Padova - Il Muro dei clandestini
Condividi questo articolo


Il Muro dei clandestini
Padova si divide in due

Una barriera di ferro alta tre metri intorno a una via diventata
centro di spaccio e violenza. Istituiti anche check point della polizia
dal nostro inviato FABRIZIO RAVELLI



<B>Il Muro dei clandestini<br>Padova si divide in due  </B>
PADOVA - "UN MURO, una vergogna!", urla la destra. "Ma che muro, una recinzione", puntualizzano a sinistra un po' piccati. "Per me, lo chiamino come vogliono. Non mi scandalizzo. Quello che so, perché qui ci ho abitato tre anni, è che non si vive. La vita in via Anelli è un inferno, fra spacciatori, prostitute, drogati che vanno e vengono, urla e rumori tutta la notte. E io al mattino mi alzo alle 6 per andare a lavorare".

Toni? Bepi? No, Michael, nigeriano nero come la notte, 35 anni e due figlie piccole, operaio. Lui, come tutti i bianchi veneti della zona di via Anelli, se ne infischia della disputa sulle parole. Muro, recinzione, barriera antiscavalco. Tre metri di altezza per ottantaquattro di lunghezza, lastre d'acciaio spesse quattro millimetri, conficcate nel terreno per un metro e venti. Di là, dal cortile affollato di ceffi nullafacenti, si alza il richiamo del muezzin.

Via Anelli, quartiere della Stanga, fra un Brico, un Auchan e il Centro Giotto. Sono almeno quindici anni che questo quartiere è diventato una discarica per immigrati, magrebini e nigeriani, subentrati agli studenti per i quali le palazzine erano state costruite. Povera gente disposta a farsi taglieggiare da esosi padovani, per alloggi da 28 metri quadri. Poi, col tempo, il degrado ha portato prostitute e spacciatori. Le risse a colpi di falcetto e machete. L'ultima, dieci giorni fa. Ora a far discutere è il "muro", la barriera che il Comune sta alzando fra le palazzine di via Anelli e via De Besi. Per impedire che spacciatori e tossici entrino ed escano di lì. Gli altri ingressi, da tempo, sono sorvegliati dalla polizia: veri check-point in cemento, qualcosa tipo Belfast dei tempi d'oro.





Roberto Bergamo, impiantista telefonico, uno che in via De Besi con affaccio sulle palazzine di via Anelli c'è arrivato solo un anno fa. Bel fegato. "No, è che non avevo alternative. Comunque, speriamo solo che questo muro lo portino fino in fondo. Anche stanotte, non abbiamo dormito, saltano dentro dal nostro cortile.
Certo, non è bello vedere gente in gabbia, ma a guardare come si comportano si diventa cattivi, si diventa razzisti. E io li vedo, dalla finestra. In mezzo, ci sono anche extracomunitari lavoratori, e non li sopportano neanche loro". Tutti vedono, tutte le notti, dalle finestre di via De Besi. Oltre il giardino, cose da non credere.

Sei palazzine verdi, di quattro piani. Parabole a ogni finestra. Muri scrostati, soffitti che crollano, scale ingommate e appiccicose. Scritte a spray in varie lingue, perfino l'italiano: "Cosa vuoi roba coca". Acqua che cola. Tre palazzine, sgomberate in questi ultimi anni, sono chiuse da grate d'acciaio a ogni porta e finestra. Il cortile, alle cinque del pomeriggio, è affollato di uomini giovani che bevono e ascoltano musica. Nigeriani e tunisini, in gruppi ben separati come in un'ora d'aria da galera.

Dicono che hanno sospeso una delle attività preferite, fino a qualche anno fa: macellare una pecora sulle grate del garage, e arrostirla. L'ultima guerra fra clan è di dieci giorni fa. "Ma è una consuetudine estiva", dice Paolo Manfrin, coordinatore del comitato di quartiere Stanga. "Ogni estate gli spacciatori delle altre zone vanno in vacanza, seguendo i clienti sulle spiagge. E via Anelli rimane un punto fermo per il grande business. Le grandi risse sono solo un problema di controllo del territorio e del mercato". Una donna che abita in via De Besi ("Niente nomi") dice che lei ai tossici ci ha fatto il callo, "quelli non fanno niente, però lo spaccio è 24 ore su 24, e noi siamo in mezzo". Oddio, ogni tanto tirano delle bottiglie: "Me ne arrivano in casa dalla finestra".

E allora, visto che la faccenda dura da una quindicina d'anni, serve a qualcosa questa barriera d'acciaio? "Per me, no - risponde B. G., braghe corte e mani bianche di cemento - Meglio che niente, ma il problema è che dalle 8 di sera fino al mattino qui è un lunapark come quello di Prato alla Valle: urla, musica, bottigliate, gente che la fa nelle siepi, bidoni rovesciati".
Donna: "Sindaco, questore e prefetto dormono tranquilli. Noi no".

Ce l'hanno anche coi fari che illuminano a giorno i cortili, per sicurezza: "Senza fari, non starebbero lì a giocare a calcetto e a ping-pong tutta la notte".
"La recinzione era necessaria - dice Manfrin - Paradossalmente, lo sgombero di tre palazzine e la riduzione del numero di residenti ha aumentato lo spaccio, perché viene molta più gente da fuori. E l'aumento della sorveglianza ha mutato un po' la clientela. Ne vengono meno a cercare fumo e cocaina, forse perché sanno leggere i giornali, e aumentano i tossici di eroina. Veri e propri zombie che passano in mezzo alla polizia, perfino in mezzo agli scontri coi lacrimogeni: non gliene importa niente". Manfrin è un bel pezzo che si dà da fare per salvare il quartiere: "Il caso esplose quando trovarono il cadavere di un tossico, in una siepe di via Arimondi. Poi c'è stata l'esperienza dei cosiddetti nonni-badile, che per difendere i loro orti hanno cacciato i tossici dal parco.
La cosa che mi fa rabbia è che qui in via Anelli ci sono bambini che vengono a scuola con le mie figlie, ci sono donne che vanno ai corsi di italiano della parrocchia, c'è anche gente per bene. E noi non abbiamo problemi di razzismo".

E poi, a dannarsi l'anima per via Anelli, c'è anche Michela Bochicchio, capo del commissariato della Stanga, una ragazza magra dall'aria decisa: "Noi qui, grazie alla direzione del questore Marangoni, lavoriamo pesante. L'ultima operazione è di questa mattina all'alba. In un appartamento c'era più di un etto di cocaina, e abbiamo arrestato un nigeriano. Oltre a fermare una quindicina di clandestini". Perquisizioni e sequestri sono all'ordine del giorno: "La grande rissa di dieci giorni fa è stata un fatto occasionale, legato alla vendita di droga. Venti arresti abbiamo fatto, e fanno circa 190 quest'anno".
Bella vita, in via Anelli. La strada sbarrata dalla polizia. Il controllo dei documenti di chi entra ed esce, coi tossici respinti al posto di blocco.

Le telecamere ovunque. E qualcuno dovrebbe scandalizzarsi per quel muro d'acciaio? Bello non è, di sicuro: grigio, tetro, avvilente. Ieri notte da dentro lo suonavano col martello, come una campana. E poi, come precisa Marco Carrai, assessore alla sicurezza, "non è un muro, ma una recinzione, che si frappone fra due luoghi". I nemici più accaniti del muro e di tutte le operazioni per bonificare via Anelli, poi, non sono certo gli immigrati, e nemmeno quelli del centrodestra che strepitano "vergogna!". No, dice l'assessore, "sono i proprietari degli appartamenti, che a ogni sgombero ci fanno impazzire coi ricorsi al Tar".

(10 agosto 2006)


http://www.repubblica.it/2006/08/sezioni/cronaca/padova-via-anelli/padova-via-anelli/padova-via-anelli.html



Condividi questo articolo

in Tutto il mondo e' quartiere: Un ''New Deal'' per la scuola: apartheid scolastico in FranciaDialogo interculturale e diritti umani: Città inclusive in una Europa inclusivaLa banlieue laica parla femminile - Giuliana SgrenaCittà e globalizzazione: UNO SGUARDO SU MILANOPadova - Il Muro dei clandestiniImmigrati: non lo siamo forse tutti?Angela Giardini - Al “centro” della periferia: il quartiere Ariane di NizzaPROGETTO ESQUILINOGenova - CONFINI: LA CITTA’ MULTICULTURALE  


Copyright © 2002-2011 DIDAweb - Tutti i diritti riservati