Anna Pizzuti - 02-09-2006 |
Il caso ha voluto che il 31 settembre, tra l’altro ultimo giorno ufficiale del mio servizio nella scuola, io abbia potuto ascoltare il Ministro Fioroni illustrare, di persona, la nota di indirizzo e le disposizioni di avvio dell’anno scolastico che sono state inviate nelle scuole. Come ogni illustrazione che si rispetti, anche la sua ha avuto un preambolo, che, nell’occasione, ha introdotto una nuova espressione, per definire l’attuale condizione degli insegnati: l’incertezza sostenibile. “Debbono accettarla” – ci ha detto – “come una condizione di apertura e di ricchezza di prospettive, in quanto connaturata alla natura del loro lavoro quotidiano che è un continuo mettersi in gioco”. Una positiva attribuzione di significato, la sua, e potremmo anche starci, se la leggiamo con leggerezza e se la riportiamo ad un modo di lavorare non fissato per sempre in una forma definita ed autoreferente. Un’attribuzione negativa, invece, se la interpretiamo come una difesa preventiva rispetto ad un modo di procedere che potremmo definire a “spirale doppia”, in cui cioè le “discese ardite” e le “risalite” si intersecano. La semplicità, la naturalezza del modo di esporre, o meglio, di esporsi, del ministro, sono accattivanti, ma ben costruite, dal punto di vista retorico e, quindi, da esaminare con attenzione. E’ una impostazione, la sua, che definirei da “zoom all’indietro”. L’esempio più evidente è il discorso sulla scuola privata. Inizia, il ministro, con una decisa critica a quanti chiedono la liberalizzazione del sistema scolastico. Gli argomenti sono, politicamente, correttissimi: “Una scuola che viene liberalizzata, rientra nella logica del mercato che si fonda sul rapporto costi/benefici e sostituisce alla centralità dello studente quella del profitto”. Profitto che nessuno individuerebbe, inoltre, nel finanziare scuole nei piccoli comuni, per pochi bambini. Benissimo, fin qui. E ancora meglio: “Nel nostro sistema scolastico ciascuno è chiamato a concorrere a pagare la scuola di tutti. Liberalizzare vuol dire che chi più ha, più riceve e ciò è contrario alla scuola pensata dai padri costituenti”. Ma l’accenno ai piccoli comuni non è casuale. Viene infatti ripreso immediatamente, per contrapporre, alla liberalizzazione, la sussidiarietà, che deriva proprio dall’autonomia e dalla libertà della nostra scuola, all’interno delle quale trova posto, ed anzi le esalta, il 48% delle scuole materne cattoliche, senza le quali, l’intero sistema crollerebbe. Per cui, contro il passato governo della destra che alle grandi enunciazioni faceva seguire pochi fatti e risorse, bisogna, per quanto riguarda la scuola privata, riattribuirle tutti i finanziamenti previsti dalla legge n. 62. Deve essere, invece, sospeso è il buono scuola, che non rientra negli impegni di questo governo. Di seguito, una interessante analisi dei limiti dell’approccio del precedente ministro alla scuola – “gestiva, non governava, e non conosceva la scuola reale”, dopo la quale il ministro ha illustrato i vari punti della nota di indirizzo e delle disposizioni, firmate poche ore prima. Per alcune parti – tutor, tempo pieno e prolungato - si è limitato a riferirne i contenuti che oggi conosciamo, per due in particolare, invece indicazioni e portfolio - ha aggiunto qualche commento. Indicazioni nazionali Rappresentano una “pedagogia di stato” alla quale lui è decisamente contrario e rispecchiano “l’autoritarismo gestionale” di cui parlava in precedenza. Per il futuro lui immagina indirizzi generali e standard omogenei che facciano da “cornice” al “quadro” che emergerà dalle scuole, che dovranno attuare l’autonomia didattica e di ricerca, costruendosi la loro offerta formativa. Durante questo discorso, sono riemersi termini - curricolo, programmazione - che non eravamo più abituati a sentire da tanto, che si sono mescolati –piacevolmente – alla fresca brezza della sera. Per il presente, però, bisogna fare un “giusto uso” dell’esistente. “Non me la sono sentita di abrogarle– ci ha confessato – perché non sono in grado di certificare la corrispondenza dei programmi preesistenti alle esigenze della scuola di oggi e prima che ne vengano prodotte di nuove” Portfolio Era uno strumento già circolante in Europa, ma in Italia è stato concepito in base ad una visione non inclusiva della scuola. Valorizza chi non ha problemi e fissa le difficoltà e le incertezze di tutti gli altri. A differenza, però, di quanto è scritto nella nota di indirizzo, che consente il ritorno alle vecchie schede, il ministro ha fatto riferimento a schede di valutazione più “sobrie” di quelle che avevamo conosciuto (quindi ci sarà una revisione?) e ad una certificazione di competenze con la quale accompagnare l’uscita dalla scuola media. Secondo ciclo Cambiamenti ci dovranno essere, ma saranno costruiti solo al termine di una “campagna di ascolto”. Dopo di che, una significativa riaffermazione della differenza tra Istruzione professionale – che ha natura specifica, complementare all’Istruzione tecnica – e formazione professionale. Il passaggio è stato molto applaudito. Obbligo scolastico Comincia a circolare l’aggettivo: unitario, per il biennio che verrà. E’ contenuto nel breve passaggio della nota di indirizzo dedicato all’innalzamento dell’obbligo a 16 anni, ma è stato il nodo sul quale il ministro si è soffermato più a lungo. “Unitario e non unico” - ha tenuto a precisare –dovrà essere questo biennio. Perché è il “percorso unico” che ha creato, finora, la dispersione. Obbligo come recupero, quindi e che terrà presenti le esperienze e le “buone pratiche” finora attuate. Il che comunque – valutazione personale basata sull’esperienza dell’applicazione della legge 9/99 – se non è concettualmente errato, non può essere ricondotto ad una pura e semplice continuazione dei percorsi integrati tanto confusi quanto contestati, ma deve porre, invece, sfide didattiche vere. Che rimettano “in gioco” la scuola, cosa che il ministro ha sostenuto all’inizio ma di cui, arrivato a questo punto sembra essersi dimenticato. |