Emigranti sì, ma intellettuali
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Emigranti sì, ma intellettuali


di  Bianca Stancanelli


14/6/2006


Prima si spostavano da Sud a Nord costretti a cercare una occupazione. Oggi cambiano città per libera scelta. Così è tornato a crescere il fenomeno dei flussi migratori interni 
 
Luca Medici, 41 anni, si è spostato per passione. Modenese di Sassuolo, laurea in chimica, esperienze di lavoro tra aziende private e università, a 36 anni ha vinto un concorso come ricercatore al Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche, e ha preso un treno per il Sud. Destinazione Tito Scalo, 10 chilometri da Potenza, dove ha sede l'Imaa, Istituto di metodologie d'analisi ambientale. Racconta: «Il primo a non capire è stato mio padre. Ma come, mi diceva, con tanto lavoro che c'è a Modena, perché vai in Basilicata? Cercavo una qualità del lavoro bella tosta, lì l'ho trovata».


Giuliano Geri, 35 anni, se ne è andato per caso. Toscano dell'Alta Maremma, laurea in filosofia alla Statale di Milano, master in editoria a Francoforte e un impiego presso un editore milanese, nel 2004, in vacanza in Trentino, lesse su un quotidiano locale che la casa editrice Erickson cercava un redattore editoriale.
«Mi presentai al colloquio. I miei interlocutori erano sbalorditi: non riuscivano a capire perché volessi lasciare Milano per Trento». Oggi, dopo due anni e due impieghi, Geri vive ancora a un passo dalle Dolomiti. Ride: «I miei amici milanesi mi considerano una scheggia impazzita. Quando passano di qui per un weekend, sempre di fretta, mi dicono: sembri in perenne vacanza».

Massimiliano Rizzo, 26 anni, si è trasferito per studiare. Calabrese di Cosenza, dopo il diploma ha tentato il test d'ingresso alla facoltà di medicina di Catanzaro. Dice: «Non provavo l'esigenza di andarmene». Ma gli è andata male. Un anno dopo ha ritentato alla Sapienza di Roma e ha fatto centro.
Ora, a un anno dalla laurea, conquistato perfino un seggio nel senato accademico come rappresentante degli studenti, medita di specializzarsi in cardiologia e di restare a Roma. Spiega: «Il mio sogno è vivere qui senza perdere il contatto con le mie origini».
Ricercatori, creativi, fuorisede: sono i nuovi migranti intellettuali. Una tribù mobile, in crescita. Segnala l'economista Gianfranco Viesti, in un saggio pubblicato dalla rivista Il Mulino: «A partire dalla seconda metà degli anni Novanta sono tornati a crescere i flussi migratori interni all'Italia».



Un fenomeno ancora poco indagato. Gli unici studi riguardano i giovani meridionali. «C'è una fuga di capitale qualificato dal Mezzogiorno» ha avvertito lo Svimez, Istituto per lo sviluppo del Mezzogiorno, in un'indagine recentissima. Un dato: «Tra i laureati meridionali del 2001, a tre anni dalla fine degli studi, circa il 39,5 per cento di coloro che hanno trovato un'occupazione, lavora nel Centro Nord». Aggiunge lo Svimez: «Confrontando le analisi sui laureati del 2001 con quelli del 1998, emerge che la mobilità è aumentata per tutti i gruppi di laurea e per entrambi i sessi».

Ma si avvertono anche i primi segnali di movimento tra aree diverse del Paese. Li ha registrati l'Alma Laurea, un consorzio che raduna numerose università italiane. In un'indagine appena pubblicata sui giovani che hanno conseguito una laurea nel 2004, i ricercatori del consorzio hanno censito quanti di loro lavorano nelle regioni di residenza e quanti sono andati altrove. E hanno scoperto che anche aree come Liguria, Veneto e Friuli-Venezia Giulia perdono cervelli.
Osserva Silvia Ghiselli, ricercatrice dell'Alma Laurea: «Sono dati da interpretare con attenzione. Per esempio, negli atenei friulani studiano anche molti sloveni, che dopo la laurea tornano nel loro paese. Dunque, la mobilità intellettuale in uscita da quella regione è in parte fisiologica».

Un'Italia giovane, in movimento? «Parlo per impressioni, ma mi pare di vedere più pendolari che migranti» osserva Cesare De Michelis, docente universitario a Padova, editore a Venezia della Marsilio. «Le aree metropolitane, Milano e Roma, continuano a essere fortemente attrattive, ma per il resto direi che caratteristica della società italiana è una sostanziale stabilità della popolazione. Al più si va avanti e indietro: entro il raggio di 50-100 chilometri, il pendolarismo è ormai accettato».

Eppure, proprio la Marsilio ha tenuto a battesimo una rivista, Zero, potere ai trentenni, diretta da un giovane che fa professione di nomadismo più ancora che di mobilità: Giuliano da Empoli. Trentadue anni, nato a Parigi da padre calabrese e madre svizzera, da Empoli vive a Roma e lavora a Venezia. Dichiara: «Star fermo in un posto più di una settimana mi dà l'angoscia».
E raccomanda, per l'appunto, la pratica del nomadismo: «Tra voli a basso prezzo, internet, tecnologie satellitari è molto più facile spostarsi senza lasciare il proprio luogo di origine. L'ubiquità si è democratizzata. Prima bisognava essere Gianni Agnelli per tenere un consiglio d'amministrazione la mattina a Torino, andare a sciare a Sankt Moritz nella pausa pranzo e presentarsi la sera a un concerto alla Scala. Oggi anche un ragazzo meridionale che studia a Milano, con un volo low cost a 30 euro può tornare a casa per il weekend».


http://www.panorama.it/societa/style/articolo/ix1-A020001036672



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