India - Pongal - La festa della vita
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India - Pongal - La festa della vita



La soglia del tempo


Mucche a pois e bufali dalla coda colorata. E ghirlande di fiori per tutti. Così si svolge la misteriosa festa di Pongal, dedicata agli animali. Perché anche loro fanno parte del sacro cerchio dell'esistenza.

di Alessandra Sbertoli
da Madurai


Percorrendo le stradine affollate che portano al tempio Shree Meenakshi nel Sud dell'India, mi imbatto in un capannello di persone ferme intorno a un grande bue bianco. Ha le corna dipinte di rosso e di verde e collane di gelsomini profumati al collo. È festeggiato con canti e litanie, mentre lumini accesi gli sono fatti girare per tre volte intorno al muso. Chiedo al mio vicino cosa sta succedendo e lui mi risponde meravigliato, in un inglese strascicato, ma corretto: "Come, non lo sai? Oggi è la festa di Pongal in cui si rende omaggio agli animali, poiché anche loro fanno parte del sacro cerchio della vita".


Magia e agricoltura


Tutta l'India sembra impregnata di magia e di mistero: non c'è un angolo dove non vi sia da scoprire qualche frammento di poesia e misticismo, anche nel bel mezzo della miseria più nera. Il Sud è una regione lussureggiante, con una vegetazione tropicale, dove piccoli e grandi villaggi si succedono tra risaie infinite e palmeti che lambiscono spiagge silenziose. Il Tamil Nadu è lo Stato più meridionale, culla della cultura dravidica dominante in tutta la zona. Qui l'agricoltura resta l'attività prevalente, feste religiose e antichi rituali sono legati in modo particolare alla terra, ai ritmi di vita delle campagne e al cambio delle stagioni. Basate sul calendario lunare, le feste cadono in date diverse di anno in anno. Quella di Pongal ricorre di solito tra la metà di gennaio e quella di febbraio.
A Madurai, una delle città più antiche dell'India (del VI secolo a.C.), centro fondamentale della cultura Tamil e uno dei più importanti luoghi di pellegrinaggio, il festival di Pongal è uno degli eventi più attesi. Gli abitanti del Tamil Nadu vi dedicano tre giorni, ognuno dei quali è consacrato a un aspetto particolare della vita: il primo alla casa, il secondo al sole che inizia il suo cammino verso Nord passando dal segno del Capricorno a quello dell'Acquario, il terzo ai tori e alle mucche che hanno svolto il lavoro nei campi. È la festa della primavera.


Una vacca a pois


Mi avvicino al tempio, e la mia attenzione è catturata da una vacca che rumina impassibile in mezzo a tanta confusione: la cosa curiosa è che l'animale ha il mantello dipinto da pallini di tanti colori. Incontro anche grandi bufali neri con la coda blu, capre dalle improbabili corna gialle e barbette viola, quasi un pittore scatenato avesse riversato tutta la tavolozza di colori sugli animali della città. È offerto loro riso falciato di fresco e dolci di riso cotto nel latte, chiamati appunto Pongal, e la sera sono condotti in processione al tempio, accompagnati da musiche e da rulli di tamburi.
Arrivo alle porte del tempio e la confusione si fa indescrivibile: mendicanti, santoni, venditori di cianfrusaglie, intere famiglie con le loro offerte cercano di oltrepassare la soglia che immette nel recinto sacro. I templi dravida sono costruzioni particolari, cintate da alte mura, vi si accede tramite portali, i gopuram, torri alte fino a cinquanta metri, orientate verso i quattro punti cardinali.



Un mondo senza tempo


Finalmente riesco a oltrepassare la porta: all'interno è un susseguirsi di cortili, di colonnati in pietra, di sacrari secondari. Qui i fedeli rovesciano sulle statue delle divinità burro purificato (ghee), collane di fiori, offerte di frutta. Il tutto tra grandi volute d'incenso, odori pungenti di marcio e legno di sandalo, musica devozionale e canti sacri. A un tratto tutto si ferma e risuona nell'aria una strana melodia che sembra provenire dalle profondità del tempio stesso: sono i Musical Pillars, ventidue colonne di pietra che sorreggono l'edificio che, percosse da un officiante, rimandano una scala armonica. Si ha la sensazione di essere proiettati in un mondo senza tempo, dove i gesti e le parole millenarie sono rimaste intatte.
Nella cittadella templare trovo un'altra moltitudine: si mescolano mendicanti e bramini a torso nudo avvolti nel tradizionale dhoti (indumento che copre i fianchi), pellegrini e guaritori, pulitori d'orecchie con strumenti inusitati che offrono i loro servizi e guardiani intenti a fumare grandi chilom. Sacro e profano si toccano.


Elefante e calzini


Per entrare nella zona più interna si sfila davanti all'elefante sacro. È bardato a festa: collane di fiori gli cingono il collo mentre capo e orecchie sono dipinte con complicati disegni. Circondato dai guardiani-servitori, il grande animale osserva la folla che gli sta attorno e pare perfettamente consapevole del proprio ruolo. Mi dà il benvenuto con un buffetto della proboscide sulla testa: è una sorta di benedizione lasciapassare che esige in cambio l'offerta di qualche monetina. "Per il mantenimento del tempio e per celebrare degnamente la festa!" dicono sornioni gli aiuto brahmini. E sghignazzano quando si accorgono che porto i calzini. In Oriente in tutti i luoghi sacri si entra rigorosamente a piedi nudi: molti occidentali mettono le calze in modo da preservarsi da infezioni e malattie; il tempio, infatti, è una città nella città e per terra si trovano, confusi tra loro, fiori, escrementi, chicchi di riso, chiodi arrugginiti e offerte alle divinità. Notando il mio imbarazzo una ragazza in sari rosso (vestito tradizionale indiano) scoppia in una squillante risata a cui fanno eco i braccialetti che porta a polsi e caviglie. Mi si avvicina con passo danzante e mettendomi una ghirlanda di fiori al collo mi sussurra all'orecchio "Happy Pongal!".


Volontari per lo sviluppo - Marzo 2002
© Volontari per lo sviluppo


http://www.volontariperlosviluppo.it/2002_2/02_2_25.htm


 


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http://www.mostlytamil.com/archive.html


http://ollenet.free.fr/south-india/tamilnadu/


http://www.hinduonnet.com/thehindu/yw/2002/01/12/index.htm


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