In questi ultimi tempi di scuola si parla specialmente in termini scandalistici o in riferimento ad episodi di bullismo. Spiace che un argomento, che meriterebbe attenzione costante, sia trattato con superficialità e sia soggetto alla moda del momento. Di bullismo si parla da anni e vuole significare atteggiamenti di violenza ripetuti a fini intimidatori nei confronti dei più deboli. Qualcuno obietta che spingersi e fare a botte non è un problema di oggi e solo di oggi: resta il fatto che dopo normali litigi si fa la pace e tutto torna come prima e meglio di prima. Negli episodi di bullismo la faccenda non si risolve, esistono una vittima ed un carnefice, seppure in erba, un bullo, che quasi mai è solo, anzi agisce appoggiandosi ad altri compagni più o meno succubi. Hanno espresso forti preoccupazioni genitori, docenti e dirigenti, perfino lo stesso ministro Fioroni è intervenuto inviando ispettori ministeriali nelle scuole, invita gli operatori scolastici ad avvertire la necessità di segnalare i problemi, la tolleranza non deve divenire sopportazione. La comunità educante non può accettare l'egoismo retto a sistema, ma deve risposte nella cultura della legalità.
Alcuni anni fa, quando di bullismo si parlava poco, il Consorzio dei servizi sociali aveva promosso, e non a caso, un convegno sul tema, ma la partecipazione era stata piuttosto tiepida.
Da insegnante sono fortemente preoccupata per le vittime del bullismo, ma anche per i "bulli", che quasi sempre sono dei minori con storie alle spalle di dolore, di abbandono, di problemi affettivi e di autostima, che cercano di affermare il proprio io a danno degli altri. Un'attenzione grande quindi ai problemi dell'adolescenza, allo sviluppo della socialità, all'integrazione: con la prevenzione si possono evitare situazioni di grave disagio difficilmente affrontabili solo con atteggiamenti punitivi. I ragazzi hanno bisogno di certezze: certezze di essere puniti per atti di violenza ai danni dei compagni, ma prima di tutto certezza di essere amati, come diceva don Milani I care, mi importa di loro, della loro vita, dei loro sentimenti, delle loro paure. Un "bullo" non è un delinquente incallito a cui prospettare il carcere di massima sicurezza, è una persona a cui non può mancare il nostro aiuto per inserirsi nella società. Non è una mela marcia da buttare via, è un adolescente in difficoltà che ha bisogno di amore, di fermezza, di autorevolezza e non di autoritarismo.
sara - 10-12-2006
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sono perfettamente in linea con quanto espresso, bisogna farsi carico della vittima ma altrettanto del bullo o si rischia di creare "il nuovo deliquente" ovvero colui che è costretto a rimanere nel ruolo per "esserci". |
Alessandra Fantauzzi - 12-12-2006
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Come si fa a non essere d'accordo con quanto espresso in quest'articolo? Purtroppo non rendono un buon servizio all'educazione i media i quali hanno un potere smisurato nel creare uno stupido e paralizzante allarmismo. Sono vent'anni che insegno e mi confronto quotidianamente con una realtà di ragazzi e di adulti sempre meno critici e autonomi nel pensiero. Avrei una domanda per il ministro Fioroni: oltre ad inviare ispettori avrebbe anche un' idea "politica", nel senso più ampio del termine, di scuola? Ossia nuovi impianti pedagogici, organizzativi che superino la logica dei budget?
grazie |
nadia valgimigli - 13-12-2006
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non si interpreta correttamente il fenomeno del bullismo se non si va oltre la patologia del rapporto fra vittima e carnefice per cogliere il ruolo del terzo incluso, il gruppo di testimoni-complici degli altri compagni di classe, gruppo magari allargato agli insegnanti che non "notano" o non pensano che sia poi così grave. Sono i testimoni che non intervengono a suscitare inquietudini: che tipo di cittadini sono (e saranno)? che tipo di esseri umani? |