RELIGIONI MONOTEISTICHE IN PUGLIA CERNIERA TRA MEDITERRANEO ED EUROPA
Condividi questo articolo


Martignano - Salento - Affresco


LE TRE RELIGIONI MONOTEISTICHE IN PUGLIA
CERNIERA TRA MEDITERRANEO ED EUROPA


Giorgio Otranto


In una poesia d'amore del Duecento, attribuita a Cielo D'Alcamo, si svolge un vivace dialogo tra una fanciulla e il suo giovane innamorato. La fanciulla, per sottrarsi alla insistente richiesta del giovane, giunge quasi a minacciare l'intervento del padre e dei suoi parenti e lo invita a cercare altrove la donna da amare. L'ostinato amante, dopo aver fatto rilevare che il padre della fanciulla non avrebbe osato toccarlo neppure "per quanto avere ha in Bari", aggiunge di aver cercato dappertutto, in Oriente e in Occidente, in Germania, Africa settentrionale, Palestina, Costantinopoli e in alcune regioni d'Italia, tra cui la Puglia, senza aver trovato la donna che cercava.
Il duplice riferimento alle notevoli ricchezze di Bari e alla Puglia esprime emblematicamente l'importanza che queste due realtà territoriali avevano ormai assunto alla metà del XIII secolo. In quest'epoca il termine Puglia indica, quasi per antonomasia, tutta l'Italia meridionale: e in tal senso l'intese l'imperatore svevo Federico II. Egli stesso si definiva "uomo di Apulia" e dai contemporanei fu chiamato "puer Apuliae". Un altro elemento di notevole interesse, ai fini del nostro discorso, è presente nella "Divina Commedia". Nel XXVIII canto dell'Inferno (vv. 7-21), presentando la bolgia dei seminatori di scandali e di scismi, Dante sostiene che l'orrore e il raccapriccio davanti a quella scena erano tali da non poter essere espressi in alcun modo, neppure se si fossero radunati tutti i morti e i feriti che avevano combattuto tante guerre nella fortunata terra di Puglia: qui terra fortunata significa terra esposta alle diverse vicende della fortuna, a causa sia della sua posizione geografica, sia delle contese che su di essa si erano svolte per secoli.
Questa terra fortunata, abitata da popolazioni preromane e preelleniche (Dauni, Peuceti e Messapi); raggiunta, secondo la tradizione, da Diomede che vi avrebbe fondato alcune città; attraversata probabilmente da Enea in fuga da Troia verso il Lazio, fu sottomessa dai Greci e poi conquistata dai Romani, i quali, avendone intuito l'importanza, la contesero strenuamente al cartaginese Annibale.
Dopo i Romani, vi passarono diverse popolazioni ed eserciti: Goti, Bizantini, Longobardi, Saraceni, poi di nuovo Bizantini, Normanni, Svevi, Angioini, Francesi, Spagnoli e Austriaci - oltre le sporadiche, ma non meno rovinose presenze corsare, barbaresche ed illiriche. E ciascuna di queste popolazioni, di provenienza sia orientale che occidentale, portò in Puglia il proprio patrimonio storico e culturale, le proprie consuetudini di vita, la propria lingua e le proprie convinzioni religiose.
Tutto questo conferì alla Puglia un ruolo storico preciso e la connotò come regione cerniera tra Oriente e Occidente, punto di incontro e di scontro di etnie, popolazioni, culture diverse, che qui lasciarono il segno e 1'impronta della loro presenza negli usi, nei costumi, nelle tradizioni, nella lingua, nell'arte, in molti atteggiamenti mentali e quotidiani.


***


Ebraismo, Cristianesimo e Islam, le tre grandi religioni monoteistiche del Mediterraneo, sorte e consolidatesi sul ceppo abramitico, hanno fatto registrare in Puglia, nel corso dei secoli, una presenza sicuramente ineguale nel tempo e nello spazio, ma molto incisiva per gli esiti prodotti, anch'essi ineguali per spessore e consistenza.
La diaspora ebraica in Europa trovò in Puglia, sin dai primi anni della nostra èra, un punto di passaggio obbligato.
Spinti da necessità vitali, che la povertà della loro terra non riusciva a soddisfare, e da eventi quali la distruzione di Gerusalemme ad opera di Tito nel 70 d.C., in Puglia approdarono molti Giudei, che fecero anche proselitismo tra la popolazione indigena. Come prova una costituzione dell'imperatore Onorio del 398, alla fine del IV sec. molti Giudei facevano parte delle curie municipali pugliesi e contribuivano al mantenimento dell'economia locale, sia con le loro attività che con il pagamento delle tasse.
Con la cristianizzazione completa dell'Impero, anche in Puglia i Giudei vennero perdendo importanza dal punto di vista economico e politico, ma continuarono a conservare una propria rilevanza sul piano culturale, specialmente in rapporto alle altre comunità della diaspora.
Come attestano fonti letterarie ed epigrafiche di ambito funerario, le comunità ebraiche fecero registrare una notevole crescita nei secoli IX-X, soprattutto ad Otranto, Taranto, Oria, Brindisi e Bari: gli Ebrei vi esercitavano la mercatura e il commercio, oltre che di spezie, preziosi, perle, sete, cotone, anche di schiavi.
Ad Oria, nel IX secolo, secondo la cronaca di Achimaaz, fiorirono "scuole ebraiche dalle radici autentiche e profonde", maestri, scrittori, mistici e poeti, i cui componimenti sono ancora in uso nella liturgia ebraica italiana e ashkenazita.
Tra questi vanno ricordati Abu Aron, un dotto babilonese giunto ad Oria, il poeta e scrittore Amittai e, nel X secolo, il filosofo, medico e poeta Donnolo Shabettai, autore del primo libro di medicina scritto in Occidente in lingua ebraica.
Abu Aron fu accolto benevolmente a Bari dagli Arabi, i quali avevano da poco conquistato la città e vi avevano impiantato un vero e proprio stato musulmano, che si estese progressivamente quasi all'intera Puglia (847-871).
L'emirato arabo di Bari occupa un posto di rilievo nelle vicende che caratterizzarono i musulmani in Italia, in quanto fu l'unico ad ottenere il riconoscimento ufficiale dal califfo di Baghdad. Nei suoi 25 anni di vita esso fu retto da tre emiri: il berbero Khalfun, che conquistò e fortificò la città; Mufarrag, che vi costruì una moschea cattedrale ed allargò i confini dell'emirato; e Sawdan che terrorizzò tutta 1'Italia meridionale, sino a Montecassino, con scorrerie e saccheggi, tra i quali si ricorda uno particolarmente grave al santuario di San Michele sul Gargano, nell'869. Allo stesso emiro Sawdan si rivolse, tra l'864 e l'866, il monaco franco Bernardo, per chiedergli un salvacondotto e il permesso di proseguire, su navi di proprietà musulmana, il suo pellegrinaggio verso la Terra Santa.
Un altro emirato arabo fu creato a Taranto e durò una quarantina d'anni (840-880).
Tali iniziative di tipo politico-religioso si collocano nel quadro dell'offensiva musulmana contro il mondo cristiano, che interessò la Sicilia e l'Italia meridionale.
Al di là di alcuni episodi, la presenza musulmana in Puglia non fu tanto negativa come certa propaganda cristiana ha spesso evidenziato. Anche in questo ambito si può registrare una tendenza al revisionismo storiografico, cui hanno contribuito in prima istanza Giosuè Musca, con il suo libro su L'emirato di Bari, e Franco Cardini con diversi interventi.
In riferimento al rapporto tra Islam e Puglia, va ricordato che, agli inizi del XIII secolo, l'imperatore Federico II confinò a Lucera gli ultimi arabi siciliani, scampati alla riconquista cristiana: sorse così la leggenda della Lucera dei Saraceni; e quando agli Svevi, che si erano dimostrati amici dei musulmani, succedettero gli Angioini, i musulmani di Lucera furono decimati (1300), dovettero abiurare alla loro fede e furono venduti come schiavi.
Nonostante la scarsezza e frammentarietà delle fonti sulla presenza dei musulmani in Puglia e nonostante l'instabilità e la provvisorietà di tale presenza, va ribadito quanto rilevato da Musca, secondo cui sarebbe troppo sbrigativo pensare che essi siano passati sulle terre del Mezzogiorno senza lasciar tracce, senza suscitare reazioni, senza modificare cioè in qualche maniera il corso della nostra storia.
Ma torniamo agli Ebrei.
In Puglia, nei secoli attorno al Mille, l'ebraismo raggiunse un elevato livello culturale, come è dimostrato da un detto che circolava in Europa nel XII secolo e che parafrasava un versetto dell'Antico Testamento (Isaia 2,3): "Da Bari esce la Legge e la Parola di Dio da Otranto".
E a Bari probabilmente si approfondivano anche questioni giuridiche e di rapporti tra persone se ci è stata tramandata, come ha evidenziato più volte Cesare Colafemmina, la risposta a un quesito in materia di impegni matrimoniali che i dotti maestri ebrei ritenevano vincolanti per tutti i soggetti coinvolti nel negozio nuziale.
Questa ed altre circostanze evidenziano che la comunita ebraica barese fu molto impegnata nel campo dello studio e della cultura, e si dimostrò particolarmente attiva e vivace in altri settori della vita associata, soprattutto nella mercatura: per questo subì una dura persecuzione dall'imperatore bizantino Romano Lacapeno (920-944) che mirava a confiscare e distruggere i libri della tradizione giudaica, quali la Bibbia, i commentari biblici, il Talmud.
Un'altra esperienza significativa fu quella della comunita ebraica di Siponto la quale, sul finire del X secolo, invio a Pumbedita, sulle rive del Tigri, un gruppo di giovani perché approfondissero il diritto babilonese, di cui poi, al ritorno a Siponto, diffusero la conoscenza.
L'ebraismo, pur tra alterne vicende, continuò a fiorire in Puglia sotto i Bizantini (secc. IX-XI) e i Normanno-svevi (secc. XI-XIII) ed entrò in crisi quando, nel 1266, a questi ultimi subentrarono gli Angioini. Gli ordini religiosi dei Francescani e dei Domenicani esercitarono una forte pressione e le comunità ebraiche, nel 1294, subirono atti di prepotenza da parte dei cristiani e furono in buona parte costrette a farsi battezzare.
Con la conquista del regno di Napoli da parte degli Aragonesi nella prima metà del XV secolo e con l'arrivo di molti Giudei dalla Francia, dalla Germania e, più tardi, dalla Spagna (1492), l'ebraismo in Puglia ebbe un certo rilancio. All'inizio del secolo successivo, tuttavia, la conquista del regno di Napoli da parte degli Spagnoli segnò, soprattutto con Ferdinando il Cattolico e Carlo V, la fine del giudaismo nell'Italia meridionale.
Rimangono mute testimonianze di quella presenza alcuni toponimi e i ricordi di giudecche e di sinagoghe, talvolta, come a Trani, trasformate in chiese: tutti motivi puntualmente ricostruiti da Colafemmina, il quale, nel 1985, ha dato vita a Sefer Yukasin (Libro delle generazioni), una interessante rivista che ricostruisce sistematicamente le vicende degli Ebrei nell'Italia meridionale.
Facendo un salto di qualche secolo è interessante ricordare che, a partire dal 1930, a Sannicandro Garganico un centinaio di persone si converti dal cattolicesimo all'ebraismo, e alcuni di loro emigrarono in Israele.
A Bari, poi, nel 1944, si costituì una comunità ebraica, che fu di grande aiuto e conforto agli Ebrei profughi e ad ex internati dei campi istituiti dal fascismo nel Mezzogiorno. In quella occasione un considerevole numero di Ebrei, provenienti soprattutto dai Paesi dell'Est, fu accolto nel Salento prima di trasferirsi in Palestina: il ricordo di questa presenza e ancora molto vivo nel Salento, secondo la puntuale ricostruzione fattane da Vito Antonio Leuzzi.
Recentemente, poi, un gruppo di Baresi si e convertito all'Islam ed ha provveduto alla costruzione di un centro culturale islamico, con relativa moschea, alle porte di Bari. E nel 1991, ad Andria, con una iniziativa di carattere fortemente ecumenico, un rappresentante della gerarchia cattolica locale ha messo a disposizione degli immigrati di fede islamica un'aula che viene utilizzata come moschea.
Se Ebraismo e Islam hanno lasciato in Puglia tracce più o meno consistenti, ma pur sempre episodiche, di ben altro spessore fu la presenza del cristianesimo attraverso i secoli, a partire dal secondo.
Un notevole influsso sulla cristianizzazione della Puglia fu esercitato dalla rete viaria e dal sistema portuale pugliese (Taranto, Otranto, Brindisi, Egnazia, Bari, Siponto). La regione, per la sua posizione geografica e per le sue due vie che oggi diremmo di scorrimento veloce (la Appia e la Traiana), era il punto di passaggio più conveniente nei collegamenti tra Oriente e Occidente: naviganti, commercianti, missionari, pellegrini hanno assicurato una continua circolazione di idee, concezioni ed esperienze tra Puglia e mondo orientale.
Dopo la cristianizzazione, che si può far risalire in linea di massima al II-III secolo, la Puglia partecipò attivamente alle discussioni che impegnavano i teologi e gli autori cristiani del1'epoca. Ne è prova la presenza di alcuni vescovi pugliesi ai concili di Arles (314), Nicea (325), Serdica (343) e Costantinopoli (536).
Di particolare rilevanza è la presenza di un vescovo salentino di nome Marco al primo concilio ecumenico della Chiesa, convocato a Nicea dall'imperatore Costantino, nel 325.
Un'altra caratteristica della Chiesa pugliese dei primi secoli fu quella di fare da tramite fra Roma e Costantinopoli, motivo fortemente radicato nella tradizione culturale, che - possiamo dire - ha come momento iniziale la Magna Grecia storica e che contribuisce a determinare l'ellenizzazione di una parte della Chiesa pugliese durante l'Alto Medioevo, soprattutto delle aree costiere e del basso Salento, Otranto in prima istanza. A tal proposito, si consideri che Otranto, agli inizi del X secolo, è arcivescovado autocefalo, dipendente cioè direttamente dalla sede patriarcale di Costantinopoli, costituendo - come ha osservato André Guillou - una specie di avamposto della Chiesa greca nella Longobardìa latina.
La medesima sorte toccò a Bari, allorchè, nella seconda metà del X secolo, divenne capitale della provincia bizantina d'Italia. Nella stessa epoca il vescovo di Otranto ebbe addirittura l'autorizzazione a consacrare i vescovi di Acerenza, Gravina, Matera, Tricarico e Tursi, con le cui diocesi si definì una sorta di provincia ecclesiastica greca dislocata tra i "temi" di Lucania e Longobardìa.
L'organizzazione ecclesiastica e la liturgia bizantine in parte della Puglia non impedirono che nel 1054, per volontà del Patriarca Michele Cerulario, si consumasse la rottura tra Chiesa greca e Chiesa latina - che ancora perdura - e in cui fu coinvolto il pugliese Giovanni, vescovo di Trani, al quale era stato conferito dal patriarca di Costantinopoli il titolo di syncellus.
Tali questioni squisitamente religiose, riconducibili alla seconda colonizzazione bizantina della Puglia, sono collegabili con una ricca serie di eventi di storia civile, politica e sociale.
Ne è un esempio significativo la storia del culto di San Nicola, le cui reliquie, nel 1087, per volere dei Normanni, da poco succeduti ai Bizantini nel governo di Bari, furono trafugate da 62 marinai baresi e portate da Myra, in Asia Minore, a Bari. Da qui si sarebbero irradiate una religiosità ed una spiritualità nuove, che avrebbero interessato, nel corso dei secoli, sia il mondo orientale che quello occidentale, conferendo alla città una dimensione internazionale e facendone una tappa obbligata nell'itinerario che i pellegrini percorrevano abitualmente, prima di raggiungere i luoghi santi della Palestina.
Gli effetti di quella translatio furono notevoli e repentini, come attesta il diario di viaggio di Beniamino ben Yonah, un ebreo di Tudela in Navarra (Spagna), che nel 1159 partì pellegrino per la Palestina, attraversando l'Italia e seguendo, in linea di massima, la rotta dei crociati.
L'ebreo spagnolo afferma di essere passato per Napoli, Salerno, Amalfi, Benevento, Melfi, Ascoli Satriano, e di essere giunto sulle rive dell'Adriatico, a Trani, città che gli appare "grande e bella". Poi così annota: "a un giorno di cammino è Colo (= Nicola) di Bari". Bari, dunque, viene indicata con il nome del suo Santo. Erano trascorsi solo 72 anni dal trafugamento delle reliquie, una impresa tipica della religiosità medievale, che avrebbe assunto un'importanza, oltre che religiosa, anche economica, politica e culturale, influendo profondamente sulla storia della città pugliese. Grazie a quella impresa e agli esiti che ne scaturirono, gli orizzonti della città e della Regione si allargavano ormai all'Europa e al Mediterraneo, percorsi tra IX e XII secolo da idealità e fermenti nuovi, che trovarono fortunata eco e rispondenza nei nuovi signori di Bari, i Normanni, i quali, patrocinando la traslazione delle reliquie di San Nicola da Myra a Bari, riuscirono ad attirare nella propria orbita la popolazione barese, che si mostrava, in qualche caso, ancora legata agli antichi signori e al recente passato bizantino: Bari e la Puglia, dunque, si ponevano al centro dell'incontro-scontro tra popolazioni nordiche di ascendenza germanica (i Normanni) e popolazioni di tradizione squisitamente mediterranea, come i Bizantini.
Questo ruolo di "cerniera" tra Oriente e Occidente svolto dalla Puglia ebbe notevole risalto allorché, nel 1098, Urbano II convocò a Bari un concilio, col quale, oltre che creare i presupposti per la stabilità delle conquiste crociate ed affermare l'ortodossia dogmatica dei latini, intendeva ricomporre l'unità tra Chiesa orientale e Chiesa occidentale, dolorosamente interrotta dallo scisma del 1054.
Un altro luogo di culto cristiano, il santuario micaelico del Gargano, sistematicamente raggiunto da pellegrini di origine semitica, greca, latina e germanica fin dall'Alto Medioevo, conseguì una notorietà internazionale, divenendo mèta di pellegrinaggi anche di imperatori, papi, vescovi e crociati, oltre che di fedeli provenienti in gran numero dal mondo germanico: tra le tante epigrafi tracciate sulle strutture del santuario, tra VII e IX secolo, la Arcamone ha individuato diversi strati di antroponimia germanica, dal gotico al longobardo, al franco, all'alemanno, al sassone e all'inglese antico. Nello stesso santuario sono state rinvenute cinque iscrizioni runiche, le prime finora scoperte in Italia.


***


Accanto alle religioni, anche le diverse etnie hanno contribuito a fare della Puglia una regione di frontiera, meglio, direi, una regione-cerniera tra il Mediterraneo e l'Europa.
I Greci, per esempio, hanno lasciato tracce consistenti della loro presenza non solo in tante forme d'arte, tra le quali quelle connesse col patrimonio storico-archeologico della Magna Grecia, ma anche nella parlata grika di una piccola area della Puglia meridionale detta Grecìa salentina, che comprende i Comuni di Calimera, Martignano, Sternatia, Martano, Zollino, Soleto, Castrignano dei Greci, Corigliano, Melpignano.
E nella Puglia settentrionale si registrano ancora sopravvivenze linguistiche franco-provenzali e albanesi, retaggio di presenze etniche storicamente rilevanti. Quelle franco-provenziali, soprattutto a Faeto e Celle San Vito, sono collegabili ad una colonia di provenzali, il cui arrivo in Puglia fu voluto da Carlo II d'Angiò, per conquistare Lucera, dove Federico II, come ho già rilevato, aveva insediato una consistente comunità di Saraceni, una vera e propria isola islamica nell'Italia meridionale.
Le sopravvivenze albanofone, a Chieuti, sono, invece, collegabili all'esodo di profughi dall'Albania, in seguito all'invasione di questo paese ad opera dei Turchi, poco dopo la metà del XV secolo. Eventi di questo tipo, divenuti negli ultimi anni fatti di cronaca quotidiana, confermano il ruolo storico della Puglia nei confronti dei Paesi balcanici e del vicino Oriente.
L'immagine di navi e zattere cariche di Albanesi nei porti di Bari, Brindisi e Otranto, dell'estate del 1991, richiama alla mente una lettera di papa Paolo II (1464-1471) il quale, descrivendo un momento dell'esodo albanese del 1466, affermava di provare molto dispiacere per "quelle navi che dai porti dell'Albania riparano ai porti d'Italia, quelle famiglie nude e miserabili che, cacciate dalle loro case, seggono sulla spiaggia del mare, protendono le mani al cielo, riempiono l'aria di gemiti".
Tra le due situazioni, cosi drammaticamente simili, sono intercorsi più di cinque secoli di storia, durante i quali la Puglia spesso ha costituito punto di riferimento e mèta per quanti, sfuggendo a situazioni politiche difficili, di persecuzione e privazione della libertà, cercavano approdi sicuri.
Si pensi, per esempio, alla persecuzione degli Armeni ad opera del regime nazionalista turco che, tra il 1915 e il 1922, provocò 1'esodo e lo sterminio di oltre un milione e mezzo di persone. A Bari approdarono, nel 1924, provenienti dai campi di profughi di Salonicco e di Atene, centinaia di Armeni che furono accolti grazie anche al contributo della "Associazione Nazionale degli Interessi del Mezzogiorno" (ANIMI).
Gli Armeni, di fede ortodossa - come tutti gli esuli dell'Europa orientale e dell'area balcanica - ebbero come punto di riferimento, per la pratica religiosa, la Chiesa russa, costruita al rione Carrassi agli inizi del XX secolo (1913-1917), con un contributo dello zar Nicola II e con le offerte dei fedeli russi, particolarmente devoti di San Nicola. La Chiesa russa, nelle intenzioni della "Società imperiale ortodossa di Palestina" che aveva sede a Pietroburgo e che promosse l'iniziativa, avrebbe dovuto ospitare, nell'annesso ospizio, i pellegrini russi che si recavano prima alla tomba di San Nicola e poi in Terra santa. Purtroppo, allo stato attuale, a parte questioni giuridiche sulla proprietà, l'immobile è parzialmente adibito a ufficio comunale, con una destinazione antistorica, che non rispetta l'origine e l'identita del monumento.
Eravamo partiti dalla presenza a Bari dei profughi armeni che, nel 1924, rinnovavano una tradizione millenaria di loro presenza in Puglia.
I primi Armeni erano arrivati a Bari durante la riconquista bizantina, negli ultimi decenni del X secolo; agli inizi del secolo successivo, un chierico armeno di nome Mosè aveva fatto costruire la Chiesa di San Giorgio, che doveva sorgere nei pressi della Corte del Catapano. Presenze armene sono attestate per lo stesso periodo a Ceglie del Campo e, per il XIV secolo, a Taranto, città per la quale un documento del 1357 testimonia l'esistenza della Chiesa di Sant'Andrea degli Armeni. Ma non furono solo gli Armeni a cercare e a trovare in Puglia ospitalità e migliori condizioni di vita.
"Dal 1943 al 1948 - ha osservato recentemente Leuzzi - in tutta la Puglia si costituirono campi profughi per stranieri e per italiani provenienti dall'Istria, dalla Dalmazia, dalle isole del1'Egeo e dalle ex-colonie".


***


Nomadismo di tipo diverso e cosmopolitismo etnico e religioso sono stati elementi costanti della storia pugliese, spesso enfatizzati dalla storiografia locale post-unitaria: anche se ridimensionati e spogliati di una certa visione storiografica di stampo romantico, questi elementi - nomadismo e cosmopolitismo etnico e religioso - hanno senza dubbio contribuito a disegnare l'identità storico-culturale della Puglia.
Regione-cerniera, dunque, in quel grande mare che è il Mediterraneo, il mare degli uliveti e delle vigne, il mare dei mercanti e dei pellegrini; il mare che ha costituito un mondo sempre in fermento, in cui tracce di antiche civiltà si sono fuse con energie sempre fresche e vitali, dando vita a forme d'arte che hanno esaltato la creatività e l'ingegno dell'uomo, dalla musica alla poesia, alla pittura, alla scultura.
Con tali caratteristiche il Mediterraneo appare agli occhi di Braudel un immenso scenario, un palcoscenico sul quale si muovono innanzitutto quei complessi personaggi che sono le civiltà, le quali non possono essere facilmente definite perché partecipano di vite, caratteri, idealità diverse, spesso contraddittorie, eppure legate, le une alle altre, da quell'elemento prezioso che Braudel chiama "polline culturale" del Mediterraneo.
Questo mare, con la sua storia plurimillenaria, è da sempre interessato da flussi migratori, che trovano nella Puglia e nell'Italia meridionale la porta dell'Europa.
Come è noto, in questi ultimi anni si sono verificati eventi straordinari che hanno rotto equilibri consolidati e hanno fatto crollare muri di ogni tipo, sulle cui macerie la gente continua a trasmigrare alla ricerca, spesso illusoria, di più saldi approdi esistenziali. Questa ininterrotta ondata migratoria determina un continuo rimescolamento di popolazioni e mette a stretto contatto culture, mentalità, usi e costumi diversi. Solo dai Paesi del Nord Africa, negli ultimi dieci anni, sono approdati in Europa, alla ricerca di lavoro, più di due milioni di persone, la maggior parte illegalmente.
Al flusso di extracomunitari, dopo la scomparsa dei regimi comunisti, si sono aggiunti, agli inizi degli anni '90, i profughi dai Paesi dell'Est, in prima istanza dall'ex-Jugoslavia e dall'Albania.
Parallelamente a questo processo di rimescolamento tra le popolazioni, nella nostra società sono sempre più ricorrenti termini quali razzismo, xenofobia, intolleranza, integralismo, antisemitismo, etnocentrismo. I mezzi di comunicazione di massa ci presentano quotidianamente casi di violazione dei diritti umani e di atteggiamenti dettati da pregiudizi, discriminazione verso persone, tradizioni, credenze, culture diverse dalla propria.
Questi nuovi scenari e questa nuova realtà sociale - forse si può già parlare di emergenza - pongono problemi nuovi e complessi alle istituzioni e all'intero sistema formativo nazionale: famiglia, scuola, enti locali, associazioni, gruppi, mass-media.
Accanto alla "emergenza stranieri" bisogna sottolineare quella che mi pare una acquisizione storicamente fondata del pensiero umano: i valori positivi che danno senso alla vita non sono patrimonio esclusivo di una sola cultura o di una sola confessione religiosa, né appartengono ad un solo popolo, né sono conquiste solo del passato o del presente.
Da queste considerazioni discende automaticamente l'opportunità e, direi, la necessità di un confronto tra popoli, religioni e culture diverse, al quale accostarsi con la consapevolezza della propria identità e delle proprie radici, ma anche con la disponibilità ad accettare la diversità come valore e come occasione di crescita personale - in definitiva, come risorsa.
Solo cosi si può concretamente realizzare il passaggio dalla multiculturalità, intesa come fredda e asettica coesistenza di più culture, alla interculturalità, che postula e realizza l'incontro interattivo tra le stesse, dal quale possono sprigionarsi stimoli, energie e impulsi nuovi. Il dialogo tra culture diverse consente, infatti, di scoprirne ascendenze comuni, seppur lontane nel tempo, e stratificate nella storia: l'intercultura diventa, cosi, anche occasione per approfondire e, talora, riscoprire le proprie radici.
E le radici più profonde della storia europea sono sicuramente nel Mediterraneo, crocevia tra Europa e Africa e tra Europa e Asia.
Di questo crocevia il Mezzogiorno è punto di passaggio obbligato, terreno tradizionale di incontro - talvolta di scontro - tra culture e civiltà. Tra le regioni del Mezzogiorno, la Puglia è sicuramente quella più attenta e protesa verso l'Oriente, il Medio Oriente e il Mediterraneo: un ruolo di cerniera e di raccordo tra due mondi che è scritto, direi, nel suo codice genetico.
Un'Europa che guardasse con indifferenza al Mediterraneo e al Mezzogiorno non sarebbe credibile, anche perché alla definizione dell'identità culturale europea hanno contribuito sicuramente tre idee-guida, che sono nate e si sono sviluppate proprio nel Mediterraneo: l'idea greca di scienza, l'idea romana di diritto e l'idea cristiana di coscienza.


 



Condividi questo articolo

in Mediterranei: LA GERUSALEMME PERDUTA - I reportage di Paolo RumizVermondo Brugnatelli <b> Fiabe del Nordafrica </b> La fiaba nordafricana come elemento di conoscenza della società
e come veicolo di lingue e cultureI BERBERI
Vermondo Brugnatelli <b>I BERBERI </b> Elementi di Storia, Lingua e
LetteraturaKalòs ìrtate stin ''Grecìa Salentina''!Convegno Internazionale di Studi Il Mediterraneo Plurilingue
  - Conclusioni di MAX PFISTERLa mappa più antica della storiaLa mappa più antica della storiaVI Congresso del Forum internazionale delle Donne del Mediterraneo. ''A 10 anni da Pechino e Barcellona: le politiche Euro-mediterranee dal  partenariato al ‘buon vicinato’. Posizione e diritti delle donne tra realtà e utopia''TORINO- 23-27 novembre 2005RELIGIONI MONOTEISTICHE IN PUGLIA CERNIERA TRA MEDITERRANEO ED EUROPAIl dialogo tra i popoli e le culture nello Spazio euromediterraneo - Rapporto del Gruppo dei Saggi istituito per iniziativa del Presidente della Commissione europea  


Copyright © 2002-2011 DIDAweb - Tutti i diritti riservati