Ius soli al Senato, ecco cosa prevede il ddl
Sole 24Ore
di Marta Paris
Il disegno di legge sullo ius soli è tornato ieri in aula al Senato per cercare di percorrere a tappe forzate l’ultimo miglio che lo separa dalla fine della legislatura dopo essere stato
bloccato per mesi in Commissione affari costituzionali. Ed è stata subito bagarre. Dentro e fuori Palazzo Madama con il sit in di Casa Pound.
La protesta dai banchi della Lega
La protesta è scattata sulla decisione approvata dall’Assemblea di invertire l’ordine del giorno e anticipare l’incardinamento del Ddl sulla cittadinanza agli stranieri rispetto
al voto sui presupposti di costituzionalità del Dl sulla obbligatorietà dei vaccini . Una richiesta arrivata da Loredana De Petris (Misto-Si) e appoggiata dal capogruppo Pd, Luigi Zanda. I senatori
del Carroccio hanno esposto cartelli con la scritta “no ius soli” mentre il presidente della commissione, Salvatore Torrisi (Ap), svolgeva la relazione illustrativa sul Ddl, arrivato in
Aula senza relatore. Torrisi ha quindi chiesto ed ottenuto di poter depositare la relazione scritta. Mentre il presidente del Senato, Pietro Grasso,
ha espulso il senatore della Lega Raffaele Volpi, decisione successivamente revocata dop0 la richiesta del leghista Calderoli di sospendere la seduta visto che “l'espulso” era rimasto
in Aula.
Banchi del governo occupati, la ministra Fedeli in
infermeria
Il vero obiettivo del Carroccio era quello di far sospendere la seduta. Per questo i leghisti hanno occupato anche i banchi del governo arrivando di corsa con i cartelloni e hanno spinto contro il
tavolo la ministra dell’istruzione Valeria Fedeli, medicata in infermeria. Che subito dopo ha twittato: «Sto bene, grazie a tutte e a tutti. Non saranno i tentativi di sopraffazione a fermare
una battaglia di civiltà come lo IusSoli».
Ius soli in parlamento da inizio legislatura
Il percorso del disegno di legge sullo ius soli “temperato”, in Parlamento dal 2013 e a quasi due anni dal primo via libera della Camera (ottobre 2015) , si preannuncia dunque già tutto
in salita. Senza relatore e stretto tra il pressing di Governo e Pd per approvare la legge prima delle prossime politiche, le migliaia di emendamenti firmati Lega e i veti incrociati non solo di
M5S (che non ha votato il provvedimento alla Camera e ha annunciato
al Senato una astensione che a palazzo Madama vale come voto contrario) e Fi ma anche di Ap. Norme quelle sul diritto alla cittadinanza per i figli nati da cittadini stranieri che in
Europa avvicinerebbero l’Italia in linea alla Germania e il Regno Unito. Anche se sul tema nella Ue si procede in ordine sparso.
L’attuale disciplina: cittadinanza per «diritto» dopo i 18 anni
Al di là di alcune fattispecie particolari come ad esempio il caso di genitori ignoti o apolidi attualmente il cittadino straniero nato in Italia ha diritto alla cittadinanza una volta diventato
maggiorenne a condizione che vi abbia risieduto fino a quel momento «legalmente e ininterrottamente» e dichiari entro un anno dal compimento dei 18 anni, di volerla acquisire. Fin qui per quel che
riguarda il “diritto”. La cittadinanza può essere invece acquisita per matrimonio (purché in possesso di requisiti resi più stringenti dalle norme sulla sicurezza emanante in questi
anni) oppure per naturalizzazione cioè concessa (con Dpr, sentito il Consiglio di Stato), su domanda dell’interessato, a chi risiede in Italia da almeno 1o anni se cittadino extra Ue e
quattro se europeo.
Numeri in crescita per i neo-italiani
In questo scenario il quadro tracciato dagli ultimi dati Istat parla di
numeri in crescita. In cinque anni è più che triplicato il numero di cittadini non comunitari diventati italiani: sono passati da meno di 50 mila nel 2011 a quasi 159 mila nel 2015 (quelli
comunitari sono stati poco più di 19mila). E se fino al 2008 erano più numerose le acquisizioni per matrimonio rispetto a quelle per residenza, negli anni più recenti sono queste ultime a essere
più frequenti: le prime rappresentano poco più del 9% del totale, mentre quelle per residenza superano il 49%. E aumentano i giovani immigrati e ragazzi di seconda generazione che diventano
italiani: coloro che acquisiscono la cittadinanza per trasmissione dai genitori e coloro che, nati nel nostro Paese al compimento del diciottesimo anno di età, scelgono la cittadinanza italiana
sono passati da circa 10 mila nel 2011 a oltre 66 mila nel 2015, con una crescita costante e molto sostenuta. Tanto che secondo Eurostat vantiamo un primato nella Ue: l’Italia è il primo
paese europeo per numero di nazionalità concesse (una su cinque in tutti i paesi dell’Unione).
Le modifiche in Parlamento: ius soli “temperato” e ius culturae
Il Ddl incardinato in aula introduce uno ius soli temperato con il diritto alla cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia purché uno dei due genitori sia in possesso di permesso di
soggiorno lungo e residente nel nostro paese legalmente e in via continuativa da almeno 5 anni. Ma non solo. Può acquisire la cittadinanza (necessaria la dichiarazione di volontà) il minore nato da
genitori stranieri oppure arrivato in Italia prima dei dodici anni quando abbia frequentato nel nostro paese un percorso formativo per almeno cinque anni. Potrà anche chiederla chi non ancora
maggiorenne sia entrato in Italia, vi risieda da almeno sei anni e abbia frequento un ciclo scolastico ( o un percorso di istruzione professionale) ottenendo un titolo di studio (o una qualifica).
In Francia cittadinanza per nascita differita alla maggiore età
Simile all’attuale modello italiano la disciplina della Francia anche se con maglie un po’ più larghe. Per gli stranieri non c’è ius soli: la semplice nascita sul territorio
nazionale non ha infatti alcun effetto per l’attribuzione della cittadinanza che invece viene acquisita automaticamente al compimento della maggiore età se, a quella data, lo straniero ha la
propria residenza in Francia o vi ha avuto la propria residenza abituale durante un periodo, continuo o discontinuo, di almeno cinque anni, dagli 11 anni in poi. Cittadinanza anche dopo quattro
anni di matrimonio con un francese o per naturalizzazione dove il termine obbligatorio di residenza è dimezzato rispetto all’Italia: cinque anni che scendono a due se lo straniero che la
richiede non abbia compiuto e ultimato due anni di studi in un’università francese o abbia reso importanti servizi allo Stato.
Dal 200o tedeschi anche i nati da genitori stranieri
Lo ius soli è legge in Germania dal 2000. La cittadinanza tedesca dunque viene acquisita automaticamente dai figli di stranieri che nascono in Germania, purché almeno uno dei genitori risieda
abitualmente e legalmente nel Paese da almeno otto anni (requisito più restrittivo rispetto ai cinque anni proposti dall’Italia) e goda del diritto di soggiorno a tempo indeterminato.
I bambini che divengono cittadini tedeschi in base al principio del luogo di nascita acquisiscono contemporaneamente anche la nazionalità dei genitori. Quando diventano maggiorenni entro cinque
anni - per il principio generale per cui non è ammessa la cittadinanza doppia o plurima - devono dichiarare la loro volontà di mantenere la nazionalità tedesca o quella del Paese
d’origine dei genitori.
Ius soli pieno nel Regno Unito
Sono gli inglesi ad avere la forma più aperta di ius soli per gli stranieri: la cittadinanza spetta al minore nato sul territorio nazionale se uno dei genitori, cittadino non britannico, si sia
stabilito nel Regno Unito, ovvero vi risieda a tempo indeterminato e senza soggiacere ai limiti temporali previsti dalla legislazione in materia di immigrazione (in precedenza collegati, di norma,
al conseguimento di un permesso di lavoro). Ma anche se residente nel Paese nei dieci anni successivi alla nascita, mentre i tempi della residenza per la naturalizzazione (ossia su richiesta)
ammontano a cinque anni.
Nessun commento