di Matteo D. Scorza
L'osservatorio provinciale delle Immigrazioni ha presentato il proprio dossier sulla mediazione interculturale dei servizi nella provincia di Bologna.
Sin dagli anni novanta si è tentato a Bologna di dare al via al processo di formazione dei mediatori interculturali e di inserirli nei servizi, a partire dagli ambiti più importanti come quello socio-sanitario e quello scolastico.
Inoltre, grazie a due recenti delibere della Giunta Regionale dell'Emilia-Romagna, si è cominciato a definire competenze e standard professionali del mediatore interculturale.
La prima parte del dossier fornisce un'analisi delle principali caratteristiche sociodemografiche e professionali dei mediatori interculturali presenti sul territorio della provincia di Bologna, sulla base dello studio di un campione costituito da circa 200 persone. Quello che è emerge è chequesta categoria lavorativa è costituita per lo più da persone al di sotto dei 40 anni, con un livello di istruzione alto ma prive di qualifica in un settore specifico della mediazione; mentre non è riscontrata una comunità linguistico-territoriale predominante.
A Bologna città la pratica della mediazione interculturale è messa in atto sia all'interno delle amministrazioni pubbliche che delle organizzazioni private e del Terzo settore. Inoltre, a iniziative consolidate da tempo se ne affiancano alcune più recenti. Gli interventi toccano le più importanti sfere della vita sociale, costituendo una rete che si interseca con quella più ampia dei servizi agli immigrati.
La mediazione interculturale è un dato acquisito anche nei Comuni della provincia, molti dei quali hanno già avviato da diversi anni progetti che prevedono la presenza nei servizi della figura del mediatore, grazie soprattutto ai programmi regionali di attuazione del Fondo nazionale per le politiche migratorie. Due, in particolare, appaiono gli ambiti di intervento privilegiati: l’orientamento e l’informazione sui servizi del territorio, che si concretizzano nell’apertura di sportelli diretti agli immigrati; l’ambito educativo e l’inserimento scolastico.
Per quanto riguarda l'analisi dei percorsi di inserimento dei mediatori, il dossier mette in evidenza come, sebbene nella maggior parte dei casi essi siano dotati sia di un alto livello di istruzione sia di un'elevata qualificazione nel settore della mediazione, il ritrovarsi a fare il mediatore "per caso" sia tutt'altro che una situazione eccezionale. Per molti, comunque, l’inserimento nel settore della mediazione rappresenta un’alternativa alle scarse possibilità offerte da un mercato del lavoro che relega gli immigrati nelle mansioni meno qualificate e che non tiene conto in alcuna misura dei percorsi di formazione e dei titoli acquisiti nei Paesi di origine.
Inoltre, le possibilità di occupazione nel settore sono precarie, cosa che appare confermata anche dalla posizione contrattuale dei mediatori, trattandosi per lo più di liberi professionisti o collaboratori a progetto. Anche le carriere lavorative risentono di tale precarietà: più che percorsi professionalizzanti in settori specifici, il curriculum del mediatore è costituito da una molteplicità di esperienze negli ambiti più diversi.
In sintesi, dal dossier emerge come sia difficile parlare di mediazione al singolare, dato che, nella realtà e nella pratica quotidiana di chi opera nel settore, questa si traduce in una pluralità di azioni, che hanno come unico filo conduttore l'obiettivo di facilitare la comunicazione e l'incontro tra stranieri e istituzioni italiane.
Ciò sembra essere dovuto, almeno parzialmente, alla scarsa propensione delle amministrazioni italiane a ripensarsi in funzione dell’utenza straniera, prediligendo forme di mediazione on demand, come strumento da usare in situazioni particolarmente complesse, più che come elemento stabile e integrato all’interno dei servizi.
Per altre informazioni
www.provincia.bologna.it/immigrazione/
http://www.bandieragialla.it/articolo/2113.html