da Centomovimenti - 24-07-2006 |
Chi vota il colpo di spugna firmato centrosinistra? Il momento è quello buono di sempre: fine luglio, fine Mondiali, vacanze, meglio se guerre e scandali campeggiano sui giornali. Dal primo decreto scarcera-tangentari varato durante Italia-Brasile del '94 alla Cirami sposta-processi e regala-prescrizione del luglio 2002 contro cui si mobilitarono 1 milione di persone a Roma coi Girotondi senza l'appoggio dei partiti, a intervalli regolari il Parlamento riprova il colpo di spugna sui reati dei colletti bianchi. La differenza è che al posto di Berlusconi stavolta c'è il centrosinistra con il suo indultone, avversato solo dall'Italia dei Valori e a destra dalla Lega. Premesso che non si capisce perché per risolvere il sovraffollamento delle carceri i politici decidano (con buona pace delle vittime dei reati e dei cittadini) una tantum di rimettere in libertà migliaia di delinquenti invece di costruire nuove case circondariali, utilizzare di più le pene alternative, e cancellare reati come l'immigrazione clandestina (per cui è prevista l'espulsione dall'Italia), con la conseguenza di annullare la deterrenza (valga per tutti l'esempio di quei ladri di appartamento sudamericani intercettati a Milano mentre brindavano: "adesso si potrà lavorare di più e più tranquilli, tanto dopo ci sarà l’amnistia"), in questo caso il problema dei detenuti è un patetico pretesto. Altrimenti dall'indulto che si apprestano a varare le Camere verrebbero esclusi i reati contro la pubblica amministrazione (corruzione, concussione, peculato, abuso) e contro la giustizia (corruzione giudiziaria e corruzione del testimone), quelli finanziari (falso in bilancio, frode fiscale, appropriazione indebita, aggiotaggio) e le frodi sportive. Delitti per i quali sono in carcere solo 38 persone, anche perché in Italia quand'anche si arrivi alla fine dei processi sono previste pene lievi, a differenza degli Stati Uniti dove i falsificatori di bilanci e gli evasori vengono condannati a decenni di carcere e la prescrizione si applica solo nella fase istruttoria. Dunque abbuonare tre anni di pena a chi è indagato, processato o sarà condannato per reati commessi fino al 2 maggio scorso, significa automaticamente salvare tutti quei potenti beccati di recente con le mani nella marmellata, come Fazio e i furbetti del quartierino, Tanzi e Cragnotti, il signor Savoia, il dottor Sottile, gli spioni dello Storacegate, Moggi e soci di Calciopoli,e naturalmente Berlusconi, imputato di corruzione di un testimone, frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita. A beneficiare dell'indultone sarà anche un certo Previti Cesare (ma forse dovremmo scrivere P.C, secondo il concetto di trasparenza e libera informazione espresso dal Ministro degli Interni Giuliano Amato che non vorrebbe pubblicato nome e cognome neppure a processi conclusi) condannato a sei anni per corruzione di giudici e detenuto agli arresti domiciliari grazie all'ultima leggina ad personam della scorsa legislatura (niente carcere per gli ultrasettantenni, un'altra gran bella deterrenza). La riduzione a tre anni gli permetterà di essere affidato ai servizi sociali in base alla legge Simeone-Saraceni (ancora centrosinistra, legislatura 96-2001) e potrà persino tornare in Parlamento perchè l'interdizione dai pubblici uffici sancita dalla Cassazione, con lo sconto del bell'indulto, da perpetua diverrà temporanea. La SalvaPreviti del centrosinistra: sai la soddisfazione per gli elettori scesi in piazza in questi cinque anni contro le varie Cirami, Lodo Maccanico-Schifani, ex Cirielli, fatte apposta per salvare l'amata coppia Silvio&Cesare. Ma non è un caso. Il berlusconismo che per dodici anni ha devastato moralmente ed economicamente il paese ed ha provato in ogni modo di assoggettare magistratura e libera stampa, gli ultimi due baluardi indipendenti in grado di controllare e di colpire, sebbene sempre più debolmente, i delinquenti eccellenti, non poteva però assestare il colpo di spugna decisivo atteso dai tempi di Tangentopoli. Ma ne ha comunque preparato il terreno fertile. Il martellamento televisivo quotidiano anti-giudici e santifica-corrotti, le panzane sulle toghe rosse e sullo scontro politica-giustizia (che finirà quando i politici la finiranno di delinquere prima, durante e dopo l'amministrazione della res publica) tollerate e persino condivise da un numero sempre crescente di centrosinistri, sono serviti allo scopo più delle leggi ad personam in sè. La più importante delle operazioni, dopo il risveglio con ManiPulite e la primavera anti-mafia a Palermo grazie alla Procura di Caselli, era peggiorare il livello morale del paese, riportare in letargo le coscienze, limitarne la capacità d'indignazione, assopire il senso di giustizia dei cittadini. L'oblio prima, la minimizzazione anche da parte di presunti avversari poi, per indurre all'assuefazione di comportamenti inqualificabili e ruberie assortite. Così, come avviene per i sacrifici su pensioni, sanità o diritti acquisiti dei lavoratori, il centrodestra abbaia e il peggior centrosinistra morde. Di soppiatto, con la scusa dei detenuti, voterà il colpo di spugna sui reati dei colletti bianchi con grande piacere di Forza Italia e Udc. E chi minaccia di dimettersi come Di Pietro deve ingoiare il rospo altrimenti - così prevede la formula del ricatto - si torna alle urne, vince Berlusconi ed è colpa sua. Il delitto perfetto: le vittime sono gli italiani onesti. A cui però si dovrebbe spiegare che differenza c'è con Berlusconi se si fanno le stesse leggi o peggio. Come dice il prode dottor Augias su Repubblica, l'aggiustamento della riforma Moratti? Le giuste liberalizzazioni arenatesi alle prime proteste delle corporazioni che lasceranno il passo ai soliti sacrifici degli italiani-consumatori? Sulla Giustizia trovare un distinguo, chiacchiere a parte, è un'impresa. Tralasciando un tale Clemente da Ceppaloni già testimone di nozze del mafioso Campanella, che come avamposto parafulmine non deve stupire quando s'autodefinisce "Ministro dei detenuti più che dei magistrati" o invoca amnistie da tangentopoli a calciopoli, i fatti sono inoppugnabili: si sono lasciate entrare in vigore due norme della controriforma Castelli (e tra poco arriverà la terza sulla separazione delle carriere) con ricadute gravissime sulla funzionalità degli uffici giudiziari, non è stata ancora abolita una legge vergogna una, con la capogruppo Anna Finocchiaro (nota per aver detto che il problema di Andreotti "non sono le vicissitudini giudiziarie ma l'età") pronta a criticare la parte della ex Cirielli sulla recidiva ma non sulla parte più scandalosa che riduce i tempi di prescrizione del reato, e della legge Pecorella sull'inappellabilità delle assoluzioni di primo grado capace di vedere solo l'ingolfamento della Cassazione e non l'anticostituzionalità della devastazione della parità tra Accusa e Difesa (alla faccia di chi straparlava di "giusto processo" al fine di approvare una legge che rende inutilizzabili le deposizioni di coimputati non ripetute in aula, per la gioia di mafiosi intimidatori di testimoni). Di inasperimento delle pene per i reati finanziari non si inizierà neppure a discutere visto che è stato scelto come presidente della Commissione di riforma del codice il rifondarolo più amato dagli imputati, l'avvocato Pisapia, idem di un Csm completamente autonomo con più menbri togati e meno politici, di una Commissione Antimafia permanente che escluda imputati e condannati per mafia, per non parlare della possibilità di vietare ai condannati di entrare in Parlamento. I rappresentanti meno scelti dagli elettori della storia repubblicana (grazie al proporzionale con le liste bloccate) però non tengono in dovuto conto che a tutto c'è un limite. Fax e lettere di protesta stanno sommergendo in queste ore quei giornali che fino a ieri hanno raccontato le prodezze di Moggi e soci, di Vittorio Emanuele e banda, di nuove forme di tangenti e niet all'autorizzazione agli arresti come ai bei tempi, e prima ancora delle scalate illegali, dei banchieri che rubavano a vivi e morti, e delle maxitruffe Parmalat. Di fronte al cui esplodere la reazione bipartisan ovviamente è stata invocare una legge per limitare le intercettazioni (strumento fondamentale per combattere la criminalità organizzata e non solo, e comunque già vietate nei confronti dei parlamentari) e la loro pubblicazione sui giornali. Il vero scandalo non sono le ruberie, ma che si vengano a sapere. Spiace per Lorsignori, ma di questa prodezza d'indulto che sta per essere approvata alla Camere i cittadini sapranno, e nel dettaglio. Oltre a Lega, Idv, e una parte di An, a dichiarare il proprio voto contrario è stato il solo Gerardo D'Ambrosio dei Ds. Di Pietro afferma che Prodi e tanti altri, in privato, gli hanno detto: "quanto hai ragione". Bene. Verdi e comunisti sapranno, in pubblico, salvare i padroni bancarottieri che hanno mandato sul lastrico migliaia di lavoratori? Quei diessini sempre in prima linea nella lotta al malaffare o abili a scrivere libri sugli sprechi della politica, riusciranno a regalare l'impunità a corrotti e ladroni d'ogni risma? Prodiani e rutelliani che giustamente rivendicano di non aver accettato inciuci e maneggi con chi li ha massacrati mediaticamente potranno esordire con una legge che nemmeno Craxi e Berlusconi? Siamo ad uno spartiacque. Scelgano di ripartire dai, e con, i cittadini. E si meriteranno l'appellativo di onorevoli. STEFANO SANTACHIARA |