Dal Redattoree Sociale: Pierozzi (dipartimento Fisco Spi CGIL) commenta la legge delega sulla riforma assistenziale
: “Non si mettono i comuni in grado di esercitare le funzioni in autonomia, intanto lo stato taglia le risorse”
ROMA – Non piace la legge delega sulla riforma assistenziale presentata insieme alla manovra economica dal governo. Bollata come “un provvedimento pericoloso”, è accusata di proseguire “nella strada della destrutturazione del welfare avviata in questi anni dai diversi governi
di centrodestra”. Il giudizio negativo è di Bruno Pierozzi, dipartimento Fisco della Spi Cgil, che denuncia anche una “privatizzazione progressiva dei servizi”, colpevole di aprire di fatto al “massiccio intervento surrogatorio” del no profit e del privato.
La principale accusa alla legge delega è di puntare allo sviluppo di un sistema minimo di servizi in favore dei soli soggetti autenticamente bisognosi. “Si scardina così la filosofia di fondo della stessa legge 328/00 che prevede un sistema integrato di interventi (servizi, ma anche
sostegno ai redditi) che vada in favore di tutti i cittadini che ne hanno necessità e che non possono essere racchiusi nella definizione di bisognosi”, cioè poveri. Non si è di fronte, dunque, a una seria politica di programmazione dei servizi sociali, ma a “una proposta distorta della sussidiarietà orizzontale”.
A questo si accompagna la “logica di progressiva riduzione delle risorse da parte statale senza concedere reale autonomia di risorse agli enti territoriali”. Secondo l’esperto, la legge di fatto non interagisce con due provvedimenti del federalismo fiscale recentemente emanati: quello
relativo ai costi e ai fabbisogni standard degli enti locali e quello sul federalismo municipale. Nei fatti si ignora che il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni è dipendente dall’individuazione dei fabbisogni standard dei comuni, che al momento non sono in condizione di esercitare le proprie funzioni in autonomia. La palla quindi, in attesa delle risorse agli enti locali, resta allo stato, che però nel frattempo taglia sulle risorse: il Fondo nazionale per le
politiche sociali è passato dai 953 milioni del 2007 ai 517 milioni del 2009 ai 380 milioni nel 2010 fino ai 218 milioni di quest’anno.
Alla base della “politica di destrutturazione della politica sociale e assistenziale” Pierozzi individua alcuni elementi, come la revisione dell’Isee con attenzione al nucleo familiare, il riordino dei criteri relativi all’invalidità e alla reversibilità, compresi i requisiti reddituali e patrimoniali e situazioni personali, l’armonizzazione degli strumenti previdenziali, assistenziali e fiscali di sostegno alle condizioni di bisogno, l’istituzione di un fondo per l’indennità sussidiaria alla non-autosufficienza ripartito tra le regioni, il trasferimento ai comuni del sistema relativo alla carta acquisti e il conseguente affido alle organizzazioni non profit. (gig)
ROMA – Non piace la legge delega sulla riforma assistenziale presentata insieme alla manovra economica dal governo. Bollata come “un provvedimento pericoloso”, è accusata di proseguire “nella strada della destrutturazione del welfare avviata in questi anni dai diversi governi
di centrodestra”. Il giudizio negativo è di Bruno Pierozzi, dipartimento Fisco della Spi Cgil, che denuncia anche una “privatizzazione progressiva dei servizi”, colpevole di aprire di fatto al “massiccio intervento surrogatorio” del no profit e del privato.
La principale accusa alla legge delega è di puntare allo sviluppo di un sistema minimo di servizi in favore dei soli soggetti autenticamente bisognosi. “Si scardina così la filosofia di fondo della stessa legge 328/00 che prevede un sistema integrato di interventi (servizi, ma anche
sostegno ai redditi) che vada in favore di tutti i cittadini che ne hanno necessità e che non possono essere racchiusi nella definizione di bisognosi”, cioè poveri. Non si è di fronte, dunque, a una seria politica di programmazione dei servizi sociali, ma a “una proposta distorta della sussidiarietà orizzontale”.
A questo si accompagna la “logica di progressiva riduzione delle risorse da parte statale senza concedere reale autonomia di risorse agli enti territoriali”. Secondo l’esperto, la legge di fatto non interagisce con due provvedimenti del federalismo fiscale recentemente emanati: quello
relativo ai costi e ai fabbisogni standard degli enti locali e quello sul federalismo municipale. Nei fatti si ignora che il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni è dipendente dall’individuazione dei fabbisogni standard dei comuni, che al momento non sono in condizione di esercitare le proprie funzioni in autonomia. La palla quindi, in attesa delle risorse agli enti locali, resta allo stato, che però nel frattempo taglia sulle risorse: il Fondo nazionale per le
politiche sociali è passato dai 953 milioni del 2007 ai 517 milioni del 2009 ai 380 milioni nel 2010 fino ai 218 milioni di quest’anno.
Alla base della “politica di destrutturazione della politica sociale e assistenziale” Pierozzi individua alcuni elementi, come la revisione dell’Isee con attenzione al nucleo familiare, il riordino dei criteri relativi all’invalidità e alla reversibilità, compresi i requisiti reddituali e patrimoniali e situazioni personali, l’armonizzazione degli strumenti previdenziali, assistenziali e fiscali di sostegno alle condizioni di bisogno, l’istituzione di un fondo per l’indennità sussidiaria alla non-autosufficienza ripartito tra le regioni, il trasferimento ai comuni del sistema relativo alla carta acquisti e il conseguente affido alle organizzazioni non profit. (gig)
Vedi anche (altri articoli/interventi sullo stesso tema):
- Redattore Sociale del 13-07-2011: Manovra, Inca Cgil:
- Dal Redattore Sociale: Spi CGIL - scheda di lettura della manovra 2011-2014
- Redattore Sociale del 13-07-2011: Manovra, Inca Cgil:
- Dal Redattore Sociale: Spi CGIL - scheda di lettura della manovra 2011-2014
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