I1D)


 


È nelle famiglie, soprattutto in quelle italiane, che troviamo le resistenze maggiori, principalmente a causa della diversa religione del partner.


Mia madre mi ha contrastato molto più di mio padre, essendo lei cattolica praticante, a differenza di mio padre, dimostratosi sempre schivo dalle pratiche religiose.(Q1D)


 


Un po’di problemi ci sono stati con i miei…ma si sono risolti subito perché hanno visto che era una brava persona. (I1D)


 


Anche Q2 e Q3 hanno vissuto la stessa situazione: male all’inizio, ma poi col tempo hanno capito. Per la famiglia di I3D è stato un po’ diverso: lei usciva da una storia con un ragazzo che era già entrato in famiglia; finché con I3U è stata amicizia andava tutto bene, ma nel vedere che la loro relazione si stava trasformando in qualcosa di più profondo per i genitori di I3D sono scattati i primi allarmi. Il problema era più legato a questa situazione: i suoi genitori credevano fosse troppo presto per lanciarsi in un’altra storia d’amore. Fu solo in seguito che nacquero i primi dubbi sul “colore” e sulla religione di I3U, ma ora è acqua passata:


All’inizio qualche titubanza, magari per paura di perdere la figlia…che vada in Senegal, ma ora non c’è nessun problema.(I3U)


 


L’unica che non ha opposto alcuna resistenza è stata la famiglia di I2D:


Noi ci siamo conosciuti ai giochi senza frontiere dell’oratorio…A lui hanno rubato i documenti e io l’ho aiutato a ritrovarli. Poi ci siamo rincontrati a ballare latino americano…e da lì è nata un’amicizia. Quindi i miei l’hanno conosciuto ancora quando era solo amico, quindi non hanno avuto problemi ad accettarlo.


 


Tutte le famiglie degli uomini sono state decisamente più accoglienti; di seguito le risposte più articolate alla domanda “come ti ha accolto la famiglia di tuo marito?”:


Benissimo. Quando siamo stati in visita presso di loro, hanno fatto di tutto per mettere me e la mia famiglia a proprio agio, anche proponendo di accompagnarci nella chiesa della loro città, Alessandria d’Egitto, per ascoltare la Messa domenicale. (Q1D)


 


Mia mamma aveva già pensato a una musulmana per me, ma in piena libertà… quando ha saputo che volevo sposare un’italiana non ha fatto storie..(I1U)


 


Molto bene, anche se all’inizio del digiuno del mese di Ramadan mi chiedeva affettuosamente se anche io avrei digiunato.(Q2D)


 


Un’accoglienza piuttosto positiva la troviamo tra gli amici di entrambi. Tra coloro che non hanno reagito subito benissimo, ma che col tempo hanno accettato e ben accolto la situazione, troviamo la testimonianza di Q1D e Q3D. I2U dichiara che alcuni amici musulmani cercano tuttora di convincerlo a convertire la moglie; I3U sottolinea invece una reazione un po’ più forte:


Non sopportano che mi sia sposato in chiesa e che accompagni in chiesa mia moglie alle feste grandi…Non tanto perché è bianca: tutti i presidenti senegalesi sono sposati con donne bianche e cattoliche…Ma proprio perché entro in chiesa.


 


Tutte le altre coppie non hanno invece trovato titubanze di alcun tipo. Per quanto riguarda le comunità religiose, possiamo dire che tutti i musulmani si sentono in regola perché l’Islam consente il matrimonio con una cristiana. L’unica perplessità è espressa da I3U che afferma:


Forse i marabù (gli imam e i fuqaha’[29] senegalesi) vorrebbero la conversione di lei.


 


Anche le donne cristiane hanno manifestato di sentirsi accolte come parte integrante della Chiesa, a parte Q1D che dice di essere considerata “in pericolo di fede”, e mi sembra normale visto che lei stessa ha affermato di aver abbracciato l’Islam.


Degne di attenzione sono le critiche che alcune donne cristiane hanno lanciato alla pastorale della Chiesa che si occupa dei matrimoni interreligiosi:


L’unica cosa che non mi è sembrata giusta è che c’era l’obbligo di due testimoni italiani per lui, e l’obbligo dell’educazione dei figli al cattolicesimo…mio marito invece non mi ha fatto firmare niente, capito? (I2D)


 


I preti si interessano solo dell’atto del matrimonio, poi non continuano a seguirli. (I3D)


 


La Chiesa potrebbe organizzarsi meglio, aprendosi di più alle altrui religioni e mostrando un atteggiamento meno di superiorità rispetto alle altre fedi. Lo stesso difetto credo che ce l’abbiamo anche le comunità musulmane. (Q2D)


 


Non occuparsi solo di burocrazia ma seguire le coppie che evidenziano disagi anche quelle non miste con gruppi, colloqui, o solo tanta sensibilità. (Q3D)


 


Credo che le varie diocesi che non hanno ancora attivato percorsi post-matrimoniali per le coppie miste debbano accogliere questi come consigli preziosi su cui lavorare in futuro. Per quanto riguarda invece il modo in cui si occupano di queste coppie le varie comunità musulmane locali, abbiamo da parte di quasi tutti gli uomini il parere che si possa fare di più. È da considerare però che alcuni non frequentano la moschea più vicina per incomprensioni avute con alcuni suoi frequentatori; altri non hanno la possibilità fisica di poterci andare: a Salerno ad esempio non c’è una vera e propria moschea, ma una comunità che si occupa prevalentemente della preghiera del venerdì. Nella moschea di Brescia invece abbiamo visto che sono attivi dei corsi per coppie miste, anche se non ho approfondito in che modo si svolgano gli incontri. Il mio auspicio è che da entrambe le comunità ci sia in futuro sempre più attenzione e collaborazione per seguire al meglio queste coppie.


 


 



CAPITOLO 3:


L’EDUCAZIONE RELIGIOSA DEI FIGLI


 


La nascita dei figli rappresenta un momento importante ed estremamente delicato per qualsiasi coppia, ma per una coppia interreligiosa questo evento comporta un ulteriore sforzo per entrambi i partners: quale cultura e religione trasmettere ai propri figli? Le possibilità potrebbero essere le seguenti:


Ø      i figli vengono educati ad una delle due religioni;


Ø      i figli vengono educati ad entrambe le religioni;


Ø      i figli non vengono educati ad alcuna religione: sceglieranno loro una volta cresciuti.


Quanto appena elencato può essere tradotto dal punto di vista sociologico, seguendo la classificazione dell’Osservatorio Familiare di Reggio Emilia, nella seguente tipologia di famiglie:


Ø      gruppo cosmopolita: i genitori cercano di valorizzare entrambe le culture e religioni, rimandando le scelte importanti all’età in cui il figlio potrà decidere da solo (allargamento del possibile e mediazione);


Ø      gruppo assimilato alla maggioranza: i coniugi cercano di accantonare la cultura del genitore straniero per proteggere il figlio da eventuali discriminazioni (assimilazione);


Ø      nucleo instabile e in continua tensione: i genitori vivono situazioni di conflitto per ogni scelta educativa del figlio, poiché non riescono a considerare con egual importanza entrambe le culture (affermazione culturale esercitata da entrambi).


Nell’Islam la prole segue la religione del padre ed è proprio per questo che un uomo può sposare una donna ebrea o cristiana, mentre la donna non può che sposare un musulmano. Sappiamo anche che per ottenere dispensa di disparità di culto nel matrimonio canonico, la parte cattolica deve dichiarare di fare tutto ciò che è in suo potere per educare i figli nella Chiesa cattolica e la parte musulmana deve accettare questa dichiarazione. Sembra quindi di essere di fronte ad un vicolo cieco: se i partners sono entrambi praticanti, come possono risolvere la questione?


         Prima di andare a scoprire le scelte attuate dalle coppie intervistate, vorrei soffermarmi su alcuni aspetti teorici che cercano di indagare in che modo le coppie miste possono influire positivamente sullo sviluppo culturale e religioso dei propri figli.


 


            3.1 Aspetti sociologici e psicologici


La socializzazione è quel processo tramite il quale un individuo impara a svolgere dei ruoli, a condividere significati con altri, a rispondere e anticipare le loro aspettative, a interiorizzare norme, valori, sistemi di pensiero.[30] L’agenzia di socializzazione primaria[31] è la famiglia, che ha il compito non solo di dar vita alle nuove generazioni, ma anche di trasmetter loro la cultura, intesa come insieme di valori, tradizioni e modelli di comportamento. La naturalezza e semplicità di questo processo viene messa in discussione quando in una famiglia si hanno due bagagli culturali diversi. Ciascuna cultura infatti propone un differente "programma" di comportamento e pertanto fornisce orientamenti diversi per la socializzazione.[32] In che modo allora si caratterizza la socializzazione dei figli di coppie miste? B. Ghiringhelli,  basandosi sulle strategie educative citate in precedenza, risponde in questo modo:


Una scelta educativa piuttosto che un’altra sta a significare la valorizzazione o meno dei mondi di provenienza di entrambi i genitori. Vissuto e interiorizzato nell’infanzia, il proprio modello familiare agisce come referente inevitabile per l’adulto che diventa sposo o genitore. La famiglia interculturale quando non distrugge un modello a vantaggio esclusivo dell’altro, può diventare creatrice di modelli inediti.


 


Vediamo che il carattere interculturale di una famiglia può essere visto come stimolo alla creazione di modelli culturali inediti. Il figlio non deve sentirsi obbligato ad appartenere in tutto all’uno o all’altro ceppo culturale: i genitori che riescono a gestire le loro differenze in modo sereno, senza rinunciare alla valorizzazione di entrambi i vissuti, danno modo ai figli di poter cogliere gli aspetti delle due culture più consoni alla loro personalità e sensibilità. Con questo voglio intendere che l’identità individuale è sì condizionata da cultura, religione ed etnia, ma non ne è prigioniera.[33] Alcuni autori credono che l’identità debba essere considerata come “essenza”, e quindi come una realtà preesistente che deve essere solamente colta o lasciata emergere; altri credono invece che sia una pura “costruzione” e che quindi possa essere scelta. Io credo piuttosto che sia in parte l’una e l’altra cosa: dai genitori si ricevono gli stimoli, le provocazioni che il singolo poi elabora secondo le proprie capacità ed attitudini.


Per quanto riguarda l’educazione religiosa, il discorso sembra farsi un po’ più complicato: se da una cultura si possono assimilare alcuni aspetti e tralasciarne altri, la scelta della religione sembra essere invece più esclusiva. Solitamente infatti si considera appartenente ad una determinata religione colui che pratica o cerca di praticare il più possibile i principi e le indicazioni della stessa. Certamente la religiosità è indipendente dal fatto che uno aderisca in tutto, in parte o per niente ad una religione, poiché esistono forme di religiosità indipendenti, che non aderiscono a nessun credo in particolare. Il vero problema che spetta ai genitori è una questione di priorità, scelta strettamente riservata ai coniugi e che pertanto non sarà sottoposta a giudizio: è indispensabile trasmettere ai figli almeno una delle due forme religiose, oppure basta passar loro il senso di Dio e i principi morali che hanno in comune le due religioni e lasciare l’eventuale scelta agli stessi figli quando avranno le capacità per farlo? Per poter procedere è necessario rispondere prima ad un’altra domanda: le scelte educative dei genitori influiscono significativamente sui comportamenti religiosi dei propri figli, oppure la religiosità è una realtà innata e quindi una volta raggiunta la maturità necessaria il figlio sceglie senza alcun condizionamento parentale? La psicologia della religione ci offre diverse visioni al riguardo. Freud in un’opera del 1910[34] aveva così argomentato l'incidenza del complesso parentale nel comportamento religioso infantile:


La psicanalisi ci ha insegnato a riconoscere l'interconnessione esistente tra il complesso paterno e la fede in Dio; ci ha indicato che il Dio personale non è altro, psicologicamente parlando, che un padre innalzato, e ci pone ogni giorno sotto gli occhi i casi di giovani che perdono la fede religiosa appena crolla in loro l'autorità paterna. Nel complesso parentale noi riconosciamo la radice del bisogno di religione: il Dio onnipotente e giusto, la natura benigna, ci appaiono come grandi sublimazioni del padre e della madre, anzi repliche e reintegrazioni delle immagini che il bambino piccolo ha di entrambi. (...)


 


E ancora:


Dalla ricerca psicoanalitica condotta sul singolo individuo risulta con particolare insistenza che il Dio si configura per ognuno secondo l'immagine del padre, che il rapporto personale con Dio dipende dal proprio rapporto con il padre carnale, oscilla e si trasforma in lui, e che in ultima analisi, il Dio altro non è che un padre a livello più alto.[35]


 


Freud riconduce l’incidenza parentale al complesso Edipico: il bambino ha bisogno di un’immagine dilatata del padre, a cui riferire il suo bisogno di superare il sentimento di colpa che prova nei riguardi del padre terrestre.[36] Al di là del complesso Edipico, dal pensiero del fondatore della psicoanalisi possiamo dedurre che il ruolo dei genitori è fondamentale per la formazione del senso religioso dell’infante, proprio in base all’immagine che quest’ultimo ha di loro. Procedendo nell’analisi dell’incidenza parentale sulla religiosità effettiva dei figli, portiamo ad esempio il pensiero dello psicologo umanistico Allport, che così commenta:


Non si tratta semplicemente di un atteggiamento di dipendenza, di un rivivere situazioni tipiche della famiglia e dell'ambito culturale in genere (...) nella sua maturità il sentimento religioso è la sintesi di questi e di molti altri fattori, costituenti tutti un atteggiamento comprensivo la cui funzione è di porre in rilievo l'individuo con la totalità dell'essere.[37]


 


Secondo Allport[38], la religione soggettiva si determina in funzione di quattro elementi da cui trae la sua origine costitutiva:


Ø      dalle sue necessità corporee: la consapevolezza religiosa è avvertita solitamente nei periodi critici della vita nei quali il desiderio è più intenso. Molti sono religiosi solo nei periodi di crisi;


Ø      dal suo temperamento e capacità mentale: la realtà personale e il carattere, in particolare la tendenza ad essere malinconici o al contrario fiduciosi e ottimisti, possono incidere sensibilmente sulle credenze, gli atteggiamenti, i riti collegati a quella esperienza;


Ø      dai suoi interessi e valori psicogenici[39]: in condizioni di paura, di malattia, lutto, colpa, privazione, insicurezza, si ricerca abitualmente il ripristino dei valori per il tramite della religione;


Ø      dalla sua ricerca di spiegazione naturale e dalla sua risposta alla cultura- ambiente: l’uomo è in continua ricerca del significato della vita e, in base alla cultura-ambiente in cui vive, cerca di dare risposte ai propri interrogativi.


Vediamo quindi che l’ambiente familiare è solo uno dei componenti costitutivi del sentimento religioso; molto dipende dalle inclinazioni ed esigenze personali. Concludo riportando il pensiero che sembra completare quanto accennato in precedenza, secondo il quale l’influenza dei genitori sullo sviluppo della religiosità infantile dipende più che altro dalla qualità del rapporto genitore-figlio, indipendentemente dall’educazione religiosa vera e propria che si decide di impartire al figlio:


 


Nella relazione primaria, dipendente da una madre gratificante che lo accoglie e lo cura teneramente, il bambino intuisce sia pure in modo ancora indistinto il senso della fiducia, della soddisfazione, dell'amore che condizioneranno in modo positivo la sua futura apertura affettiva e religiosa. Al contrario, in un rapporto madre-figlio negativo, il bambino accumula valenze aggressive, diffidenza, refrattarietà anche nella strutturazione della religiosità. Il ruolo paterno è altrettanto importante nella formazione affettiva e religiosa del bambino; è il fattore promozionale nel processo di separazione-individuazione, che contribuisce ad allentare il legame simbiotico con la madre e a rafforzare la rappresentazione di un protettore forte, proiezione futura di un padre divino. Quando il padre terreno è latitante negli affetti e nelle cure filiali, il bambino è condizionato negativamente non soltanto nella sua evoluzione psicoaffettiva, ma anche nel divenire della sua religiosità.[40]


 


Non possiamo stabilire in termini empirici quanto l’educazione impartita dai genitori influisca effettivamente sul comportamento religioso dei figli. Possiamo solo intuire che gli elementi essenziali per un sano sviluppo sociale e religioso dei figli sono la serenità del rapporto tra i coniugi e la qualità del rapporto genitori-figli. Il resto è lasciato alla libertà di ogni singolo nucleo familiare, in base alle proprie esigenze.


 


3.2 Dalla teoria alla pratica


 


Abbiamo già visto, anche se solo sommariamente, quali sono state le scelte educative per i figli delle nostre coppie. Vorrei però soffermarmi su alcuni aspetti che secondo me meritano un approfondimento. Riguardo alla scelta del nome, un avvenimento interessante a questo riguardo è accaduto alla coppia I2: essi come abbiamo appena detto hanno chiamato loro figlio con un nome biblico. C’è un accordo tra Italia e Marocco, però, che prevede che i figli nati in Italia da almeno un genitore marocchino debbano avere uno dei nomi contenuti nell’elenco previsto da tale accordo. Si tratta ovviamente di nomi arabi, tra i quali compaiono quelli ormai entrati in uso anche in Italia, come Omar e Karim. Ma la coppia ci teneva molto a dare N-BI come nome al loro figlio, nome che ovviamente non rientrava nella lista. Dopo varie vicissitudini legali, I2U ha deciso di non iscrivere il figlio al consolato marocchino: ciò implica la rinuncia alla patria potestà di N-BI e di conseguenza, in caso di divorzio, del diritto di “portarselo via”. Dalla moglie questo è stato visto come un’ulteriore prova d’amore, ma non credo sia stata una scelta sofferta per I2U, vista la sua tendenza ad assimilarsi alla cultura italiana e ad allontanarsi sempre più da quella marocchina. Un tale problema avrebbe dovuto essere affrontato anche dalla coppia I1, che però nell’intervista (precedente a quella di I2) non si era espressa al riguardo. Per chiedere chiarimenti mi sono rimessa in contatto con loro, questa volta per telefono, ed ho scoperto che hanno affrontato la stessa vicenda: per registrare la nascita dei suoi figli, I1U avrebbe dovuto cambiar loro il nome; la sua scelta è stata quella di non registrarli.


         Un altro aspetto da considerare è il bilinguismo. Le due coppie senza figli e la coppia Q1, il cui figlio ha solo due anni e mezzo, hanno manifestato l’intenzione di insegnar loro in futuro l’arabo o il senegalese (I3). Solo I2U ha dichiarato fermamente di non aver alcun interesse a trasmettere a N-BI la lingua e la religione del suo Paese. Q3U invece ha cercato di insegnare qualche frase a moglie e figlie, almeno per comunicare un po’ con la famiglia d’origine, ma queste hanno preferito per comodità farlo in francese, anche se confessano di esserne un po’ dispiaciute. I figli della coppia I1 non si mostrano molto interessati ad imparare l’arabo:


Lui magari vorrebbe anche insegnarglielo, ma loro, per adesso almeno, non mostrano quell’interesse… Solo qualche volta magari vanno da mio marito e gli dicono: dai papà insegnami l’alfabeto arabo! Oppure, dai insegnami a scrivere il mio nome! Magari da grandi, chissà, lo studieranno, ma per adesso… (I1D)


 


La mia impressione è che il bilinguismo sia piuttosto difficile da praticare nelle famiglie miste, anche se non impossibile. Nelle famiglie aventi entrambi i coniugi stranieri è normale che i figli imparino la loro lingua d’origine, a meno che entrambi i genitori si sforzino per qualche loro motivo di parlare solo italiano davanti ai figli. Altrimenti i figli imparano la lingua dei genitori in casa e l’italiano a scuola. Per i figli di coppie miste invece credo che la parte straniera sia costretta a parlare in italiano in famiglia, a meno che la parte italiana per prima si metta d’impegno ad imparare la lingua del coniuge.  È indispensabile precisare che se ci si sposasse con un francese, un inglese o uno spagnolo sarebbe decisamente più semplice praticare il bilinguismo!


         Nella tabella sopra abbiamo visto le scelte che riguardano i riti di iniziazione: il battesimo e la circoncisione. La circoncisione è vista come pratica igienica e tradizione molto forte, per questo viene praticata a priori pur non costituendo un principio vero e proprio dell’Islam. Forse per questo motivo anche se il bambino viene circonciso, non è detto che poi egli debba diventare musulmano. Il battesimo, essendo un sacramento, viene forse visto più in prospettiva di continuità, poiché attraverso di esso si entra a far parte della Chiesa. Infatti i figli delle nostre coppie che sono stati sia battezzati sia circoncisi, sono stati poi educati solamente alla religione cristiana cattolica. Mi è sembrato poi di intuire che un tale atteggiamento sia giustificato dal fatto che per rispettare la tradizione delle famiglie d’origine si abbia proceduto alla circoncisione, per poi scegliere autonomamente una volta tornati in Italia. Quando ho chiesto durante le interviste cosa pensavano le famiglie d’origine degli uomini del battesimo ricevuto dai loro figli, I1U e I2U m’hanno risposto che probabilmente nemmeno lo sapevano. Ho notato un po’ la tendenza dei due marocchini a voler tenere la famiglia d’origine fuori dalle loro scelte familiari. A questo proposito il ruolo delle famiglie d’origine non è stato determinante nemmeno nelle scelte educative delle altre coppie.


         Venendo all’educazione religiosa vera e propria, a parte le due scelte radicali delle coppie I2 e Q1 dovute all’assimilazione di uno dei due coniugi, le altre sono state varie ed interessanti. Partiamo dalla coppia I1, in cui entrambi sono praticanti. In base agli accordi presi prima del matrimonio hanno scelto di educare i figli al cristianesimo, ma, afferma lei “in piena libertà”. I due gemelli di 9 anni infatti osservano il comportamento religioso del padre e spesso fanno domande, alle quali I1U risponde con piacere. Ogni tanto pregano insieme al padre e questo non disturba affatto la madre che anzi commenta:


Sono ben felice che i ragazzi si mostrino interessati anche alla religione del padre…all’inizio gli chiedavano: come mai non mangi? Allora lui gli spiegava che era per il Ramadan. Ogni tanto pregano anche con lui…Io l’ho sempre detto, noi li educhiamo come cattolici ma se un giorno decidessero di diventare musulmani,sono liberi di farlo. (I1D)


 


Anche la coppia I3 è costituita da due praticanti, che hanno scelto di educare i figli che verranno alla religione cristiana cattolica. Su questo non ha problemi I3U:


Per evitare che poi siano discriminati è meglio che siano cattolici. In Senegal i bambini non vengono educati alla religione da subito…quindi c’è già la mentalità che i figli scelgono da grandi. Io ad esmpio sono stato cresciuto da mia nonna, che era cattolica…però poi quando sono diventato grande ho scelto io di diventare musulmano…In Senegal c’è molta democrazia. (I3U)


 


Sì, fino alla comunione li educhiamo al cattolicesimo, poi decideranno loro. (I3D)


 


Singolare la scelta della coppia Q2, costituita dal marito praticante e la moglie non proprio praticante. Sarebbe stato più logico che i figli crescessero da musulmani, invece questa coppia ha scelto di annullare qualsiasi espressione religiosa:


Vorrei educare mio figlio a una forma di religiosità laica, il più possibile priva di riferimenti a riti e usanze religiose che ritengo poco adatte a un autentico rapporto religioso, indipendentemente dalla religione. (Q2D)


 


Qui non si tratta di creare una situazione equa in cui nessuna religione prevalga sull’altra; in questo caso sembra proprio che entrambi (visto che la stessa risposta è stata utilizzata anche dal marito) ritengano che l’aderire all’una o all’altra religione sia in un certo senso inopportuno, anche per loro stessi. Evitano infatti di celebrare le feste religiose in famiglia, sia quelle cristiane sia quelle musulmane. Mi chiedo allora perché Q2U abbia dichiarato di essere praticante. Mi sarebbe piaciuto approfondire questo discorso in un’intervista a quattrocchi, ma non mi è stato possibile per via della distanza.


La coppia Q3 sembra invece aver seguito una certa logica: essendo solo lui il “non proprio praticante”, le due figlie sono state educate alla religione della madre. La non avvenuta circoncisione credo dipenda solo dal fatto che siano entrambe femmine, infatti Q3D ha dimostrato in più occasioni di voler rispettare le tradizioni musulmane (ricordando in famiglia anche le feste musulmane e dando nomi arabi alle proprie figlie).


 


3.3    Il punto di vista dei figli


Per poter capire anche solo un briciolo in più del modo in cui vivono la situazione biculturale e bireligiosa i figli di coppie islamo-cattoliche, e miste in generale, ho ritenuto opportuno fare qualche domanda anche alle figlie della coppia Q3, le più grandi d’età (17 e 19). L’indagine cerca di mettere in luce i loro sentimenti di appartenenza etnica e culturale. Molto curiosa è la diversa e quasi opposta visione che le due ragazze hanno della loro identità etnica:


Il fatto di essere chiamata italo-tunisina mi piace molto, perché è una parola che non può definire tutte le persone, è un qualcosa che mi rende diversa dagli altri (…) sento però di appartenere al gruppo etnico europeo perché essendo nata qui mi sento un’italiana vera. (N-AR17)


 


Io preferisco definirmi italiana, infatti chi mi chiede come mi chiamo e sono costretta a dire il vero nome, sottolineo che sono nata a Manerbio e il nome strano deriva dal fatto che mio padre è tunisino. In discoteca invece invento sempre un altro nome…in questo periodo sono Sara. È difficile spiegare il perché, forse ho paura dei pregiudizi, della mentalità della gente, di non essere accettata a priori. È difficile spiegare il senso di disagio che si prova, infatti pochi anni fa volevo andare in comune a cambiare nome perché sono italiana e voglio che anche il mio nome lo sia. (…) Sicuramente sento di appartenere al gruppo europeo perché non condivido le mentalità nord-africane, in più sono nata qui…e poi andare in ferie in Tunisia significava sofferenza perché volevano trasformarmi in una di loro (…) Io non tolleravo questo perché in Italia mantengono i loro abiti e le loro tradizioni. (N-AR19)


 


Come possiamo vedere N-AR19 ha serie difficoltà ad accettare le sue doppie radici; la causa principale sembra essere il timore di essere vista dagli altri come straniera e per questo discriminata. La sorella minore invece, pur sentendosi italiana a tutti gli effetti, non rinnega l’origine tunisina del padre, anzi il fatto che il termine “italo-tunisina” la distingua dalla massa è visto come fattore positivo. Anni fa però non era così:


Ero in terza elementare ed un mio compagno di classe mi aveva chiamata mulatta, io non sapevo esattamente cosa significasse ma sentivo che riguardava la mia origine e in quel periodo mi sentivo diversa dagli altri (contrario di adesso) e quindi non volevo essere chiamata così. Lo presi a calci, poiché dentro di me avevo un nervoso…(N-AR17)


 


Questa è stata la risposta alla domanda in cui chiedevo se avessero mai avuto episodi di discriminazione a causa del loro aspetto fisico o del loro nome. L’altra ragazza invece ha risposto nel seguente modo:


No, mai perché metto sempre le mani avanti sottolineando che sono italiana, nata qui e solo mio padre è straniero. (N-AR19)


 


Dopo questa domanda N-AR19 ha deciso di non completare il breve questionario, poiché da esso si sentiva infastidita. La più giovane ha invece continuato, spiegando i pro e i contro di essere figlia di coppia mista:


Ci sono molti pro e contro. Noi abbiamo potuto osservare due culture completamente diverse, due religioni diverse quindi sapere di più, il contro è che sai di avere tanti parenti ma non li senti tuoi perché non li vedi mai e non conosci la loro lingua. (N-AR17)


 


La domanda seguente invece è scaturita dal racconto che la coppia I1 aveva fatto sui suoi figli gemelli (N-AL9), che sembravano essere un po’ razzisti nei confronti dei figli di genitori entrambi stranieri. Siccome questo aspetto mi aveva fin da subito molto incuriosita, ho pensato di chiedere alle due ragazze in che modo esse si pongono nei confronti degli stranieri:


Non mi definisco razzista, non so neanche io come definirmi, perché alcuni mi danno veramente fastidio e paura, altri no. Ad esempio quando vado a casa di mio papà mi sento veramente a disagio quando ci sono i suoi amici perché non mi piacciono proprio. (17)


 


Il giudizio negativo di N-AR17 riguarda più che altro gli amici del padre e non gli stranieri in generale, quindi non posso trarre conclusioni, anche perché non avrei potuto trarne in ogni caso vista l’esiguità dei casi esaminati.


L’unica cosa che non possiamo fare a meno di notare è il differente atteggiamento delle due ragazze: N-AR17 ha vissuto momenti di disagio durante la fanciullezza a causa dell’originalità che caratterizzava la sua famiglia, ma ora che è adolescente il sentirsi in qualche modo diversa la rende speciale ed unica; N-AR19 invece sembra voglia sentirsi ad ogni costo uguale agli altri, quindi italiana D.O.C., nonostante la sua età faccia presumere un superamento delle crisi identitarie tipiche degli adolescenti. C’è da considerare però che sei anni fa le due sorelle hanno vissuto il divorzio dei genitori, avvenuto a causa del padre. Anche se il fattore scatenante non riguardava la diversa mentalità tunisina o musulmana, visto che il tradimento non è lecito nella religione cristiana come non lo è per l’Islam, le due ragazze possono aver comunque associato l’atteggiamento scorretto del padre alle sue origini. In particolare N-AR19 ha vissuto con una maggior consapevolezza la crisi familiare, essendo di due anni più grande della sorella. Inoltre, secondo me, ha influito molto l’ambiente sociale poco tollerante verso gli stranieri in cui spesso ci troviamo a vivere e con il quale probabilmente N-AR19 deve fare i conti tutti i giorni.



 Conclusioni


 


Il fine di questa tesi di laurea non è quello di trarre conclusioni che abbiano una qualche valenza universale, non solo perché i mezzi che ho avuto a disposizione ed il metodo adottato non me l’hanno permesso, ma soprattutto perché mi sono resa conto che bisognerebbe valutare caso per caso. Sono consapevole quindi che i giudizi espressi nel corpo della mia dissertazione e quelli che esprimerò di seguito sono strettamente intuitivi e personali. 


La prima delle due domande postemi all’inizio di questo lavoro trova risposta nella seguente affermazione di Abignente:


Accettare la diversità significa, all’interno della coppia come in ogni situazione di incontro tra persone e gruppi, riuscire a riconoscere, invece di negarla, l’esistenza di differenze, a considerare tali differenze più come uno stimolo ed una ricchezza da utilizzare che come un limite ed un ostacolo da subire o rifiutare, a modificare almeno in parte le proprie scelte di vita per integrarle con quelle dell’altro in vista di un progetto comune. Nessuno dei due partner della coppia penserà di dovere o potere trasformare l’altro per assimilarlo a se stesso, sopprimendone gli aspetti che lo rendono differente o, viceversa, annullare le proprie caratteristiche ed esigenze per conformarsi totalmente a quelle dell’altro.[41]


 


Questo pensiero, come si può notare dalle prime righe, non è riferito in particolare alle coppie miste, ma al semplice e generico incontro di due o più persone. Alle coppie islamo-cattoliche, così come a quelle miste in generale, non viene chiesto nulla di diverso. Certamente nel nostro caso le differenze tra i coniugi sono più complesse e delicate rispetto a quelle che possiamo trovare in una coppia qualunque, poiché si rifanno ad interi sistemi di pensiero. È necessaria quindi da parte di entrambi una notevole disponibilità al dialogo e al confronto paziente. Vorrei sottolineare che le differenze realmente esistenti tra le due culture e religioni non sempre trovano riscontro nella realtà. Ciò che intendo dire è che molto dipende dalla persona in quanto individuo, più che dalla persona in quanto appartenente ad una determinata religione. Indubbiamente l’ambiente culturale incide sulla formazione di ogni essere umano, ma è anche vero che poi ognuno sviluppa a proprio modo le inclinazioni culturali e religiose. In particolare, riguardo all’Islam in Italia, Gritti R.[42] individua sei categorie di musulmani:


Ø      Musulmani di altre religioni: coloro che hanno abbandonato l’islam per convertirsi ad altri culti ma che continuano a definirsi musulmani per tradizione; si tratta solitamente di una percentuale molto bassa (1-2%);


Ø      Agnostici laicizzati: coloro che non credono alla religione e rivendicano pubblicamente la loro secolarizzazione; anche in questo caso è un numero molto ristretto;


Ø      Silenziosi: coloro che non si pronunciano pubblicamente sulla loro appartenenza e non ostentano simboli, segni e pratiche sociali della loro religione;


Ø      Culturalisti: gruppo numeroso, specie fra i giovani e le seconde generazioni, in cui il riferimento all’islam è soprattutto un fatto d’identità culturale;


Ø      Credenti domestici: nutrito gruppo di osservanti individuali (specie tra gli immigrati di prima generazione) che pratica la religione musulmana in privato;


Ø      Credenti pubblici: gruppo (meno nutrito di quanto si pensi) degli osservanti partecipativi, di coloro che sono ‘visibili’ e svolgono un ruolo attivo nelle associazioni, nelle moschee e nelle varie organizzazioni.


È chiaro quindi che trovarsi davanti ad un agnostico laicizzato, che magari vive in Italia da decenni, come potrebbe essere nel nostro caso I2U, non comporta grandi difficoltà culturali. Chiarito questo è comunque da sottolineare che le coppie formate da credenti domestici, come ad esempio I1U e I3U, sono riuscite comunque a trovare un’armonia. Tutte queste riflessioni mi portano a dedurre che due persone che pur hanno molti aspetti divergenti della loro personalità, delle loro abitudini e credenze, possono tuttavia superare tali divergenze grazie all’amore provato l’uno per l’altra, all’impegno preso per costruire un futuro insieme e alla grande disponibilità d’animo.


Le problematiche relative ai figli sembrano complicare un po’ la faccenda. Finché si tratta di vivere personalmente ognuno la propria religione le cose possono filar lisce, quando però nella famiglia entrano in gioco altri soggetti bisognosi di ricevere nuovi valori, allora bisogna scendere a compromessi. Abbiamo visto nel terzo capitolo le varie possibilità educative che una coppia islamo-cattolica può mettere in atto a seconda del livello di religiosità dei due coniugi. Dalle esperienze prese in considerazione abbiamo intuito che è praticamente impossibile educare i propri figli ad entrambe le religioni. Le possibilità si riducono a due: o si deicide di crescere i figli ad una delle due religioni, oppure si rimanda la scelta religiosa all’età in cui il figlio potrà scegliere autonomamente. Se i coniugi scelgono di trasmettere ai figli una delle due religioni, sono necessarie due condizioni: questa scelta deve essere presa in comune accordo, senza causare conflitti e tensioni all’interno della famiglia;  le origini dell’altro partner non devono essere rinnegate, ma al contrario riportate come alternativa del tutto plausibile. I genitori che invece optano per la posticipazione delle scelte religiose che riguardano i figli, soluzione che sembra essere per i coniugi più equa della precedente, devono assicurarsi che questa posticipazione non si tramuti in una completa ignoranza religiosa: i figli devono essere costantemente istruiti sui principi generali di entrambe le religioni, senza pressioni di alcun tipo (né per optare all’una o all’altra religione, né affinché l’opzione avvenga al più presto) in modo che sia il figlio a decidere, in piena libertà, quando e come procedere. Queste erano le indicazioni che, in base alle nozioni sociologiche e psicologiche prese in considerazione nel paragrafo 3.1, consentono un adeguato sviluppo religioso dei figli; anche in questi casi è da precisare che dipende molto dalla sensibilità di ogni figlio, basti notare l’esperienza delle due sorelle di Brescia. Partendo invece da un punto di vista prettamente religioso possiamo individuare la soluzione ideale, quella cioè che mantiene i due coniugi praticanti in una situazione di regolarità nei confronti ognuno della propria religione. Dalle interviste fatte allo šaikh Abdul-Haq e a padre Stefano Dubini possiamo ricavare preziose indicazioni: è vero che per un musulmano vi è l’obbligo di educare la prole all’Islam, ma è anche vero che, preso per vero quanto detto dallo šaikh, è consentito battezzare ed educare i figli alla religione della moglie per salvaguardare l’unità della coppia, il che può essere stabilito anche da un accordo preso prima del matrimonio. Per la Chiesa invece un fedele che non educa i figli al cristianesimo ha mancato le promesse fatte prima e in sede di matrimonio, ponendo il fedele in una situazione di irregolarità. In questo senso l’islam sembra essere più accomodante verso le richieste della parte cristiana, anche se non dobbiamo dimenticare che l’impedimento per disparità di culto che l’islam impone alla donna musulmana è assoluto e non prevede condizioni. Di conseguenza la scelta di educare i figli al cristianesimo, alle condizioni dette in precedenza, sembra essere la soluzione religiosa più indolore per i coniugi, anche se la scelta di posticipare le scelte religiose dei figli è indubbiamente quella che si rifà alle strategie più eque dell’allargamento del possibile e della mediazione.  


Concludo con l’auspicio che in futuro ci possa essere una maggior collaborazione tra le due comunità religiose per  rendere meno duro il cammino di queste coppie, almeno quelle praticanti, che cercano di trovare l’armonia e l’approvazione della loro unione in un ambito in cui sembra non esserci via d’uscita.



Ringraziamenti


 


Ringrazio tutti coloro che mi hanno permesso di realizzare questa tesi: la professoressa Jolanda Guardi che mi ha seguito con grande disponibilità e professionalità; le sei coppie intervistate e  le figlie della coppia di Brescia, persone stupende che mi hanno arricchito con la loro straordinaria esperienza; padre Stefano Dubini, monsignor Lucio Carminati, don Gino Regonaschi, don Roberto Foini e don Alfredo Scaroni che mi hanno fornito materiale, indicato le coppie da intervistare e sostenuto con il loro entusiasmo; lo šaikh Abdul-Haq e il suo traduttore, Gianquinto e Sabri per avermi dato le informazioni necessarie di diritto musulmano e soprattutto per avermi permesso di conoscere l’ambiente della moschea di via Corsica; Andrea Carminati per avermi accompagnato dalle tre coppie di Bergamo e in moschea, per avermi dato consigli preziosi su come svolgere la tesi e per essersi sempre reso disponibile in tutto.


Ringrazio inoltre tutti coloro che mi hanno sostenuto con il loro affetto ed entusiasmo in questi tre anni, prima fra tutti la mia numerosa famiglia: mamma e papà, che mi hanno permesso anche economicamente di frequentare l’università; Giorgio con Giusy, Alessio e Federico; Letizia con Claudio, Andrea, Luca e Roberto; Elena con Maurizio, Edoardo e Andrea; Amelia con Ivan, Alice, Elia e Anna. Ringrazio Andrea per avermi sostenuto sempre e comunque negli ultimi due anni di università e, cosa ancora più importante, nella vita. Ringrazio tutti gli amici ed i compagni di università per avermi permesso di condividere con loro momenti di gioia e di riflessione. Infine ringrazio Sabri, Muhammad e Amani, Mustafà, Walid, le  professoresse Laila Said, Alba Fedeli, Jolanda Guardi, Anna Schönstein, Massimo Campanini e Annamaria Martelli per avermi trasmesso l’amore per la cultura e la lingua araba.
                                                          
Allegati


Allegato1 (modulistica per il matrimonio interreligioso)


 


DOMANDA DI DISPENSA DALL’IMPEDIMENTO PER MATRIMONIO TRA UNA PARTE CATTOLICA E UNA PARTE NON BATTEZZATA


(Cfr. C. 1086; Decreto generale, 48-49)


 


Eccellenza Reverendissima,


il sottoscritto parroco espone il seguente caso di matrimonio:


il signor/la signora……………………………………………..  nato/a…………………. il…………… chiede di celebrare il matrimonio con…………………………… nato/a a…………………… il…………… La parte richiedente è cattolica, mentre l’altra parte non è battezzata e appartiene alla religione…………………………… (oppure: non appartiene a nessuna religione). Perciò si verifica il caso previsto dal can. 1086 del Codice di diritto canonico ed esiste l’impedimento di disparità di culto. Entrambi i contraenti sono istruiti sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, e, in particolare, la parte cattolica è stata esortata a valutare con attenzione le conseguenze derivanti dall’unione matrimoniale con una persona non battezzata.


Poiché consta che nessuna delle proprietà essenziali del matrimonio viene esclusa dai contraenti, esprimo parere favorevole affinché sia concessa la dispensa dal suddetto impedimento in forza ai seguenti motivi:


…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………


La parte cattolica, in mia presenza, ha dichiarato per iscritto di essere pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e ha promesso di fare quanto in suo potere per il battesimo e l’educazione dei figli. Ho informato in proposito l’altra parte, la quale si è resa consapevole degli impegni assunti dalla controparte. Infine ho accertato lo stato libero dei nubendi. E pertanto alla presente domanda allego la documentazione dei suddetti adempimenti.


In fede


Luogo e data


Il parroco


 


 


 


 


DICHIARAZIONE DELLA PARTE CATTOLICA


 


Nell’esprimere il consenso libero e irrevocabile che mi unirà in comunione di vita e amore con…………………………….. dichiaro di aderire pienamente alla fede cattolica e d’essere pronto/a ad allontanare il pericolo di abbandonarla; mi impegno ad adempiere i miei doveri verso il coniuge nel rispetto della sua religione. In ordine alla procreazione ed educazione dei figli prometto sinceramente di fare quanto è in mio potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica.


 


…………………………., lì……………………………….


 


 


In fede


…………………………………………


firma del contraente cattolico


 


 


 


 


 


 


ATTESTAZIONE DEL PARROCO


 


Il sottoscritto parroco dichiara di aver informato il signor/la signorina……………………………. delle dichiarazioni promesse sottoscritte dalla parte cattolica con cui intende celebrare il matrimonio cristiano. Attesto che l’/la interessato/a è consapevole degli impegni assunti dal futuro coniuge cattolico, come risulta da una sua dichiarazione verbale (aggiungere eventualmente: fatta in presenza di…………………………; oppure: e dalla sottostante firma per presa visione).


 


 


……………………..lì………………………


per presa visione


 


……………………………………


firma dell’interessato


 


 


il parroco


…………………………………..


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


DICHIARAZIONE DELLA PARTE MUSULMANA


 


Nel giorno del mio matrimonio, davanti a Dio, in piena libertà voglio creare con…………………………….. una vera comunione di vita e d’amore. Con questo impegno reciproco intendo stabilire tra di noi un legame che nel corso nella nostra vita niente potrà distruggere. Io so che…………………………. si impegna in un matrimonio monogamico e irrevocabile. Altrettanto io mi impegno ugualmente alla fedeltà per tutta la nostra vita. Io sarò per lui/lei un vero sostegno e lui/lei sarà il mio unico sposo/la mia unica sposa.


 


 


………………………, lì…………………………..


in fede


 


………………………….


firma dell’interessato


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 



Allegato2 (questionari per le coppie interreligiose)


 


Questionario per la parte cattolica


 


 


Info generali


 


 


1. Nome: ........................................................................................................................


 


2. Sesso:


·         M ð


·         F ð


 


3. Nato a (provincia e Nazione):.........................................................................


 


4. Età: .............................................................................................................


 


5. Lavoro svolto:


·         Casalinga ð


·         Disoccupato ð


·         Operaio/a ð


·         Impiegato/a ð


·         Libero/a professionista ð


·         Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................


 


 


Religione


 


1. Sei cattolico/a praticante (ti accosti regolarmente ai sacramenti, rispetti le feste comandate, pratichi la preghiera personale e comunitaria,ecc.)?


·         ð


·         Non proprio ð


·         No ð


·         Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................


 


2. Prima di sposarti partecipavi attivamente alle attività di parrocchia?


·         ð


·         No ð


·         Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................


 


3. Ed ora che sei sposato/a vi partecipi?


·         ð


·         No ð


·         Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................


 


Vita di coppia


 


 


1. Da quanto tempo siete sposati? ...................................................................


 


2. Avete figli?


·         ð


·         No ð


 


3. Se sì, quanti sono e quali sono i loro nomi? ........................................................................................................................


 


4. Siete stati subito d’accordo sulla decisione di sposarvi con il rito cristiano?



  • ð
  • Non subito, c’è voluto un po’ di tempo per convincere il partner ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


5. Credi ci siano differenze più o meno profonde tra la tua visione cattolica del matrimonio e quella musulmana del tuo partner?



  • ð
  • No ð

 


6. Se sì, in quali di questi aspetti credi ci siano le maggiori divergenze? (puoi dare più di una risposta)



  • Rapporto uomo-donna ð
  • Rapporto genitori-figli ð
  • Sessualità ð
  • Fedeltà ð
  • Rispetto reciproco ð
  • Indissolubilità del matrimonio ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


7. Saresti disposto a trasferirti nel Paese d’origine del partner?



  • ð
  • No ð perché ............................................................................................................................................................................................................................

 


8. Se per libera scelta o per cause di forza maggiore decideste di trasferirvi, considereresti in pericolo la pratica della tua fede?



  • ð
  • No ð

 


9. Quali ricorrenze religiose celebrate insieme?



  • Solo quelle cattoliche ð
  • Solo quelle musulmane ð
  • Quelle di entrambe le religioni ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


Figli


 


Se non avete figli ma avete intenzione di averne, rispondete secondo ciò che pensate di fare in futuro, quando ne avrete. Se invece non potete o non volete avere figli saltate pure alla sezione successiva.


 


1. I vostri figli sono:



  • Battezzati ð
  • Circoncisi ð
  • Sia battezzati sia circoncisi ð
  • Né battezzati né circoncisi ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


2. Li state educando:



  • Alla religione cattolica ð
  • All’Islam ð
  • Ad entrambe le religioni ð
  • A nessuna religione ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


4. Le vostre famiglie hanno fatto pressioni per voler educare i vostri figli all’una o all’altra religione (indipendentemente da quella che è stata la vostra scelta)?



  • Sì, la mia famiglia per battezzarli ed educarli alla religione cattolica ð
  • Sì, la famiglia del mio partner per circonciderli ed educarli all’Islam ð
  • No, le famiglie non si sono intromesse nelle nostre scelte ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


 


 


 


3. Affrontate spesso con i vostri figli discorsi riguardanti la religione?



  • Sì, spesso ð
  • No, mai ð
  • Qualche volta ð
  • Quasi mai ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


4. Credete che i vostri figli, rispetto ai figli di coppie “monoreligiose”, siano:



  • Un po’ più confusi riguardo alla via religiosa da intraprendere o intrapresa  ð
  • Più aperti e accoglienti verso le diversità religiose e non solo ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


Accoglienza

 


1. Quale pensi sia l’atteggiamento più ricorrente degli italiani nei confronti delle coppie miste?



  • Disapprovazione e rifiuto ð
  • Perplessità ed incertezza ð
  • Curiosità ed interesse ð
  • Approvazione e rispetto ð

 


2. Come ha reagito la tua famiglia quando ha saputo che il tuo partner era musulmano?



  • Bene subito ð
  • Male all’inizio, ma poi col tempo ha capito ð
  • Male, non ha ancora accettato la situazione ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


3. Come hanno reagito i tuoi amici?



  • Tutti bene subito ð
  • Alcuni male all’inizio, ma poi col tempo han capito ð
  • Alcuni male, non hanno ancora accettato la situazione ð


  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


 


 


 


 


 


 


4. Come ti ha accolto/a la famiglia del tuo partner?



  • Bene subito ð
  • All’inizio voleva mi convertissi, ma ora ha accettato la mia fede ð
  • Vorrebbe tuttora la mia conversione ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


5. Come pensi di essere considerato/a dalla comunità cristiana?



  • In piena regolarità ð
  • In “pericolo di fede” ð
  • Altro ð

............................................................................................................................................................................................................................


 


6. Credi che la Chiesa si occupi in modo adeguato delle coppie miste?



  • ð
  • Non molto, potrebbe organizzarsi meglio al riguardo ð
  • Per niente, sembra essere disinteressata al riguardo ð

 


7. Se alla domanda precedente hai risposto la seconda o la terza opzione, scrivi di seguito in che modo secondo te la Chiesa dovrebbe migliorare.


........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................


 


 


Conclusioni

 


 


1. Date le differenze culturali e religiose fra te ed il tuo partner, il tuo matrimonio è come te lo aspettavi da fidanzato/a?:



  • Sì, me lo aspettavo esattamente così ð
  • No, è più faticoso di quel che credevo ð
  • No, è meno faticoso di quel che credevo ð
  • Altro ð ............................................................................................................................................................................................................................

 


 


 


 


 


 


 


 


2. Prova a spiegare di seguito la o le maggiori difficoltà che queste differenze hanno implicato nel vostro rapporto.


........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................


........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................


 


3. Se una coppia mista di fidanzati che ha intenzione di sposarsi ti chiedesse una specie di “ricetta” per affrontare al meglio la vita coniugale che li aspetta, quali consigli daresti loro?


........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


Questionario per la parte musulmana


 



معلومات عامّة


 


الاسم: .................................................................................................


 


الجنس:


 ذكر □   


أنثى □


 


مكان الميلاد: .........................................................................................


 


العمر: .................................................................................................


 


المهنة:


ربّة بيت □


عاطل\ة □


عامل\ة □


موظّف\ة □


عامل\ة حرّ\ة □


آخر □ ................................................................................................


 



الديانة


 


هل انت مسلم (هل تطبّق أركان الاسلام الخمسة)؟


نعم □


ليس بالضبط □


لا □


آخر □ ................................................................................................ 


هل كنت مواظب على الذهاب الى المسجد للصلاة قبل الزواج؟


نعم □


لا □


آخر □ ................................................................................................


 


 


والآن بعد الزواج؟


نعم □


لا □


آخر □ ................................................................................................


 



الحياة الزوجية


 


منذ متى وانت متزوج\ة؟ ..........................................................................


 


هل لديك ابناء؟


نعم □


لا □


 


اذا كانت الاجابة بنعم, كم عددهم وما اسماءهم؟ ....................................................................................................................................................................................................................


 


هل كنتما موافقين على الزواج في الكنيسة فورا؟


نعم □


لا,اخذنا القرار بعد تفكير طويل □


آخر □ ................................................................................................


 


هل تعتقد\ين ان الاختلافات بين الزواج الاسلامي والزواج المسيحي هي عميقة؟


نعم □


لا □


 


اذا كانت الاجابة بنعم, فايّ من هذه النقاط تجد الاختلافات الكبرى؟


العلاقة بين الرجل والمرأة □


العلاقة بين الوالدين والابناء □


العلاقة الجنسية □


الاخلاص □


الاحترام المتبادل □


دوام الزواج □


آخر □ ................................................................................................


 


 


هل تريد\ين ان ترجع\ي الى وطنك في المستقبل؟


نعم □


لا □ لأنّ ....................................................................................................................................................................................................................


 


هل واجهت صعوبات في تطبيق تعليمات دينك قي ايطاليا؟


نعم □


لا □


 


ايّ مناسبات دينية تحتفلان معا؟


المناسبات الاسلامية فقط □


المناسبات الكثوليكية فقط □


كلا □


لا المناسبات الاسلامية ولا الكثوليكية □


آخر□ .................................................................................................


 



الابناء


 


اذا لم يكن لديكما ابناء ولكن تودّان الانجاب قي المستفبل اذن اجبا على الأسئلة التالية كما لو أن لديكما أبناء الآن.


اذا لم يكن لديكما الرغبة في الانجاب في المستقبل فاذهب الى قسم "القبول".


 


ابناءكما:


مختونون □


معمّدون □


مختونون ومعمّدون □


لا مختونين ولا معمّدون □


آخر□ .................................................................................................


 


انتما تعلّماهم:


الدين الاسلامي □


الدين المسيحي الكثوليكي □


كلاهما □


بلا دين □


آخر □ ................................................................................................


 


هل عائلتاكما اصرّتا على تربية ابنائكما الاسلامية او المسيحية؟


نعم, عائلتي اصرّت على تهذيبهم بالتربية الاسلامية □


نعم, عائلة زوج/تي على تهذيبهم بالتربية المسيحية □


لا, عائلتانا لم يتدخّلا □


 


هل تناقشان ابنائكما في الدين؟


كثيرا □


احيانا □


قليلا □


أبدا □


 


هل تعتقد ابناءكما مقارنة مع ابناء الوالدين من نفس الديانة هم:


اكثر اضرابا في الهوية الدينية □


اكثر تقبلا للاختلافات الدينية وايضا الى الاختلافات أخرى □


آخر □ ................................................................................................


 



القبول


 


برايك ماذا يشعر الايطاليون تجّاه الزواج بين أشخاس مختلفي الديانة؟


الرفض والاستنكار □


الحيرة والشكّ □


الفضول والاهتمام □


الاستحسان والاحترام □


 


كيف ردّت عائلتك عندما علمت ان زوجك\تك هو/هي مسيحيا\ية؟


بالموافقة فورا □


بعدم الارتياح ومن ثم تدريجيا تفهمت الوضع □ 


اعتبرت ذلك شرّا وما زالت لا تتفهم الوضع □


آخر □ ................................................................................................


 


كيف كان ردّ فعل أصدقاءك؟


بالموافقة فورا □


بعضهم في البداية اعتبروا ذلك شرّا ثمّ تفهموا الوضع □ 


بعضهم اعتبروا ذلك شرّا وما زالو لا يتقبلون الوضع □


آخر □ ................................................................................................


 


كيف استقبلتك عائلة زوجك\تك؟


بالترحيب فورا □


في البداية هي ارادت ادخالي الى دينها,لكن الآن تقبّلتني بديني □


ما زالت تريد ادخالي دينها □


آخر □ ................................................................................................


 


تعتقد\ين ان زواجك في وجهة النظر الاسلامية يعتبر:


مطابقا للانظمة الاسلامية □


خطر على ايمانك □


آخر □ ................................................................................................


 


هلّ تظنّ\ين ان ممثّلو الدين الاسلامي يهتمّون بالمتزوجين المختلفي الديانة؟


نعم □


قليلا □


لا □


آخر □


 



الختام


 


هلّ زواجك هو ما كنت تنتظره اثناء الخطوبة؟


نعم □


لا, هو اصعب ممّا كنت اظنّ □


لا, هو اقلّ صعوبة ممّا كنت اظنّ □


آخر □


 


وضّّح الصعوبات الكبرى التي واجهتها في زواجك.


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اذا قابلت خطيبان مختلفا الديانة ولديهما النيّة في الزواج, بماذا تنصحهما؟    


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Bibliografia


 


ALOTTA S., Le coppie miste fra tradizione e mutamento sociale, in La critica sociologica, n.149, S.I.A.R.E.S, primavera 2004


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Sitografia


 


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DACQUINO G., Formazione ed evoluzione del senso religioso, fonte web:www.corsodireligione.it


GHIRINHELLI B., La scuola di fronte alle doppie radici: percorsi educativi per figli di coppia mista, fonte web: www.cadr.it/articoli


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LAVERMICOCCA C., La psicologia della religione: gli orientamenti della psicoanalisi e della psicologia umanistica, fonte web: http://web.tiscali.it/Catechetica/interventi/Lavermicocca.htm








[1] ISTAT, La presenza straniera in Italia. Anno 2003, Roma 2004, pag. 9



[2] ISTAT, La presenza straniera in Italia. Anni ‘90, Roma 1998, pag. 42



[3] ISTAT, Censimento 2001: gli stranieri residenti in famiglia e in convivenza, Roma 2004, pag. 17



[4] Ivi, pag. 18



[5] Matrimonio canonico in italia. Normativa e sussidi. Centro Ambrosiano, Milano 2003, pag. 127.



[6] BAUSANI A. (introduzione, traduzione e commento di), Il Corano, Bur Classici, Milano 2003, pag. 296



[7] Ciò è dovuto al fatto che nell’Islam i figli devono seguire la religione del padre; quindi una donna musulmana non può che sposare un musulmano per far sì che anche i suoi figli lo siano.



[8] Il termine arabo significa tutore.



[9] Ivi, pag. 54.



[10] Questo dipende dalle famiglie: se si conoscono da tempo i due momenti possono avvenire in un tempo ravvicinato; se invece le famiglie non si conoscono tendono a posticipare il nikah per consentire ai due sposi e alle famiglie stesse di potersi conoscere.



[11] In altri Paesi, come quelli del Golfo e del Nord Africa, vi è l’usanza di tatuare le mani e il viso della sposa (a volte anche dello sposo) con l’henné.



[12] Quello in corsivo è il termine dialettale che indica il caratteristico suono emesso dalle donne in segno di gioia, simile ad un ululato.



[13] In particolare ci si riferisce alla verginità della sposa.



[14] Il Corano, II, 229-230



[15] È lo stesso termine che indica il matrimonio temporaneo o matrimonio di piacere. In questo caso però l’accezione del termine indica il compenso che spetta alla donna in caso di divorzio.



[16] Il cosiddetto Codice Benedettino, dal nome del Papa Benedetto XV che lo ideò.



[17] In riferimento al seguente canone, non mancò chi fece giungere la richiesta per elevare l’età matrimoniale, ma la Commissione pontificia ritenne di non dover modificare il limite d’età per il seguente motivo: essendo il matrimonio un diritto di natura, il diritto canonico non ha il diritto di limitarlo nell’età, quando si abbia raggiunta la maturità biologica e psicologica. Questo canone si riferisce all’età biologica, per quella psicologica rimanda ai successivi canoni riguardanti il consenso.



[18] La dispensa dalla delibera della Cei, concernente la proibizione del matrimonio dei minorenni aventi età superiore a quella stabilita dall’impedimento in questione, può essere concessa dall’Ordinario del luogo soltanto in presenza di ragioni gravi,  dopo aver valutato le risultanze di un esame psicologico compiuto da esperti del settore circa la capacità del minore di esprimere un valido consenso e di assumere gli impegni essenziali del matrimonio. Di norma non si permetta la celebrazione del matrimonio canonico prima che il Tribunale per i minorenni abbia rilasciato l’autorizzazione a procedere, senza la quale non è possibile ottenere la trascrizione agli effetti civili.



[19] La consanguineità è il vincolo di sangue tra persone che discendono per generazione del medesimo stipite (avo). Sono consanguinei anche i nati al di fuori del matrimonio. La linea retta è la serie delle persone che discendono l’una dall’altra, mentre la linea collaterale è quando le persone discendono dallo stesso stipite ma non l’una dall’altra. Il grado indica la distanza tra due persone che appartengono alla stessa linea. Di conseguenza oltre a genitori, nonni e figli, è vietato sposare fratelli e sorelle (2° grado), zii e nipoti (3° grado) e cugini primi (4° grado).



[20] Non è più possibile infatti contrarre matrimonio per lettera. Perché un matrimonio sia celebrato validamente tramite procuratore si richiede: che vi sia un mandato speciale per contrarre con una persona determinata; che il procuratore sia designato dallo stesso mandante e che egli adempia di persona il suo incarico. Il mandato perché sia valido deve essere sottoscritto dal mandante e dal parroco o dall’Ordinario del luogo in cui il mandato viene dato, oppure dev’essere fatto con documento autentico a norma del diritto civile.



[21] La dispensa dalla forma canonica è possibile solo in caso di gravi difficoltà, inoltre il matrimonio dev’essere riconosciuto anche in sede civile. Da MATRIMONIO CANONICO IN ITALIA, Normativa e sussidi, Centro Ambrosiano, Milano 2003, pag.127.



[22] Sembra più ovvio che sia compito della futura sposa accertarsi di questo. La Chiesa però, oltre a tutelare il più possibile la parte cristiana, vuol anche accertarsi che qualora la parte cattolica sia d’accordo per un matrimonio “di convenienza”, esso non venga celebrato in quanto mancano i presupposti stessi del matrimonio.



[23] Ragioni valide per poterla richiedere sono ad esempio l’opposizione che la parte musulmana incontra in famiglia o il fatto che il matrimonio dovrà essere celebrato in un Paese musulmano, ecc.



[24]  Ciò non è menzionato nel Codice di Diritto Canonico, ma è valido secondo le norme emanate nel 1973 dalla S. Congregazione per la Dottrina della Fede.



[25] Le quattro strategie sono spiegate in modo dettagliato nel lavoro del Comune di Reggio Emilia alla pagina http://iis.comune.re.it/osservatorio-famiglie/strumenti/strumenti7/004.html  



[26] GRITTI R., Le unioni miste nel mercato globale delle identità, in “La critica sociologica”, n.149, S.I.A.R.E.S, primavera 2004, pag. 55.



[27] Ivi, pag. 52.



[28] Solitamente gli šaikh si trattengono in questa moschea solo per pochi mesi, non riuscendo quindi ad imparare bene l’italiano.



[29] Giurisperiti, esperti del diritto musulmano.



[30] CHERKAOUI M., Stratificazione, in R. BOUDON, a cura di, Trattato di sociologia, Il Mulino, Bologna 1996, p. 146. Citato in GHIRINGHELLI B., La socializzazione primaria dei bambini stranieri e figli di coppia mista, in “Bambini e adulti: una nuova alleanza per un futuro più giusto. Convegno di Telefono Azzurro”, Roma, 9-11/6/1997.



[31] Per socializzazione primaria intendiamo la prima socializzazione che avviene all’interno della famiglia. La socializzazione secondaria invece avviene dopo di essa, grazie ad agenzie esterne alla famiglia come ad esempio la scuola, e continua per tutta la vita.



[32] GHIRINGHELLI B., La socializzazione primaria dei bambini stranieri e figli di coppia mista, in “Bambini e adulti: una nuova alleanza per un futuro più giusto. Convegno di Telefono Azzurro”, Roma, 9-11/6/1997.


 



[33] S. ALOTTA, Le coppie miste fra tradizione e mutamento sociale, in “La critica sociologica”, n.149, S.I.A.R.E.S, primavera 2004, pag. 9.  



[34] S. FREUD, Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, 1910. Citato in LAVERMICOCCA C., La psicologia della religione: gli orientamenti della psicoanalisi e della psicologia umanistica, fonte web: http://web.tiscali.it/Catechetica/interventi/Lavermicocca.htm



[35] S. FREUD, Totem e Tabù, in Opere, vol. 7, pag. 150. Citato in LAVERMICOCCA C.



[36] Ibidem



[37] G. W. ALLPORT, Divenire, Edizione Universitaria, Firenze 1963, pag. 132-133. Citato in LAVERMICOCCA.C.



[38] G. W. ALLPORT, L’individuo e la sua religione, La Scuola, Brescia, 1985. Citato in LAVERMICOCCA. C.



[39] Sono tutti quei desideri che trascendono i limiti corporei e si riferiscono alla ricerca del bello, del bene e della verità.



[40] DACQUINO G., Formazione ed evoluzione del senso religioso, fonte web: www.corsodireligione.it



[41] ABIGNENTE G., Le radici e le ali. Risorse, compiti e insidie della famiglia, Liguori,  Napoli 2002. Citato in GHIRINGHELLI B., La socializzazione primaria dei bambini stranieri e figli di coppia mista, in “Bambini e adulti: una nuova alleanza per un futuro più giusto. Convegno di Telefono Azzurro”, Roma, 9-11/6/1997.



[42] GRITTI R., ALLAM M., Islam, Italia, Edizioni Angelo Guerini e Associati, Milano 2001, pp. 32-33. Citato in FURRI V., E se Romeo si chiamasse Alì? Le coppie italo-musulmane, Tesi di Laurea in Scienze della Comunicazione, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Padova, relatore: ALLIEVI STEFANO, 2004.


 


 

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