Redattore Sociale - Media e disabilita'. Satta: dall'ammirazione alla pieta', sguardo che non convince

ROMA. In quale modo giornali e tv riescono a raffigurare le persone disabili? Lo spiegano dieci giornalisti, comunicatori e blogger che vivono la disabilità sulla propria pelle, anche se non sempre se ne occupano anche a livello professionale. Le voci sono le più varie: Luisa Bartolucci, direttore di Slash radio web, emittente online dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti; Alessandro Capoccetti, fotografo e direttore italiano per la campagna di comunicazione sociale inglese “Models of diversity”; Simone Fanti, giornalista di “Io donna” e Corriere.it; Manuela Figlia, protagonista del docu-reality “Ho sposato un gigante”; Corrado Fontana, giornalista di Televideo e “Valori”; Maurizio Molinari, addetto stampa del Parlamento europeo in Italia; Noria Nalli, giornalista e autrice del blog “La stampella di Cenerentola” su lastampa.it; Simona Petaccia, comunicatrice per le imprese pubbliche e private; Fiamma Satta, voce storica di Radio2 e dal 2009 autrice per la “Gazzetta dello sport” della rubrica e blog “Diversamente affabile, diario di un’invalida leggermente arrabbiata sui temi dell’inciviltà; Valentina Tomirotti, autrice di Pepitosablog.co.

Se ne occupa il numero di dicembre del magazine SuperAbile Inail in un lungo dossier intitolato “Niente stereotipi, per favore”, ospitato su Redattore sociale in dieci puntate. A partire dall’analisi di Fiamma Satta, giornalista, sceneggiatrice e scrittrice, autrice e voce storica di Radio2 (Fabio e Fiamma). Dal 2009 firma per La Gazzetta dello Sport rubrica e blog "Diversamente affabile", diario di un’invalida leggermente arrabbiata sui temi dell’inciviltà, impegno per il quale è stata nominata Commendatore al merito della Repubblica italiana. Nel 1993 le è stata diagnosticata la sclerosi multipla.

"L’Italia è un paese indietro soprattutto per quanto riguarda la disabilità che, dal mio punto di vista, fa rima con civiltà e non per l’accento sulla a. - spiega - Davanti a essa siamo abituati ad adottare generalmente due tipi di atteggiamenti, sguardi e comportamenti contrapposti: pietisti/compassionevoli che tanto spazio trovano nei media, soprattutto in televisione, oppure arroganti/prevaricatori che tanto spazio trovano nel nostro tessuto sociale (è di questi ultimi che mi occupo da diversi anni nelle pagine e nel sito de La Gazzetta dello Sport). Poiché il nostro Paese è davvero 'leader' per quanto riguarda i comportamenti incivili sarebbe necessario, invece, che riapprendesse il valore del rispetto delle persone in difficoltà, fondamentale punto di partenza per il raggiungimento di un’armonica convivenza sociale, l’unica in grado di mantenere la pace. Secondo me, quindi, i nostri media dovrebbero rafforzare la convinzione che la disabilità non definisca chi la indossa ma ne rappresenti solo una condizione e che il disabile debba meritare il rispetto dovuto a tutti, disabili o non".

"Esiste poi anche un terzo tipo di atteggiamento verso la disabilità, stavolta ammirativo, quando essa riguardi casi particolarmente eclatanti, per esempio le imprese dei campioni paralimpici (vedi Alex Zanardi). - proseguea Satta - A mio avviso, però, questo atteggiamento ammirativo presenta un aspetto leggermente 'pericoloso' riguardo alla percezione comune della disabilità, perché induce a pensare che ogni disabile, al pari di un atleta, sia in grado di superare barriere fisiche e mentali, ostacoli e situazioni al limite dello stress. Ovviamente non è così. Il disabile infatti vive con innegabile difficoltà, ovunque. Per questo, a differenza del nostro, nella maggior parte dei Paesi considerati civili lo Stato si fa carico di sostenerlo offrendogli accessibilità e inclusione e considerandolo non un elemento da ghettizzare ma parte integrante della società, se non addirittura un’innegabile occasione di crescita per tutti".
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