Scuola, la protesta parte dalla piazza: 92 sigle contro le nuove regole

Sviste macroscopiche, errori, forzature, strumentalizzazioni delle teorie pedagogiche e della continuità didattica: ecco quali sono i difetti delle leggi delega, secondo 92 sigle che comprendono comitati genitori, associazioni per la disabilità, associazioni a difesa della scuola statale pubblica, studenti e docenti. E che domani, 23 febbraio, scenderanno in piazza a Montecitorio, per un presidio dalle 14 alle 19 per chiedere al governo Gentiloni di non licenziare i decreti attuativi della legge 107 del 2015, ovvero la Buona Scuola di Renzi. Al loro fianco ci saranno le 8 sigle sindacali di base, il sindacato confederale della FLC, l’associazione Mutilati e invalidi civili, diverse consulte comunali per la disabilità, ma anche alcuni partiti di opposizione (Sinistra italiana, Pci, Rc).

Cosa non va.
Nel merito: le associazioni contestano allo schema di legge sul sostegno di depotenziare la legge 104 del ‘92, trattando gli studenti alla stregua dei falsi invalidi. Pur apprezzando l’annuncio della ministra Fedeli, che ha detto di voler correggere la parte sulla valutazione che riguarda gli esami di licenza media ai diversamente abili, secondo le ragioni della protesta ci sono altri motivi che spingo a respingere il testo. Come l’istituzione dei Gruppi territoriali per l’inclusione, costituiti da 4 dirigenti scolastici e da docenti scelti, che decideranno se i disabili avranno bisogno del docente di sostegno oppure no: 300 Git di ambito opereranno al posto di 41 mila gruppi per l’integrazione esistenti prima della riforma, al fine di razionalizzare le risorse, rilevano le associazioni. Nel mirino anche la rottura con i servizi Asl: la sanità dovrà intervenire infatti solo n fase di valutazione diagnostico-funzionale, poi sarà la scuola a gestire l’intero processo, con difficoltà facilmente immaginabili. Non piace neanche la delega sullo 0-6, che nel creare un sistema integrato della scuola dell’infanzia andrebbe a definire una «impostazione datata e lontana da quella della maggioranza degli altri Paesi europei». Contestata pure la decisione di retribuire con 400 euro al mese i vincitori di concorso per due anni di apprendistato o supplenze.

L’alternativa proposta.
Le associazioni rivendicano poi la necessità di non depotenziare e indebolire il sistema dell’istruzione professionale, quello che più avrebbe il compito di funzionare da ascensore sociale. Per quanto riguarda la valutazione degli studenti, i manifestanti chiederanno di non sostituire la terza prova dell’esame di maturità con l’alternanza scuola lavoro e di non «svilire la tappa finale degli studi» con la media del 6 sufficiente per l’ammissione. Infine, il diritto allo studio: «Non vengono, con un ritardo ormai insensato, definiti i livelli essenziali delle prestazioni, delegando agli enti locali, sovraccarichi di spese e penalizzati da contrazioni di fondi, funzioni che non saranno in grado di sostenere». Agli schemi del governo le associazioni propongono una legge di iniziativa popolare, «basata su una scuola laica, plurale, inclusiva, finalizzata a valorizzare la persona, a rimuovere gli ostacoli economici, sociali, culturali e di genere che limitano libertà e eguaglianza».

di Valentina Santarpia
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