IL PARTITO OPERAIO SOCIALDEMOCRATICO RUSSO

Il Partito Operaio Socialdemocratico Russo, fondato nel 1898, comprendeva diverse correnti socialiste che presto entrarono in conflitto tra loro così che nel 1903 si giunse ad una scissione. Il partito si divise in due blocchi contrapposti:

  • i bolscevichi (dal russo bolse = la maggioranza), capeggiati da Lenin
  • i menscevichi (= la minoranza), guidati da Martov.

Menscevichi e bolscevichi erano divisi sia sulla linea politica da seguire sia sul tipo di organizzazione da dare al partito. I menscevichi volevano creare un partito di massa sul modello di quello socialdemocratico tedesco. Sostenevano la necessità di realizzare una politica di riforme sociali e politiche, accettando l’alleanza con la borghesia. Le elezioni politiche dovevano essere lo strumento democratico per raggiungere il potere.

I bolscevichi, al contrario, volevano un partito formato da professionisti della politica. Secondo Lenin gli operai e i lavoratori dovevano essere guidati verso la rivoluzione, che egli considerava l’unica via possibile per liberare la Russia dall’assolutismo zarista. L’obbiettivo era, dunque, la creazione di una società comunista, fondata su questi principi:

  • abolizione della proprietà privata;
  • collettivizzazione dei mezzi di produzione: le terre, le fabbriche, le miniere dovevano diventare proprietà dello stato;
  • abolizione delle divisioni tra le classi sociali;
  • creazione di un governo che nascesse direttamente dall’iniziativa popolare.

Coerentemente con questi principi il partito bolscevico prenderà dopo la rivoluzione il nome di PCUS, cioè Partito Comunista dell’Unione Sovietica.


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