PROFEZIE E LUNAZIONI - Nell' antro della sibilla. I calendari lunari di Cuma. Di Franco Ruggieri
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PROFEZIE E LUNAZIONI


Nell' antro della sibilla.
I calendari lunari di Cuma


Di Franco Ruggieri


1- Il fatto


    Sulla parete occidentale esterna del dròmos che Amedeo Maiuri definì l'Antro della Sibilla compaiono due gruppi di segni verticali che già nell'aprile del 1972 avevano attratto la mia curiosità.
    Da conversazioni successive con alcuni amici e con Funzionari della Soprintendenza, è emerso che la presenza di tali segni non pare risulti da alcuna pubblicazione concernente gli scavi di Cuma.
    I segni del primo gruppo, a sinistra, hanno in media una lunghezza di circa 10 centimetri, una larghezza di 1,5 ed una profondità di 1.
    Questo gruppo (che chiameremo per comodità: Calendario A) è costituito da 29 tacche: una prima serie da 20 tacche parallele, disposte su di un'unica linea orizzontale che misura 108 cm., è seguita da una seconda serie, sottostante, di 9 tacche parallele, per una lunghezza di 37,5 cm., allineata a destra


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Cuma: Calendario A


Questo tipo di allineamento lascia presupporre che la serie a superiore sia stata tracciata da sinistra a destra e quella inferiore da destra a sinistra, secondo il sistema bustrofedico.
    Qualche metro più a destra, in basso, quasi al termine della parete, è presente un secondo gruppo (che chiameremo: Calendario B) costituito da 8 segni disposti ad arco, con la concavità rivolta verso il basso, seguito da altri segni di cui 5 nettamente distinguibili, più distanziati fra di loro, disposti lungo una linea leggermente in discesa verso destra, per un probabile totale di 13 segni.


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Cuma: Calendario B


La perplessità sul totale di queste ultime incisioni deriva dal fatto che in tale zona della parete, deteriorata dal tempo, sono visibili anche altri segni, forse casuali, che potrebbero essere correlati col gruppo di 5. Ulteriori e più approfonditi studi, eseguiti da persone più qualificate di me in questa materia, dovrebbero poter chiarire la questione.
    Nell'estate del '95, e precisamente la mattina dell'11 luglio, mi sono recato con un giovane amico, Raffaele Iacente, sul luogo, per effettuare disegni e fotografie.
    Al termine dei rilievi, durante una passeggiata all'interno del dròmos stesso,
il giovane Raffaele Iacente, dando segno di un notevole spirito di osservazione, si accorgeva che un ulteriore gruppo di 13 segni era presente all'interno di uno dei corridoi laterali che mettono in comunicazione il dròmos con l'esterno, verso il mare, e precisamente sulla parete nord, ma ad un'altezza considerevole. A destra delle tacche si presenta uno schematico, vasto disegno fusiforme. Chiameremo il tutto: Calendario C.


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Cuma: Calendario C


2 - Considerazioni preliminari
    La prima e più logica suddivisione da tempo è stata, per l'uomo primitivo il giorno, scandito dall'alternarsi della luce e del buio. Poi, in un momento imprecisato del paleolitico, lo sguardo scoprì e riconobbe un grande orologio e calendario naturale: la Luna.
    Osservò le sue fasi: Luna crescente, piena e calante. In seguito l'astro notturno spariva per circa tre giorni per poi ricominciare da capo la stessa misteriosa danza. L'intero ciclo durava poco più di 29 giorni.
Era nato il concetto di mese.
    Un concetto legato contemporaneamente alla funzionalità e alla magia. Non fu difficile, infatti, riconoscere in questo periodo la stessa durata del ciclo ormonale della donna e, quindi, raggiungere il convincimento che tra la Luna e la Donna ci fosse una precisa correlazione magico-funzionale.
    Notevoli tracce di ciò permangono nell'analisi etimologica e semantica di alcuni termini che derivano tutti dalla stessa radice sanscrita ME con significati afferenti la misurazione, non solo del tempo. Da tale radice provengono i termini italiani Mese (latino, mensis) ma anche MEstruazione e MEtro, come d'altra parte i termini analoghi mami e mas (sanscrito), mah (avestico e antico prussiano), manu (lituano), mena (gotico), mène (Luna, greco) e chissà quanti altri 1.
    Successivi ragionamenti permisero di stabilire che dopo circa 12 lunazioni le stesse stagioni (ancora genericamente divise in stagione calda e stagione fredda oppure stagione piovosa e stagione secca) si ripetevano, sia pure con un certo ritardo. In realtà il mese sinodico, cioè calcolato sulle fasi lunari, dura 29,53059 giorni 2 e dodici lunazioni si estinguono in un periodo di 356,36708 giorni, ma i nostri antenati calcolavano mesi di 29 giorni interi raggiungendo un totale di 348 giorni (29x12) giorni invece dei circa 365 e un quarto a cui siamo oggi abituati.
    Era nato l'anno, anche se un po’ rachitico.
    Quando poi nel neolitico si diffuse l'agricoltura (e soprattutto la cerealicoltura) divenne necessario disporre di un calendario più preciso che determinasse con esattezza i giorni della semina e del raccolto. Quei diciassette giorni di differenza cominciarono a dar fastidio, soprattutto perché di anno in anno si andavano sommando gli uni agli altri costringendo gli studiosi del tempo a continui adattamenti del calendario teorico o sacro alle esigenze agricole. Così qualche osservatore dell'epoca cominciò a calcolare diversamente la durata di una lunazione facendo riferimento al periodico passaggio più o meno ravvicinato della Luna accanto ad una stella o ad un gruppo di stelle. Questo calcolo portò ad una valutazione di 28 giorni circa (ancora più vicino al ciclo mestruale ). Oggi sappiamo che il mese siderale (o tempo di rivoluzione) è di 27 giorni, 7 ore, 43 minuti e 11,5 secondi, e che 13 lunazioni corrispondono a poco più di 359 giorni, ma a quei tempi non si andava tanto per il sottile: si approssimò il valore a 28 e si calcolò che un anno di 13 mesi doveva durare 364 giorni (28x13). Niente male, come approssimazione, per un astronomo di quasi diecimila anni fa!……


    3 - Il calendario greco
    Nella Grecia più antica si adottò l'anno lunare, sostanzialmente derivato da quello babilonese. Esso era costituito da 354 giorni, cioè da dodici lunazioni (1), con una differenza di 11 giorni rispetto a quello solare.
    Per evitare uno sfasamento del calendario rispetto alle stagioni, di tanto in tanto e in modo alquanto arbitrario, veniva inserito un tredicesimo mese. Verso la fine del VI secolo a.C. (ai tempi di Pitagora, tanto per intenderci), nel tentativo di porre un rimedio a questo problema, venne adottato un ciclo più regolare, di otto anni, detto octaeteride con il quale si cercò di accordare i due sistemi, quello lunare e quello solare che governava le stagioni. Ciò fu ottenuto inserendo, nel corso di questi otto anni, tre mesi lunari (circa 90 giorni) e portando quindi il totale del ciclo stesso a 2922 giorni, tanti come quelli del ciclo solare (2).
    Ancora un secolo e l'astronomo greco Metone, non contento del risultato, impostò (o derivò dai Babilonesi) un ulteriore ciclo, molto più complesso (3), di 19 anni; basato sempre sui mesi lunari di 29 giorni e mezzo, nel corso del quale venivano intercalati 7 mesi supplementari. La prima parte del ciclo era costituita da 12 anni di 12 mesi lunari, la seconda da 7 anni da 13 mesi lunari 3. Così si raggiungeva un totale di 235 mesi sinodici(4), ognuno dei quali aveva una durata media di 29 giorni, 12 ore , 45 minuti e 57 secondi.

    4 - Le analogie.
    Sono noti numerosi gruppi di segni analoghi a quelli che inizialmente abbiamo definito Calendari A, B e C e che risultano presenti sin dalla preistoria.
    Celebri in particolare: il pendalocco 4 in avorio, inciso con tratti e tacche, e la Venere di Laussel, nota anche come Dea del Corno 5.
 


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Pendalocco in avorio con 14 tacche


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Venere di Laussel. (Gravettiano,25000 a.C.)


    Il pendalocco presenta 14 tacche nettamente tracciate sulla parte convessa, mentre la Venere di Laussel, dalle palesi caratteristiche steatopigie, sostiene con la mano destra un corno che presenta 13 segni simili incisi.
    Dallo stesso periodo e dalla stessa zona provengono almeno altri due bassorilievi 6 con caratteristiche analoghe alla Venere. Queste ed altre incisioni paleolitiche, neolitiche e anche posteriori sono spesso state considerate come rappresentazioni di calendari lunari. Basterebbe per tutte ricordare il pesce sovrastato da sette segni dell'Abrì du Poisson 7 e i tredici punti dipinti con pigmenti al manganese sotto il celebre Cervo di Lascaux 8.


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Abrì du Poisson salmone (Gravettiano,25000 a.C. circa)


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Il Cervo di Lascaux   (Magdaleniano, 13000 a. C circa)


D'altra parte già negli anni '70, Alexander Marshak aveva sostenuto che nel Paleolitico Superiore (dal primo Aurignaziano al tardo Magdaleniano) esisteva un sistema di notazioni del tempo basato sull'osservazione delle fasi lunari e che "il ciclo lunare era analizzato, memorizzato e utilizzato per scopi pratici circa 15.000 anni prima della scoperta della agricoltura. In base a ciò si può capire meglio la grande importanza della luna nella mitologia arcaiche, e soprattutto l'integrazione in un unico sistema, da parte del simbolismo lunare, di realtà diverse tra loro come la donna, le acque, la vegetazione, il serpente, la fertilità, la morte, la ri-nascita" 9.
    Il serpente in particolare, risulta essere un simbolo, quasi un'epifania, della Luna sia perché scompare e riappare (gli antichi credevano che vivesse sotto terra), sia perché, secondo una leggenda riportata da Aristotele e Plinio, avrebbe tanti anelli quanti sono i giorni del mese lunare 10 , ma soprattutto perché il suo periodico sgusciar via dalla vecchia pelle, abbandonata come ormai inutile spoglia mortale, diede origine alla leggenda della sua immortalità e lo trasformò in un simbolo della rigenerazione periodica, come la Luna, appunto, che regolarmente scompare e rinasce. Il collegamento della luna col serpente ci interessa in modo specifico: non a caso nei miti arcaici questo (o un mostro marino a forma di drago, ma comunque collegato con le acque) custodisce la sacra sorgente e la fonte dell'immortalità e quindi della conoscenza e della pre-scienza che permette di scrutare nel presente e nel futuro il volere degli dei; custodisce infatti l'Albero della Vita, l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male, la Fonte della Gioventù e l'oracolo di Delfi, almeno nel periodo pre-apollineo del mito. Anzi c'è di più: a Delfi, il drago che custodiva l'oracolo della dea Terra che fu poi conquistato da Apollo era un drago-femmina (dràkaina) 11.
    Di qui è possibile ipotizzare una serie di correlazioni fra la Luna e i suoi calendari posti nei pressi del luogo ove, secondo la leggenda, profetava la Sibilla. L'aspetto acquatico è rappresentato in prima istanza dal fatto che i calendari sono posti esattamente di fronte al mare e quest'ultimo è probabilmente l'elemento che in maniera più macroscopica è collegato alla Luna: basta pensare alle maree. Ma potrebbe esserci un collegamento più sottile ad unire l'acqua, le profezie, la Sibilla Cumana e la Luna: il serpente. Il serpente è sacro ad Apollo, dio di Cuma e dio delle profezie: non dovrebbe essere difficile trovare tracce del suo culto nei dintorni del dràmos.


5 - Le ipotesi


    Ci troviamo ora a disporre del numero 29 che indica i giorni del mese sinodico, correlato al numero 12 che indica i mesi dell'anno corrispondente (29x12=348) e inoltre del numero 28, i giorni del mese siderale, correlato al numero 13, i mesi necessari perché si compia un anno (28x13=364). E poiché 28 è divisibile per 4 ecco che nasce la settimana, intesa come quarta parte del mese, corrispondente all'incirca alla durata di una fase lunare, per esempio dal 1° quarto alla Luna piena. Il che spiega, tra l'altro, i sette segni dell'Abrì du Poisson.
    A questo punto sarebbe semplice attribuire al primo gruppo di tacche descritto a Cuma il significato di mese lunare (sinodico, 29 giorni), al secondo gruppo (8+5) in basso a destra (con tutte le perplessità sopra manifestate) ed al terzo (assai più sicuro), individuato dal nostro giovane amico, quello di anno (basato sul mese siderale: 28 giorni per 13 mesi, o sul sistema metodico: 13 mesi di 29,5 giorni). La considerazione poi delle condizioni climatiche generali del luogo ci potrebbe spiegare come mai nel secondo gruppo (Calendario B) i primi otto mesi siano raffigurati in maniera diversa dai successivi cinque: sono i mesi caldi, estivi diremmo oggi. E gli altri, benché oggettivamente in numero minore, sono più distanziati, quasi a ricordarci come l'inverno, per breve che sia, ci appaia soggettivamente più lungo, interminabile, a volte.
    Qualcuno però 12, alludendo al corno della Venere di Laussel, ha ipotizzato che il numero 13 rappresenti i giorni della Luna crescente e anche questo potrebbe essere preso in considerazione.
    Il pendalocco potrebbe rappresentare due successivi fasi lunari (due settimane: 14 giorni) ed il corno, trionfalmente mostrato dallo splendido bassorilievo della Venere di Laussel, l'anno di 13 mesi.
    Lello Riccio, appassionato di numismatica e di storia antica, mi ha fatto rilevare come sul verso della maggior parte delle monete cumane sia rappresentato un mitile ed ha recentemente ipotizzato, nel corso di un'interessante conferenza, un collegamento fra l'oracolo di Cuma e quello di Efira, in Epiro. Qui, il professor Sotiris Dakaris 13 ha ritrovato, sul fondo della cosiddetta "Ade", centinaia di gusci di molluschi insieme a tracce di fuochi, ossa di animali, grosse fave e mucchi di neri grumi di hascisc che fanno subito pensare ad un oracolo basato sull'incubatio.
    La cosa in se, non sarebbe molta significativa se la stessa fonte non citasse anche il particolare che i "clienti", una volta ammessi all'interno del Nekromantheion, dovevano lasciare la luce del sole per 29 giorni. Anche il rituale dell'oracolo dei morti mesopotamico descritto da Luciano nel Menippo durava 29 giorni, che cominciavano dalla Luna Nuova.Il che ci riporta al Calendario A di 29 segni.Ulteriori approfondimenti, che sono ancora allo studio, sembrano ipotizzare una precisa relazione fra il salmone dell'Abrì du Poisson ed il segno fusiforme o ittiforme di Cuma  ( Calendario C).Il nesso andrebbe ricercato considerando come punto di partenza immagini come quella della Dea-Pesce di Lepenski Vir (sesto millennio a.C.)  e dell'anfora ovoidale di Tebe in Beozia (settimo secolo a.C.) 14.
  Inoltre,  una recente rianalisi di alcune vecchie diapositive in mio possesso, scattate all'interno della Cripta Romana di Cuma, ha messo in luce la presenza di altri due segni incisi sulla parete settentrionale. Il principale dei due si trova a circa metà percorso, quasi al di sotto di uno degli archi di sostegno realizzati posteriormente. Essi ricordano ambedue la parte superiore del segno fusiforme che si trova accanto al Calendario C.






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Cuma:Calendario C e segno fusiforme  


 

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Anfora ovoidale di Tebe (Boezia, particolaere Sub Geometrico Arcaico Iniziale, 700-675 a.C.)Notare il pesce riprodotto sulla parte inferiore dell'abito, in corrispondenza dell'utero, e l'abbondanza di simboli sia lunari (cani latranti, spirale, pavoni, la reticolatura del pesce, la testa di toro, l'utero sopra il cane di destra) che solari (svastiche). Dall'altra parte dell'anfora, qui non visibile, la dea appare nelle epifania di un uccello con ali spiegate ed il corpo di un pesce reticolato.


 





                 
    Mentre infatti il fuso del Calendario C può essere assimilato ad un pesce, e quindi correlato al culto della Dea-Pesce, quello della Cripta, anch'esso inciso, come il primo, sulla parete nord ma troppo lontano dall'ambiente esterno e perciò non in vista del mare, sarebbe meglio interpretabile come un utero o ancor più come una vulva e correlato ad una più generica e non meglio definita Dea-Madre, forse Era, il cui culto è stato importantissimo a Cuma sin dalla fondazione, oppure ad Iside, almeno nella versione romana mirabilmente descritta nell' XI libro dell' Asino d'oro di Apuleio, i cui rituali sono attestati in loco dalla recente scoperta, effettuata da Paolo Caputo, di un santuario a lei dedicato o addirittura a qualche analoga divinità locale risalente forse al neolitico e mai dimenticata dalla fede popolare che, come spesso è accaduto, potrebbe aver effettuato un'opera di sincretismo con le divinità femminili importate dai successivi conquitatori.
    Il significato di fondo, comunque, non cambierebbi di molto: il gruppo utero/vulva/pesce è composto da elemnti che nel pensiero più antico sono perfettamente scambibili, come dimostrano le figurazioni sul sarcofago post -palatiale 15 di Armenoi (Creta), la stessa anfora ovoidale di Tebe citata sopra 14, l'urna a forma di civetta 16 di Lemnos ("Fase Verde" di Poliochni) e infinite altre immagini risalenti a periodi anche più antichi, dei genitali esterni femminili correlati alla forma del pesce.


    5- I passi futuri.


    Restano da chiarire ancora parecchie cose:
    1) La rappresentazione congiunta sulla stessa parete di tufo di un mese sinodico (20+9=29) e di un anno siderale (8+5=13) e poi sullo stesso anno siderale posto a meno di cento metri più a sud: una vicinanza che potremmo definire anacronistica, nel vero senso della parola. A meno che l'anno di 13 mesi non rappresenti semplicemente un anno lunare con un mese aggiunto secondo il sistema arcaico oppure quello octaeteride o secondo il ciclo metonico.
    2) Perché tutti e tre i gruppi di segni calendariali sono collocati in prossimità del dràmos un tempo noto come Antro della Sibilla e non altrove?
    3) E' possibile che ce ne siano altri nella cosiddetta Cripta Romana, da molto tempo non più aperta alla visita del pubblico per motivi di sicurezza statica, e che alcuni sembrano considerare il vero luogo in cui profetava la Pizia?
    4) E' confermabile con certezza quanto risulta finora, che cioè queste tacche non siano mai state descritte da nessuno? E se così non fosse, chi ne ha parlato? e dove?
    5) Poiché assai spesso la dea della Fertilità, con cui s'identificava la Luna, è stata raffigurata sotto forma di pesce 14, non ci sarà una relazione fra il salmone dell' Abri du Poisson, sovrastato dalle sette tacche simboleggianti la durata di una fase lunare, e il calendario C di Cuma affiancato dal rozzo, ma esplicito segno ittiforme?
    Mi fermo qui osservando che, come di consueto in campo culturale, ogni nuova considerazione, ogni risposta ad un quesito vecchio non fa che porre ulteriori domande ad aprire nuove strade alla esplorazione del Pianeta Uomo.


* * *


Ringraziamenti


La mia gratitudine, per la collaborazione prestatami nel corso di queste ricerche preliminari, va agli amici Prof. Pino Leuci, Dott. Gigi Barbieri e Sig. Lello Riccio, per i consigli, i suggerimenti, le indagini bibliografiche e gli incoraggiamenti, ma sopratutto va al giovane Raffaele Iacente, vero scopritore di quel Calendario C che si è rivelato il più interessante del gruppo.
Un ringraziamento particolare al dott. paolo Caputo, responsabile dell'Ufficio Archeologico di Cuma, per la sua estrema disponibilità e competenza che mi hanno permesso tra l'altro un utile approfondimento  sulle presumibili collocazioni temporali e storiche del materiale studiato.


Franco Ruggeri


(1) 12 x 29,5 giorni =354 giorni


(2) 8 anni solari = 8 x 365,2422 giorni = 2922 giorni circa (2921, 9376)


(3) ciclo octaeteride detto appunto "ciclo metonico" = 8 x 354 giorni + 90 =2922 giorni


(4) (12 x 12 ) + (7 x 13) = 235


Note Bibliografiche


1 Mircea Eliade - Trattato di Storia delle Religioni, p. 159. Torino 1976 Mircea Eliade - Trattato di Storia delle Religioni, p. 159. Torino 1976


2 Nedim R. Vlora - La misura del tempo nell'Antico Egitto, nota 18, in Giornale di Astronomia, vol. 21 n.1, marzo 1995 Nedim R. Vlora - La misura del tempo nell'Antico Egitto, nota 18, in Giornale di Astronomia, vol. 21 n.1, marzo 1995


3 Fred Hoyle - L'Astronomia, pag. 79-80, Firenze, 1963 Fred Hoyle - L'Astronomia, pag. 79-80, Firenze, 1963


4 P.M. Grand - Arte Preistorica, pag. 76 - Milano, 1967 P.M. Grand - Arte Preistorica, pag. 76 - Milano, 1967


5 P.M. Grand - op.cit., pag. 78. La Venere di Laussel risale al Gravettiano (Perigordiano superiore): 25.000/20.000 anni a.C. P.M. Grand - op.cit., pag. 78. La Venere di Laussel risale al Gravettiano (Perigordiano superiore): 25.000/20.000 anni a.C.


6 6.1) J. Jelìnek - La grande enciclopedia illustrata dell'uomo preistorico, pag. 473. - Praga, 1975 6.2) P.M. Grand - op.cit., pag. 84 6.1) J. Jelìnek - La grande enciclopedia illustrata dell'uomo preistorico, pag. 473. - Praga, 1975 6.2) P.M. Grand - op.cit., pag. 84


7 Marcello Piperno - Origini dell'arte, in Archeo Dossier n. 4 - Novara 1985. Pagg. 16/17 Marcello Piperno - Origini dell'arte, in Archeo Dossier n. 4 - Novara 1985. Pagg. 16/17


8 André Leroi-Gourhan - L'evoluzione dell'arte paleolitica - in Le Scienze, n.3, Novembre 1968 André Leroi-Gourhan - L'evoluzione dell'arte paleolitica - in Le Scienze, n.3, Novembre 1968


9 Alexander Marshak - The Roots of Civilization, p. 81 e ss. citato in Mircea Eliade - Storia delle credenze e delle idee religiose, pag. 34, Firenze, 1979 Alexander Marshak - The Roots of Civilization, p. 81 e ss. citato in Mircea Eliade - Storia delle credenze e delle idee religiose, pag. 34, Firenze, 1979


10 Aristotele - Hist. animal., II, 12; Plinio - Hist. nat., XI, 82 Aristotele - Hist. animal., II, 12; Plinio - Hist. nat., XI, 82


11 Inno Omerico ad Apollo, III, 300: Lì vicino era la fonte dalle belle acque, ove il dio figlio di Zeus uccise la dracèna col suo arco possente:….. in Inni Omerici, Vicenza, 1988


12 Marija Gimbutas - Il Linguaggio della dea, 25.4, p. 288, Milano 1990. Marija Gimbutas - Il Linguaggio della dea, 25.4, p. 288, Milano 1990.


13 Philipp Vandenberg - Oracoli - cap. 1°, Longanesi & C., 1982 Philipp Vandenberg - Oracoli - cap. 1°, Longanesi & C., 1982


14 Marija Gimbutas - op.cit. - pag. 260, tav. XIX (Dea-Pesce), pag. 259 (anfora). Marija Gimbutas - op.cit. - pag. 260, tav. XIX (Dea-Pesce), pag. 259 (anfora).


15 Marija Gimbutas - op.cit. - pag. 263, fig. 410. Marija Gimbutas - op.cit. - pag. 263, fig. 410.


16 Marija Gimbutas - op.cit. - pag. 191, fig. 292-1. Marija Gimbutas - op.cit. - pag. 191, fig. 292-1.


http://www.icampiflegrei.it/Bollettino/calendari_1.htm



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