Annichilire i prepotenti
Giuseppe Aragno - 25-10-2006
Degno figlio della sua storia, il grande orso russo, tornato sulla scena mondiale, ci ferisce: l'Italia -mente - è culla della mafia. Ai nostri studenti spiegheremo domani che Riina e Provenzano vanno a messa tutte le mattine come ci insegna santa madre romana chiesa, e Putin s'è sbagliato: la mafia è figlia di matrimoni incestuosi celebrati all'ombra del Cremlino. E' il gelo della Siberia, spiegheremo, l'eredità dei Soviet, che ghiaccia il cuore in petto e il sangue nelle vene all'ex colonnello del Kgb. Ma noi, che siamo rispettosi del diritto, noi lo staneremo e chiederemo conto di stragi cecene.

Degno amico del paese di Verri e Beccaria, il presidente degli Stati Uniti marcia ormai di comune intesa con il nostro ingenuo fiore farnesino e firma leggi nuovissime tutte lumi, progresso e umanità, figlie legittime del riformismo critico dei filosofi dell'Enciclopedia - il Military Commissions Act - che, pur rimanendo fedele in linea di principio alle tesi del "Caffè" e agli scritti milanesi sul dolore e sul piacere, obbedisce con rincrescimento alla necessità di tornare all'uso della tortura. E' l'ora degli stati del deserto, Arizona, Nevada, Nuovo Messico, Texas e California, la rivincita dei pionieri, dei villaggi persi tra la sabbia, i cactus, il fischio dei serpenti a sonagli e l'urlo alcolizzato della spiccia giustizia da sceriffo.

Qui da noi, discendenti di papi, giureconsulti, legulei e capitani di ventura, confermata l'incrollabile fede nell'antico alleato, seguiremo l'impero e il suo duce sui nuovi sentieri della democrazia. Vero è, spiegheremo ai nostri alunni, che uomini dabbene come Verri e Beccaria ebbero ad osservare che la tortura è una crudeltà e, se la vittima è innocente, subisce una pena feroce per colpe che non ha commesso; vero è, soggiungeremo, che in genere si giunge al punto che il martirio di un corpo innocente induce il martire sventurato a rinunciare alla difesa naturale e istintiva e a dichiarasi colpevole. Tutto questo, certo, è contro natura. Ma non meno vero è che attorno al "Caffè" di Lambertenghi mai si vide balenare l'orrore dell'11 settembre.
Oggi il delitto si cela nel velo islamico, nell'immigrato untore d'una nuova peste, figlio ad un tempo e padre del terrore, nella scuola araba che ambiguamente apre e chiude a Milano, nel sacerdote arabo che insegna il Corano; il delitto si cela nel profeta e nelle sure che nuovamente levano la scimitarra contro il santo scudo crociato. Il delitto, da cui si induce la pena, oggi è dovunque: nei codici miniati delle "Mille e una notte", nel cielo, nell'aria, nelle moschee, nel pensiero che prega, nel velo che copre. Ovunque. E Dio ci scampi! Occorre la pena. Dio lo vuole e se non lo vuole, lo voglia: occorre facilitare gli interrogatori dei sospettati e derogare. Dio lo vuole e, se non lo vuole, occorrerà che impari a volerlo; e importa poco se ci vanno di mezzo i secoli della storia, il Settecento, la Convenzione di Ginevra e le ragioni del diritto, per le quali ci riconoscemmo uomini di fronte alle bestie. Queste, oggi, sono solo miserie del secolo dei lumi e miserabili utopie vetero-comuniste.

Nell'alterna vicenda del tempo, Vico l'ha detto, i cicli si ripetono e il nostro non è più tempo di patti sociali, tempo di Locke e del "diritto di resistenza", tempo di Kant e di quella sua "pace perpetua" intesa come aspirazione politica, linea di tendenza, criterio interpretativo della storia del progresso umano. Questo non è nemmeno più il tempo dell'uomo lupo all'uomo: lo Stato di Tommaso Hobbes governava la Chiesa e riconosceva ai sudditi il diritto alla vita e all' integrità fisica. Che tempo quindi è mai questo?

Diremo agli alunni che questo è il tempo del suicidio del liberalismo, tempo in cui la civiltà dei diritti fa luogo a quella marziale della sicurezza. Verri è antiquato: ragionava. Ora c'è l'Ordine Nuovo, ci sono Guantanamo e la CIA, si torna al Far West, e inutilmente ringhia l'orso russo: qui si ricostituisce l'Occidente. Perché questo accada, occorre tornare a Poitiers e a Carlo Martello, occorre far muro, ché siamo presi in mezzo; questa è la nuova storia contemporanea, vedete? Naviga nelle acque d'una novella Lepanto e si incorona di serti d'alloro e d'ulivo.
Il tempo dell'Ulivo, spiegheremo agli alunni, come si conviene a un paese di Prodi.
Spiegheremo ai nostri alunni che la legge finanziaria è parte dell'Ordino Nuovo. E in quanto tale, è il contrario di quella promessa: è una legge che chiude la scuola e apre le caserme. Diremo loro che, per norma di contrappasso, è quale aveva da essere, quale le destre non avrebbero potuto fare: i sindacati sarebbero scesi nelle piazza piene di gente e di bandiere rosse. L'Ordine Nuovo, si sa, guarda a sinistra.
Diremo ai ragazzi che Almunia, proconsole dell'impero, ci ha benedetti; abbiamo disseminato di mine l'Afghanistan e ora, che occorrono risorse, il governo assicura interventi decisivi nel settore della sanità, degli enti locali e delle pensioni. E' bene che sappiano, i nostri ragazzi: dopo le varie riforme, fu Dini l'antesignano - essi avranno una pensione così bassa (tra il 40 e il 50 per cento dell'ultimo stipendio) che senza un'integrazione, dovranno rassegnarsi a una vecchiaia da disperati.
Tutto questo diremo. Poi, se avremo ancora sangue nelle vene, troveremo modo di parlare di storia con passione civile e racconteremo ai nostri ragazzi che sempre, quando l'ora si è fatta grave, il nostro popolo ha saputo annichilire i prepotenti.


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