Glocal Youth - Un progetto di media education e intercultura. Di Sandra Federici
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Glocal Youth


Un progetto di


media education e intercultura


di Sandra Federici


 


Questo numero di Africa e Mediterraneo costituisce uno dei risultati dell’iniziativa “Glocal Youth. Testi e contesti mediatici per giovani nel Nord e nel Sud del mondo”, realizzata dalla cooperativa Lai momo, editrice di Africa e Mediterraneo, in partenariato con tre organizzazioni europee (Centre Audiovisuel de la ville de Liège, Grupo Comunicar di Huelva, Centro de investigação e de comunicação científica dell’Universi-dade do Algarve) e co-finanziato dalla Commissione europea (Programma e-learning - DG Education and Culture).


Il progetto è nato per sperimentare l’incrocio di due grandi sfide della pedagogia contemporanea: l’educazione ai media e l’educazione interculturale. Si è proposto infatti di analizzare le produzioni mediatiche per giovani (testi e contesti) del Nord e del Sud del mondo allo scopo di raggiungere i seguenti obiettivi:


- migliorare la conoscenza interculturale, in particolare la consapevolezza delle specificità e delle uguaglianze nella situazione di consumatori mediatici che i giovani europei e quelli dei paesi meno avanzati stanno vivendo, nella crescita continua degli scambi commerciali e culturali causati dalla globalizzazione;


- fornire uno strumento per attività di media education nelle scuole superiori e nelle associazioni giovanili che permetta di lavorare in maniera critica sull’influenza pervasiva dei media nelle scelte dei giovani, e sulle loro rappresentazioni (in particolare è stato realizzato il sito multilingue www.glocalyouth.net);


- realizzare con giovani di 14-20 anni un’analisi partecipata della produzione mediatica per giovani del Nord e del Sud del mondo (siti, riviste, trasmissioni e fiction TV), considerando le rappresentazioni dei giovani, i contesti produttivo-commerciali e gli assetti proprietari dei media.


Il lavoro dei partner ha preso le mosse da una ricerca coordinata (che, nell’immenso territorio che si era scelto di esplorare, è partita da una prima divisione dei compiti basata sulle aree geografiche: Europa, Asia, Africa, America Latina), alla quale hanno partecipato anche il dipartimento di Media studies dell’Università del KwaZulu Natal, e il Centro di Informazione e Comunicazione dell’Università di Cuyo (Argentina). Sono state passate in rassegna le produzioni mediatiche per giovani nei quattro continenti suddetti, selezionando poi 40 casi studio finalizzati oltre che all’analisi dei singoli testi e dei relativi contesti, alla predisposizione di percorsi didattici utilizzabili per attività educative. La ricerca è confluita in un sito Internet (www.glocalyouth.net), le cui schede sono poi state utilizzate per attività in classe e in associazioni giovanili nei quattro paesi, dopo una presentazione al pubblico (Bologna, 22 ottobre 2004).



L’elaborazione del dossier di questo numero, ultima attività del progetto, ha fatto emergere più che mai le implicazioni multidisciplinari del tema della ricerca da noi affrontata, che mette insieme l’eterogeneità dei processi comunicativi alla complessità delle pratiche interculturali e che ha suscitato interesse e partecipazione nel mondo dell’antropologia, delle scienze della formazione, della sociologia, delle discipline della comunicazione, oltre che di operatori impegnati sul campo in progetti di media education. Il dossier è composto da una prima parte derivante direttamente dai report della ricerca Glocal Youth (Clarembeaux, Pensa, Reia Bautista, Vera Aranda), con due articoli più teorici sull’intercultura (Delcomminette) e sull’educazione ai media (Aguaded Gomez e Pérez Rodriguez). Le sezioni successive sviluppano altri temi cruciali della ricerca “Glocal Youth”, con articoli derivanti dai casi studio, e altri contributi emersi successivamente.


Nella sezione Giovani, media e sviluppo, i media entrano in gioco sia come rappresentazione dei problemi dei giovani africani (De Boeck e Honwana ci danno le basi sulla condizione marginale, l’identità e il ruolo dei bambini e dei giovani in Africa, facendo culminare la loro analisi nel tragico evento della morte nel carrello d’atterraggio di un aereo diretto a Bruxelles dei due adolescenti guineani Yaguine e Fodé, la cui scioccante lettera-appello ai governanti dell’Europa invase le prime pagine dei media europei come parola ultima e vera dell’Africa all’Occidente), sia come mezzo di influenza positiva o negativa sulle loro scelte di vita (Teruggi e Cella, mostrano come nelle città africane, visto il crescente consumo di prodotti rozzi, violenti e culturalmente e socialmente “esterni”, sia urgente educare ai media, allo scopo di creare un ecosistema mediatico ed educativo che fornisca tanto le basi per un’interpretazione critica dei messaggi, quanto le abilità per una presa di possesso creativa degli strumenti tecnici).


Nella sezione Rappresentazioni osserviamo come il “giovane” sia tanto difficile da definire quanto soggetto a molteplici meccanismi di rappresentazione, alcuni dei quali sono uniformati nel Nord e nel Sud dal sistema economico dei media, come nel caso dei programmi di real-TV (Lalli). Rappresentazioni che sono influenzate naturalmente dal pubblico a cui il prodotto deve arrivare e dagli scopi che si prefigge di ottenere, come ci mostra l’interessante analisi di Donnelly sulle due riviste femminili sudafricane Cosmopolitan e True Love, l’una indirizzata alle ragazze bianche, l’altra alle giovani donne nere impegnate a conquistare nuovi spazi sociali nel Sudafrica post-Apartheid. Cicchelli, Pugeault e Merico ci mostrano, attraverso uno studio dei titoli degli articoli sui giovani delle principali riviste di sociologia di USA, Regno Unito, Italia e Francia, come anche «il dibattito sociologico non sia immune dal richiamo nei confronti dei temi che attraversano nel corso del tempo il dibattito politico e il senso comune lungo successive ondate di allarme sociale». L’analisi dei meccanismi semplificatori con cui i media di massa confezionano e vendono i loro giovani al sistema dell’audience e del mercato è ampliata dagli articoli di Saleri e Funes.


La sezione Creatività è pervasa da un concetto più attivo, ottimista e positivo del rapporto tra i media e i giovani, che grazie alle possibilità tecniche senza precedenti della nostra epoca possono ritagliarsi spazi inediti di azione dribblando la potenza dei sistemi mediatici nazionali e globali (Mc Neill, Babiker), potenzialità che deve essere tenuta in conto e valorizzata dagli insegnanti e dai formatori (Martinez-Salanova, Diawara).


Infine, il tema dell’Accesso, che già Africa e Mediterraneo ha trattato nel dossier sul Digital Divide e l’Africa (n. 3/02, dicembre 2002). Tudesq descrive dettagliatamente le pratiche dell’utilizzo della radio e della televisione nelle grandi città dell’Africa francofona, Jensen delinea le difficoltà infrastrutturali della connessione a Internet, e quindi alla comunità globale, per le varie zone dell’Africa, mentre Bautista Vallejo e Dos Santos Pacheco propongono l’urgenza dell’esclusione digitale nell’immenso Brasile.



Educazione  interculturale in un mondo globale


La crisi della modernità e la società dell’informazione propongono l’idea di una identità multipla o frammentata, di un soggetto con più persone, con più volti, con più interfacce.


Nella condizione migratoria questo viene amplificato dal fatto che tanto le culture di origine quanto quelle di accoglienza non appaiono come oggetti definibili, bensì come una mescolanza di elementi eterogenei, all’interno dei quali si possono fissare per convenzione alcuni punti di riferimento (nazionalità, religione, età, livello di istruzione) con la consapevolezza che tutto il resto è frutto dell’intersezione di influenze, consolidate o riscoperte, in una stratificazione che si evolve continuamente a seconda del momento esistenziale, dell’ambiente, delle relazioni. Secondo la concezione relazionale dell’identità, siamo sempre l’Altro di qualcuno, e da questo punto di vista gli ambienti urbani possono essere fattori di collegamento e di rafforzamento dei processi identitari. «La città moltiplica i contatti tra individui che recano con sé le proprie appartenenze etniche, le origini regionali e le reti di relazioni familiari o extra-familiari. Nelle città si sviluppano, nella pratica, le articolazioni relazionali delle identità (…) A loro volta, queste articolazioni relazionali “lavorano”, alterandoli o modificandoli, i riferimenti delle appartenenze di origine (etnica, regionale, di fazione, ecc.) in una trasformazione che interessa i codici di condotta, le regole della vita sociale, i valori morali, e anche le lingue, l’educazione e tutte le altre forme culturali che orientano l’esistenza di ognuno nel mondo. In altre parole, il processo identitario, in quanto dipende dal rapporto con gli altri (in forma di incontri, conflitti, alleanze, ecc.), è ciò che rende problematica la cultura e che, in fondo, la trasforma» (Agier 2003, p. 4).


La condizione di alta mobilità che caratterizza l’epoca contemporanea, e la continua successione di incontri in cui gli uomini vivono, impegnano tutti (migranti di prima e seconda generazione, società di accoglienza) in continue e veloci ridefinizioni delle identità: la propria, come singolo, quella del proprio gruppo, quella dell’Altro, quella del gruppo “straniero”.


Per vivere questo continuo esercizio di comprensione reciproca, in un dialogo in cui tutti gli attori assumono molteplici e multiformi ruoli, l’educazione al confronto e all’accoglienza risulta essenziale.


Bisogna poi considerare che tutto questo è complicato e arricchito dal fatto che i bambini stanno crescendo in un panorama mediatico molto più complicato e cosmopolita rispetto a 20 anni fa. I media e le immagini sono estremamente pervasivi, e le diverse reti mediatiche (Internet, televisioni satellitari…) hanno ormai creato un flusso costante di immagini e informazioni tra Nord e Sud del mondo.


Anche per i cittadini non europei che vivono nelle nostre città i media sono un aspetto culturale fondamentale, sia per quanto riguarda il panorama mediatico di origine (intriso di influenze globali), con il quale spesso cercano di rimanere in contatto (seguendo i canali televisivi, facendosi inviare le videocassette con le fiction prodotte nei loro paesi); sia per quanto riguarda le società di accoglienza, dove i media costituiscono uno strumento di comprensione della realtà (per quanto falsato e illusorio), un punto di contatto, una materia comune di confronto (magari anche solo a un livello superficiale, ad esempio lo sport e i reality show).


In questa prospettiva, diventa cruciale delineare la relazione tra mondo dei media e società multiculturale, affiancando gli approcci della cosiddetta media literacy e dell’educazione interculturale.


Nel variegato mondo delle proposte didattiche interculturali, quelle realizzate attraverso i media sembrano ancora rare e, in generale, si basano sull’analisi dei mezzi di comunicazione europei, allo scopo di fornire a bambini e adolescenti gli strumenti necessari a decodificare i messaggi e riconoscere gli stereotipi che solitamente accompagnano la rappresentazione dell’Africa, del Sud del mondo e degli immigrati. In questo caso gli insegnanti possono trovare il materiale direttamente nei giornali e in altri mezzi di comunicazione, per sviluppare attività di raccolta, selezione, critica e rielaborazione dei messaggi. Come supporto ulteriore a queste esperienze esistono vari osservatori sul razzismo nei media e numerose ricerche che analizzano come i media affrontano la questione degli immigrati.  L’obiettivo di queste analisi è verificare in che misura la stampa si caratterizza come fonte e canale di pregiudizio e come alcuni stereotipi, diffusi tra l’opinione pubblica, si ritrovino nella carta stampata, creando così un circolo perverso di «pregiudizio-informazione-pregiudizio» (Di Massa 2003).


Un altro tipo di attività meno facile da realizzare per la maggiore difficoltà di reperire il materiale, si basa sull’analisi dei mezzi di comunicazione del Sud del mondo, che si possono considerare uno strumento fondamentale per comprendere gli immigrati. Come abbiamo già detto, nell’era della comunicazione, in cui flussi di immagini e messaggi attraversano il pianeta dal Nord al Sud e viceversa, il panorama mediatico da cui provengono gli immigrati può diventare un punto di partenza essenziale per comprenderne le influenze culturali, le condizioni di vita, le aspirazioni e le speranze. In questa prospettiva è possibile anche farsi un’idea della loro percezione delle società verso le quali hanno deciso o sono stati costretti a emigrare. Un’analisi che può essere estremamente arricchita dal confronto con i corrispondenti prodotti mediatici per il pubblico del Nord. Tale approccio deve porre un’attenzione speciale alle proprietà dei media e ai contesti produttivo-commerciali che nel Sud del mondo presentano aspetti di grande interesse: la censura, le possibilità e le pratiche di accesso, la funzione sociale ed educativa dei media.


Il punto di vista di chi prende in esame il razzismo e i meccanismi di rappresentazione dei media europei può essere inquadrato nella filosofia che un famoso libro ha definito “apocalittica”, cioè una visione critica e sospettosa nei confronti dei prodotti della cultura di massa, della loro pervasività e della loro capacità di influenzare il pubblico. Per contro, assumere come oggetto di studio e strumento didattico prodotti mediatici del Sud del mondo, presuppone un punto di vista più “integrato”, secondo il quale i mezzi di comunicazione di massa sono un processo inevitabile, che ha tuttavia consentito una diffusione senza precedenti di informazioni e contenuti culturali (anche se principalmente di livello medio-basso) e che deve essere tenuto in giusto conto in quanto elemento costitutivo dei processi culturali, sociali ed economici (Cfr. il capitolo “Cultura di massa e livelli di cultura” in Eco 2001).


Un atteggiamento fattivo e creativo che si ritrova anche nei progetti di alfabetizzazione mediatica per i giovani del Sud del mondo che presentiamo in questo dossier.


In generale, il sistema globale dei mezzi di comunicazione e in particolare la rete Internet come luogo privo di un centro, aperto a tutti gli stimoli, possono essere considerati un modello della posizione e della prospettiva interculturale: una mente capace di transitività, ossia in grado di decentrarsi, di emigrare da una modalità all’altra di conoscenza, da un punto di vista all’altro (Tosolini 2001). Inoltre, “in un mondo sempre più interconnesso, Internet può essere utilizzato per suscitare un senso di responsabilità, grazie al quale l’interesse per gli altri, intesi come individui diversi da noi, si trasforma in un elemento essenziale della vita quotidiana” (Piangerelli 2004, p. 470).


Concludiamo rilevando come l’educazione ai media e l’educazione interculturale presentino alcuni punti in comune. Innanzitutto, entrambe sono difficilmente delimitabili a singole discipline e fasce di età, mentre rappresentano dimensioni trasversali e pervasive che investono l’intero settore educativo, dalla scuola materna all’università.


Altro elemento è quello di essere portati avanti da associazioni “militanti” che, avendo particolarmente a cuore la necessità di trasmettere determinate competenze e suscitare determinate sensibilità nei bambini e nei giovani, mettono in piedi collaborazioni con le istituzioni educative, in modo che nei progetti di media education, così come in quelli interculturali, troviamo coinvolti tanti e variegati attori: le istituzioni pubbliche, la scuola, l’università e la ricerca, le associazioni, i media stessi.


Infine, ritorniamo alla multidisciplinarietà citata all’inizio, che i complessi oggetti rappresentati dai media e dalla società multiculturale obbligano a mettere in campo.



Bibliografia


M. Agier, L’antropologia delle identità nelle tensioni contemporanee, in «Africa e Mediterraneo», 42/2001, pp. 4-10


L. Balduzzi, L. Caronia, Bambini e televisione, in «Rassegna bibliografica infanzia e adolescenza», Anno 4 n. 1, 2003


R.M. Beck, F. Wittmann (a cura di), African media cultures. Transdisciplinary perspectivas, Rüdiger Köppe Verlag, Köln 2004


A. Carenzio, L’educazione all’immagine in Europa (Gran Bretagna), in «Il Mediario», consultato il 18-10-04


M. Di Massa, Immagini d’immigrati, in «Magma, rivista elettronica di scienze umane e sociali» vol. 1, n. 2 aprile/giugno 2003. www.analisiqualitativa.com/magma


U. Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano 2001, Prima edizione 1964, pp. 29-64


E. J. Hoogerwerf (a cura di), The mirror Project. Experiences in media education with disadvantaged youngsters, AIAS Bologna ONLUS, Bologna 2002


G. Jacquinot (a cura di), Les jeunes et les médias. Perspectives de la recherche dans le monde, L’Harmattan, Paris 2002


A. Manevy, Nouveaux médias pour le développement. Les Filières nouvelles du métier d’informer,  Edition FEM, Paris 1996


L. Piangerelli, Tribale e globale: Internet e le metamorfosi della comunicazione, in «Africa. Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente», n. 3-4, anno LIX, Roma 2004


A. Tosolini, New media, Internet e intercultura, EMI, Bologna 2001


 



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